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3.4 “Castelnuovo venirà sotto l’ombra della illustrissima Signoria nostra”: la controversa questione tra i Gavardi e i Tarsia per il possesso di Castelnuovo

3.5.3 Il lento declino

Nel decennio centrale del Cinquecento, tutto il Friuli destava preoccupazione, per un assetto difensivo disorganico di cui l’invasore avrebbe potuto avere facile ragione (“in quelle terre non si sta senza qualche timor de animo del re de Romani, che sendo che haverà il tempo de inva-der a far danno a ditta patria, e questo per li segnali che si vedeno (…) et sopra ciò molti par-lamenti me sono stà fatti da quei de Udene, lamentandosi di esser alla campagna et alla di-scretione del nemico”538). I timori erano tanto più forti dato che gli arciducali avevano fatto “condure a Goritia et a Gradisca molti pezi de artelaria da campo”.

536

Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato cit., vol. III, p. 291.

537 Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato cit., vol. II, pp. 800-802. Nel 1548 una lettera di un certo fra Iulio Morato di Capodistria avvertiva i Capi del Consiglio dei Dieci che alcuni di Marano meditavano di tradire i vene-ziani “dacuordo con quelli di Maraneto, dove si aspetta vegni la sua volta di operare tal cosa et introdure dentro quelli di fuora”, in questo affare erano coinvolti anche alcuni castellani tedeschi; in ASV, Capi Consiglio dei Dieci,

Lettere rettori, b. 256, f. 273, 27 ottobre 1548.

538

M. Melchiorre, Conoscere per governare cit., p. 106, relazione dei Sindici Girolamo Bragadin, Girolamo Lando e Daniele Morosini (1555).

185

Il problema della sicurezza era molto sentito soprattutto a Marano, dal momento che la Repubblica ne vedeva il possesso conteso e reso incerto da Maranuzzo, il contrapposto presi-dio imperiale. I Sindici inquisitori nel 1555 segnalarono che, nonostante la fortezza di Marano fosse ben custodita, “quello Maranuzo li fa danno grande, non lassa passar cosa alcuna che ha da intrar dentro che non si facci pagar il datio (…) questo dà grandissimo travaglio a quei po-verini”539. La stessa difficoltà venne sottolineata dal Provveditore Battista Foscarini nel 1564, secondo il quale “quello capitano del Maranuto è uno cativo vicino et cercha modo et via di disturbar le cose quiete”. Il forte di Maranutto, a suo parere, era stato costruito solo per “sco-der datii et mangiarie”; sarebbe stato più utile costruire una strada attraverso le paludi (“prin-cipiando da porto del Orro in Marano”) per evitare di passare da Muzzana (giurisdizione vene-ta) attraverso il Maranutto e pagare dazio su ogni prodotto trasportato: “cred’io etiam che quelle ville che sono d’intorno per haver benefitio di venir a Marano per via brevissima senza pagar gabelle né mangiarie, né esser strucciati, volentiera potrano o faranno tal opera senza over pocca spesa della Serenità vostra”540. A Maranuzzo gli arciducali, forti del luogo strategi-co, infastidivano la difesa e la navigazione veneta nella laguna e taglieggiavano il piccolo commercio di cabotaggio locale e quello di rifornimento tra i centri interni della Patria e la la-guna stessa.

Il livello di guardia dei veneziani, nei confronti degli arciducali e delle loro rivendicazioni su Marano, rimase relativamente alto almeno fino agli anni ’70 del Cinquecento. Molte furono le segnalazioni, più o meno fondate, di progetti di conquista arciducale orditi ai danni di Marano (ma mai attuati). Nel 1560, Alvise Nani, luogotenente veneto presso la fortezza d’Antivari, che era stato bandito da Venezia per aver abbandonato il suo incarico a causa della mancata retribuzione della paga per 9 mesi consecutivi, scriveva al governo lagunare da Precenicco, dove aveva trovato rifugio al servizio degli arciducali. Qui, “essendo al servitio de questi si-gnori imperiali, et praticando in Maranuto già da tempo” era venuto a conoscenza del fatto che gli arciducali “ultimamente n’hanno trovato una facilissima et certa da prenderlo <Mara-no> et se non se le remediando el serà preso fra pochi giorni, perché hano deliberato di vo-lerlo per ogni modo” e aspettavano il ritorno del capitano di Maranutto dalla corte di Vienna per portarlo a termine. Il Nani, in cambio delle informazioni su questo proponimento, chiede-va al Consiglio dei Dieci di essere liberato dal bando e di ricevere una provvigione di 15 ducati al mese541. L’ipocrisia dell’imperatore Ferdinando era palese dal momento che, nello stesso periodo, scrivendo all’ambasciatore cesareo a Venezia Massimiliano di Dorimberg, affermava che erano i sudditi veneti a causare usurpazioni e violenze nei confronti dei sudditi arciducali, che non avevano colpa (“nobis nullam culpam tribuendam fore”). Anzi, da parte loro c’era so-lo benevolenza e desiderio di tranquillità e ‘buon vicinato’542. In ogni caso, tra il 1561 e il

539

Ibidem.

540 Relazioni dei rettori veneti in Terraferma. Provveditorato di Marano cit., pp. 144-146. Tra 1611 e 1612 venne costruita attraverso le paludi la Strada di Levada, vista dagli arciducali con “disgusto”, perché una volta ultimata, avrebbe tolto loro “l’occasione de riscuoter datii et gabelle dai sudditi di lei, vien posto freno all’estorsioni di essi, et mortificate quelle ingiuste pretensioni de confini, che tengono”, in Ibid., p. 188, relazione di Alvise Giustinian (1601).

541

ASV, Capi Consiglio dei Dieci, Lettere rettori, b. 188, 3 maggio 1560.

186

1564, anche l’Asburgo ordinò delle opere di potenziamento delle fortificazioni di Maranutto, Gradisca e Gorizia, per una messa in sicurezza dei suoi possedimenti in Friuli543.

Nel 1575 il Provveditore Alvise Zorzi, di fronte alla progressiva usurpazione da parte degli arciducali dei territori circostanti la fortezza, scriverà a Venezia che lo scopo di queste azioni è principalmente quello di “voler a poco a poco dopo che si saranno impadroniti delle spiaze et delle lidi, che confinano con l’acque della laguna, invecchiatasi la memoria di queste usurpa-tioni de fiumi, venir in campo con qualche strana et nova pretensione non solo di essa laguna, ma anco del porto importantissimo de Lignan, sicome già ne hanno dato segno con l’abbruciar delle pantiere situate nella laguna”544. Le usurpazioni arciducali riguardavano il bosco del Bando (5 miglia di circuito) con la spiaggia vicina (3 miglia), i boschi chiamati ‘il Saci-le’ e ‘la Menuda’ (5 miglia) e un piccolo spazio di terreno posto tra la fortezza di Marano e il forte di Maranutto. Era stata usurpata anche la giurisdizione su diversi torrenti, passanti per Muzzana, Cervignano, Nogara e Palazzolo, dove gli arciducali avevano imposto un “gravissimo datio, qual viene pagato dalli patroni di barche et burchi, che in essi vanno a caricare”. Ma la conquista più importante compiuta dagli uomini di Massimiliano d’Asburgo era stata quella dell’isola di S. Pietro, nella laguna maranese, considerata “il brazzo destro” della fortezza di Marano545.

D’altra parte, però, le relazioni poco amichevoli con gli arciducali rendevano impossibile anche un’efficace repressione delle provocazioni degli Uscocchi, che, nella loro guerra di cor-sa contro i Turchi, dalle loro basi situate in territorio austriaco (in particolare da Seni), usciva-no anche per compiere improvvisi atti di pirateria a danusciva-no del naviglio veneziausciva-no. Già nel 1546 l’ambasciatore Alvise Mocenigo segnalava che, “in proposito de danni fatti da Uscoc-chi”, se Carlo V e il fratello non avessero stabilito una tregua con i Turchi, il gran visir Rüstem si sarebbe visto costretto a mandare il sanzacco di Bosnia “con esercito a ruinar Segna et quelli altri loci dove che ditti Uscocchi se riducono”546. I ministri arciducali, di fronte alle reite-rate proteste veneziane, tendevano a tollerare e quasi a giustificare quelle azioni, conside-randole come una legittima rappresaglia per l’occupazione di Marano, per le esorbitanti pre-tese della Serenissima in materia di navigazione adriatica e per vari incidenti di confine.

Allontanatisi i difficili momenti della metà del secolo, l’interesse di Venezia per i problemi militari della fortezza andò progressivamente scemando; il governo lagunare investì risorse finanziarie sempre più modeste per la manutenzione della struttura, tanto che spesso i Prov-veditori si lamentavano della cronica mancanza di denaro messo a disposizione da Venezia.

543

ASPG, Stati Provinciali, sez. I, voll. P, R, S.

544 Ibid., p. 151. Per tutto il 1573 il Provveditore di Marano scrisse al Consiglio dei Dieci per chiedere sovvenzioni per la messa in sicurezza della fortezza (riparare le mura, scavare il fossato, risistemare gli alloggiamenti dei sol-dati per una spesa complessiva di 500 ducati), in ASV, Provveditori alle Fortezze, b. 1.

545

Relazioni dei rettori veneti in Terraferma. Provveditorato di Marano cit., pp. 150-152.

546 ASV, Archivi propri degli ambasciatori, Germania, b. 1, 28 aprile 1546. Al Granvelle, che mostrava di non sape-re chi fossero questi Uscocchi, il Mocenigo rispose in questi termini: “erano alcuni ladri, che vengono di diversi lochi et vanno per mar et per terra a danni de chi manco puole, et specialmente dannizavano molto li sudditi del ditto signor Turco, onde ogni giorno ne andavano molte querelle a quella Porta, li qual ladri haveano ricapito, a Segna et altri loci del serenissimo re de Romani, et che per ciò non se li provedendo da sua maestà che con pic-ciol cosa lo può fare, potrebbe facilmente nascere qualche gran disturbo intorno quelli loci, si come nelli avisi prefati si contiene”.

187

Nel 1585 il Provveditore Andrea Zane, elencando i difetti della fortezza, riferiva che “con la sua piciolezza la fa esser di poco momento alle cose della Patria, et per esser lontana dalli lidi di poca utilità al porto ancora”547. Proprio per questo, già nel 1559 il capitano delle artiglierie Agostino Cluson aveva drasticamente ridimensionato il ruolo strategico di Marano, conside-rando che “di lui non se ne trahe utile alcuno, ma solo spesa et disturbi (…) in loco suo meglio saria una fortezza sopra la bocca di Lignano, la qual sicureria il porto et si abbraccieria con Monfalcon”548. Dello stesso parere, due anni dopo, il Sindico inquisitore Alvise Mocenigo che confermò la necessità per Venezia di costruire una nuova fortezza in Friuli, “fin che il tempo et la commodità la serve, perché non solamente ella ha d’intorno per confine la casa d’Austria, ma l’ha ancora nell’istesso mezzo del Friuli, tenendo hora Acquilegia l’imperatore, vicina al mare, et Goricia et Gradisca fra terra le quali città s’accostano con li loro territori ot-to miglia presso a Udine”549. Con la costruzione della fortezza di Palmanova nel 1593, Marano perse definitivamente il suo ruolo strategico, diventando una pedina secondaria all’interno della struttura difensiva veneziana, utile solo “per il poter sovvenir Palma quando che le pa-resse risarcirla”550.

3.6 Contrabbandi e banditi