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4. Il sistema repressivo amministrativo: l’evoluzione delle dottrine

4.2. La responsabilità del privato verso la pubblica amministrazione dopo la l 689/1981

Dopo l’entrata in vigore della legge generale di depenalizzazione139 -la l. 689 del 1981- autorevole dottrina140, che già aveva trattato il tema degli illeciti amministrativi prima del periodo delle depenalizzazioni141, propone un inquadramento e una classificazione

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Probabilmente qui l’A. intendeva riferirsi al fenomeno della delega. 139

Non pare tuttavia che questa dottrina dia troppo peso alle novità introdotte dalla legge generale di depenalizzazione. Ciò si deve, con ogni probabilità, al fatto che si è deciso di mantenere l’impianto sistematico dato all’opera Diritto amministrativo nella sua prima edizione del 1970. La sistemazione gianniniana appartiene culturalmente più al periodo precedente alle depenalizzazioni e pertanto viene trattata in questo capitolo.

140 Cfr.M.S.G

IANNINI, Diritto amministrativo, cit., II, pp. 814 e ss. 141

Si ricorda che questa stessa dottrina nelle Lezioni di diritto amministrativo si era dichiarata scettica sull’opportunità e la validità di una ricostruzione e sistemazione delle fattispecie degli illeciti amministrativi. Nell’opera Diritto amministrativo, invece, si abbandona questa visione scettica della questione per formulare invece una sistemazione originale e completa poi riproposta con qualche chiarimento nell’opera Istituzioni di diritto amministrativo.

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degli illeciti amministrativi abbastanza innovativi rispetto alle dottrine precedenti.

In particolare, rispetto alla sistemazione zanobiniana questa dottrina crea una nuova categoria di procedimenti sanzionatorio-esecutivi che devono essere ascritti ai procedimenti di secondo grado che si contrappone a quella dei procedimenti sanzionatori in senso stretto.

Giannini per prima cosa osserva che l’illecito è rinvenibile solo nella sfera dell’inosservanza di obblighi o di doveri. In quest’ambito, taluni142 hanno ulteriormente precisato che v’è illecito solamente quando la violazione di un dovere o di un obbligo comporta anche la turbativa (o il pericolo di turbativa) di interessi affidati alla cura della pubblica amministrazione. Viene però osservato143 che cambia la disciplina applicabile a seconda che la norma secondaria accentui maggiormente l’elemento della formale violazione dell’obbligo o del dovere oppure della sostanziale lesione dell’interesse attribuito alla cura dell’amministrazione.

Le norme per cui si compie illecito solamente con la formale violazione di obblighi e doveri di diritto amministrativo sono quelle cui meglio si adatta la ricostruzione tradizionale delle sanzioni amministrative. Secondo Giannini, infatti: «la norma esalta la formale violazione del precetto, all’accertamento della quale si rivolge tutto il procedimento; la decisione ha per oggetto la commisurazione della sanzione all’infrazione accertata e la sanzione è esclusiva manifestazione dell’attività punitiva»144.

In questo settore si applicano, come dimostra chiaramente la l. 689 del 1981, i principi del diritto penale con alcune differenze dovute

142 Cfr. G.M

IELE, Principi di diritto amministrativo, cit. pp. 214-216.

143 Cfr.M.S.G

IANNINI, Diritto amministrativo, cit., II, pp. 817. 144 M.S.G

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principalmente alla minore gravità dell’infrazione145

. Fra le differenze col settore penale, lo studioso registra: un minor rigore formale delle discipline procedurali e una maggior discrezionalità dell’amministrazione decidente (che non è il giudice penale, soggetto terzo ed imparziale rispetto al privato).

In questa prima categoria146 dei procedimenti e provvedimenti sanzionatori puri possono essere collocati: i procedimenti disciplinari, i procedimenti contravvenzionali amministrativi cioè gli illeciti amministrativi conformati secondo il modello dei reati contravvenzionali puniti con l’ammenda e, in fine, i procedimenti che assomigliano alle contravvenzioni ma nei quali la sanzione pecuniaria contiene un elemento risarcitorio di un danno che subisce la collettività. In quest’ultima categoria può essere inserita, ad esempio, la sanzione per lesione di un bene paesaggistico senza autorizzazione.

Altre norme invece pretendono la compresenza di un’infrazione di un obbligo o di un dovere e la turbativa, potenziale od attuale, di un interesse dell’amministrazione. A questo punto la dottrina in esame ritiene dover più correttamente definire quest’infrazione come abuso piuttosto che come illecito147. Si dice, quindi, che il procedimento che

145 M.S.G

IANNINI, Diritto amministrativo, cit., II, p. 817. 146 Cfr. M.S.G

IANNINI, Diritto amministrativo, cit., II, pp. 819-823.

147 Da questa qualificazione non vengono fatte discendere conseguenze rilevanti e non sembra pertanto necessaria una confutazione.

Tuttavia questa qualificazione non pare completamente condivisibile. Va, infatti, sottolineato che nelle norme cui si fa riferimento rileva più il comportamento del privato nel senso del contra ius (viene leso un interesse dell’amministrazione) che il non iure, l’abuso cioè il debordare del privato dai limiti del proprio potere. Inoltre ci si potrebbe chiedere ma che potere ha il privato verso la pubblica amministrazione una volta avvenuta comunque la formale violazione del precetto?

Sull’abuso di diritto v. D.MESSINETTI, voce Abuso del diritto, in Enc. dir., 1998, agg. II, pp. 1 e ss.

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accerta questo abuso ha sia un valore sanzionatorio che esecutivo. La sanzione, in questo caso, non ha valore meramente afflittivo ma mira prevalentemente a porre rimedio cioè a ripristinare gli interessi pubblici lesi.

In questa seconda categoria148 vanno distinte le sanzioni che non richiedono un particolare procedimento per la loro applicazione e quelle che invece richiedono un procedimento particolare.

Fra le prime, si annoverano le sanzioni che impongono la perdita di benefici o costituiscono particolari obblighi di soggezione come il dover sopportare ispezioni o dover dare spiegazioni per certi fatti. Fra le seconde, vi sono il ritiro di provvedimenti autorizzatori o concessori cioè le c.d. revoche sanzionatorie. In questo modo si vuole impedire che l’attività revocata seguiti a nuocere all’interesse pubblico. Ancora, si possono ricordare gli ordini repressivi caratterizzati dal fatto che la norma concede all’autorità un potere ablatorio personale destinato ad impedire l’attività che ha turbato gli interessi pubblici (rimuovere la causa della turbativa) e persino ad eliminarne gli effetti. Fra questi provvedimenti, si ritrovano gli ordini di demolizione, l’ordine che si dà al concessionario di un servizio di eliminare la causa di un disservizio. Da ultimo si annoverano in questa seconda categoria le gestioni coattive repressive come lo scioglimento coattivo degli organi direttivi degli enti pubblici minori per gravi e ripetute violazioni di legge.

V’è poi una terza ed ultima categoria di norme in cui l’infrazione formale dell’obbligo o del dovere perde totalmente di rilievo e ciò che conta è solamente la turbativa dell’interesse pubblico curato dall’amministrazione. In questi casi la reazione dell’autorità sarà esecutiva e non sanzionatoria priva di alcun elemento afflittivo e tesa solamente a ripristinare l’interesse pubblico turbato. La dottrina in

148 Cfr. M.S.G

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esame fonda questa categoria dei procedimenti e dei provvedimenti meramente esecutivi sulla base del rilievo che ogni provvedimento richiede d’essere eseguito. Ma chi non lo esegue non sempre compie un illecito149. Alla mancata esecuzione non si risponde sempre con un provvedimento sanzionatorio150 -questo c’è se la legge lo prevede- ma per reagire la pubblica amministrazione conserva sempre il potere d’autotutela cioè il potere d’eseguire coattivamente quell’obbligo ineseguito.

In questa terza categoria151 vengono posti degli atti che altra dottrina152 inseriva nell’ambito dei provvedimenti positivi d’autotutela diretta conseguenti ad un illecito amministrativo. Si possono ricordare, gli spossessamenti coattivi, gli accessi coattivi, gli accompagnamenti coattivi, i procedimenti con cui la pubblica amministrazione si sostituisce al privato inadempiente, i procedimenti di esecuzione in danno dell’adempiente oppure i procedimenti di polizia con cui si forza il soggetto inadempiente a fare, lui stesso, qualcosa.

La sistemazione gianniniana con la creazione della categoria dei provvedimenti sanzionatorio-esecutivi dà espressamente diritto di cittadinanza alla tesi che qui si vuole sostenere sebbene la relativizzi ponendola in comparazione con altre opinioni.

In altre parole l’illustre studioso riconosce anche un carattere sanzionatorio alle misure riparatorie allorché si accetti una nozione di sanzione, non da tutti condivisa, «come misura di reazione, disposta da

149 Per Benvenuti, invece, la violazione dell’obbligo generale d’adempiere ad un provvedimento comporta sempre il compimento di un illecito e la reazione all’illecito è in ogni caso espressione di autotutela. Cfr. F.BENVENUTI, voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., 1959, IV, pp. 539 e ss.

150 Per Giannini i provvedimenti sanzionatori esulano dall’autotutela. Cfr. M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, cit., II, p. 830.

151 Cfr. M.S.G

IANNINI, Diritto amministrativo, cit., vol. II, pp. 835-837 152 Cfr. F.B

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norme, per una condotta che sia in violazione di proposizioni precettive (di legge, di provvedimento amministrativo, di sentenza, di contratto etc..)»153.

Sulla categoria dei provvedimenti sanzionatorio-esecutivo si tornerà a porre l’accento al momento in cui verranno trattati i provvedimenti riparatori (v. infra cap.7).

Infine è da segnalare come Giannini tenda a ridurre l’area in cui possa effettivamente parlarsi di autotutela amministrativa nell’ambito del dibattito sulle sanzioni amministrative. Questa nota finale consente d’introdurre l’affascinante teoria di uno studioso contemporaneo di Giannini.

4.3.

Le

sanzioni

nel

prisma

dell’autotutela