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TROMBE IDROEOLICHE

4. LE TROMBE IDROEOLICHE

Quando e come sia nata l’idea delle trombe idroeoliche non è finora dato sapere. È però quasi certo che esse abbiano avuto origine in Italia, v. [11].

Il primo testo sulle trombe idroeoliche è il trattato Pratica Minerale di Marco Antonio della Fratta, stampato nel 1584 [12]. Le trombe idroeoliche («Botti e Trombe per soffiare») vengono qui descrtitte molto dettagliatamente, v. Fig. 9, da persona che sicuramente deve averle non solo viste, ma anche costruite ed usate. Il della Fratta dà indicazioni precise sul salto necessario («almeno sedici piedi»), sulla cassetta in cui deve cadere il getto, sulla Botte o Tinazzo in cui si raccoglie l’acqua e si libera l’aria («di buon legno resistente, e di honesta grossezza per resistere alla forza del Vento, che vi si genera»). Per la tromba vera e propria si deve usare un

legno «senza groppi e di vena dritta»; la fabbricazione della tromba è descritta nei minimi dettagli: si precisa persino che «per maggior bellezza» anche all’esterno conviene che sia «rotonda». Terminate – con altre operazioni secondarie – la botte e la tromba, sulla botte si pone il portavento, che condurrà l’aria alla fucina o al forno fusorio.

Dopo avere precisato che le botti si possono anche fabbricare in marmo, il della Fratta ag- giunge interessanti considerazioni sull’inconveniente dell’umidità presente nell’aria e su un artificio da lui proposto per eliminarla: «E perche tal volta, per l’humidità dell’acqua, queste Botti sono rifiutate, come quelle, che col fiato loro non permettono il raffinare il metallo prezioso, portando … la crudezza dell’acqua sopra il Metallo, facendolo intirizzire, … io ho trovato per rimedio … disporre un'altra Botte, minore la quarta parte della prima, in cui si fa sboccar il Portavento … ; sopra poi à questa Botte si pone un altro Portavento … & in fondo di questa Botticella resta un buco turato … che à suo tempo si cava, per estrarne … l’humidità condensata.». L’artificio è ben visibile nell’illustrazione di sinistra della Fig. 9.

Per quanto riguarda la modalità di uscita dell’acqua dalla botte (o “tinazzo”), che deve es- ser tale da assicurare che il pelo libero dell’acqua sia sempre al di sopra del foro di scarico, della Fratta raccomanda che il fondo della botte sia ben sigillato, «eccetto, cha da una parte, dove si deve fare una cassetta per la quale esce l’acqua: questa cassetta deve esser quadra, alta, e larga circa un piede senza coperchio, ma il foro del Tinazzo dev’esser qualche cosa meno».

Notevoli e significative sono poi le considerazioni finali sulle trombe idroeoliche: «Il modo di far questi soffioni è nuovo, & in vero risparmia molta spesa, poiche li mantici … ascendeva- no … al costo di 500 scudi, … dove per lo contrario il su detto modo di soffiare si può perfettionare con 25 scudi. Vero è, che … non in ogni luogo si trova il commodo di cascate d’acqua per far li soffioni, e però conviene ridursi alli mantici: ma se per farli lavorare è necessario il servirsi d’Huomini, ò di Animali, consiglierei sempre il condur la Vena cruda, e scielta lungi qualche miglio, mentre la spesa di nutrire gli Animali, ò di pagar gl’Huomini sormonta di gran lunga quella della condotta della Vena à luogo con commodo da acqua … ».

Un interessante accenno alle trombe idroeoliche si trova anche in G. B. Della Porta [13], che nel suo Della Magia Naturale Libri XX, nel 1589 scrive: «Come l’acqua possa far ufficio di

mantice. Il che habbiamo visto à Roma. Faccisi una cameretta, chiusa da tutte le parti, e sopra

per un embuto riceva gran quantità di acqua, nel sommo delle mura sia un buso, dal qual per gran forza l’aria scampi via; perche con tanto impeto verrà cacciata fuori, che accenderà il fuoco molto bene, e farà l’ufficio del mantice eccellentissimamemte per le fucine di ferro, e di rame, sia l’embuto fatto di modo, che quando non habbiamo bisogno possiamo mandar l’acqua in altra parte, & havendone bisogno, rinovarla.» La descrizione non lascia alcun dubbio sul fatto che si tratti proprio della tromba idroeolica.

Storicamente molto importanti, anche se di mediocre qualità sia grafica sia di contenuto, sono le illustrazioni riportate in [14], v. Fig. 10: si tratta del volume Le Machine di G. Branca, edito in Roma nel 1629, e scritto dall’Autore quando era “Architetto della Santa Casa di Loreto”. La descrizione della tromba idroeolica è sostanzialmente corretta, ma la figura contiene verosimil- mente qualche errore: in particolare, i tubi C, D, E dovrebbero portare l’acqua nella campana dall’alto, e non dal basso. Interessanti, invece, i tre pioli G, H, I: ne basterebbe uno solo, ma se le tre aste si interpretano come tubi, potrebbero svolgere la duplice funzione di chiudere l’ingresso dell’acqua quando non serve, e di facilitare l’ingresso – cioè il trascinamento da parte

Figura 10. Giovanni Branca, Le Machine, 1629 [13]: Spiritale per mantice di fucina.

dell’acqua – di una maggiore quantità di aria, con la modalità adottata in seguito nelle Trompes du Pays de Foix, v. Fig. 1.

Da notare che nel suo libro il Branca descrive diverse macchine, ma in genere non si attri- buisce il merito della loro invenzione: molte illustrazioni, in verità, sono così scadenti, da far pensare che qualche volta l’incisore abbia frainteso le intenzioni dell’Autore, ma che altre volte proprio quest’ultimo non abbia pienamente compreso il funzionamento delle macchine che descrive. Ciò, tuttavia, non diminuisce il valore storico della pubblicazione, la quale – per quanto concerne le trombe idroeoliche – conferma che nel 1629 esse erano già note da tempo.