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Sulla base di quanto analizzato a proposito delle pratiche cultuali islamiche, nello specifico l’osservazione delle preghiere giornaliere, l’incontro dell’intera comunità il venerdì a mezzogiorno, le altre festività islamiche ed il digiuno del mese di Ramaḍān650, si è voluto approfondire la realtà

del Trentino Alto-Adige, l’eventualità e le misure con cui questa regione interagisce con la comunità musulmana in relazione a tali pratiche in sede di lavoro.

Il primo dato valutato è stato quello relativo all’occupazione, che vede sostanziali differenze tra le due province. Gli stranieri maschi residenti in provincia di Trento risultano occupati essenzialmente in due settori, l’industria in senso stretto (trasporto, immagazzinaggio) e le costruzioni, i quali «assorbono oltre il 60% degli occupati651», occupazione che rimane invariata nella distinzione tra stranieri comunitari ed extracomunitari652; per quanto concerne l’Alto Adige, gli stranieri comunitari sono prevalentemente occupati nel settore turistico, mentre quelli extracomunitari sono impiegati come operai generici, cuochi, addetti alle pulizie ed autisti653. Le donne straniere in Trentino sono invece occupate in vari settori, seppure sempre nell’ambito dei servizi (collettivi e personali, di assistenza e sanità, servizi alle imprese, in maggioranza nelle pulizie), in prevalenza, per quanto concerne le donne extracomunitarie i servizi collettivi e personali, seguiti dall’impiego

650 V. supra, cap. “La libertà religiosa e l’osservanza della preghiera islamica a scuola e al lavoro”

651 Cit. M. Ambrosini, P. Boccagni e S. Piovesan (a cura di), L’immigrazione in Trentino, Rapporto annuale 2012, pp. 114-115

652 Ivi, tab. 3 – Occupati stranieri per sesso e ramo di attività in provincia di Trento nel 2011, p. 117

653 L’incidenza degli stranieri sul mercato del lavoro e tab. Lavoratori extracomunitari residenti per professione – 31.12.2011, in Servizio coordinamento immigrazione, Rapporto Immigrazione e integrazione in provincia di Bolzano, pp. 31-32

141 in alberghi e ristoranti e nell’industria in senso stretto654. Le altoatesine invece sono occupate prevalentemente come addette alle pulizie, colf e badanti655.

A questo punto risulta significativo approfondire ciò che è emerso da un’indagine sviluppata nell’ambito dell’iniziativa comunitaria Equal MIGRA – Osservatorio sulla discriminazione degli immigrati nel lavoro, pubblicata nel rapporto annuale sull’immigrazione in Trentino656. La ricerca ha seguito tre diverse indagini: in primo luogo è stato effettuato un sondaggio su lavoratori stranieri presenti sul territorio da almeno quattro anni per indagare circa eventuali discriminazioni avvenute nel contesto lavorativo, un campione più ristretto è stato poi intervistato ed infine sono stati interrogati alcuni avvocati giuslavoristi al fine di evidenziare le criticità maggiori relative alla discriminazione di lavoratori stranieri. I risultati dell’analisi mettono in luce una sostanziale soddisfazione da parte dei lavoratori stranieri impiegati in Trentino. Tuttavia sono state riscontrate difficoltà nella ricerca del lavoro, episodi in cui i lavoratori si sono sentiti svantaggiati rispetto ai colleghi italiani, danni dovuti alla scarsa padronanza della lingua ed al riconoscimento dei titoli di studio657. Dalle interviste dirette con alcuni lavoratori stranieri impiegati nei settori più rilevanti, sulla base di quanto evidenziato precedentemente il settore dell’edilizia, il lavoro domestico ed i servizi in strutture ricettive, è emerso un ulteriore fattore; alcuni degli intervistati infatti, raccontando le proprie esperienze di lavoro, non riconoscono azioni discriminanti nei loro confronti avendo poca dimestichezza con la portata dei propri diritti. Altri invece, pur riconoscendo comportamenti non scorretti nei loro confronti, non vi danno peso e non reagiscono, sia per timore di conseguenze gravi sulla propria occupazione, sia perché li considerano atti tutto sommato normali di una condizione di debolezza e svantaggio658. A simili osservazioni conducono anche le testimonianze degli avvocati che affermano che raramente lo straniero denuncia direttamente la discriminazione, ma che comportamenti di disuguaglianza sorgono nel corso del colloquio; complessivamente le richieste vertono su questioni relative alla condizione di lavoratore, in particolare violazioni contrattuali e di retribuzione, violazioni che però evidentemente poggiano sulla condizione di straniero, “ultimo arrivato”, debole, spesso non al corrente dei propri diritti, restio a denunciare azioni di tale tipo, maggiormente disposto a subire condizioni svantaggiose659.

654 M. Ambrosini, P. Boccagni e S. Piovesan (a cura di), L’immigrazione in Trentino, Rapporto annuale 2012, pp. 116- 117

655 Servizio coordinamento immigrazione, Rapporto Immigrazione e integrazione in provincia di Bolzano, pp. 31-32 656 Immigrati e discriminazione nel mercato del lavoro trentino: alcune riflessioni da un’indagine empirica, in L’immigrazione in Trentino, Rapporto annuale 2008, pp. 125-144

657 Ivi, pp. 128-131 658 Ivi, pp. 131-137 659 Ivi, pp. 137-143

142 Prendendo atto che tale indagine intendeva valutare il grado di discriminazione che colpisce i lavoratori stranieri in Trentino, mettendo in luce gli episodi verificatisi e le ragioni che maggiormente causano azioni di disparità di trattamento, è comunque rilevante osservare che non vi è alcun accenno a discriminazioni di tipo religioso. Interessante a questo proposito risulta un dato proveniente da uno studio effettuato in provincia di Bolzano che chiedeva a stranieri extracomunitari quali desideri avessero per un migliore inserimento nella società: con un valore percentuale molto basso rispetto ai dati relativi al 2002 ed agli altri parametri analizzati, si trova la possibilità di esercitare il proprio credo religioso660. Sarebbe interessante, a questo punto, conoscere il numero effettivo dei musulmani presenti sul territorio, tuttavia dati di questo tipo sono difficilmente riscontrabili poiché si tratta di una sfera strettamente personale. L’indagine, a cui si è già accennato, svolta in Piemonte661, rileva per esempio una frequentazione delle moschee più bassa di quella denunciata dai musulmani stessi, fattore che tuttavia non può provare l’appartenenza religiosa ed il sentimento religioso dell’individuo.

In virtù dell’esistenza di accordi sindacali ed aziendali in Italia, approfonditi precedentemente662, ho voluto ricercare la presenza di medesimi accordi in Trentino Alto Adige. Mi sono informata presso gli organi provinciali che si occupano di immigrazione, in particolare il Cinformi ed il Servizio coordinamento immigrazione, gli istituti che si occupano di contrattazione collettiva, i sindacati, ho intervistato direttamente l’imam Aboulkheir Breigheche, l’associazione Bozen Muslim Youth, alcuni lavoratori di fede islamica e numerose aziende (nel settore industriale, dei servizi collettivi, della ristorazione). È emerso che non esistono in regione accordi di tipo sindacale, anche a seguito della scarsa partecipazione sindacale degli stranieri, e non c’è alcuna evidenza di accordi di tipo aziendale. Mi sono state riportate esperienze di accordi di tipo individuale, informali, tra il datore di lavoro ed il lavoratore che chiede di poter conciliare il suo impegno lavorativo con l’osservazione di proprie pratiche cultuali: in particolare si tratta della possibilità di approfittare di turnazioni che favoriscano il digiuno nel mese di Ramaḍān o la partecipazione alla preghiera congregazionale del venerdì. Per quanto concerne le preghiere giornaliere, la tendenza dei lavoratori musulmani è quella

660 Graf. 11.3 – Quali desideri ha per un migliore inserimento degli stranieri?(Cittadini non-UE) – 2002 e 2011, in Astat - Istituto provinciale di statistica, Immigration in Südtirol – Immigrazione in Alto Adige, p. 22

661 S. Scaranari Introvigne (da una ricerca effettuata in Piemonte e pubblicata in A.T. Negri, S. Scaranari Introvigne, I ragazzi musulmani nella scuola statale. Il caso del Piemonte, Torino, l’Harmattan-Italia, 2008) in A. Pacini (a cura di), Chiesa e Islam in Italia. Esperienze e prospettive di dialogo, Milano, Paoline Editoriale Libri, 2008

662 V. supra, par. Alcune ipotesi risolutive, nel cap. “La libertà religiosa e l’osservanza della preghiera islamica a scuola e al lavoro”

143 di servirsi delle pause giornaliere previste o quella di concentrare le preghiere al mattino o alla sera, in virtù della deroga coranica663.

Emerge poi un altro fattore, in particolare dalle informazioni ricevute dalle aziende: sembra non vi sia consapevolezza della questione, i datori di lavoro raramente hanno ricevuto richieste relative alla possibilità di osservare le proprie pratiche rituali da parte dei lavoratori. Questa mancata conoscenza di una possibile difficoltà e conseguente, necessaria conciliazione tra le parti non si rileva però soltanto da parte dei datori di lavoro, ma anche da parte dei lavoratori che si dichiarano musulmani. Si deve prendere atto che alcuni dei lavoratori ignorano la portata di alcuni diritti di cui possono godere, che taluni altri temono di essere discriminati qualora dichiarino la loro appartenenza religiosa, e che altri già si adattavano a ritmi di lavoro “occidentali” nel paese di origine. Certamente esistono tra i residenti stranieri e quelli italiani difficoltà di incontro, di comprensione e di accettazione, sussistono diffidenza e problematicità peculiari tra i datori di lavoro ed i lavoratori di religione islamica, certamente vi sono dati ed esperienze che non emergono per la paura di subire discriminazioni, o per la consapevolezza di aver agito in maniera discriminatoria, e che poggiano sull’adattamento dell’uno ai ritmi ed ai costumi della maggioranza, tuttavia sembra di poter affermare che non sussista un problema di grandi dimensioni per quanto concerne tale questione.