1.5 Motivi per studiare gli asteroidi
2.1.3 le risonanze
Un caso particolare con lo sviluppo al prim’ordine sorge quando j1
ni jn per j, j 1
(interi) non troppo grandi2
: nello sviluppo (2.9) il corrispondente termine perde allora la caratteristica di essere variabile su tempi inferiori a quelle di evoluzione dei parametri stessi, e l’approssimazione fornita da R non `e pi`u valida.
Si hanno allora i casi di risonanze, come quelle presenti nella Fascia Principale rispetto al moto di Giove, o nella Fascia di Kuiper rispetto al moto di Nettuno, le quali presentano problemi a s´e di comportamento assai caotico, e vanno affrontate specificatamente.
Esistono infine problemi legati a risonanze secolari, in cui le variazioni sul lungo periodo di parametri come e o a di un corpo entrano in risonanza con quelle di un altro.
1
cfr. http://hamilton.dm.unipi.it/astdys/catalogs/allnum.pro 2
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Figura 2.3: mappa sul piano (a;e) propri delle orbite dei circa 12500 asteroidi della Fascia Principale con orbita nota al 1995: sono evidenti le famiglie. tratto da [P. Paolicchi, disp.]
2.2
I parametri fisici
Al contrario della determinazione delle orbite, la misurazione dei parametri fisici (massa, dimensioni, forma, stato rotazionale) degli asteroidi ha sempre costituito un problema a causa delle loro ridotte dimensioni. Anche nei pi`u potenti telescopi disponibili fino a tempi relativamente recenti essi appaiono infatti puntiformi, distinguibili dallo sfondo stellare solo per mezzo del loro rapido moto angolare sulla sfera celeste.
2.2.1 fotometria
fotometria V e IR vicino
Un primo importante metodo per la determinazione delle caratteristiche degli asteroidi consiste nella fotometria diretta, in particolare nel visibile e nel vicino infrarosso.
La luminosit`a di un asteroide visto da Terra dipende da numerosi fattori: la distanza dal Sole e dalla Terra, la fase relativa α (che `e l’ampiezza dell’angolo Sole-asteroide- Terra), la superficie S rivolta dal corpo verso l’osservatore sono tutti parametri che influenzano la luminosit`a complessiva, e grazie alle variazioni di quest’ultima `e possibile d’altra parte ricavare informazioni sui parametri stessi.
Per la luminosit`a nel visibile e nel vicino infrarosso (λÀ2, 5 µm) la radiazione diffusa
dalla superficie dell’asteroide `e semplicemente quella solare riflessa, e la magnitudine apparente `e data da:
mV mrif2, 5 log AgVSΨpαq r2 r2 C (2.11)
Figura 2.4: curve di luce di due asteroidi dall’Asteroid Photometric Catalogue; a sinistra: 87 Silvia, osservato il 3 (cerchi neri) e il 6 (quadrati rossi) febbraio 1987, dati da Weidenshilling e al., 1990; a destra: 6 Ebe, osservato il 18 (quadrati rossi), 23 (cerchi neri) e 27 (quadrati vuoti) giugno 1987, dati da Hutton & Blain, 1988. tratto da [D. Hestroffer, P. Tanga, 2008]
dove AgV `e l’albedo geometrica nel visibile, Ψpαq una funzione empirica e r@ e rC le
distanze dal Sole e dalla Terra. Il valore della costante mrif, determinato oggi in base a un’opportuna definizione di sorgente standard, cos`ı come il fattore “-2,5” davanti al logaritmo, hanno origine da una scala storica3. L’albedo geometrica `e definita come il rapporto tra la radiazione riflessa dall’oggetto visto da un’angolo di fase α=0 e quella riflessa da un disco liscio perfettamente riflettente di pari dimensioni apparenti; si tratta di un parametro difficile di per s´e da stimare, e generalmente non noto.
Supponendo di possedere una buona stima di AgV, una buona misura di Ψpαq e conoscendo α, r@ e rC ad una data osservazione `e dunque possibile risalire ad una stima della superficie visibile S dell’oggetto.
Tale dimensione S non `e costante, e varia nel breve periodo a causa della rotazione dell’asteroide attorno al proprio asse e della sua forma generalmente non sferica; effet- tuando una serie di osservazioni successive in un intervallo di tempo opportuno (qualche ora o in certi casi pi`u giorni) si ottiene allora una cosiddetta curva di luce (v. fig. 2.4) per l’oggetto in questione, in cui le variazioni temporali sono facilmente interpretabili come variazioni di S.4
Dall’osservazione di una o pi`u curve di luce di un asteroide (generalmente sinusoidali e periodiche) `e immediatamente ricavabile il periodo di rotazione dell’oggetto, che `e sem- plicemente il periodo della curva (o il doppio in caso due minimi e massimi regolari). L’ampiezza della curva fornisce invece una stima delle dimensioni relative dell’oggetto, informazione che va filtrata tenendo conto dell’angolo di aspetto tra l’asse di rotazione del corpo e la direzione di osservazione, il quale varia in generale (supponendo un’orien- tazione sostanzialmente fissa dell’asse dell’asteroide) in maniera regolare con le posizioni della Terra e dell’asteroide, ed esiste sempre una configurazione in cui l’angolo di aspetto vale π{2.
3per un riferimento assoluto, si consideri che la magnitudine del Sole nella banda V `e di -26,7; quella della luna piena-12,6; quella degli oggetti pi`u deboli teoricamente visibili ad occhio nudo in condizioni ideali6,5; quella del pi`u grande asteroide, Cerere, al suo massimo 6,7; quella dei pi`u deboli oggetti osservabili con il Telescopio Spaziale Hubble 30
4
Supponendo per semplicit`a una forma ellissoidale di semiassi a, b e c in rotazione attorno a c, la configurazione con angolo di aspetto pari a π{2 coincide con quella per
cui il rapporto tra Smin ed SM ax (relative al minimo ed al massimo della curva di luce)
`e pi`u piccolo; il valore di tale tapporto Smin SM ax πbc πac b a (2.12)
fornisce una stima del rapporto tra il minore ed il maggiore semiasse equatoriale del corpo, rispettivemente b e a, anche in assenza di una precisa determinazione delle ca- ratteristiche di riflettivit`a dell’oggetto (purch´e uniformi); un confronto con il valore assoluto della magnitudine e con il valore stimato dell’albedo fornisce in teoria anche il valore assoluto dei tre assi.
Attraverso l’analisi delle curve di luce `e possibile anche ricavare l’orientazione spa- ziale dell’asse di rotazione dell’asteroide: supposto valido il modello teorico di ellissoide triassiale in rotazione attorno ad un asse fisso, e detto ξ l’angolo di aspetto, si ha
Smin πb b a2cos2ξ c2sen2ξ (2.13) SM ax πa b b2cos2ξ c2sen2ξ (2.14)
e mediante il confronto con le ampiezze delle curve nei vari punti dell’orbita si pu`o con tecniche statistiche ricavare la curva di variazione di ξ, e quindi l’orientazione assoluta dell’asse5 6
.
L’ipotesi che gli asteroidi abbiano una forma ellissoidale non `e sempre vera, in special modo per quanto riguarda i corpi pi`u piccoli (1 km): alcuni di questi presentano
curve di luce irregolari, con pi`u massimi e minimi (solitamente due) che testimoniano il discostarsi dell’oggetto dal modello triassiale semplice, e il confronto con altre tecniche come la fotografia diretta delle sonde spaziali ha permesso di verificare le forme irregolari di un certo numero di piccoli asteroidi. Anche l’ipotesi di caratteristiche superficiali (p.e. l’albedo) omogenee potrebbe non essere strettamente rispettata.
La (2.12) rimane tutavia utile per una stima di massima nella maggior parte dei casi. Gli asteroidi pi`u grossi, d’altra parte, (a parte i tre o quattro maggiori, ben compatti), molti dei quali aggregati gravitazionali, e su cui `e incentrato il lavoro della tesi, hanno comunque forme molto pi`u regolari.
In anni pi`u recenti, grazie all’utilizzo di tecniche numeriche, `e possibile comparare le curve di luce con modelli pi`u sofisticati e a molti parametri, che permettono di approssimare meglio le forme reali; resta un’incertezza nel momento in cui queste ultime non siano strettamente convesse, nel qual caso rimane difficile ricavarne le concavit`a.
Oltre alle curve di luce, sono da menzionare brevemente gli studi sulle curve di fase: le relazioni tra magnitudine e fase α, che aiutano nella determinazione delle caratteri- stiche superficiali degli asteroidi, sebbene alcune caratteristiche di tali curve, come il
5
`e interessante notare come il verso di rotazione non `e invece ricavabile con questo semplice approccio 6
in alcuni casi peculiari, come la cometa Halley o l’asteroide 4179 Toutatis, il corpo pu`o possedere un momento angolare non allineato lungo un asse principale di inerzia, e presentare un classico moto di precessione; generalmente, in breve tempo le forze interne tendono a modificare la forma del corpo sino ad allineare l’asse minore (quello con inerzia maggiore) con il momento angolare, ma nel caso di corpi sufficientemente rigidi o in lenta rotazione il tempo di riassestamento potrebbe essere dell’ordine dell’et`a del Sistema Solare o maggiore [D. Hestroffer, P. Tanga, 2008]
Sole
punto sub-solare
Modello termico "locale"
Modello termico uniforme
per latitudine (rapida rot.) Modello termicouniforme zone "calde"
Figura 2.5: modelli termici per il calcolo della temperatura superficiale di un corpo in orbita attorno al Sole: nel modello “locale”, il riscaldamento avviene nel punto sub-solare, con la temperatura che scema all’allontanarsi da questo; nel modello “a bande” il calore `e distribuito in tutte le zone di uguale latitudine a causa della rotazione; nel modello “uniforme”, a causa della densa atmosfera la temperatura `e assunta uguale in tutti i punti della superficie. Per la codifica dei dati IRAS si `e utilizzato il primo modello. tratto da [P. Paolicchi, disp.]
brusco cambio di pendenza per αÀ5
[A. Cellino, disp.], non possiedono ancora modelli fisici sufficientemente soddisfacenti.
fotometria IR
Se fino ad un lunghezza d’onda di 2, 5 µm gli asteroidi presentano una luminosita
dovuta alla luce solare riflessa, oltre i 5 µm si entra nella zona in cui gli asteroidi
emettono radiazione termica dovuta alla propria temperatura superficiale.
Per un tipico asteroide, l’intensit`a del flusso elettromagnetico per lunghezza d’onda emesso nel V non `e troppo dissimile da quello della banda IR termica, con variazioni che dipendono dai valori di albedo tipici delle varie classi.
Siccome l’atmosfera terrestre `e opaca alle lunghezze d’onda di un’estesa porzione dello spettro IR, per la fotometria in tale banda i migliori risultati si ottengono ponen- dosi al di fuori di essa: il primo importante contributo `e stato fornito dalla grande mole di dati raccolta dal satellite IRAS (InfraRed Astronomical Satellite) nel 1983, che ha effettuato pi`u scansioni del cielo a varie lunghezze d’onda da 12 a 100 µm, cosa che ha permesso, tra le varie cose, di osservare e misurare circa 2000 asteroidi.
La precisa determinazione dei diametri degli asteroidi dipende dal modello termico utilizzato per interpretare l’emissione infrarossa (v. fig. 2.5): generalmente si pu`o supporre che il corpo sia in equilibrio radiativo col Sole, e che emetta tanta radiazione quanta ne assorba. In generale varr`a una relazione del tipo
σT4
p1AqF
ηǫr2
(2.15) dove A `e l’albedo bolometrica (il rapporto tra la radiazione incidente e quella complessi- va riflessa), F il flusso elettromagnetico solare, η una costante dipendente dal modello
termico usato e che tiene conto dell’angolo di fase, ǫ `e l’emissivit`a del corpo (il rapporto tra l’emissione effettiva e quella di corpo nero alla stessa temperatura; generalmente assunta costante e0,9 attorno al picco di 10µm), σ la costante di Stefan-Boltzmann
e T la temperatura di emissione tipica del corpo.
Per i dati IRAS `e stato storicamente utilizzato un modello a riscaldamento “locale”, secondo il quale la temperatura `e massima nel punto che vede il sole allo zenit e di- minuisce all’aumentare della distanza angolare da questo; la scelta del modello preciso, comunque, soppesata nel parametro η e nella distribuzione di T sulla superficie che d`a luogo all’emissione termica, introduce un’incertezza che `e inferiore a quella delle misure IRAS.
A questo punto, vale per il flusso termico ricevuto a Terra FTpλq
SCNTpλq
r2 C
(2.16) dove CN `e l’emissione tipica di corpo nero alla temperatura T .
Essendo T dipendente da A mediante la (2.15), le equazioni (2.11) e (2.16) forniscono due relazioni distinte tra A ed S, e permettono dunque di ricavare entrambe con buona precisione.
2.2.2 occultazioni
Un metodo di misura diretto per le dimensioni di un asteroide si basa sull’osservazione di una occultazione stellare da parte del corpo stesso: quando quest’ultimo si trova a pas- sare davanti ad una stella, essa viene occultata: dalla misura del tempo di occultazione `e in linea di principio possibile risalire al diametro del corpo occultante.
In pratica, l’efficienza di questa tecnica `e limitata da molteplici fattori.
In primo luogo per prevedere dove e quando effettuare una misura occorre generalmen- te conoscere le orbite degli asteroidi e le posizioni stellari con una precisione che nella maggior parte dei casi `e superiore a quella disponibile. In secondo luogo, solo da una porzione limitata della superficie terrestre `e di solito possibile, per ragioni di parallasse, osservare l’evento; posizioni che possono presentarsi in luoghi non sempre liberamente accessibili, e dove il cielo deve presentarsi sufficientemente limpido. In occasione dell’e- vento deve essere poi possibile effettuare pi`u misurazioni affidabili da posizioni differenti, perch´e ogni osservatore pu`o misurare solo una delle corde tracciabili sulla superficie ap- parente dell’asteroide (quella “seguita” dalla stella occultata), e una misurazione non `e sufficiente ad avere un’idea precisa delle dimensioni.
Tutti questi motivi contribuiscono al fatto che solo di un numero limitato di asteroidi generalmente pi`u grossi (3040 km di diametro) siano disponibili dati affidabili.
Essendo per`o un metodo di misurazione diretta dei diametri apparenti relativamente preciso `e utile per la calibrazione dei metodi fotometrici.
2.2.3 immagini dirette
Viste le dimensioni apparenti degli asteroidi, anche per i pi`u grossi inferiori alla di- spersione tipica indotta della turbolenza atmosferica (1
2
), `e sempre difficile ricavare immagini fotografiche soddisfacenti di tali oggetti da Terra, a prescindere dal potere
risolutivo teorico dello strumento ottico utilizzato. Oggi `e possibile ricavare immagini dirette di un certo numero di asteroidi grazie a vari nuovi strumenti che permettono di ridurre od eliminare gli effetti della turbolenza; uno dei risultati principali `e stata la scoperta di un certo numero di asteoidi doppi.
il Telescopio Spaziale Hubble
Posto al di fuori dell’atmosfera terrestre, il Telescopio Spaziale non soffre di problemi di turbolenza o visibilit`a dovute all’atmosfera.
le ottiche adattive
I telescopi con ottiche adattive sostituiscono uno specchio tradizionale con una superficie formata da molti specchi mobili, che viene continuamente deformata in tempo reale per contrastare le microvariazioni della rifrazione atmosferica.
la speckle interferometry
L’effetto sostanziale della turbolenza atmosferica consiste nell’introdurre variazioni di fase casuale sulle onde elettromagnetiche provenienti da un oggetto puntiforme che giun- gono al telescopio, sul rivelatore del quale si fisser`a una figura di interferenza irregolare e diffusa in speckles (macchioline).
Normalmente, il tempo necessario per la fissazione dell’immagine fa s`ı che la figura di interferenza, che varia nel brevissimo periodo, tenda a sfocare l’oggetto, perdendo le in- formazioni sui particolari di piccole dimensioni che teoricamente sono presenti; se per`o si effettuano esposzioni di durata sufficientemente breve, possibili con oggetti di lumi- nosit`a non troppo bassa, `e possibile rilevare le singole speckles, e tentare la ricostruzione dell’immagine ad alta risoluzione.
le sonde spaziali
Infine, per una manciata di asteroidi le sonde spaziali hanno effettuato sorvoli a breve distanza, e ci hanno fornito immagini di questi corpi di notevole dettaglio; `e da ricordare come il primo asteroide doppio scoperto, 243 Ida, abbia rivelato la sua natura grazie all’esame delle foto scattate dalla sonda Galileo nel 1993 (v. fig. 2.67
).
2.2.4 polarimetria
Un’altra tecnica per ricavare informazioni sulle propriet`a superficiali degli asteroidi `e quella di esaminare la polarizzazione della radiazione riflessa dall’oggetto; in particolare `e d’uso la comparazione del coefficiente di polarizzazione
Pr
IK I
k
IK Ik
(dove IK e Ik sono le intensit`a perpendicolari e parallele al piano Sole-asteroide-Terra)
e della sua variazione in funzione dell’angolo di fase α con campioni di meteoriti e rocce
7
Figura 2.6: immagine dell’asteroide 243 Ida presa dalla sonda Galileo il 28 agosto 1993; sulla destra `e ben visibile un piccolo satellite, Dactyl. foto: NASA
terrestri e lunari di varia composizione e dimensioni.
Sebbene non sia ancora disponibile una spiegazione teorica pienamente soddisfacente per le peculiarit`a osservate delle curve di polarizzazione cos`ı ottenute, le relazioni empiriche trovate sono buone e permettono di distinguere alcune propriet`a superficiali come la granulosit`a delle polveri o l’albedo.
La misura delle caratteristiche della curva di polarizzazione fornisce dunque un’ulteriore valutazione indipendente di questo parametro.
2.2.5 astronomia radar
Una tecnica indipendente per la determinazione delle dimensioni e dello stato di rotazio- ne degli asteroidi `e fornito dall’uso del radar: viene inviata da Terra una serie di potenti impulsi elettromagnetici verso l’oggetto, che li riflette e li rinvia verso l’osservatore. Il segnale di ritorno presenta una variazione sul tempo di ritorno dipendente dalla forma dell’asteroide, e una variazione di frequenza per effetto Doppler a causa, oltre che della velocit`a complessiva, della rotazione attorno al proprio asse. Con queste informazioni, `e possibile ricostruire con una certa approssimazione la forma, anche irregolare, del corpo, e determinare il suo stato rotazionale.
A causa dell’enorme potenza necessaria per rilevare il debole segnale di ritorno (l’intensit`a del segnale di ritorno decresce con la quarta potenza della distanza), occorre fare uso dei maggiori telescopi radar terrestri, e gli unici oggetti adatti a questo tipo di indagine sono i NEO, un certo numero dei quali ha rivelato la propria struttura binaria o la propria forma altamente irregolare, come l’asteroide 4179 Toutatis (v. fig. 2.7).
2.2.6 spettroscopia
Il metodo principale e storicamente pi`u importante per ottenere informazioni sulla com- posizione degli asteroidi `e quello legato all’analisi degli spettri della radiazione riflessa:
Figura 2.7: immagini radar dell’asteroide 4179 Toutatis ottenute l’8, 9, 10 e 13 dicembre 1992. foto: NASA
studiando i profili di assorbimento e confrontandoli con campioni di laboratorio `e pos- sibile risalire alla composizione (superficiale) degli oggetti osservati.
Il problema maggiore per la decifrazione dei dati `e che spesso lo spettro osservato `e riproducibile soddisfacentemente con differenti combinazioni di minerali.
L’analisi spettroscopica e l’albedo sono i fattori principali alla base della classifica- zione degli asteroidi, divisi in gruppi e sottogruppi (o tipi ), di cui ne esiste pi`u d’una; i gruppi principali sostanzialmente riconosciuti sono:
gruppo C : oggetti carbonacei, a bassa albedo e con spettro abbastanza piatto; sono associate alle meteoriti carbonacee, le quali presentano una composizione chimica prossima a quella del Sole o del disco protoplanetario, eccezion fatta per gli ele- menti leggeri; `e suddiviso in pi`u tipi di cui il tipo C comprende circa il 75% degli asteroidi conosciuti, probabilmente una sottostima della proporzione reale vista la loro bassa luminosit`a
gruppo S : oggetti ad alta albedo il cui spettro mostra varie bande di assorbimento as- sociate a silicati, la cui controparte meteoritica non `e stata ancora ben identificata; contiene circa il 17% degli asteroidi conosciuti
gruppo X : oggetti di classificazione incerta, generalmente con spettri piatti ma leg- germente rossi, classificati in sottogruppi in base all’albedo; il tipo M `e tradizio- nalmente associato alle meteoriti ad alto contenuto metallico, supposte provenire da ex-nuclei di grossi oggetti pesantemente frantumati
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Figura 2.8: alcuni spettri di asteroidi appartenenti a vari gruppi: 1 Cerere (tipo G, gruppo C) ; 4 Vesta (tipo V) ; 8 Flora , 15 Eunomia , 113 Amaltea , 354 Eleonora (gruppo S) ; 16 Psiche (tipo M, gruppo X) ; 44 Nisa (tipo E, gruppo X) ; 349 Dembowska (tipo R) ; 446 Aeternitas (tipo A). tratto da [A. Cellino, disp.]
altri gruppi minori, come il tipo D (spettri molto arrossati e supposti avere un alto contenuto di composti organici; il gruppo pi`u primitivo assieme al C), o il tipo V, associato all’asteroide Vesta ed alla sua famiglia.
Alcuni spettri caratteristici dei gruppi principali sono rapprenetati in fig. 2.8.