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Il liberalismo di Leo Strauss

Quello presente non è un lavoro monografico su Leo Strauss. Tuttavia, all’inizio di queste pagine è stata posta in luce la polemica dei primi anni del terzo millennio sulla posizione politica del filosofo tedesco. Mai Strauss affermò di appartenere a qualche precisa parte politica né espresse

le proprie preferenze in merito. Le parole già citate di sua figlia Jenny insieme a quelle dei suoi allievi costituiscono una sufficiente risposta a tale polemica. Obiettivo del presente paragrafo è però quello di consentire al lettore di formarsi una propria opinione sulla questione, tentando di offire degli strumenti per definire di quale genere fosse il liberalismo di Leo Strauss. Il testo di riferimento in questo caso è soprattutto Liberalismo antico e moderno (1968).

La collocazione tra i pensatori liberali di Leo Strauss è evidentemente di per sé alquanto problematica per una serie di motivi. Non è un caso che a Strauss sia dedicato il primo capitolo di un originale volume in italiano dal titolo Liberalismi eretici27. D’altra parte, si sono già espo-ste le tesi di Shadia B. Drury su Strauss come pensatore reazionario, e molti esponenti del mondo liberale americano tendono a considerare Leo Strauss come un teorico ultraconservatore quando non addirittura auto-ritario ed antidemocratico.28 Non mancano d’altro canto anche autori conservatori che fieramente classificano Leo Strauss fra le proprie fila: è questo il caso di John P. East, ad esempio.29

Strauss ebbe un’indiscutibile preferenza per il liberalismo antico, clas-sico, inteso al modo dell’educazione liberale di cui si è parlato più sopra,

27 Si tratta del già menzionato lavoro di Giovanni Giorgini.

28 Tra questi, lo storico G. S. Wood, The Fundamenalists and the Constitution, in New York Review of Books (18 febbraio 1988) e per esempio G. Kateb, Questionable Influence of Arendt (and Strauss) in Hannah Arendt and Leo Strauss. German Emigrés and american political Thought after World War II, Cambridge University Presse, 1997, p. 39.

29 Cfr. J. P. East, Leo Strauss and American Conservatism, in Modern Age, 21:1, (inverno 1977), p. 18.

quello insito nelle domande socratiche come: qual è il bene? Qual è il giusto? Chi è l’uomo?

Certamente, vi è in Strauss la presenza di un approccio conservatore, scettico verso il progresso della cultura novecentesca e ostile ai caratteri propri di questa stessa. Come si è osservato in apertura del presente lavoro, uno dei suoi allievi, Hadley Arkes, ha recentemente sostenuto che, nonostante Strauss non si fosse mai espresso in questioni di attualità politica e non avesse preso mai le parti di alcun rappresentante o di alcuna forza politica, il suo fu un conservative teaching.30 D’altronde, si è già posto in luce come Leo Strauss nutrisse un certo scetticismo per la democrazia di massa del Novecento e invece guardasse con relativo favore all’esperienza americana, che gli pareva basarsi su una sorta di rievocazione dell’antico regime misto di classica memoria.

Secondo Leo Strauss, il progresso scientifico del XX secolo aveva rive-lato un aumento della potenza e delle facoltà umane accompagnato da un inquietante vuoto sul significato e sulle finalità da perseguire con queste capacità: “l’uomo moderno è un gigante cieco”.31 Alla base dell’atteggia-mento antiprogressista di Strauss vi fu senz’altro la vivacissima polemica dello studioso a favore dei giudizi di valore.

In Liberalismo antico e moderno il filosofo Leo Strauss presenta una serie di argomentazioni atte a dimostrare l’ambiguità del concetto di liberale. Stando alla logica socratica, è questo un purto di partenza per Strauss, il conservatorismo per il quale buono è ciò che è consolidato

30 H. Arkes, Strauss on our Minds, in K. L. Deutsch, J. A. Murley, op. cit., p. 73.

31 L. Strauss, Progresso o ritorno?, in Gerusalemme e Atene, trad. it., Torino, 1998, p. 50.

nelle generazioni (questa la tradizionale posizione di conservatori come Edmund Burke o l’americano Russel Kirk) non costituirebbe un valido punto di riferimento. Al medesimo tempo, però, la stessa definizione di liberalismo risulta particolarmente insidiosa.

Leo Strauss dedica più di quaranta pagine del suo volume sul libera-lismo a smontare il lavoro di Eric Havelock The Liberal Temper in Greek Politics32. Havelock viene accusato di aver avuto in mente un liberali-smo tipicamente moderno, di cui avrebbe tentato di proporre le origini in alcuni autori della Grecia classica, idea contro la quale Strauss si scaglia con veemenza, pagina dopo pagina, dimostrando che dovendo scegliere tra liberalismo e conservatorismo moderni, la sua preferenza va in realtà all’opzione conservatrice (come argomentato anche da Thomas Pangle).33

Il liberalismo moderno di Havelock sarebbe una forma di progressi-smo e di positiviprogressi-smo avalutativo, che in quanto tale presenterebbe aspetti contraddittori: pur volendo sottoporre ad analisi empirica i regimi politi-ci, considerandoli con tolleranza tutti ugualmente “trattabili”, Havelock non rinuncia a elogiare i liberali (tali secondo la sua definizione), poi-ché essi “difendono la democrazia”. Tale liberalismo non pone limiti alla tolleranza, rischiando così di lasciare il fronte aperto all’intolleranza (em-blematico il solito caso riportato da Strauss delle democrazie liberali di fronte ai primi passi di Hitler).34

Il fraintendimento della vera libertà è per Leo Strauss un portato del

32 E. A. Havelock, The Liberal Temper in Greek Politics, New Haven, 1957, citato in L. Strauss, trad. it., Liberalismo antico e moderno, Giuffré, Milano, 1973, p. 38.

33 Cfr. T. Pangle, Leo Strauss, op. cit., p. 7 e segg.

passaggio dalla filosofia classica a quella moderna. Il pensiero filosofico moderno, infatti, finirebbe con il sostenere una libertà privata però, tra-gicamente, di una riflessione sui fini della libertà stessa. Come indicato in numerosi passi di Liberalismo antico e moderno, la filosofia moderna sci-vola facilmente nel relativismo, ponendo essa in discussione o trascurando l’esistenza di norme etiche e politiche immutabili. Ciò non significa una chiusura di Strauss di fronte a tutta l’esperienza del liberalismo moder-no; al contrario, egli mostrò di apprezzare il ruolo svolto dal liberalismo moderno nell’affermare i diritti inviolabili dell’uomo e la libertà civile e politica. Nelle pagine stesse di Liberalismo antico e moderno, Strauss evidenzia con un’osservazione molto pragmatica come “col dare la libertà a tutti, la democrazia dà la libertà anche a quelli che si interessano del-l’eccellenza umana.”35 È questa appena citata una frase di importanza cruciale: è attorno a tale evidenza, che la democrazia liberale consente la filosofia e ammette una pluralità di indirizzi filosofici e quindi suppor-ta la ricerca della verità, che si afferma tutto l’investimento straussiano sulla democrazia moderna e il suo apprezzamento pratico anche se non entusiastico per essa stessa.

L’autore di questo lavoro ritiene di condividere le parole di Carnes Lord, per le quali “Strauss clearly viewed Western liberal democracy as the only viable alternative to the totalitarian temptation, and the closest approximation to the ‘best regime’ of the philosophers that is possibile under modern circumstances”. A proposito però degli eventuali legami tra eredità straussiana e Partito Repubblicano, Lord mette in guardia: “It seems highly likely that Strauss would have shared the cultural

simism of Allan Bloom’s Closing of the American Mind, rather than the optimism of Ronald Reagan”.36

Nelle pagine di Liberalismo antico e moderno Strauss accusò Eric Havelock di essere l’esempio di un autore “scadente”, il cui stile “barbaro” sarebbe diventato sempre più comune,

. . . ma questa volta il pericolo è più forte che mai, poiché sorge dal fatto che la cultura s’ispira a quella che è chiamata una filosofia. Per mezzo di quella filosofia il desiderio umano per la tolleranza è spinto ad un estremo in cui la tolleranza si converte nell’abbandono di ogni canone e quindi di ogni disciplina, inclusa quella filologica. Ma la tolleranza assoluta è in realtà impossibile; quella che a parole è tolleranza assoluta si trasforma nell’odio feroce verso coloro che hanno affermato che vi sono canoni immutabili fondati sulla natura dell’uomo e sulla natura delle cose.37

Parole tanto forti non sembrano affatto esoteriche e chiariscono a suffi-cienza la posizione di Leo Strauss sul tema del liberalismo. A far fronte al pericolo della caduta del liberalismo moderno dovrebbe esserci l’arma dell’educazione liberale intesa come “antidoto contro la cultura di mas-sa, i suoi effetti corrosivi [...], la scala con cui cerchiamo di salire dalla democrazia di massa alla democrazia in senso originario”, cioé nel senso di una democrazia che sia il governo di una società dove la virtù e la saggezza sono diffuse, un regime nel quale l’educazione consente a tutti di innalzarsi dalla propria posizione di partenza per diventare cittadini

36 C. Lord, Thoughts on Strauss and Our Present Discontents, in K. L. Deutsch, J. A. Murley, op. cit., pp. 413-414. Lord è professore di strategia militare e navale al U.S. Naval War College.

virtuosi. Tale genere di democrazia è definito da Strauss con un’originale e, secondo l’autore di questo lavoro, illuminante formula: “aristocrazia universale”.38

La moderna democrazia di massa pone dunque in luce l’esigenza di salvaguardare la virtù mediante un’adeguata educazione. Come è stato affermato vivacemente anche da Allan Bloom, educare liberalmente signi-fica formare i cittadini e i governanti di domani sulla riflessione sui “gran-di libri” della tra“gran-dizione filosofica ed umanistica. Ha annotato Giovanni Giorgini:

La soluzione di Strauss – ascoltare senza preclusioni il dialogo ideale tra i più grandi pensatori e formarsi la propria opinione, ossia scegliere la propria immagine del bene – mi sembra molto più “liberale” e meno ipocrita di quella di molti radicals contemporanei fautori di un eccentrico e irrealistico multiculturalismo.39

Il tema straussiano della rilevanza della pedagogia per la salvaguardia di un’autentica sana democrazia – una democrazia che possa avvicinarsi al modello ideale di una “aristocrazia universale”, - è stato riproposto all’attenzione degli studiosi da Thomas L. Pangle, il quale ha dedicato a questo tema il saggio The Ennobling of Democracy (1992). Il volume sarà discusso nel prossimo capitolo, dopo aver offerto al lettore qualche ulteriore spunto di riflessione sulla relazione tra straussiani e liberalismo a proposito del loro impegno politico.

38 L. Strauss, Ibidem, pp. 9-10.