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Le varie tappe dell’evoluzione normativa.

CAPITOLO III Il consenso dell‟imputato

3.3. La particolare disciplina dell’art 513 c.p.p nel rapporto col “giusto processo”.

3.3.1. Le varie tappe dell’evoluzione normativa.

Non si può prescindere dal ripercorrere, seppur brevemente, i vari momenti del travagliato percorso che il testo dell‟art. 513 c.p.p. ha sostenuto lungo l‟arco temporale che va dall‟entrata in vigore del nuovo codice nel 1989 fino alla riforma del 2001 con la più volte citata legge n. 63, attuativa dei principi del “giusto processo” all‟interno della disciplina codicistica.

Fin da subito, è opportuno osservare che la formulazione della norma presenta delle sostanziali novità, collegate principalmente alla complessiva modificazione dell‟intero assetto relativo alla formazione della prova in dibattimento, proprio in quanto con la legge del 2001 è stata riformulata la struttura dei diversi istituti che trovano un continuo intreccio in questa fase.

L‟originario art. 513 c.p.p. prevedeva due ipotesi: al comma 1°, si consentiva, su richiesta di parte, la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall‟imputato al p.m. o al giudice durante le indagini preliminari o durante l‟udienza preliminare nel caso di contumacia, di assenza o di rifiuto di sottoporsi all‟esame; siffatta lettura determinava l‟automatica acquisizione al fascicolo per il

368È chiaro che in questa tendenza riaffiori il “principio di non dispersione della prova” sostenuto dalla Corte

cost. nella sentenza del 1992 n. 255: cfr. capitolo II, par. 2.2.

369

S. CORBETTA, Intervento della Consulta e prospettive di riforma, in Corr. giur., 1998, p. 1420-1421, il quale parla, più precisamente, di sacrificio delle garanzie dell‟imputato “sull‟altare di quel fine supremo e superiore costituito dalla ricerca della verità”.

125 dibattimento delle dichiarazioni rese in precedenza, che potevano essere utilizzate sia per se che erga alios. Al comma 2°, invece, si consentiva, sempre su richiesta di parte, la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dai soggetti ex art. 210 c.p.p. soltanto nel caso in cui non si fosse potuta ottenere la presenza del dichiarante in udienza, anche dopo aver disposto l‟accompagnamento coattivo, l‟esame a domicilio o la rogatoria internazionale senza alcun risultato; in tale ipotesi, la lettura non era ammissibile se il coimputato fosse comparso e avesse esercitato lo ius tacendi riconosciuto370 dall‟art. 210, comma 4, c.p.p.

La Corte costituzionale, intervenendo subito sulla disciplina dell‟art. 513 c.p.p., l‟ha ritenuta priva di “ragionevole giustificazione” e ne ha dichiarato, con

la sentenza371 del 1992 n. 254, l‟illegittimità costituzionale del comma 2 “nella

parte in cui non prevedeva che il giudice, ricorrendone le condizioni, disponesse la lettura dei verbali delle dichiarazioni di cui al comma 1 rese dalle persone indicate nell‟art. 210 c.p.p., qualora queste si fossero avvalse della facoltà di non rispondere”.

La Corte ha evidenziato, con tale decisione, che tra i due commi della norma

è presente372 la medesima ratio, nel senso che le persone ex art. 210 c.p.p., avendo

la stessa facoltà dell‟imputato di sottrarsi, in tutto o in parte, all‟esame, nel caso abbiano reso delle dichiarazioni in precedenza, determinano “quel tipo di situazione che lo stesso legislatore delegato ha inteso qualificare come un‟ipotesi di impossibilità sopravvenuta di ripetizione dell‟atto”.

Secondo la Corte, pertanto, il fatto che la norma non avesse previsto il silenzio del coimputato in procedimento connesso o collegato come causa di

370Per l‟analisi dell‟art. 513 c.p.p. nel testo originariamente introdotto nel codice del 1988 cfr., ex multis, M.

NOBILI, Art. 513 c.p.p., in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da M. CHIAVARIO, V, 1990, p. 436, in cui, tra l‟altro, si afferma che il rifiuto di sottoporsi all‟esame da parte delle persone indicate nell‟art. 210 c.p.p. non era equiparabile all‟ipotesi di assenza che, ai sensi del comma 2, prima parte, dell‟art. 513 c.p.p., legittimava, invece, la lettura dei verbali delle dichiarazioni precedentemente rese: in tal senso cfr. anche G. DI CHIARA, Note in tema di circolazione di atti investigativi e probatori tra

procedimenti diversi, in Foro it., II, 1992, p. 79, Id., Dichiarazioni erga alios e letture acquisitive: i meccanismi di recupero del sapere preacquisito dall‟imputato in procedimento connesso, in Il giusto processo tra contraddittorio e diritto al silenzio, op. cit., p. 32 e ss.; L. PETRILLO, Utilizzabilità dibattimentale delle dichiarazioni rese dall‟imputato “connesso”, in Cass. pen., II, 1991, p. 539; M.

TERRILE, Utilizzabilità dibattimentale delle dichiarazioni rese fuori dal dibattimento, ivi, 1990, p. 1636.

371

Corte cost., sent. 3-6-1992, n. 254, in Giur. cost., 1992, p. 1932, con commento di M. FERRAIOLI, Dubbi

sull‟acquisibilità delle dichiarazioni in precedenza rese dall‟imputato (o coimputato) che rifiuti l‟esame in dibattimento; in Riv. it. dir. e proc. pen., 1992, p. 1115, con nota di V. GREVI, Facoltà di non rispondere delle persone esaminate ex art. 210 c.p.p. e la lettura dei verbali di precedenti dichiarazioni.

372

In tal senso si era già espresso in dottrina V. GREVI, Le “dichiarazioni rese dal coimputato” nel nuovo

codice di procedura penale, in Riv. it. dir e proc. pen., III, 1991, p. 1170, D. GROSSO, L‟interrogatorio libero tra i due codici, in Giust. pen., III, 1990, p. 303.

126 irripetibilità della dichiarazione determinava la violazione dell‟art. 3 Cost. sotto il

profilo373 della ragionevolezza.

Questa decisione, resa insieme alla sentenza374 n. 255 del 1992, in tema di

contestazioni nell‟esame testimoniale, ha subito diverse critiche da parte della dottrina.

Infatti, in primo luogo, non ha convinto la sostanziale equiparazione375 tra

due situazioni differenti, come il silenzio tenuto dal coimputato nello stesso processo, e quello tenuto dal coimputato in un procedimento connesso o collegato, con la conseguenza della equiparazione anche di atti che presentano diverse finalità, attraverso il meccanismo delle letture di recupero delle precedenti dichiarazioni.

In secondo luogo, si è messa in evidenza la ritenuta lesione del diritto di difesa relativa all‟acquisizione delle dichiarazioni rese in precedenza mediante la sola lettura.

Ciò comportava anche un evidente minus al principio del contraddittorio

come metodo376 di acquisizione della prova dibattimentale: infatti, col

meccanismo della lettura delle dichiarazioni del coimputato la difesa veniva

sostanzialmente privata del diritto377 ad “interrogare la fonte d‟accusa”,

riconoscibile in base all‟art. 24 Cost., e sancito apertis verbis nella normativa internazionale di cui all‟art. 6, comma 3, lett. d) C.e.d.u. e all‟art. 14, comma 3, lett. e) del Patto internazionale.

373

S. CORBETTA, La lettura dei verbali di dichiarazioni rese dall‟imputato e dal coimputato nel contesto

della riforma del “giusto processo” (art. 513 c.p.p.), op. cit., p. 500, secondo cui la disciplina della lettura dei

verbali di dichiarazioni era legata alla celebrazione o meno del simultaneus processus, infatti, nel caso positivo, “il rifiuto di sottoporsi all‟esame del dichiarante legittimava la lettura delle dichiarazioni precedenti (art. 513 comma 1 c.p.p.)”, invece, nel caso in cui “la posizione del coimputato fosse stata separata”, “all‟esercizio di quella medesima facoltà non poteva conseguire la lettura (art. 513 comma 2 c.p.p.)”. Di seguito, l‟a. puntualizza il fatto che la Corte abbia evidenziato l‟assoluta accidentalità della celebrazione o meno del simultaneus processus, dovuta infatti a fattori del tutto contingenti e occasionali, “i quali, dunque, non potevano ragionevolmente riverberarsi sul regime delle letture”.

374

Corte cost., sent. 3-6-1992, n. 255, in Giur. cost., 1992, p. 1961, con nota di G. ILLUMINATI, Principio

di oralità e ideologie della Corte costituzionale nella motivazione della sent. n. 255 del 1992; in Riv. it. dir. e proc. pen., 1992, p. 1932, con commento di P. TONINI, Cade la concezione massimalistica del principio di immediatezza; per altri riferimenti v. Cap. II, par. 2.2. e Cap. V.

375

In tal senso cfr. M. FERRAIOLI, op. ult. cit., p. 1958; L. KALB, Il sistema delle letture dibattimentali, in

Università degli Studi di Salerno, Annali dell‟Istituto di Dir. e Proc. pen., 1993, p. 126; A. SANNA, Il contributo dell‟imputato in un diverso procedimento: forme acquisitive e garanzie di attendibilità, in Riv. it., dir. e proc. pen., 1995, p. 508.

376

In tal senso cfr. D. SIRACUSANO, Urge recuperare l‟oralità, in Dir. pen. proc., 1997, p. 528, secondo cui nel caso di “silenzio” dell‟imputato o del testimone “viene a mancare qual momento indispensabile per l‟esercizio del diritto alla prova, costituito dal controesame o dal controinterrogatorio”.

127

A tal proposito, la Corte europea378 dei diritti dell‟uomo ha disapprovato il

disposto originario dell‟art. 513 c.p.p. condannando l‟Italia per la violazione dell‟art. 6, comma 3, lett. d) della Convenzione.

Secondo la Corte dei diritti dell‟uomo379 non è ammissibile fondare una

sentenza di condanna esclusivamente sulle dichiarazioni di un soggetto che l‟imputato non abbia avuto modo di interrogare né durante la fase istruttoria del processo né durante la fase dibattimentale.

Non è neanche possibile accogliere, ad avviso dei giudici di Strasburgo, la

decisione della Corte di Cassazione italiana che aveva rigettato il ricorso380 della

difesa ritenendo la compatibilità dell‟art. 513 c.p.p. coi precetti sanciti nella Convenzione europea, sull‟assunto che nell‟art. 6, comma 3, lett. d), della Convenzione si fa riferimento al solo interrogatorio dei testimoni che, in quanto tali, sono obbligati a dire la verità, e non anche all‟interrogatorio degli accusati, che, come nel caso di specie, “hanno la facoltà di difendersi mantenendo il silenzio o anche mentendo”.

Invece, secondo la Corte europea la qualifica di “testimone” prevista dall‟art. 6 C.e.d.u. ha una portata ampia rispetto alla qualificazione attribuita dal

legislatore interno: infatti, è tale chiunque381 renda delle dichiarazioni presentate

dinanzi al giudice di cui, poi, quest‟ultimo ne tenga conto ai fini della decisione. In ogni caso, la Corte europea ha ammesso la possibilità che vengano acquisiti come prova atti formati in precedenza nella fase investigativa, come nel caso in cui il testimone si rifiuti di deporre perché teme per la propria incolumità,

378 Per l‟analisi dei principi internazionali su processo penale cfr. G. UBERTIS, Diritto alla prova nel processo penale e Corte europea dei diritti dell‟uomo, in Riv. dir. proc., 1994, p. 489; per ulteriori riferimenti

utili in tal senso v. Cap. II, par. 2.1.

379

Corte eur., 27-2-2001, Lucà c. Italia, § 40, in cui si afferma che non può essere fondata una sentenza di condanna soltanto su dichiarazioni accusatorie rese durante le indagini preliminari da coloro che, ai sensi dell‟art. 513 c.p.p. italiano, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere nel dibattimento successivo, proprio perché l‟art. 6, par. 3, lett. d), C.e.d.u. stabilisce che ogni accusato ha “il diritto di interrogare i testimoni a suo carico, rientrando in tale qualifica non solo i testimoni stricto sensu intesi, ma anche i testimoni coimputati”; allo stesso modo cfr. Corte eur., 14-12-1999, A. M. c. Italia, § 25, in cui si afferma che “gli elementi di prova debbono in via di principio essere prodotti davanti all‟accusato in pubblica udienza, in vista di un dibattito in contraddittorio che, anche se “non va esente da eccezioni” purché “con riserva dei diritti della difesa”, si impone “come regola generale”, concedendo “all‟accusato un‟occasione adeguata e sufficiente di contestare una testimonianza a carico e di interrogarne l‟autore, nel momento della deposizione o più tardi”.

380La tesi sostenuta dalla Cassazione per cui il diritto al controesame stabilito dall‟art. 6 si riferisca al solo

testimone e non anche all‟imputato in un procedimento connesso o collegato è sostenuto anche in Cass., 27-3- 1996, Dorigo, in C.E.D., n. 204214; Cass., 28-11-1995, Baldini, in Arch. n. proc. pen., 1996, p. 101.

381Per l‟espressione adoperata in sentenza v. nota 332; per l‟estensione della garanzia di cui all‟art. 6, comma

3, lett. d) della Convenzione anche ai coimputati in procedimento connesso o collegato di cui all‟art. 210 c.p.p. cfr., in dottrina, G. LOZZI, Lezioni di procedura penale, 1997, p. 438.

128 ma anche in tale ipotesi, però, dev‟essere garantito il diritto della difesa al confronto con chi rende dichiarazioni accusatorie.

In tale prospettiva, dunque, non può non ritenersi incompatibile con le garanzie previste nell‟art. 6 della Convenzione, l‟ipotesi di condanna dell‟imputato basata “solamente o principalmente” sulle dichiarazioni rese da un soggetto che non è stato mai sottoposto a cross – examination, né in fase di indagini né in dibattimento.

Le perplessità mostrate sul testo originario della norma hanno indotto il legislatore a modificare l‟istituto cercando di ripristinare i principi di oralità e

contraddittorio violati: infatti, l‟art. 1 della legge n. 267 del 1997 ha modificato382

l‟art. 513 c.p.p. evidenziando una posizione nettamente diversa rispetto a quella sostenuta dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 254 del 1992, ed ha operato una chiara restrizione del meccanismo acquisitivo della lettura.

La riforma ha previsto al comma 1, nel caso di rifiuto da parte dell‟imputato di sottoporsi all‟esame, l‟utilizzabilità sempre delle precedenti dichiarazioni contra se, mentre è necessario il consenso delle parti se le dichiarazioni sono contra alios; nel caso di imputato in procedimento connesso o collegato di cui al comma 2 che si è sottratto al contraddittorio, con la nuova formulazione è stata prevista la non acquisibilità delle precedenti dichiarazioni mediante lettura, salvo il consenso delle parti.

Al comma 3 è stata prevista, poi, un‟unica eccezione nel caso di dichiarazioni raccolte nel corso dell‟incidente probatorio o dell‟udienza preliminare nella forma dell‟esame incrociato di cui agli artt. 498 e 499 c.p.p., essendo garantito il contraddittorio con la difesa, in quanto si tratta di dichiarazioni acquisite alla presenza del difensore dell‟imputato.

382 Per un commento dell‟art. 513 c.p.p. nella formulazione post riforma del 1997 cfr. A. GIARDA, Le “novelle” di una notte di mezza estate, in AA. VV., Le nuove leggi penali, 1998, p. 137 e ss.; F. PERONI, La nuova disciplina delle letture di dichiarazioni provenienti dall‟imputato, ivi, p. 170 e ss.; G. ILLUMINATI, Uno sguardo unitario alle riforme dell‟estate 1997, in Dir. pen .proc., 1997, p. 1519; P. MOSCARINI, L‟esame del coimputato dopo la l. 7 agosto 1997, n. 267: dal suo parziale silenzio al regime delle contestazioni, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1998, p. 65; G. RICCIO, Letture più circoscritte e forme “alternative” di acquisizione probatoria, in Dir. pen. proc., 1997, p. 1177; per un commento più recente cfr.

G. DI CHIARA, Dichiarazioni erga alios e letture acquisitive: i meccanismi di recupero del sapere

129 La Corte costituzionale è intervenuta, ancora una volta, sul testo dell‟art.

513 c.p.p. con la sentenza383 n. 361 del 1998, dichiarandone384 l‟illegittimità

costituzionale del comma 2 “nella parte in cui non prevede che, qualora il dichiarante rifiuti o comunque ometta, in tutto o in parte, di rispondere su fatti concernenti la responsabilità di altri già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza dell‟accordo delle parti alla lettura si applica l‟art. 500, commi 2-bis e 4 del codice di procedura penale”.

La Corte ha essenzialmente censurato il meccanismo consensuale introdotto dalla riforma del 1997, ritenendo di “immediata evidenza” la sua irragionevolezza ed incoerenza: infatti, risulta rimessa alla “concorrente volontà dell‟imputato in procedimento connesso e della parte processualmente interessata ad impedire l‟acquisizione e l‟utilizzazione” delle precedenti dichiarazioni la loro esclusione “dal patrimonio di conoscenza del giudice”.

Secondo la Corte, con l‟istituto delle contestazioni di cui al comma 2-bis dell‟art. 500 c.p.p. è possibile, nel caso di rifiuto od omissione del testimone di rispondere, in tutto o in parte, recuperare il materiale probatorio di cui il coimputato è portatore: infatti, con tale modalità particolare di recupero delle precedenti dichiarazioni del coimputato che si sottrae all‟esame, si dà attuazione

383

Corte cost., sent. 2-11-1998, n. 361, cit.; tra i vari commenti ex multis cfr. D. CARCANO, Effetti di una

dichiarazione di incostituzionalità annunciata, in Cass. pen., 1999, p. 56; M. CHIAVARIO, Una nuova svolta nella tormentata vicenda del regime di utilizzabilità delle dichiarazioni di coimputati e di imputati in procedimenti connessi: impressioni, congetture e suggestioni “a prima lettura” sulla sent. 361/98 della Corte costituzionale, in Commento al codice di procedura penale, coordinato dallo stesso, Agg. IV, 1998, allegato;

A. GIARDA, Commento, in AA. VV., Processo civile e processo penale. Le riforme del 1998, 1998,

Appendice di aggiornamento, p. 7; G. GIOSTRA, Quale contraddittorio dopo la sentenza 361/98 della Corte costituzionale?, op. cit., p. 197; V. GREVI, Dichiarazioni dell‟imputato sul fatto altrui, diritto al silenzio e garanzia del contraddittorio, in Riv. it. dir e proc. pen., 1999, p. 821; G. ILLUMINATI, Lineamenti essenziali delle più recenti riforme legislative del codice di procedura penale, in AA. VV., Profili del nuovo codice di procedura penale, II, Appendice di aggiornamento, 1998, p. 16; D. NEGRI, Nuove regole per l‟esame dell‟imputato sul fatto altrui e profili di diritto transitorio dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 361 del 1998, in Cass. pen., 1999, p. 1979; G. SPANGHER, Il rifiuto di rispondere del coimputato dopo l‟intervento della Corte costituzionale (art. 513 c.p.p.), in Studium iuris, 1999, p. 127; P. TONINI – C.

CONTI, Imputato “accusatore” e “accusato” dopo la sentenza costituzionale n. 361 del 1998, in AA. VV.,

Le nuove leggi penali. Appendice di aggiornamento, 2000. 384

Per la verità la Corte ha recepito in sentenza le alcune riflessioni avanzate in dottrina, secondo cui l‟attuazione effettiva del contraddittorio presuppone l‟intero riesame dei diritti e dei doveri dell‟imputato dichiarante contra alios: in tal senso, con diverse valutazioni cfr. O. DOMINIONI, Un nuovo idolum theatri:

il principio di non dispersione probatoria, in Riv. it. dir. pen. e proc., 1997, p. 736; A. GIARDA, Le “novelle” di una notte di mezza estate, op. cit., p. 148; V. GREVI, Il diritto al silenzio dell‟imputato sul fatto proprio e sul fatto altrui, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1998, spec. 1137 e 1141; P. TONINI, Diritto dell‟imputato a interrogare colui che lo accusa e diritto di non rispondere, in Dir. pen. proc., 1997, p. 354;

Id., Imputato “accusatore” e “accusato” nei principali ordinamenti processuali dell‟Unione europea, in AA. VV., Le nuove leggi penali, 1998, p. 261; per una riduzione del diritto al silenzio e per i riflessi sul piano sostanziale cfr. D. PULITANO‟, Nemo tenetur se detegere: quali profili di diritto sostanziale, in Riv. it. dir. e

130 al diritto del contraddittorio proprio grazie alla contestazione delle dichiarazioni rese dinanzi al giudice nella dialettica tra le parti.

È chiaro che dalla pronuncia, qui in nuce richiamata, riemerga, sebbene non esplicitamente, il “principio di non dispersione probatoria” posto in bilanciamento con l‟intangibile diritto al silenzio del coimputato in procedimento connesso.

Difatti, la Corte ha affermato che non si possa rinunciare alle dichiarazioni legittimamente acquisite in precedenza nella fase delle indagini o dell‟udienza preliminare a causa della facoltà di non rispondere concessa al dichiarante in dibattimento; ma, nel contempo, questi dati devono essere filtrati dal

contraddittorio dibattimentale e lo strumento atto a tale operazione385 è la

contestazione nel corso dell‟esame.

La pronuncia del ‟98 ha indotto il legislatore ad intervenire sulla norma costituzionale per inserirvi direttamente i principi del “giusto processo”, e, con la

modifica386 dell‟art. 111 Cost. avvenuta con la legge costituzionale n. 2 del 1999,

ha mutato il quadro di riferimento da cui accingere il precipitato dei valori del processo di matrice accusatoria.

Ulteriore passo in avanti necessario era l‟attuazione dei valori del “giusto processo” nell‟ambito della disciplina normativa del codice: questa esigenza è stata soddisfatta dalla c.d. “legge sul giusto processo” che, da un lato, ha

modificato alcune387 norme, dall‟altro ne ha inserite di nuove.

385

G. DI CHIARA, Dichiarazioni erga alios e letture acquisitive: i meccanismi di recupero del sapere

preacquisito dall‟imputato in procedimento connesso, in Il giusto processo tra contraddittorio e diritto al silenzio, op. cit., p. 38, secondo cui da questa lettura emerge una “parziale assimilazione del dichiarante erga alios al teste: lo statuto processuale diverge nella misura in cui il primo gode dello ius tacendi, considerato

dalla Corte „irrinunciabile manifestazione del diritto di difesa dell‟imputato‟, mentre il teste risponde ad una

servitus iustitiae ed è, pertanto, titolare di un obbligo di veridicità e completezza; v‟è, d‟altronde, un nucleo

condiviso, posto che entrambi i soggetti sono portatori di un „sapere‟ processuale cui non può rinunciarsi, recuperabile – tanto nel primo che nel secondo caso – per il tramite delle contestazioni previste dal testo (allora vigente) dell‟art. 500 commi 2-bis e 4”.

386 Per l‟analisi compiuta dei principi del “giusto processo” v. il Cap. II; per i primi commenti cfr. M.

CHIAVARIO, Un “giusto processo” dal futuro ancora incerto, in Corr. giur., 2000, p. 5 e ss.; V. GREVI,

Processo penale, “giusto processo” e revisione costituzionale, in Cass. pen., 1999, p. 3317; P. TONINI, “Giusto processo”: riemerge l‟iniziativa del Parlamento, in Studium iuris, 2000, p. 137; Id., Il contraddittorio: diritto individuale e metodo di accertamento, in Dir. pen. proc., 2000, p. 1388.

387

In realtà la legge n. 63/2001 ha rivisitato molte norme del codice di procedura penale attuando quell‟opera di adeguamento ai principi costituzionali del “giusto processo”: tra cui si annoverano gli artt. 64, 210, 500, 503 c.p.p. tra le più importanti; mentre l‟art. 197-bis c.p.p. rappresenta una assoluta novità nell‟impalcatura del sistema della prova dichiarativa; in dottrina cfr. G. DI CHIARA, op. ult. cit., p. 47, secondo cui la riforma del 2001 ha toccato tre punti collegati tra loro: i presupposti della connessione, della riunione e della separazione dei processi; ha ridotto l‟area delle incompatibilità ad assumere l‟ufficio di testimone; ed, infine, ha coniato “l‟inedita figura, di derivazione franco-tedesca, del teste assistito”. Quest‟ultima ha comportato