1.7 (Segue) La legge 24 dicembre 2012, n 228 I dubbi.
1.9. La legge 10 novembre 2014, n 162.
Dopo questa introduzione generale, concernente a grandi linee, gli interventi legislativi in tema di espropriazione dei crediti, è ora opportuno evidenziare i tratti salienti di un’altrettanto importante riforma intervenuta in materia, introdotta dal d.l 12 settembre 2014, n. 132, convertito poi nella l. 10 novembre 2014, n. 162.
Le modifiche apportate dalla legge sono destinate ad essere applicate ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, dunque dall’ 11 dicembre 2014.
La prima rilevante modifica attiene all’individuazione del foro competente.
Il legislatore ha modificato il 2° comma dell’art. 26 c.p.c ed ha provveduto ad inserire , sempre nel codice di rito, l’art. 26-bis c.p.c., nel quale si abbandona il precedente ancoraggio al foro del terzo debitor debitoris.
Precisamente ora la norma distingue a seconda che il debitore esecutato sia una pubblica amministrazione ovvero un altro tipo di soggetto, mantenendosi il vecchio criterio, solo nel primo caso, salvo disposizioni speciali, ed individuando nel secondo caso il giudice territorialmente competente in base al luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore.
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Tuttavia la giurisprudenza ha da sempre interpretato la disposizione ampiamente ritenendo che , allorquando il terzo sia una persona giuridica il criterio della residenza debba essere sostituito da quello della sede. In particolare, si potrebbe fare riferimento sia alla sede legale che al luogo in cui la persona giuridica risulta avere uno stabilimento ed un rappresentante autorizzati a stare in giudizio per l’oggetto della domanda.
Il luogo di residenza, domicilio o dimora del terzo continua, quindi, ad avere valore ai fini della individuazione del giudice competente soltanto nell’ipotesi in cui questo sia una pubblica amministrazione.
La ratio sottesa a siffatta eccezione viene illustrata nella Relazione al decreto legge n. 132 del 2014 sotto la voce “Modifica dei criteri di competenza territoriale per l’espropriazione dei crediti” e consiste nella volontà di preservare l’ efficienza del sistema di tutela giurisdizionale evitando che i tribunali di alcune grandi città, tipicamente sedi di pubbliche amministrazioni, siano gravati da un eccessivo numero di procedimenti di espropriazione presso terzi.
Venendo più propriamente all’esegesi della norma, la modificazione del foro competente sembra pregiudicare il terzo, difatti il precedente criterio si fondava sull’idea secondo la quale, non essendo egli il soggetto passivo dell’aggressione esecutiva si dovesse “ disturbarlo il meno possibile”.
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Il realtà sembrerebbe che questo pregiudizio emerga solo in parte, in quanto, è vero che il precedente ancoraggio al foro del terzo debitor debitoris era volto a favorire la partecipazione del terzo all’udienza in cui potrebbe rendere la dichiarazione circa l’esistenza del diritto di credito pignorato ma, poiché, l’art. 19 della legge 162 del 2014 ha novellato anche l’art. 543, n. 4, non prevedendo che il terzo debba essere citato a comparire assieme al debitore ad un’apposita udienza e dovendo egli rendere la dichiarazione a mezzo raccomandata o tramite posta elettronica certificata, è conseguentemente venuta meno la necessità di mantenere siffatto criterio di competenza territoriale.
Certamente migliorativa è, invece, la norma sia per il creditore procedente sia per il debitore esecutato. Difatti, la previsione di cui all’art. 26-bis 2° comma oltre ad essere coerente alle modalità con cui il terzo è tenuto a rendere la dichiarazione, di regola per iscritto, consente anche la realizzazione del simultaneus processus in caso di pluralità di terzi.
Come evidenzia anche la Relazione al decreto legge n. 132 del 2014 “la concentrazione presso un unico foro dei procedimenti di espropriazione di crediti a carico di un unico debitore e rivolto a più terzi muove dall’esigenza di garantire un adeguato livello di tutela dell’esecutato consentendogli un pieno ricorso all’istituto della riduzione del pignoramento ex art. 546, 2° comma c.p.c. che presuppone la pendenza dei procedimenti espropriativi presso un unico
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giudice, inoltre il simultaneus processus nell’espropriazione forzata dei crediti evita ulteriori inconvenienti, quali la necessità di notificare molteplici atti di precetto in presenza di più terzi pignorati in forza di un credito vantato nei confronti dell’unico debitore, nonché l’onere per il debitore di proporre tante opposizioni per quanti sono i processi esecutivi generati da un'unica azione di recupero del credito.
L’introduzione dell’art. 26-bis c.p.c. ha tuttavia destato in particolare una perplessità. Occorre infatti stabilire se la modifica delle norme sulla competenza territoriale per l’espropriazione dei crediti operata con l’introduzione del suddetto articolo incida, anche modificandoli, sui confini della giurisdizione esecutiva italiana.
La nostra legge 218 del 1995 ed i regolamenti comunitari non si preoccupano della giurisdizione esecutiva, valendo il principio generale per cui l’esecuzione forzata si svolge nel territorio in cui si trovano i beni da aggredire, potendo in esso operare solo gli organi dello stato sovrano appunto nel suo ambito.
Nella relazione al decreto legge si legge, invece, che da questo punto di vista nulla sarebbe sostanzialmente cambiato, perché il giudice dell’esecuzione si individua, non in base alla residenza del terzo debitor debitoris, bensì alla localizzazione del credito pignorando, per la quale si guarda al luogo dove deve avvenire l’adempimento.
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Si lascia intendere che modificando il criterio di competenza territoriale per mezzo dell’art. 26-bis c.p.c.. il legislatore non ha in alcun modo inteso incidere sulle regole determinative della giurisdizione esecutiva, i cui limiti sono rimasti invariati. Ciò poiché l’art. 26 e l’art. 26-bis c.p.c., in quest’ottica, risulta essere una mera previsione sulla competenza territoriale applicabile a condizione che sussista la giurisdizione esecutiva italiana, ossia a condizione che il credito debba essere eseguito in Italia.
La seconda novità introdotta dalla legge 10 novembre 2014, n.162 concerne la legittimazione a dare avvio, mediante il pignoramento, all’espropriazione presso terzi. Per effetto dell’introduzione nel codice di procedura civile dell’art. 492-bis c.p.c., non è più il solo creditore colui che potrà dare inizio al procedimento esecutivo di espropriazione presso terzi, ben potendo quest’ultimo essere avviato su autonoma iniziativa dell’ufficiale giudiziario, all’esito della ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare. L’esercizio del potere di ricerca deve essere autorizzato dal Presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede su richiesta del creditore procedente, previa verifica del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata.
Si tratta di indagini particolarmente invasive in quanto comprensive della facoltà di accesso alle banche dati della pubblica amministrazione e all’anagrafe tributaria, incluso l’archivio dei rapporti finanziari, il
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quale, ai sensi dell’art. 7 del d.p.r 29 settembre 1973, n.605 contiene i dati identificativi dei soggetti che intrattengono rapporti con banche, società poste italiane ed intermediari finanziari.
In ultima analisi occorre fare cenno anche alle modifiche apportate dalla legge 132 del 2014 in particolare all’art. 543 c.p.c.
L’art. 543, 2° comma c.p.c., nella nuova formulazione, prevede che l’atto debba contenere “la citazione del solo debitore a comparire davanti al giudice competente, con l’invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo posta elettronica certificata”.
Sempre l’art. 543 c.p.c. afferma che “ l’avvertimento al terzo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un’apposita udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell’ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione”.
Si tenga conto che, qualora il terzo non dovesse provvedere alla dichiarazione ai sensi dell’art. 547 c.p.c., il creditore dovrà, se non l’ha
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fatto al momento del pignoramento, allegare, ai sensi dell’art. 548 c.p.c., atti che consentano l’identificazione del credito.
Per quanto riguarda il 4° comma dell’art. 543, le novità rispetto alla disciplina previgente consistono nel fatto che ora l’ufficiale giudiziario non invia più l’atto alla cancelleria esecuzioni, ma deve “ consegnare l’originale dell’atto di citazione senza ritardo” una volta eseguita la notificazione.
Per quanto concerne invece l’iscrizione a ruolo, da quando l’ufficiale giudiziario riconsegna l’atto notificato ( e non da quando la notifica si è perfezionata) il creditore ha tempo trenta giorni per iscrivere a ruolo la causa, pena la perdita di efficacia del pignoramento. Nello specifico: atto pignorato notificato, iscrizione a ruolo, titolo esecutivo e precetto.