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1.6 Altri soggetti coinvolti

1.6.2 Le scuole di sci

La professione di maestro di sci non deve necessariamente esercitarsi all’interno di enti associativi organizzati, potendo svolgersi anche individualmente, ancorché la legislazione regionale possa porre dei limiti a ciò. La legislazione della Valle d’Aosta, ad

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esempio, “consente al maestro di sci iscritto all’albo professionale regionale l’esercizio della professione al di fuori delle scuole di sci, a condizione però che la prestazione non sia offerta nel quadro di una attività, anche occasionale, organizzata con altri maestri di sci” (art. 16, L.r. Valle d’Aosta, 31 dicembre 1999, n. 44). La norma non vieta lo svolgimento dell’attività al di fuori di una scuola riconosciuta, ma mira ad evitare che vengano elusi i requisiti quantitativi e qualitativi previsti dalla legislazione regionale per poter configurare la valida presenza di una “scuola di sci”.

I legislatori regionali, infatti, fissano un numero minimo di maestri per ciascuna scuola volto a garantire un rapporto numerico maestri-allievi necessario al fine di garantire agli allievi che siano adeguatamente seguiti, per ridurre i pericoli attinenti allo svolgimento di tale pratica. Se si consentisse ai maestri di organizzarsi liberamente, al di fuori di scuole riconosciute, si assisterebbe alla presenza di scuole di sci “di fatto” che non avrebbero i requisiti quantitativi necessari per il riconoscimento in danno della sicurezza per gli allievi95 96.

L’art. 20, L. 8 marzo 1991, n. 81 affida alle Regioni la disciplina dell’istituzione e riconoscimento delle scuole di sci, sia pur in maniera conforme a dei criteri direttivi posti dal legislatore statale. La scuola, in linea di principio, deve raccogliere tutti i maestri operanti in una stazione invernale e le norme regionali devono favorire la concentrazione delle scuole esistenti, al fine di razionalizzare l’attività. Le scuole di sci sono rette da propri regolamenti che disciplinano, tra l’altro, le forme democratiche di partecipazione dei singoli maestri alla gestione ed organizzazione delle scuole stesse.

Il ruolo centrale spetta al legislatore regionale (e delle Province autonome). A titolo esemplificativo, la L.p. Trento, 23 agosto 1993, n. 20 si occupa delle scuole di sci all’art. 40, che rinvia al regolamento di esecuzione della Legge provinciale97 per la determinazione dei

requisiti affinché una scuola di sci possa ottenere il riconoscimento e forgiarsi così della denominazione “Scuola di sci”. L’art. 31 di detto regolamento pone i requisiti qualitativi e quantitativi di cui la scuola di sci e snowboard deve essere dotata per poter ottenere il riconoscimento provinciale.

Fra tali requisiti giova qui sottolineare quello previsto al punto g. dell’art. 31, ossia la presenza di una adeguata copertura assicurativa, a carico della scuola, contro i rischi di responsabilità civile verso terzi conseguenti all’esercizio della professione. Il riconoscimento, revocabile qualora vengano a mancare i requisiti previsti, è disposto con determinazione del dirigente della struttura provinciale competente in materia di turismo. Solo le scuole di sci che ottengono il riconoscimento a livello territoriale possono aderire all’A.M.S.I.; è questo un ulteriore requisito richiesto alle scuole per utilizzare il marchio

95 G. de BERTOLINI, La responsabilità della scuola e del maestro di sci, op. cit., pp. 250 ss. 96 Corte Cost., 19 dicembre 2008, n. 428.

97 D.p.p. Trento, 27 febbraio 2007, n. 3-83/Leg, “Approvazione del regolamento per

l’esecuzione della legge provinciale 23 agosto 1993, n. 20 concernente l’ordinamento della professione di guida alpina, di accompagnatore di media montagna e di maestro di sci nella Provincia di Trento”.

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“Scuola Italiana sci”, che si aggiunge all’altro requisito sopra considerato e riguardante i maestri di sci affiliati all’associazione.

A livello civilistico la scuola di sci è, di norma, una associazione non riconosciuta all’interno della quale il maestro di sci svolge la sua attività professionale nell’ambito dell’organizzazione predisposta dalla scuola. Saranno, così, in tal caso, applicabili gli artt. 36-38 c.c. in materia di “Associazioni non riconosciute”. Tuttavia, questo non è sempre vero, perché l’attività professionale è attività economica che può realizzarsi anche nella forma di impresa. La L. 12 novembre 2011, n. 183, ha consentito così la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate, secondo i modelli del Codice civile. La forma giuridica che la società tra professionisti può assumere è quella di società di persone (Società semplice, Società in nome collettivo, Società in accomandita Semplice), società di capitali (Società a responsabilità limitata, Società per azioni, Società in accomandita per azioni) e di società cooperativa. La scuola di sci può allora ben essere anche un’impresa societaria iscritta alle camere di commercio o una società cooperativa. La forma giuridica societaria ad oggi prevalentemente adottata dalle scuole di sci è quella della Società semplice che meglio si presta per la gestione del riparto degli utili in misura variabile (solitamente proporzionata con l’impegno professionale dei soci).

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CAPITOLO 2

LA RESPONSABILITÁ CIVILE NELL’INSEGNAMENTO

DELLO SCI

L’analisi della responsabilità civile nell’insegnamento dello sci non segue un percorso obbligato, ma potrebbe essere articolata in tante modalità quante sono le variabili che possono venire in gioco in una materia che potrebbe apparire semplice, ma che in realtà è complessa ed eterogenea.

La scelta compiuta è stata quella di approfondire inizialmente le nozioni di “diligenza” nell’insegnamento dello sci e di accettazione del rischio che presiedono l’esame della responsabilità contrattuale ed extra-contrattuale che i giudici, non in maniera del tutto omogenea, configurano in capo al maestro e alla scuola di sci.

In fondo, comunque, la mancanza di omogeneità nelle soluzioni dottrinali, e soprattutto giurisprudenziali, non è totalmente negativa in una materia in cui l’accertamento di ogni variabile presente nel concreto può risultare decisiva onde configurare o escludere la responsabilità.

Si cercherà, in questo senso, di ricostruire “lo stato delle cose” della materia, attraverso l’esame di quella dottrina e giurisprudenza che negli anni progressivamente è stata chiamata a interpretare e a giudicare simili fattispecie.

L’ultima parte del capitolo si pone quale ponte rispetto al terzo, abbracciando un approccio meno legato alla generalità delle norme, e più attento allo studio del caso concreto; in questa prospettiva, saranno esaminate criticamente e nel dettaglio alcune recenti e inedite sentenze particolarmente interessanti.

2.1 Introduzione

Le obbligazioni ex art. 1173 c.c. possono sorgere da contratto, fatto illecito e da ogni altro

atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico. Queste sono le fonti

dell’obbligazione, ossia ciò da cui una obbligazione può nascere.

Il nostro Codice Civile accoglie la tradizione romanistica così come proposta dal giurista Gaio (fr. 1, pr. 91, D. 44, 7) che introdusse la categoria delle “variae figurae” a temperare la rigida ripartizione fra le tradizionali figure del contratto e del delitto. Vi erano, infatti, delle obbligazioni come la “negotiorum gestio” (gestione di affari) o la “indebiti solutio” (ripetizione dell’indebito) che non potevano essere ricomprese all’interno della bipartizione tradizionale delle fonti, se non a patto di forzature. Nella gestione di affari altrui taluno si intromette negli affari di un altro soggetto in maniera spontanea (senza esservi obbligato da un contratto), in quanto quest’ultimo non è in grado di provvedervi personalmente, mentre nella ripetizione di indebito taluno esegue un adempimento senza che preesista un debito,

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così chi lo ha eseguito ha il diritto alla restituzione della prestazione non dovuta (c.d. ripetizione).

Il legislatore del 1942 ha respinto la quadripartizione (contratto, delitto, quasi- contratto, quasi-delitto) che venne realizzata dai compilatori giustinianei e accolta nel Codice del 1865. Le categorie del quasi-contratto e del quasi-delitto risultavano di complessa definizione.

Il Codice Civile riconosce, così, che, oltre al contratto e al fatto illecito le obbligazioni possono derivare anche da una pluralità di altre situazioni tipiche o atipiche, ma pur sempre in conformità ai principi dell’ordinamento giuridico. L’eterogeneità di tali fatti e atti è tale per cui non è possibile una rigida classificazione per categorie. Il Codice regola, prima, la figura generale dell’obbligazione (artt. 1173 ss.) e, in seguito, si occupa delle singole fonti da cui l’obbligazione può sorgere: il contratto (artt. 1321 ss.), le obbligazioni nascenti da atti unilaterali (artt. 1987 ss.), le obbligazioni nascenti dalla legge (artt. 2028 ss.) e dai fatti illeciti (artt. 2043 ss.)98.

Nell’ambito della generale categoria della responsabilità civile si ricomprendono due distinte figure: la responsabilità contrattuale e la responsabilità extra-contrattuale. La prima inerisce all’inadempimento di una obbligazione preesistente (che può avere la sua fonte anche non in un contratto, ma in uno di quelli atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità all’ ordinamento giuridico), mentre la seconda prescinde dall’esistenza di un rapporto fra i soggetti coinvolti, e trova la sua fonte nel fatto illecito dannoso. L’obbligo risarcitorio nella responsabilità civile nasce sempre da un illecito: contrattuale o extra-contrattuale.

Non sempre è agevole riferire una situazione all’uno o all’altro campo di responsabilità, con conseguenze rilevanti, specie in tema di prescrizione (quinquennale per la responsabilità extra-contrattuale e decennale per la responsabilità contrattuale). Si pensi, ad esempio, ai rapporti di mera cortesia o alla complessa figura del contatto sociale quale fonte di responsabilità contrattuale, di cui si dirà in seguito.

Altro elemento di complicazione attiene alla possibilità di assistere ad un concorso di responsabilità contrattuale ed extra-contrattuale allorquando un medesimo fatto possa costituire sia inadempimento di una obbligazione preesistente che fatto illecito dannoso (questo qualora la condotta dell’autore del danno, oltre a rilevare ai fini dell’art. 1218 c.c., viola anche un diritto assoluto della vittima, quale quello all’integrità fisica). La giurisprudenza di legittimità99 ammette pacificamente il concorso fra le due responsabilità,

rimettendo al danneggiato la scelta di agire in via contrattuale o in via extra-contrattuale, con la precisazione per cui l’esercizio di una azione non comporta rinuncia all’altra100.

La L. 8 marzo 1991, n. 81, si occupa prevalentemente degli aspetti “pubblicistici” dell’attività di insegnamento dello sci, senza occuparsi della responsabilità civile, per la quale valgono dunque le disposizioni generalmente previste dal Codice Civile. Il quadro

98 A.TORRENTE, P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, XIX, Milano, 2009, p. 349. 99 A titolo esemplificativo: Cass., 19 gennaio 1996, n. 418, in Foro Italiano Rep., 1996, voce

Responsabilità civile, n. 203.

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giurisprudenziale della materia non si presenta omogeneo e richiede un approccio casistico, stante le molte variabili che si possono presentare agli occhi del giudice.

La responsabilità del maestro di sci è, infatti, talvolta qualificata come extra- contrattuale e talaltra come contrattuale (laddove l’allievo concluda il contratto di insegnamento direttamente con il maestro anziché con la scuola). A ciò si aggiungono le complicazioni inerenti al concorso fra le due responsabilità, alla possibile configurabilità di una responsabilità contrattuale da contatto sociale, in forza del rapporto che si instaura fra allievo e maestro, e la responsabilità della scuola di sci, contrattuale ed extra-contrattuale, all’interno della quale il maestro può operare (è, infatti, possibile che il maestro eserciti l’attività individualmente, ossia senza essere inserito in una scuola di sci).