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La libertà religiosa è un diritto ampiamente affermato e difeso da numerosi strumenti giuridici internazionali, sia vincolanti che non vincolanti469, ma tutti con grande rilevanza simbolica. Il diritto alla libertà religiosa così come è esplicato nei documenti che sono stati analizzati in precedenza comporta anche il diritto e dunque la tutela alla manifestazione religiosa. Il General Comment numero 22, di cui si è già detto, è andato ad esplicare le disposizioni dell’articolo 18 sulla libertà religiosa del Patto di New York sui diritti civili e politici e dedica un intero paragrafo470 all’analisi

467 L. Ascanio, La preghiera islamica in orario di lavoro. Casi, materiali ed ipotesi risolutive della problematica emergente in contesto immigrato, in Diritto immigrazione e cittadinanza, 2007, numero 3, pp. 60-61

468 Diversa è la soluzione applicata per la preghiera congregazionale e le festività, in cui, pur mancando una vera e propria tutela, c’è la tendenza ad accettare le giustificazioni di assenza dello studente

469 Mentre la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani non ha valore vincolante, il Patto sui diritti civili e politici ha potere giuridico sugli Stati contraenti ed altrettanto vale per la Convenzione Europea

470 General Comment n. 22: The right to freedom of thought, conscience and religion ( Art. 18): 30/07/1993, par. 4: «The freedom to manifest religion or belief may be exercised “either individually or in community with others and in public or private”. The freedom to manifest religion or belief in worship, observance, practice and teaching encompasses a broad range of acts. The concept of worship extends to ritual and ceremonial acts giving direct expression to belief, as well as various practices integral to such acts, including the building of places of worship, the use of ritual formulae and objects, the display of symbols, and the observance of holidays and days of rest. The observance and practice of religion or belief may include not only ceremonial acts but also such customs as the observance of dietary regulations, the wearing of distinctive clothing or headcoverings, participation in rituals

107 della seconda parte del primo comma, il quale definisce il diritto alla libera manifestazione della religione e del credo, implicito nella libertà religiosa. L’articolo 18 del Patto indica che la manifestazione delle convinzioni possa avvenire individualmente o in comune con altri fedeli, in pubblico o in privato e che possa compiersi attraverso l’ottemperanza di riti, pratiche e l’insegnamento dei principi religiosi. Il General Comment va a esplicitare quali possano essere considerati riti e pratiche manifestanti questa libertà; esso va a includere tutti gli atti rituali e cerimoniali che sono diretta espressione della religione stessa, ove si può certo considerare la preghiera, nonché tutte quelle pratiche che vanno ad integrare tali azioni, come possono essere l’esposizione di simboli di carattere religioso, la partecipazione a riti di passaggio, ma anche l’ottemperanza delle festività e l’osservanza di giorni di festa e di riposo. I limiti a tali azioni ed atti cultuali sono determinati al comma terzo dell’articolo 18 del Patto che definisce la sicurezza, l’ordine, la sanità, la morale pubblica, la libertà ed i diritti altrui valori inviolabili nel nome del diritto alla manifestazione delle convinzioni. Il General Comment specifica che tali limitazioni debbano comunque essere da considerarsi un’eccezione e «must not be applied in a manner that would vitiate the rights guaranteed in article 18471», al contrario devono essere garantiti la tutela ed il rispetto della manifestazione religiosa, senza che avvengano atti penalizzanti e restrizioni con fine discriminatorio472. A questo proposito, qualora sia necessario porre delle limitazioni, viene sottolineata l’importanza di una valutazione da parte degli Stati e delle istituzioni scevra da influenze e parametri prettamente tradizionali, bensì caratterizzata da una visione il più possibile plurale.

Si richiamano qui anche le constatazioni fatte in relazione alle normative della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in materia, al suo articolo numero 9. Le suggestioni in materia di esercizio della libertà religiosa sono enunciate allo stesso modo dell’articolo 18 del Patto sui diritti civili e politici; si può allora dedurre che possano valere le medesime osservazioni del Consiglio per i diritti umani presentate nel General Comment n. 22. Altrettanto vale per le limitazioni fissate.

Nonostante i numerosi tentativi nel disciplinare al meglio tale materia, accade che non sia chiaro quale sia il confine tra manifestazione lecita ed espressione offensiva dei principi elencati473 e quali possano essere considerate limitazioni legittime e quali invece discriminatorie. Seppure, in virtù di

associated with certain stages of life, and the use of a particular language customarily spoken by a group. In addition, the practice and teaching of religion or belief includes acts integral to the conduct by religious groups of their basic affairs, such as the freedom to choose their religious leaders, priests and teachers, the freedom to establish seminaries or religious schools and the freedom to prepare and distribute religious texts or publications.»

471 Ibid, cit. par. 8

472 Ibid, par. 8, cit.: «Restrictions may not be imposed for discriminatory purposes or applied in a discriminatory manner.»

108 quanto appena esplicato, sembra di poter dichiarare che le pratiche cultuali islamiche relative alle preghiere rituali ed alle festività rientrino nel diritto alla libera manifestazione delle convinzioni e quindi siano da considerare lecita e libera espressione del credo, si deve necessariamente riflettere sulla conciliabilità delle stesse con il sistema lavorativo e scolastico occidentale e quindi sulle possibili, seppur discutibili, restrizioni applicabili.

Il musulmano immigrato in uno Stato occidentale si trova a dover considerare come festivo il giorno della domenica; come si è detto, ci sono alcuni paesi tradizionalmente di confessione musulmana che hanno adottato la domenica come giorno di riposo474, tuttavia il venerdì rimane la giornata privilegiata per le importanti pratiche del culto islamico di cui sopra e, sebbene non sia una norma coranica che esso sia giornata di riposo, spesso è fatto coincidere. Ma il musulmano va anche a ritenere come festive le festività nazionali dello Stato d’accoglienza e quelle di derivazione cristiana; ciononostante le festività proprie dell’islam continuano a conservare un ruolo primario. Ed è qui che può essere sollevata la questione se esista un diritto alla festività, alla possibilità di mantenere e celebrare una giornata di festa anche nel caso in cui non sia una festività nazionale ufficiale. Un diritto con tale contenuto non appare in alcun documento, per cui non riceve alcuna tutela, tuttavia, sia all’interno di ordinamenti nazionali che all’interno di norme internazionali, si rilevano sollecitazioni affinché le richieste da parte di confessioni o gruppi etnici di osservare giorni festivi diversi da quelli della religione maggioritaria o dettati da tradizioni diverse da quella nazionale siano, qualora possibile, accolte. Ad esempio in Italia, in virtù del sistema pattizio, le confessioni religiose acattoliche possono richiedere che venga loro permesso di osservare giorni di riposo propri della religione: attraverso la stipula di intese, sia la comunità cristiana avventista del Settimo giorno475 che quella ebraica476 hanno ottenuto che sia tutelato il loro desiderio di rispettare il dettame della loro religione del riposo il giorno del sabato. Se richiesto allora il lavoratore di confessione cristiana avventista può, in virtù dell’articolo 17477 dell’intesa con lo Stato italiano,

474 La Turchia ha adottato la domenica come giorno di riposo per esigenze economiche, in Libano questo è dettato dalla multiconfessionalità che lo caratterizza; l’Algeria da qualche anno ha spostato il finesettimana dal giovedì-venerdì al venerdì-sabato per motivi prettamente economici (L'Algeria cambia il weekend. Da oggi si riposa il venerdì e il sabato, 14 agosto 2009, consultabile al sito http://www.ilsole24ore.com/, visitato il 22/04/2013) e molte aziende in Bahrein ed Emirati Arabi Uniti seguono la stessa tendenza

475 Testo della L. 22 novembre 1988, n. 516, Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Unione italiana delle

Chiese cristiane avventiste del giorno, consultabile al sito

http://www.governo.it/Presidenza/USRI/confessioni/norme/88L516.html, visitato il 22/04/2013

476 Testo della L. 8 marzo 1989, n. 101, Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Unione delle Comunità ebraiche italiane, consultabile al sito http://www.governo.it/Presidenza/USRI/confessioni/norme/89L101.html, visitato il 22/04/2013

477 L. 22 novembre 1988, n. 516, cit. art. 17: «1. La Repubblica italiana riconosce agli appartenenti alle Chiese cristiane avventiste il diritto di osservare il riposo sabatico biblico che va dal tramonto del sole del venerdì al tramonto del sabato. 2. Gli avventisti dipendenti dallo Stato, da enti pubblici o da privati o che esercitano attività autonoma, o

109 richiedere di fruire del riposo settimanale la giornata del sabato, recuperando le ore lavorative perse la domenica o in altri giorni lavorativi, senza alcuna retribuzione straordinaria; le stesse disposizioni sono riservate anche allo studente che faccia domanda di poter rispettare il riposo sabatico e nel fissare le date degli esami è richiesto che si applichino misure idonee al fine di permettere agli studenti professanti tale confessione di partecipare all’esame. Identiche disposizioni478, al suo articolo 4, presenta l’intesa con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che estende l’applicazione delle norme di tale articolo a determinate festività ebraiche elencate all’articolo 5. In assenza della possibilità di stipulare un qualche tipo di accordo tra la comunità religiosa minoritaria e lo Stato, si deve però fare appello alle scelte del datore di lavoro ed al generale diritto di manifestare le convinzioni, così come accade nei confronti delle comunità musulmane in Italia, dove, come si è visto, non è stata stipulata un’intesa, e in molti altri Stati europei.