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La lettura dei verbali di dichiarazioni rese dal coimputato in procedimento connesso o collegato: art 513, comma 2, c.p.p.

CAPITOLO III Il consenso dell‟imputato

3.3. La particolare disciplina dell’art 513 c.p.p nel rapporto col “giusto processo”.

3.3.3. La lettura dei verbali di dichiarazioni rese dal coimputato in procedimento connesso o collegato: art 513, comma 2, c.p.p.

L‟attuale comma 2 dell‟art. 513 c.p.p. si riferisce alle persone indicate nell‟art. 210, comma 1, c.p.p., che riguarda gli imputati in procedimento connesso ai sensi dell‟art. 12, comma 1, lett. a) c.p.p. nei cui confronti si procede o si è proceduto separatamente, i quali non possono assumere l‟ufficio di testimone.

Si tratta essenzialmente dei soggetti coimputati416 nel medesimo reato nei

cui confronti non sia stata pronunciata sentenza definitiva di proscioglimento, di condanna o di patteggiamento: infatti, qualora il coimputato sia stato giudicato

con una pronuncia irrevocabile, può assumere la veste417 di testimone, pur con le

garanzie e i limiti previsti dall‟art. 197-bis, commi 3 e 4, prima parte, c.p.p.

414

Questa interpretazione è sostanzialmente sostenuta dalla dottrina citata in nota precedente; per approfondimenti sul procedimento di cui al comma 5 dell‟art. 500 c.p.p. v. Cap. V, paragrafo 5.3.3.

415

G. FRIGO, Ritornano l‟oralità e il contraddittorio mentre cresce il rischio di una controriforma, op. cit., p. 72.

416

D. CARCANO – D. MANZIONE, Il giusto processo.Commento alla legge 1 marzo 2001, n. 63, 2001, p.

60; E. MARZADURI – D. MANZIONE, Nuove contestazioni per un reale contraddittorio, in G. dir., 13, 2001, p. 58, secondo i quali questa qualità è indipendente dal contenuto accusatorio o meno delle dichiarazioni rese dal soggetto.

417

S. CORBETTA, La lettura dei verbali di dichiarazioni rese dall‟imputato e dal coimputato nel contesto

della riforma del “giusto processo” (art. 513 c.p.p.), op. cit., p. 516; M. D‟ANDRIA, Art. 513 c.p.p., in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, a cura di G. LATTANZI ed E. LUPO,

140 La norma non presenta un espresso riferimento alla figura dei coimputati in procedimenti connessi ex art. 12, comma 1, lett. c), c.p.p. o in procedimenti probatoriamente collegati ai sensi dell‟art. 371, comma 1, lett. b), c.p.p. che non assumono la veste di testimoni. Quest‟ultima situazione si verifica, ai sensi dell‟art. 197, comma 1, lett. b), c.p.p., alla presenza di due condizioni: da un lato,

quando non abbiano418 reso “dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità di

altri”, e, dall‟altro, non sia stata emessa nei loro confronti un provvedimento419

irrevocabile.

In tale situazione, si ritiene che debba420 applicarsi per analogia la disciplina

racchiusa nell‟art. 513, comma 2, c.p.p., poiché anche “tale soggetti rientrano nella categoria dei coimputati che non possono assumere la veste di testimone”.

In realtà, è presente anche un‟ulteriore opzione esegetica421 ancorata alla

littera legis, secondo cui, sulla scorta di una interpretazione stricto sensu della clausola prevista dall‟art. 514 c.p.p., l‟art. 513, comma 2, c.p.p. debba applicarsi soltanto alla categoria di dichiaranti individuata dall‟art. 210, comma 1 c.p.p.:

418Infatti l‟art. 197, comma 1, lett. b), c.p.p., modificato dall‟art. 5 della legge n. 63 del 2001, prevede come

ipotesi di incompatibilità a testimoniare questa figura di coimputato, disponendo esplicitamente “salvo quanto previsto dall‟articolo 64, comma 3, lettera c)”, operando di fatto una restrizione significativa dell‟ambito dell‟incompatibilità a testimoniare, lasciandola in concreto per ipotesi del tutto marginali, individuabili, in sostanza, per esclusione.

419

A contrario, quindi, i soggetti indicati nella lettera b) dell‟art. 197 c.p.p. possono essere escussi come

testimoni in due casi: in primo luogo, quando tali soggetti, sottoposti ad interrogatorio dal p.m., dal g.i.p., dal g.u.p., o dalla p.g. su delega del p.m., abbiano risposto alle domande, dopo essere stati avvisati delle loro facoltà ed, in particolare, delle conseguenze che potevano derivare una volta rese dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità di terzi; in secondo luogo, quando, indipendentemente dal fatto di essere interrogati, sia stata pronunciata nei loro confronti una sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell‟art. 444 c.p.p. Le ragioni dell‟esclusione dell‟incompatibilità in tali ipotesi sono evidenti: infatti, nel primo caso, il soggetto interrogando è avvisato delle conseguenze del suo dire, pertanto, se decide comunque di rendere dichiarazioni erga alios, è come se rinunciasse implicitamente alla facoltà di non rispondere riconosciutagli dalla legge secondo il principio generale dell‟electa una via, non

datur recursus ad alteram; nel secondo caso, invece, essendo stata pronunciata una decisione con i caratteri

dell‟irrevocabilità che cristallizza la posizione processuale del soggetto dichiarante, vengono meno le esigenze di tutelare il suo diritto al silenzio.

420

S. CORBETTA, op. ult. cit., p. 517; in tal senso, sebbene con argomentazioni differenti cfr. G. DI CHIARA, Dichiarazioni erga alios e letture acquisitive: i meccanismi di recupero del sapere preacquisito

dall‟imputato in procedimento connesso, in Il giusto processo tra contraddittorio e diritto al silenzio, op. cit.,

p. 51; nel senso dell‟applicabilità dell‟art. 210, comma 6, secondo periodo, c.p.p., cfr. M. BARGIS,

Commento all‟art. 18 l. n. 63 del 2001, in Legisl. pen., 2002, p. 315; alla medesima conclusione giunge anche

C. CONTI, Principio del contraddittorio e utilizzabilità delle precedenti dichiarazioni, op. cit., p. 599, secondo cui, premesso che le dichiarazioni di tale categoria di soggetti non rientrano né nell‟ambito dell‟art. 512 c.p.p., che, l‟a. ritiene, “si riferisce ai testimoni”, né nell‟ambito dell‟art. 513, comma 2, c.p.p., che contiene un rinvio più limitato, allora la lacuna deve “essere colmata mediante interpretazione”: infatti, l‟a. sostiene che l‟art. 513, comma 2, c.p.p. sia “applicabile anche agli imputati connessi teleologicamente o collegati”, essendo “finalizzato a disciplinare l‟irreperibilità di quegli imputati connessi che non debbono deporre come testimoni”.

421

V. GREVI – G. ILLUMINATI, La nuova disciplina in materia di formazione e valutazione della prova, in G. CONSO – V. GREVI, Compendio di procedura penale, Appendice di aggiornamento (1° giugno 2001), 2001, p. 130.

141

lungo questa scia, si ritiene, infatti, che il dichiarante422 avvisato ai sensi dell‟art.

64 c.p.p., ha due possibilità, o di avvalersi della facoltà di non rispondere, ciò che esula dalla previsione del comma 2 dell‟art. 513 c.p.p., oppure decidere di rendere dichiarazioni erga alios assumendo, in tal caso e per esse, la veste di testimone assistito.

Un‟ulteriore divergenza interpretativa riguarda il caso in cui, nei confronti del coimputato, sia stata pronunciata o una sentenza di non luogo a procedere o un decreto di archiviazione.

Infatti, da un lato, può ritenersi che, ugualmente, a tale coimputato, non potendo assumere la veste di testimone, salvo che abbia reso dichiarazioni contra alios, in quanto incompatibile ex art. 197 c.p.p., possa trovare applicazione l‟art. 513, comma 2, c.p.p.

Dall‟altro, invece, può dirsi che, poiché la ratio della deroga di cui all‟art. 197 c.p.p. lettere a) e b) c.p.p. consiste nell‟esigenza di garanzia collegata al principio del nemo tenetur se detegere, non ha più ragione di permanere nel caso in cui la posizione processuale del dichiarante si stata definita con una statuizione irrevocabile: pertanto, in relazione a tale ragione, si spiega il motivo per cui non è stata presa in considerazione dal legislatore, quale ipotesi di deroga al regime dell‟incompatibilità, il caso in cui sia stata pronunciata una sentenza di non luogo a procedere irrevocabile.

Tale situazione non gode, ai sensi degli artt. 434 e ss. c.p.p., della stessa stabilità delle pronunce dibattimentali, essendo sottoponibile a revoca, e quindi potrebbero permanere per il dichiarante le esigenze di tutela.

In realtà, un siffatta interpretazione ancorata ad una presunta preoccupazione espressa, di cui si è fatta carico la voluntas legis, appare di dubbia razionalità, per il fatto che le dichiarazioni rilasciate dal coimputato come teste non saranno comunque mai utilizzabili contro di lui, ai sensi dell‟art. 197-bis c.p.p.; per tale ragione, non si capisce come possano avere incidenza in un procedimento che è stato in ogni caso definito con una sentenza di non luogo a procedere.

422

In tal senso cfr. A. SCAGLIONE, Il regime di utilizzabilità degli atti delle indagini preliminari a

142

Alla luce di quest‟ultima considerazione, in giurisprudenza423

si è affermato, di recente, che l‟incompatibilità con l‟ufficio di testimone, prevista dall‟art. 197, comma 1, lettere a) e b) c.p.p., non può estendersi a soggetti nei cui confronti, ancorché originariamente inquisiti, sia stato pronunciato decreto di archiviazione; dunque, se vale il “privilegio” di non testimoniare nel caso di archiviazione, a fortiori dovrebbe valere anche nel caso in cui la resgiudicanda sia stata definita con una sentenza di non luogo a procedere.

La norma prevede delle procedure attivabili da parte del giudice su richiesta di parte, per ottenere la presenza del dichiarante in udienza: infatti, il comma 2 dell‟art. 513 c.p.p. prevede che se ne dispone prima l‟accompagnamento coattivo, ovvero l‟esame a domicilio o la rogatoria internazionale per sottoporlo ad esame in un luogo diverso dall‟aula dibattimentale.

Infine, il comma 2 prevede anche la possibilità aperta424, di chiusura, in base

alla quale dipende l‟utilizzabilità di ogni dichiarazione, del meccanismo procedurale per assicurare la presenza del dichiarante tramite “l‟esame previsto in altro modo dalla legge con le garanzie del contraddittorio”, a cui si riferisce, ad esempio, l‟esame a distanza ai sensi dell‟art. 147-bis, disp. att. e coord. c.p.p.

Si è affermato che, in tale occasione, il giudice deve sperimentare tutte le possibilità di intervento coatto di queste persone al dibattimento; soltanto “se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante” in aula, nel caso in cui sia infruttuosa l‟attivazione delle procedure previste per assicurarne l‟esame, il giudice può disporre, sempre a richiesta di parte, la lettura delle precedenti

dichiarazioni subordinata alla condizione che la non ripetibilità425 della

dichiarazione resa in precedenza dipenda da “fatti o circostanze imprevedibili” al momento della dichiarazione (tenendo presente che nel caso di prevedibilità sarebbe stato necessario ricorrere all‟incidente probatorio).

423

Cass., 2-3-2001, in Arch. n. proc. pen., 2001, p. 277; in senso conforme cfr. Cass., 13-1-2005, n. 1505, in

Cass. pen., 2005, p. 3966, la quale riguardava il caso in cui nei confronti del testimone da assumere era stata

disposta l‟archiviazione per vicende autonome, diverse, e prive di collegamento con le posizioni dell‟imputato, indipendentemente dall‟unicità del procedimento e dalla trattazione cumulativa di alcuni episodi.

424

In tal senso cfr. G. FRIGO, Ritornano l‟oralità e il contraddittorio mentre cresce il rischio di una

controriforma, op. cit., p. 72; G. RICCIO, Letture più circoscritte e forme “alternative” di acquisizione probatoria, op. cit., p. 1194.

425

P. MOSCARINI, L‟esame del coimputato dopo la l. 7 agosto 1997, n. 267: dal suo parziale silenzio al

regime delle contestazioni, op. cit., p. 70; M. D‟ANDRIA, Art. 513 c.p.p., op. cit., p. 167; P. TONINI, Manuale di procedura penale, op. cit., p. 578 e ss.

143

Devono sussistere, dunque, situazioni426 imprevedibili e sopravvenute legate

a fattori oggettivi che ex post determinano l‟impossibilità di acquisire la prova in dibattimento: se si sono verificati tutti i requisiti richiesti dalla norma, si potrà legittimamente procedere alla lettura delle dichiarazioni che diverranno utilizzabili a prescindere dal consenso delle parti.

I verbali acquisibili mediante lettura ai sensi del comma 2 sono individuati facendo riferimento alla disposizione di cui al comma 1 dell‟art. 513 c.p.p.: pertanto, risulta ammissibile la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dal coimputato al p.m. o alla polizia giudiziaria delegata oppure al giudice nel corso delle indagini preliminari o dell‟udienza preliminare.

Con riguardo alle dichiarazioni assunte dal difensore, in generale, l‟art. 391- decies c.p.p. consente l‟utilizzabilità delle dichiarazioni raccolte nel fascicolo del difensore anche agli effetti dell‟art. 513 c.p.p.

Come detto in precedenza, anche in tal caso, la norma va rapportata all‟art. 391-bis, commi 5 e 7, c.p.p. che prevede la disciplina del colloquio, la richiesta di dichiarazioni o l‟assunzione di informazioni rispettivamente da persona indagata o imputata nello stesso procedimento o in un procedimento connesso o collegato e da persona detenuta.

Nel caso in cui il coimputato si avvalga della facoltà di non rispondere, sarà ammissibile la lettura delle dichiarazioni precedentemente rese al difensore di un altro coimputato e, l‟utilizzazione processuale delle stesse sarà soggetta al meccanismo del consenso.

Riguardo a tale disciplina va aggiunto che il difensore non ha l‟obbligo di dare al coimputato gli avvisi previsti dall‟art. 64, comma 3, c.p.p., pertanto, se il coimputato,che non è stato sentito dal p.m. o dal giudice in sede di interrogatorio, renderà delle dichiarazioni contra alios al difensore di un altro imputato, non potrà, rispetto a queste, assumere l‟ufficio di testimone, perché, in assenza degli avvisi di cui all‟art. 64, comma 3, c.p.p., non si è verificata la condizione per la quale possa assumere tale status processuale; generalmente, in tale ipotesi, il coimputato, che è stato sentito dal solo difensore, verrà sottoposto ad esame in

426

G. RICCIO, op. ult. cit., p. 1191; A. SCELLA, L. 7/8/97. Modifica delle dichiarazioni del codice di

144 dibattimento ai sensi dell‟art. 210 c.p.p., pur avendo reso in precedenza dichiarazioni erga alios.

Nel comma 2 dell‟art. 513 è previsto che, se il dichiarante di cui all‟art. 210 c.p.p., sottoposto ad esame, si avvale della facoltà di non rispondere, il giudice potrà disporre la lettura dei verbali delle precedenti dichiarazioni soltanto mediante l‟accordo tra le parti; a contrario, quindi, vige un generale divieto di lettura superabile soltanto con il consenso delle parti interessate.

Va detto, innanzitutto, che l‟esercizio dello ius tacendi da parte del coimputato non determina un‟ipotesi di impossibilità sopravvenuta allo

svolgimento dell‟esame dibattimentale: tale interpretazione427

si ricava dal secondo periodo del comma 2 dell‟art. 513 c.p.p., che rinvia alla disciplina prevista dall‟art. 512 c.p.p. senza considerare però il caso del rifiuto di sottoporsi all‟esame, che viene, invece, disciplinato autonomamente dall‟ultimo periodo del comma 2.

Se il coimputato di cui all‟art. 210 c.p.p. si avvale della facoltà di non

rispondere è vietata la lettura ed anche, quindi, l‟utilizzazione428

delle dichiarazioni rese nella fase predibattimentale.

Qua re, l‟accordo tra le parti è, nel contempo, eccezione al divieto di lettura nel caso in cui il coimputato si sia sottratto al contraddittorio, e presupposto di utilizzabilità delle dichiarazioni di tale soggetto precedentemente raccolte.

Non si può fare a meno di sostenere che il meccanismo consensuale429

determina il fenomeno individuato dagli studiosi di lingua tedesca del Beweissurrogat o “surrogato di prova”, secondo cui il giudice può utilizzare, ai fini della decisione, elementi raccolti unilateralmente, che, considerati ex se, non hanno natura di prova, essendosi formati al di fuori del metodo dialettico, però

427

Rispetto al testo previgente cfr. M. FERRAIOLI, Dubbi sull‟acquisibilità delle dichiarazioni in

precedenza rese dall‟imputato (o coimputato) che rifiuti l‟esame in dibattimento, op. cit., p. 1958. 428

Per la giurisprudenza tale disciplina non si applica nel giudizio abbreviato, essendo un rito che si svolge “allo stato degli atti” con il conseguente riconoscimento dell‟immediata e diretta utilizzabilità come prova di tutto quanto risulti da esso: in tal senso cfr. Cass., 24-4-2003, B., in C.E.D., n. 225034; Cass., 25-11-1998, Orrù, ivi, n. 213228. A queste si aggiunge Cass., 2-10-2001, Spaccavento, in C.E.D., n. 220858, in cui si afferma che la scelta dell‟imputato di richiedere il rito abbreviato comporta l‟utilizzabilità di tutto il materiale probatorio acquisito in fase di indagini preliminari e raccolto nel fascicolo del p.m., comprese le eventuali dichiarazioni accusatorie rese dai coimputati, anche se gli stessi, in seguito, si siano avvalsi della facoltà di non rispondere durante l‟incidente probatorio; infatti, tale disciplina non si pone in contrasto con i principi del nuovo art. 111 Cost., poiché il comma 5 prevede espressamente l‟eccezione per “consenso dell‟imputato” alla regola della formazione della prova nel contraddittorio tra le parti.

429

S. BUZZELLI, Le letture dibattimentali, op. cit., p. 192, che pone in rapporto il meccanismo consensuale con la forza epistemica del contraddittorio.

145

diventano430 tali proprio “per il coagulo, sulle loro coordinate, di un „fatto

pacifico‟ generato dal medesimo consenso”.

Non si può fare a meno rispetto a tale ultima riflessione di affrontare diversi nodi interpretativi derivanti dall‟esame del testo normativo.

Innanzitutto, il comma 2 dell‟art. 513 c.p.p., prevede l‟accordo delle parti e non il semplice consenso delle parti come, viceversa, è previsto al comma 1: da ciò si desumerebbe la necessità di un contestuale consenso di tutte le parti costituite, per cui il dissenso di una sola di esse impedirebbe il presupposto a cui è ancorata la lettura dei verbali di dichiarazioni.

Si ritiene, anche alla luce della ratio dell‟art. 111 Cost. che fa riferimento al

“consenso dell‟imputato” inteso come adesione431

della parte privata “principale” alla ricostruzione del fatto determinata dalle pregresse dichiarazioni di altri soggetti, che il consenso debba essere espresso dalla parte che vi abbia interesse.

Deve essere prestato da una parte che è coinvolta, anche indirettamente, dalle dichiarazioni di cui si chiede la lettura; pertanto, non può rilevare il dissenso di un soggetto nei cui confronti la dichiarazione non abbia alcuna rilevanza o sia indifferente.

Nei processi cumulativi, in cui il consenso432 sia espresso solo da alcuni

imputati non da altri, si ritiene che la lettura, con la conseguente utilizzabilità delle dichiarazioni, sia soggettivamente circoscritta.

Ulteriore problema riguarda il caso in cui, sebbene ci sia stato il consenso dell‟imputato, il p.m. non presti il consenso alla lettura delle dichiarazioni liberatorie rese dal coimputato: quest‟ipotesi andrebbe risolta superando il rigido dato letterale che richiede l‟accordo delle parti, in quanto il principio del favor rei

e la ratio di garanzia433 sottesa nella norma, volta alla tutela del diritto

dell‟imputato a confrontarsi col suo accusatore, porta a ritenere non necessario il

430

D. SIRACUSANO, Diritto di difesa e formazione della prova nella fase dibattimentale, in Cass. pen., 1989, spec. p. 1594 e ss.; per un recente richiamo a tale paradigma cfr. G. DI CHIARA, Dichiarazioni erga alios e letture acquisitive: i meccanismi di recupero del sapere preacquisito dall‟imputato in procedimento

connesso, op. cit., p. 52. 431

In tal senso cfr. G. DI CHIARA, op. ult. cit., p. 54, per il quale l‟interpretazione secondo cui sia necessario l‟accordo di tutte le parti intervenute nel processo sembra eccessiva “e anzi addirittura contra tenorem

rationis”; C. CONTI, Principio del contraddittorio ed utilizzabilità delle precedenti dichiarazioni, op. cit., p.

600.

432

M. L. DI BITONTO, Profili dispositivi nell‟accertamento penale, 2004, p. 190.

433

C. CONTI, op. ult. cit., p. 602; A. SCELLA, L. 7/8/97. Modifica delle dichiarazioni del codice di

146

consenso del pubblico ministero che non può essere titolare di un potere di veto434

alla lettura delle dichiarazioni liberatorie a fronte del consenso dell‟imputato. Allo stesso modo, anche la parte civile non ha alcun potere di veto in tal senso per le dichiarazioni a discarico dell‟imputato.

Di recente, nella giurisprudenza di merito, si è osservato che all‟accordo di cui al comma 2 non debbano partecipare le parti private diverse dall‟imputato.

In tale prospettiva, infatti, attribuire rilevanza preclusiva al mancato consenso delle parti non necessarie e la cui posizione riflette interessi di natura patrimoniale, come la parte civile, il responsabile civile o il civilmente obbligato, sembra essere contrario ai principi costituzionali, perché si condizionerebbe l‟assunzione o meno di una prova, eventualmente decisiva per l‟assoluzione dell‟imputato e non recuperabile in altro modo, alla condotta processuale di parti private.

Tale condotta è sì ispirata ad un legittimo interesse, ma quest‟ultimo non può certo prevalere sull‟accertamento dei fatti, nella direzione di una pronuncia liberatoria per l‟imputato.

Pertanto, al fine di acquisire un verbale di dichiarazioni rese da un soggetto indicato nell‟art. 210 c.p.p., che, citato in dibattimento e comparso, si avvale della

facoltà di non rispondere, è necessario, e sufficiente, l‟accordo espresso435

dall‟imputato e dal pubblico ministero.

Si ritiene che, in virtù della regola di cui all‟art. 526, comma 1-bis, c.p.p., le dichiarazioni consensualmente acquisite a norma dell‟art. 513, comma 2, c.p.p.

non possono essere utilizzate contra reum, ma soltanto a favore436 dell‟imputato,

allorquando il coimputato si sia volontariamente sottratto all‟esame; anche se, sul

punto, si osserva contrariamente437 che, essendo il consenso dell‟imputato

rientrante nell‟eccezione al principio del contraddittorio prevista nel comma 5

434

A. MAMBRIANI, Giusto processo e non dispersione delle prove, 2002, p. 1308; S. BUZZELLI, Le

letture dibattimentali, op. cit., p. 193, secondo cui solo l‟imputato, d‟altro canto, è il soggetto probatoriamente

investito dalle dichiarazioni acquisite mediante lettura.

435

In tal senso cfr. Trib. Roma, 2-3-2006, Geat, in Cass. pen., 2006, 1917, secondo la quale, in tal caso, è suscettibile di applicazione analogica l‟art. 404 c.p.p. e pertanto, a fronte di prova acquisita, nel contraddittorio e davanti al giudice terzo, ma in assenza del danneggiato (che non è stato messo in grado di intervenire alla sua assunzione), la sentenza che si fonda su di essa non fa stato nei suoi confronti, salvo accettazione, anche tacita.

436 M. L.

DI BITONTO, Profili dispositivi nell‟accertamento penale, op. cit., p. 242; P. FERRUA, La regola

d‟oro del processo accusatorio: l‟irrilevanza probatoria delle contestazioni, in Il giusto processo, tra contraddittorio e diritto al silenzio, op. cit., p. 8.

437

147 dell‟art. 111 Cost., le dichiarazioni acquisite consensualmente possono essere utilizzate senza alcuna limitazione.