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Thomas L. Pangle

Thomas L. Pangle, nato nel 1944, studioso ancora fecondo e attivo, è un altro dei più noti allievi di Leo Strauss. Di lui, professore di scienza politica al-l’Università del Texas dopo esser stato a Toronto, a Chicago e a Yale, le opere più significative sono un lavoro su Montesquieu (autore che fu al centro an-che della sua tesi di dottorato), Montesquieu’s Phi-losophy of Liberalism (1973) e The Spirit of Modern Republicanism (1988).

Per il nostro scopo è rilevante menzionare il fatto che Pangle, oltre a partecipare alla raccolta summenzionata Confronting the Constitution, scrisse anche un libro su Strauss: Leo Strauss: An Introduction to His Thought and Intellectual Legacy, edito nel 2006. In questa sezione ci concentreremo sugli aspetti teorici principali della sua opera. In un se-condo momento, invece, caratterizzeremo meglio la posizione pangliana nel dibattito attorno a Strauss.

Il contributo di Pangle alla raccolta già menzionata sul bicentenario della costituzione americana riprende in sintesi la tesi esposta in Spirit of Modern Republicanism. Si tratta sostanzialmente di una riflessione su John Locke quale padre della visione filosofico-politica dei Fondatori americani e loro principale ispiratore, oltre che ancora su Montesquieu. Punto di partenza è la convinzione che la costituzione americana non sia solo uno scritto sulle procedure istituzionali e le regole del gioco,

americana” è evidente in questa osservazione di Jaffa sul pericolo per la verità insito nelle accademie.

bensì strumento per la promozione di obiettivi morali. Il sottotitolo di The Spirit of Modern Republicanismè The moral vision of the American Founders and the philosophy of Locke.

Con Pangle, pur rimanendo nell’alveo della riflessione sul diritto na-turale e in qualche modo sulla scorta di Natural Right and History di Strauss, si prendono le distanze dall’interpretazione aristotelica di Jaffa della fondazione americana. Certo, dietro ai Fondatori e agli scritti del Federalist insisterebbe una precisa visione filosofica e morale, come per Jaffa:

The Declaration by which Americans made themselves inde-pendent marked the birth of the first nation in history explicitly grounded not on tradition, or loyalty to tradition, but on appeal to abstract and universal philosophic principles of political right.97

Per Pangle però, la visione morale che informa la costituzione americana sarebbe ampiamente debitrice di una concezione del tutto nuova, mo-derna e persino rivoluzionaria della filosofia, della filosofia politica e del diritto naturale.

Consideriamo un’efficace rappresentazione del concetto pangliano (e straussiano) di diritto naturale la seguente sintesi:

These rules [. . . ] are knowable by mature, rational human nature, prior to revelation; and second, adherence to them fulfills the nature of the human soul. . .98

97 T. Pangle, The Spirit of Modern Republicanism, The University of Chicago Press, Chicago, 1988, p. 278.

98 T. Pangle, The Ennobling of Democracy. The Challenge of the Postmodern Age, Johns Hopkins, Baltimore, 1992, p. 117.

Tale definizione apparirà di certo più chiara nel suo duplice significato nel mentre si presenterà il costante discutere di Pangle a cavallo tra diritto naturale classico e diritto naturale moderno.

Nella raccolta Confronting the Constitutionil saggio di Pangle inizia con la critica a Montesquieu, per il quale vasti territori potrebbero esse-re ben governati solo da monarchie (nello Spirito delle Leggi), mentesse-re le repubbliche sarebbero possibili solamente su spazi circoscritti. In tale for-ma di repubblicanesimo legato ai modelli greci e della Rofor-ma antica resta valido il riferimento alla virtù civile come elemento fondamentale dello stato e del suo bene vivere: si tratterebbe di un patriottismo non fanati-co, ma fondato su legami di fratellanza tra cittadini. Ciò sarebbe stato ben recepito dai Fondatori. Inoltre, Pangle sottolinea come fu intenzione degli autori del Federalist (Hamilton e Madison sopra tutti) creare un preciso nesso con la tradizione repubblicana classica. Il difetto principale delle repubbliche antiche sarebbe stato l’ineguaglianza socioeconomica, che le avrebbe rese continuo terreno di sommosse, di crisi e di instabilità. Ecco dunque che si paleserebbe l’importanza della teoria politica lockia-na, centrata sulla difesa della proprietà privata – fondamentale diritto di natura, nell’analisi del filosofo inglese – e sulle possibilità di diffusione della ricchezza. Nel citato volume sul bicentenario della costituzione, os-serva anche Marc Plattner, che Locke “è la più importante fonte filosofica del pensiero dei Fondatori americani”99. Riconoscendo in Locke l’origine anche delle riflessioni di Adam Smith sul libero mercato, Plattner

at-99 Marc Plattner è stato delegato presso le Nazioni Unite per gli affari sociali ed economici ed è uno studioso di questioni sociali ed economiche. Sin dagli anni ’80 è stato un dirigente del National Endowment for Democracy. Di recente, ha dato alle stampe dei saggi sul problema del rapporto tra democrazia e Islam. La citazione è in M. Plattner, Capitalism, in A. Bloom, Confronting the Constitution, op. cit., p. 323.

tribuisce un’importanza e un’influenza decisive all’affermazione lockiana per la quale:

The great and chief end [. . . ] of Mens uniting into Com-monwealths, and putting themselves under Government, is the Preservation of their Property.100

In Locke, infatti, dal lavoro dell’uomo deriva il diritto alla proprietà come diritto naturale al frutto del proprio lavoro applicato a ciò che è dato in natura;101il fine massimo della repubblica è quello di preservare tale diritto, in vista, mediante ulteriore lavoro e il commercio, della possibilità di accrescere il benessere di tutti.

Scrive Pangle:

it is in Locke’s works that one finds the true integration into one edifice, and hence the full exploration of the meaning, of the three most important pillars supporting the Founders’ moral vision: Na-ture or “NaNa-ture’s God”; property, or the “pursuit of happiness”; and the dignity of the individual as rational human being, parent and citizen.102

Nel citato volume sullo spirito morale dei Fondatori, la prima parte è dedicata alla critica degli indirizzi di pensiero prevalenti sul tema: innan-zitutto, l’idea molto avversata da Pangle che il pensiero alle origini degli

100 J. Locke, Two Treatises of Government, ed. Laslett, New York, 1965, p. 395. Abbiamo scelto di mantenere indicata la versione in inglese dell’edizione citata da Plattner.

101 J. Locke, Due trattati sul governo, II, 27.

102 T. Pangle, The Spirit of Modern Republicanism, University of Chicago Press, Chicago, 1988, p. 2.

Stati Uniti d’America sia frutto di un’ininterrotta e coerente tradizione di costituzionalismo, in quanto ciò negherebbe la portata rivoluzionaria del caso americano. Le altre tesi contro cui Pangle si scaglia fortemente sono la marxiana, fondata sul concetto di struttura economica, e quel-la weberiana basata sull’influenza dei credi religiosi. Se, ad esempio, per Weber in Franklin è possibile ritrovare l’etica del lavoro tipicamen-te ascritta dallo studioso tipicamen-tedesco al mondo protipicamen-testantipicamen-te, Pangle osserva che lo stesso Franklin ammise il suo debito verso Locke, a proposito del-l’accento sulla ricerca della felicità orientata dal riferimento ai criteri di piacere e dolore. Così, non sarebbe vera l’influenza calvinista, poiché lo spirito dei Fondatori sarebbe stato intrinsecamente e intensamente ra-zionale e razionalista. Ancora, Pangle sottopone a critica la teoria del repubblicanesimo classico, tutta fondata attorno al concetto di virtù, co-me scopo ultimo del governo repubblicano. Tale interpretazione non sarebbe capace di rendere giustizia delle novità portate dalla vivacità del dibattito americano rispetto le origini, la natura e gli scopi dei governi. Allo stesso modo, anche l’accento classico sull’autogoverno non potrebbe essere paragonato a quello americano, poiché nel caso antico esso non era bilanciato dalla rilevanza moderna dellasicurezza e dei diritti individua-li. Sostenitrice del repubblicanesimo classico e avversa a quello moderno sarebbe anche Hannah Arendt, che infatti, per Pangle, avrebbe avuto più simpatie per Robespierre che per i Fondatori, sostenendo che questi ultimi ebbero una concezione vaga dei fini del governo e della libertà, e, soprattutto – fatto forse il più grave per lo studioso americano – Arendt minimizzò l’influenza di Locke.

Pangle è la sua visione moderna della fondazione americana. Al contrario, nella tradizione classica così come nella tradizione religiosa giudaica e cristiana era la virtù a costituire il fine morale supremo della comunità politica, idea in netto contrasto con “the notion of virtue we find emerging in the modern period, and in particolar among the Founders”103.

Thomas Pangle ritiene che ci si avvicini al pensiero della Fondazio-ne americana quando si prende in considerazioFondazio-ne la filosofia empirista di David Hume, che mette del tutto da parte le idee di virtù, bene, male,. . . La virtù dei Fondatori sarebbe così non più uno o il fine, bensì solamente uno strumento atto a fornire sicurezza, benessere, autogoverno e gloria. Quale virtù, si tratterebbe essenzialmente della “moderazione”, ciò che distinguerebbe la nobiltà della classe senatoriale romana da quella lus-suriosa e avida delle monarchie assolute. Qui, riemerge l’apprezzamento pangliano per Montesquieu, cantore dei regimi moderati e della tendenza a perseguire prudentemente la sicurezza civile.

La nuova visione americana risulta bene espressa dal sobrio pensiero economicista di Benjamin Franklin e, insieme, da certe dichiarazioni degli autori del Federalist. Per esempio, tra queste, quelle di John Adam sul ruolo delle confessioni religiose:

It was the general opinion of ancient nations that the Divin-ity alone was adequate to the important office of giving laws to men. . . The United States of America have exhibited, perhaps, the first example of governments erected on the simple principles of nature104

103 T. Pangle, op. cit., 1988, p. 61.

La religione, così, avrebbe, anche per Jefferson e Madison, l’importan-za politica di carica morale e di incitamento alla virtù, mentre non possederebbe valore dottrinale o teologico, nonché i diritti civili non dipenderebbero dalle opinioni religiose.

Per il Federalist, alla radice della nuova cittadinanza, ci doveva es-sere devozione e rispetto per la legge, secondo un’idea di bene comune relativo alla difesa, alla prosperità economica e alla protezione dei diritti individuali.

Contemporaneamente, osserva il nostro studioso americano, emerge la preoccupazione, che sarebbe poi stata resa imponente da Tocqueville, per le sindromi dell’individualismo estremo e per la tirannide della mag-gioranza (precursore dell’autore della Democrazia in America sarebbe stato Thomas Jefferson).

Un altro aspetto evidenziato in The Spirit of Modern Republicanism è la centralità del consenso popolare nell’elaborazione del costituzionalismo americano: “The people are the only legitimate fountain of power”105e, come enunciò James Wilson, “the nature and kind of that government which has been proposed for the United States, by the late convention [is] in its principles purely democratical. . . In this constitution, all authority derived from THE PEOPLE”106.

of America against the attack of M. Turgot, in his letter to Dr. Price, dated the twenty-second of March, 1778, 1954, pp. 116-118, cit. in Pangle, op. cit.

105 Dal Federalist Papers, 49:313, cit. in Pangle, p. 114.

106 Citato in T. Pangle, p. 114. Si tratta di un discorso di Wilson durante il dibattito sulla ratifica della Costituzione in Pennsylvania. Il maiuscolo è in Pangle.

Il nucleo centrale del repubblicanesimo, per Pangle, deve riguardare il nesso tra libertà e legge concepito come legame inestricabile. Tale nesso risulta realizzato quando mediante l’autogoverno libertà e legge procedono di pari passo e quando attraverso il principio elettivo non si dà alcuna distinzione assoluta tra governanti e governati, sia grazie alla partecipazione dei governati alle decisioni sia per la rotazione delle cariche.107

Il fine del governo moderno non sarebbe più la virtù dei classici bensì la libertà, ancorché definita in modo non molto preciso, come insieme dei diritti privati e pubblici. La forma di governo repubblicana sarebbe quella più adatta a perseguire tali fini: se, infatti, da un lato, alcuni diritti, una volta fondata la società vengono meno (come quello di realizzare da sé la giustizia), altri sono inalienabili. Una simile visione del governo, affiancata dai presupposti filosofici sopra descritti, consentì a Jefferson di affermare che il vero summum bonum era l’assenza di dolore, di tormento, la serenità del corpo, la tranquillità della mente.108Così, anche in Locke, la moralità consisteva nel perseguire la massima felicità possibile per tutti. Qui, in questo fondamento filosofico, si riscontra tutta la modernità del pensatore britannico e della Fondazione americana come interpretata da Pangle.109

Il nesso con il pensiero lockiano venne esplicitato da James Wilson: esiste una libertà naturale, senza governo civile, dove non esistono

ga-107 T. L. Pangle, The Ennobling of Democracy, johns Hopkins, Baltimore, 1992, p. 105.

108 Cfr. Pangle, The Spirit of Modern Republicanism, op. cit., p. 121.

109 Per una sorta di introduzione morale e filosofica al pensiero politico lockiano, si veda di Locke il Saggio sull’intelletto umano.

ranzie né ordine, ed una libertà civile del vivere associati, che deriva dal-l’impossibilità dell’uomo di reggere a lungo il caos dello stato di natura. Spiega Pangle, illustrando e citando la posizione di Wilson medesimo:

The new United States Constitution will establish perhaps the first government in history that is grounded unambiguously on these true principles of natural right, and prior to this “the great and penetrating mind of Locke seems to be the only one that pointed towards even the theory of this great truth.” “In this gov-ernment liberty shall reign triumphant”; more precisely, what shall triumph is “civil liberty”, defined as “natural liberty itself, divested only of that part, which, placed in the government, produces more good and happiness to the community, than if it had remained in the individual”.110

Le poche righe qui citate rappresentano un eccellente sunto del rapporto tra Fondatori, Locke e della tesi sostenuta da Pangle. La condizione natu-rale dell’uomo sarebbe quella di una libertà incontrollata, di una perfetta uguaglianza ove non esiste alcuna giurisdizione. Di natura, ogni uomo mantiene la sovranità che gli consente di giudicare gli altri e imporre loro punizioni, compresa quella capitale, secondo la propria opinione.111La ci-viltà del governo starebbe innanzitutto nel demandare solamente ad esso l’uso della coercizione, fermo restando, che per Locke, un governo

monar-110 In T. Pangle, The Spirit of Modern Republicanism, p. 123. Le parti tra virgolette sono citate, da J. Wilson, Selected Political Essays of James Wilson, New York, 1930, pp. 174-175, 272-285.

111 In T. Pangle, Ibidem. A tale proposito, Pangle cita da J. Locke, Two Treatises of Government i paragrafi 4, 6, 7 e 7-9, 87, 128.

chico assoluto può essere peggiore dello stato di natura.112Osserviamo che non solo è la filosofia lockiana ad esser stata fatta propria dai Framers, ma già dalle citazioni sopra riportate di Wilson emerge quella retorica della libertà americana che ha avuto e ha così successo ancora oggi nel-la politica degli Stati Uniti: nel-la costituzione americana si presenta come la prima nella storia a fondarsi sui veri principi del diritto naturale e soprattutto sulla libertà civile.

Dunque, argomenta Pangle, se anche nel Federalist è l’economia poli-tica di Hume a guidare molti ragionamenti e Montesquieu è molto citato, sono in realtà i concetti e le categorie di Locke ad aver informato gli scrit-ti in oggetto. La fondazione del governo civile deriva allora dall’impulso naturale dell’individuo a preservare la propria proprietà, ed è la ragione a dominare le passioni egoistiche e far sì che possa costituirsi una società atta a garantire i diritti di tutti. In particolar modo, la ragione sarebbe spinta all’azione dagli inevitabili disagi che comporta l’assenza di civiltà: da qui, la nascita del contratto sociale che istituisce il governo civile so-lamente sulla base dell’accordo e non su alcuna altra fonte (etnia, terra di nascita, . . . ).

Arrivati a tale punto, Pangle, nella terza parte di The Spirit of Modern Republicanism, apre un’approfondita analisi del contributo filosofico di John Locke.

Un elemento cruciale che emerge in Pangle è l’idea che Locke non si propose, specie nel primo trattato sul governo, di porre in questione la Bibbia, bensì di avversare l’interpretazione biblica proposta da Robert Filmer: secondo Locke, la Bibbia va interpretata in modo conforme alla

ragione. Ciò era per Locke di particolare importanza, poiché egli inten-deva rifiutare il modello biblico del governo patriarcale adottato poi da Filmer, per sostenere invece la naturale libertà e uguaglianza degli uomi-ni (tale polemica ritorna nelle pagine lockiane a proposito dell’educazione dei figli, che spetterebbe ad entrambi i genitori, in quanto responsabili allo stesso modo).

Un aspetto che ha a che fare da vicino con il nostro studio sull’in-fluenza americana di Leo Strauss è che Pangle, nell’affrontare la sua di-samina del pensiero lockiano, esplicita un metodo esegetico che ricalca esattamente l’insegnamento straussiano sull’ermeneutica dei testi filoso-fici. Pangle, infatti, spiega come nella sua polemica contro l’assoluti-smo monarchico nei trattati sul governo, Locke si sarebbe avvalso di uno stile ambiguo ed oscuro, onde evitare il pericolo della persecuzione da parte delle gerarchie religiose ed eventualmente politiche. Il più profon-do significato dell’elaborazione filosofica di Locke, che sola ne consente un’adeguata critica e valutazione, andrebbe scovato solamente tramite un’attenta lettura congiunta di entrambi i suoi saggi sul governo.113

Come accennato più sopra, nella fondazione degli Stati Uniti, del-l’elaborazione del filosofo britannico diviene centrale la discussione sulla proprietà privata:

Property, whose Original is from the Right a Man has to use any of the Inferior Creatures, for the Subsistence and Comfort of his Life.114

113 Il tema dell’ermeneutica è per altro argomento specifico del terzo capitolo del presente lavoro.

È la legge di natura come voluta da Dio ad imporre all’uomo il primo im-pulso, cioè di tendere alla preservazione di sé, e ciò avviene innanzitutto attraverso il frutto del proprio lavoro (inteso come azione dell’uomo atta a trasformare oggetti per assicurarsi la sopravvivenza) e quindi la pro-prietà, che altro non sarebbe che la prima acquisizione dovuta al lavoro svolto. In tale ottica, se il fine massimo è quello dell’autoconservazione e ciò è possibile mediante la proprietà, è chiaro, che in vista del benes-sere collettivo, il primo dovere della società civile è quello di garantire la conservazione della proprietà privata di tutti e la possibilità di estenderla secondo il proprio lavoro. Come scrisse Locke: “Government has no other end but the preservation of Property”115.

Thomas Pangle sottolinea la rottura lockiana con la tradizione filo-sofica di derivazione aristotelica: il diritto naturale è un termine che esprime prima del resto il desiderio o il bisogno profondo dell’uomo di sentirsi soddisfatto; poi, l’impegno a garantire lo stesso agli altri; infine, la partecipazione alla difesa dei comuni diritti. Così, le leggi naturali sarebbero ad esempio quelle di rispettare i patti e comportarsi come si vorrebbe essere trattati dagli altri, qualcosa di razionale ed universale, ben distinto dalla legge rivelata da Dio.116

La distanza lockiana dalla tradizione espressa autorevolmente da Ari-stotele è un punto centrale nell’analisi di Pangle. La costituzione non ha il compito di supportare determinati stili di vita né di guidare da vicino i cittadini verso specifiche mete morali. Ciò sarebbe bene evidenziato nella Lettera sulla Tolleranza, dove il filosofo britannico illustra come i doveri

115 J. Locke, Two Treatises of Government, II, 94, cit. in Pangle, p. 170.

delle magistrature siano solo quelli di garantire i beni civili (vita, libertà, integrità, benessere fisico,..) e di proteggere le persone dalla violenza. Come si può capire, ci si trova agli antipodi di Platone, e in qualche mo-do molto lontani anche dagli accenti di Allan Bloom, e in buona parte anche dalle tesi proprie di Strauss stesso.

Rispetto al tema della proprietà, è di particolare rilevanza l’osserva-zione che Thomas Pangle propone anche sulla concel’osserva-zione lockiana della