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4. Il sistema repressivo amministrativo: l’evoluzione delle dottrine

4.3. Le sanzioni nel prisma dell’autotutela amministrativa

V’è, in fine, un’ultima teoria che devia dalla corso prevalente zanobiniano perché colloca il fenomeno degli illeciti amministrativi nell’ambito dell’autotutela amministrativa154

e non nell’ambito delle ipotesi di responsabilità dei privati verso la pubblica amministrazione155.

La lettura dello studioso muove da premesse generali: se per autotutela amministrativa si intende «quella parte di attività amministrativa con la quale la stessa pubblica amministrazione provvede a risolvere i conflitti, potenziali o attuali, insorgenti con altri

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M.S.GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, cit., p. 436. 154 V. F.B

ENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., cit., pp. 537 e ss. 155 Anche negli Appunti di diritto amministrativo l’A. tratta le sanzioni amministrative nella parte dedicata all’autotutela. V. F. BENVENUTI, Appunti di diritto amministrativo, Padova, Cedam, 1959, pp. 285-286.

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soggetti, in relazione ai suoi provvedimenti o ad altre sue pretese»156, appare chiaro che la repressione dell’illecito amministrativo posta in essere dalla pubblica amministrazione possa collocarsi in quest’ambito.

L’autotutela è un’attività amministrativa secondaria cioè strumentale all’assicurazione della giustizia e dell’efficienza dei provvedimenti di autarchia e di autonomia157 che mirano direttamente alla cura dell’interesse pubblico affidato alla pubblica amministrazione158

. All’autotutela, dunque, è affidata una funzione peculiare, di rinforzo, al fine di attuare i precetti amministrativi nell’interesse dell’amministrazione. Ne consegue che l’autotutela è sempre parziale mentre la tutela giurisdizionale è sempre, per definizione, imparziale, neutra e di terzo. Ciò non esclude che l’autotutela possa mostrare i contenuti materiali del potere giurisdizionale.

Questo tipo di autotutela materialmente giurisdizionale -autotutela decisoria- si caratterizza per la decisione159 con cui la pubblica amministrazione, mediante il contradditorio con l’interessato, accerta il compimento di un illecito amministrativo e condanna a sopportare le conseguenze pregiudizievoli che dall’illecito derivano per chi lo ha compiuto. Il tipo di autotutela che si esplica nell’accertamento dell’illecito amministrativo è, dunque, un’autotutela decisoria sui rapporti -l’oggetto dell’autotutela è, nel caso dell’illecito amministrativo, il comportamento illecito del privato- e mira a conservare l’utilità di questi rapporti al fine di soddisfare l’interesse pubblico curato dalla pubblica amministrazione160. Non rientrano

156

F.BENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., cit., p. 539 157

Questa distinzione proposta da Benvenuti viene esplicata in Appunti di diritto amministrativo, cit., pp. 115 e 124 e ss.

158 Cfr. F.B

ENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., cit., p. 540. 159 Cfr. F.B

ENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., cit., p. 540.

160 Cfr. F.B

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nell’esercizio dell’autotutela tutti i provvedimenti pregiudizievoli verso il privato ma solo quelli che intervengono quando il privato ha leso un interesse della pubblica amministrazione cioè quando ha compiuto un illecito, violando un precetto primario disposto proprio per assicurare quell’interesse161. L’autotutela interviene, in sintesi, in via secondaria, per assicurare l’osservanza dei precetti primari.

Nell’ambito di quest’intervento sempre e comunque di tipo secondario si possono operare ulteriori distinzioni.

Da una parte, vi sono quelle decisioni di condanna preventive162 o

successive163 che assicurano direttamente l’interesse

dell’amministrazione a soddisfare i propri precetti e quindi l’interesse pubblico curato.

Dall’altra, vi sono quelle decisioni di condanna successive che, pur incidendo sui rapporti, non soddisfano, col loro risultato immediato, la

161 Cfr. F.B

ENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., cit., p. 548.

162 Cfr. F.B

ENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., cit., p. 549. Fra le decisioni di condanna preventive, che intervengono nel pericolo della commissione di un illecito da parte del privato, si trovano, ad es., nel rapporto di pubblico impiego, la sospensione cautelare dal posto e dallo stipendio in pendenza di procedimenti disciplinari.

163

Cfr. F.BENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., cit., pp. 549-550. Fra le decisioni di condanna successive, cioè che seguono la commissione dell’illecito da parte del privato, bisogna distinguere fra provvedimenti di tipo negativo e provvedimenti di tipo positivo. Fra i primi -negatori- rientrano, nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, la sospensione e il licenziamento disciplinari; le decadenze dai diritti di concessione, l’esclusione o la cancellazione da albi ed, in fine, l’esclusione da un’attività. Fra i secondi -positivi- bisogna ancora distinguere fra i provvedimenti che obbligano il privato ad un facere e quelli che obbligano il privato a lasciar fare. Fra gli obblighi di facere imposti al privato in conseguenza di un suo illecito si possono ricordare gli ordini di demolizione delle opere illecitamente costruite o gli ordini di bonifica. Tra gli obblighi di lasciar fare, vi sono i provvedimenti con cui la pubblica amministrazione si sostituisce al privato nell’esercizio di un’attività oppure le decisioni con cui l’autorità si appropria dei beni dell’interessato destinati al soddisfacimento del suo obbligo.

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pretesa dell’amministrazione, ma sono invece soltanto ordinate a spingere il cittadino sulla via dell’osservanza degli obblighi primari che presidiano l’interesse pubblico curato dall’amministrazione. Queste decisioni sono dette sanzioni amministrative pure e realizzano i fini dell’autotutela in via del tutto mediata nel senso che inducono, attraverso la loro forza dissuasiva, il privato dal non contravvenire ai precetti dell’amministrazione.

Queste decisioni sanzionatorie d’autotutela differiscono dalla sanzione penale perché tendono sempre a porsi come atti di attuazione -mediata- di un precetto primario dettato nell’interesse pubblico curato mentre le decisioni del giudice penale costituiscono veri e propri atti di applicazione di sanzioni164. Dunque, la sanzione amministrativa è un caso di autotutela indiretta perché essa non assicura direttamente la soddisfazione dell’interesse leso dell’amministrazione. Dal che consegue che l’irrogazione di una sanzione amministrativa non esaurisce la pretesa dell’amministrazione, la quale rimane in attesa di soddisfazione anche dopo che la sanzione è stata irrogata. E tuttavia questa funzione satisfattiva, anche se mediata, distingue la sanzione amministrativa -conseguenza della violazione di un precetto amministrativo riguardante tutti i privati- dalla sanzione penale che ha essenzialmente una funzione repressiva165.

Sebbene la tesi in esame sia stata condivisa anche in tempi abbastanza recenti166 sembra che oggi un’interpretazione così ampia del potere

164 Cfr. F.B

ENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., cit., p. 549. Anche Benvenuti, sebbene per via diversa rispetto a Zanobini, aderisce alla testi autonomistica e distingue anche nella sostanza le sanzioni amministrative da quelle penali.

165 Cfr. F.B

ENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., cit., p. 551. 166 Per una conferma di questa tesi v. G.C

ORAGGIO, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. giur., 1988, pp. 5 e 6. Sebbene l’A. accetti nel complesso la ricostruzione di

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d’autotutela non sia più attuale167

. Del resto, sfogliando un qualsiasi manuale di diritto amministrativo degli ultimi anni ci si accorge che il tema delle sanzioni amministrative e quello delle misure riparatorie non è ricondotto al potere di autotutela dell’amministrazione.

Illustrare i motivi per cui non si condivide la ricostruzione benvenutiana è uno dei passi necessari per legittimare dogmaticamente la tesi qui sostenuta. Tuttavia non sembra opportuno seguire la critica che già proponeva autorevole dottrina168. Questa dottrina riteneva che in verità non vi fosse una vera risoluzione di conflitti -sulla cui base Benvenuti riconosceva il sigillo dell’autotutela- nei casi di procedimenti sanzionatorio-esecutivi169 ed esecutivi tout court. Più che all’autotutela decisoria questa dottrina critica riconduceva il fenomeno delle misure riparatorie all’autotutela esecutiva cioè ai procedimenti di secondo grado. Ma anche quest’orientamento non pare condivisibile. Infatti quando si parla di esecuzione di provvedimenti amministrativi bisogna distinguere fra provvedimenti il cui contenuto dispositivo comporta una immediata e diretta esecuzione coattiva -ad esempio l’occupazione- e i provvedimenti in cui l’esecuzione coattiva è un esito eventuale, dipendente dal mancato adempimento dell’ordine amministrativo170. Le misure riparatorie che qui interessano appartengono alla seconda tipologia di provvedimenti: basta guardare alla loro struttura: in primo luogo l’amministrazione emette, infatti, un ordine -provvedimento ablatorio personale- e questo è il momento

Benvenuti egli ritiene che con le sanzioni amministrative penali ci si collochi al di fuori della funzione amministrativa.

167 Cfr. E. C

ANNADA-BARTOLI, voce Illecito amministrativo, in Enc. dir., cit., pp. 117-118. Per un’impostazione contemporanea al problema dell’autotutela v. B.G. MATTARELLA, Autotutela amministrativa e principio di legalità, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2007, 6, pp. 1223 e ss.

168 Cfr. F.B

ENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., cit., p. 540. 169 Cfr.M.S.G

IANNINI, Diritto amministrativo, cit., II, p. 830. 170 Cfr. V.C

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della reazione all’infrazione ossia propriamente sanzionatorio. Se il destinatario dell’ordine non ottempera allora l’amministrazione procede attraverso l’esecuzione coattiva a ripristinare la corrispondenza fra il mondo reale e il diritto. Dunque la misura riparatoria si compone di due momenti come correttamente è stato notato171: uno sanzionatorio necessario e l’altro esecutivo eventuale.

In realtà l’unica critica alla tesi benvenutiana, al suo interno coerentissima, sta nel rigettarne le premesse sulla base delle novità introdotte in tema di autotutela amministrativa dalla l. 241/1990 e successive modificazioni. Oggi, infatti, i provvedimenti di autotutela possono dirsi tipici in osservanza del generale principio di legalità che informa di sé tutta l’attività della pubblica amministrazione172

: già questo rilevo è capace di mettere in crisi l’idea che l’amministrazione abbia un generale potere di autotutela decisoria o contenziosa.

Ma vi sono anche altri elementi che hanno fatto invecchiare la tesi benvenutiana. Si pensi alla garanzia del giusto procedimento richiesta della giurisprudenza della Corte EDU. Come potrebbe conciliarsi con la connaturata parzialità che Benvenuti riconosceva al procedimento d’autotutela decisoria?

171 Cfr. M.S.G

IANNINI, Diritto amministrativo, cit., II, pp. 823-827. La sistemazione fornita dall’A. in quest’opera appare più rigorosa ancorché simile di quella proposta nell’opera successiva Istituzioni di diritto amministrativo.

172 Cfr. R.C

HIEPPA, Procedimenti di secondo grado (dir. amm.), in Enc. dir., 2008, Ann. II, p. 915. Si segnala che l’A. riflette in particolare sulle novità introdotte dalla l. 241/1990 e sostiene: «il fatto che i provvedimenti di secondo grado siano stati oggi tipizzati e disciplinati rende inutile il ricorso all'autotutela, quale antico privilegio dell'amministrazione, per giustificare la compatibilità di tali poteri con il principio di legalità». Invece, più legata alle tradizionali visioni della dottrina e della giurisprudenza appare la lettura di A. GANDINO, voce Autotutela della pubblica amministrazione, in Dig. disc. pubbl., agg. 2011, consultabile presso Banca dati Leggi d’Italia.

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Quest’interrogativo arriva, per così dire, al momento giusto e consente d’introdurre il prossimo paragrafo.

4.4. C’è un giudice a Strasburgo! Le garanzie