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LEONARDO DA VINCI

Nel documento LE OPERE DI GIORGIO VASARI (pagine 24-28)

dovunque e'rivolse il pensiero, il cervello e l'animo, mo-strò tanta divinità nelle cose sue, che nel dare la perfe-zione di prontezza, vivacità, bontade, vaghezza e grazia, nessuno altro mai gli fu péLri. V ed esi bene che Lionardo per l'intelligenza dell'arte cominciò molte cose, e nes-suna mai ne finì, parencloli che la mano aggiugnere non potesse alla perfezione dell'arte nelle cose che egli s'ima-gina va: conciossiachè si formava nell'idea alcune diffi-cultà sottili e tanto maravigliose, che con le mani, ancora ch'elle fussero eccellentissime, non si sarebbono espresse mai. E tanti furono i suoi capricci, che filosofando dellè cose naturali attese a intendere la propietà delle erbe, continuando ed osservando il moto del cielo, il corso della luna, e gli andamenti del sole.'

Acconciossi dunque, come è detto, per via di ser Piero, nella sua fanciullezza all'arte con Andrea del V errocchio, il quale facendo una tavola, dove San Giovam1i battez-zava Cristo, Lionardo lavorò un angelo che teneva alcune vesti; e benchè fosse giovanetto, lo condusse di twl ma-niera, che molto meglio delle figure d'Andrea stava l'an-gelo di Lionardo; il che fu cagione ch'Andrea mai più non volle toccar colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse più di lui.2 Li fu allogato per una portiera, che

' Nella prima edizione leggopsi inoltre le ·seguenti parole: «Per il che fece '' neJ.I' animo un concetto si eretico, che e' non si accostava a quilsivoglia

reli-« gione,. stimando per avventura assai più lo esser filosofo, che cristiano». Nella seconda edizione omesse il Vasari un tal periodo, e fece bene, conoscendo pro-babilmente d'essere stato ingannato da qualche mal fondata tradizione rimasta nel volgo; imperocchè è noto che in quei tempi, nei quali lo studio delle cose natu-rali e speculative non era si comune, coloro che vi si applicavano venivano dagli ignoranti facilmente presi p et• eretici o miscredenti, e non di rado eziandio per fattucchieri e per maghi. (Vedi più sotto, a pag . .48 le note l e 2 ).

2 t Vedi la Vita del Verrocchio, tom. III, pag. 366. Noi abbiamo documenti, i quali provano che nel 1476 Lionardo stam tuttaYia nella bottega del Verrocchio.

E ci pare che quando egli dipinse l'angelo nella tavola del Battesimo, non do-vesse essere più fanciullo, ma· facilmente e-iovane di più di 20 anni. Questa no-stra congettura potrebbe diventare certe~zza, se ci fosse dato di ass~gnare il tempo preciso di quel dipinto. Ma il racconto del Vasari ci richiama ad altre

<:onsiderazioni; cioè, in primo luogo se sia da credere così facilmente che il

LEONARDO DA VINCI 23 si avem a fare in Fiandra d'oro e di eta te uta per mandare al re di Portogallo, un cartone d'Adamo e d'Eva, quando nel paradi o terre tre peccano: doYe col pennello fece Lionardo di chiaro e scuro lumeggiato di biacca un prato di·erbe infinite con alcuni animali, che in vero può dirsi che in diligenza e natnralità al mondo divino in-gegno far non la possa sì simile. Quivi è il fico, o1tra lo scortar delle foglie ·e le vedute de'rami, condotto con tanto amore, che l'ingegno si smarrisce solo a pen. ar~

come un uomo possa avere tanta pacienza. Evvi ancora un palmizio che ha la rotondità delle ruote della palma lavorate con sì grande arte e maravigli9sa, che altro che la pazienza e l'ingegno di Lionardo non lo poteva fare;

la quale opera altrimenti non si fece, onde il cartone è Dggi in Fiorenza nella felice casa del magnifico Otta-viano de' Medici, donatogli non ha molto dal zio di Lionardo.'

Dicesi che ser Piero da Vinci essendo alla villa, fu 1·icercato domesticamente da un suo contadino, il quale d'un fico da lui tagliato in sul podere aveva eli sua mano fatto una rotella, che a Fiorenza gnene facesse dipignere:

il che egli contentissimo fece, sendo molto pratico il vil-lano nel pigliare uccelli e nelle pescagioni, e servendosi grandemente di lui ser Piero a questi esercizj. Laonde fattala condurre a Firenze, senza altrimenti dire a Lio-nardo di chi ella si fosse, lo ricercò che egli vi clipignesse suso qualche cosa. Lionar.do-arrecatosi un giorno tra le mani questa rotella., veggendola torta, mal lavorata e

Yerrocchio facesse così g•·andi maraviglie vedendo l'angelo dipinto da Lionardo nella ta ,-o la del Battesimo, quando di quel che il Da Vinci valesse nell'arte sua egli non do,·eva aver fatto esperienza allora per la prima volta; ed in secondo luogo se sia verosimile che il Verrocchio vedendosi vinto dal discepolo pigliasse tanto sdegno da non voler piu innanzi toccare pennelli: essendo certissimi che egli tenesse aperta tuttavia la sua bottega di pittore anche nel 1476, cioé

qual-che anno dopo di quello, nel quale si può congétturare che fosse dipinta la detta tavola.

1 Questo cartone é smarrito.

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goffa, la dirizzò col fuoco; e datala a un tornitore, di rozza e goffa che ella era, la fece ridurre delicata e pari~

ed appre o inges. atala ed acconciatala a modo suo, co-minciò a pensare quello che vi si potesse dipignere su, che avesse a spaventare chi le venisse contra, r appre-sentando lo effetto stesso che la testa già di Medusa.

Portò dunque Lionardo per que~to effetto ad una sua stanza, dove non entrava se non egli solo, lucertole, ra-marri, grilli, serpe, fal'falle, locuste, nottole ed altre

·trane spezie di simili animali; dalla moltitudine de' quali variamente adattata in ieme caYò un animalaccio molto orribile e spaventoso, il quale avvelenava con l'alito e faceva l'aria di fuoco; e quello fece uscire d nna pietra-scura e spezzata, buffando veleno dalla gola aperta, fuoco dagli occhi, e fnmo dal naso sì stranamente, che pareva monstruosa ed orribile cosa affatto: e penò tanto a farla,.

che. ]n quella stanza era il morbo degli animali morti troppo crudele, ma non sentito da Lionardo per il grande amore che portava all'arte. Finita questa ·opera, che più non era ricerca nè dal villano nè dal padre, Lionardo gli di~se che ad ogni sua comodità mandasse per la ro-tella., che quanto a lui era finita. Andato dunque ser Piero una mattina alla stanza per la rotella, e picchiato·

alla porta, Lionardo gli aperse dicendo che aspettàsse un poco; e rito ma tosi nella stanza, acconciò la rotella al lume in sul leggio, ed assettò la finestra che facesse lume·

abbacinato; poi lo fece passar dentro a vederla. Ser Piero·

nel primo aspetto non pensando alla cosa, subitamente si scosse, non credendo che quella fosse roteHa~ nè manco dipinto quel figurato che e' vi vedeva; e tornando col passo a dietro, Lionardo lo tenne, dicendo: Questa opera serve per quel che ella è fatta; pigli a tela dunque, e por-tatela, chè questo è il fine che dell'opere s'aspetta. Parse questa cosa più che miracolosa a ser Piero, e lodò grandis-simamente il capriccioso discorso di Lionardo; poi com p

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rata tacitamente da un merciaio un' a.ltra Totella dipinta d' 1.u~ cuore trapassato da uno strale, la clonò al villano, che ne li re tò obbligato sempre mentre che e' visse. Ap-presso vendè ser Piero quella eli Lionarclo secretamente in Fiorenza a certi mercatanti cento ducati, ed in breve ella pervenne alle mani del dnca eli Milano, venclutagli trecento ducati da' detti mercatanti. 1

Fece poi Lionardo una N ostra Donna in un quadro che era appresso papa Clemente VII, molto eccellente;

e fra l'·altre cose che v'erano fatte, contraffece una ca-raffa piena cl' acqua con alcuni fiori dentro, dove, o l tra la maraviglia della vivezza, aveva imitato la rugiada del-· l'acqua sopra, sì che ella pareva più viva che la vivezza. ~

Acl Antonio Segni, suo amicissimo, fece in. su un foglio un Nettuno, condotto così eli disegno con tanta diligenzia, che e' pareva del tutto vivo. Vede vasi il mare turbato ed il carro suo tirato da' cavalli marini con le fantasime, l' 01·che ed i noti, ed alcune teste di Dei marini bellis-sime; il quale disegno fu donato da Fabio suo figliuolo a messer Giovanni Gaddi, con questo epigramma:

Pi1~xit Vt1·gilius Neptttnum, pinxit Ho1ÌtentB;

Dum ma~·is undisoni pel' mdct flectit equos.

Me1ite qu·idem vates -illw11 conspexit ute1·que, Vincius ast oculis; j1p·eque vincit eos.

Vennegli fantasia eli dipingere in un quadro a olio una testa d'una Medusa, con una acconciatura in capo con uno aggruppamento di serpe·, la più strana e stra-vagante inven71ione ·che si possa immaginare mai; ma come opera che portava tempo, e come quasi interviene

1 Da gran tempo non se ne ha piu notizia.

CreJesi esser quella posseduta dal principe Borghese a Roma. (AMORETTI,

pag. 168).

' La Galleria· Gadùi fu venduta, e non sappiamo -qual destino avesse il di -segno ora descritto.

Nel documento LE OPERE DI GIORGIO VASARI (pagine 24-28)

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