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Lo studio di tre casi territoriali che oramai, alla fine di questo percorso, possiamo ritenere tre identità locali distinte, ha un restituzione in termini di spunti di riflessione ricchissima, tanto da sembrare azzardato credere di riuscire a raccogliere ed interpretare a dovere tutto il materiale raccolto.

Oltretutto, la natura etnografica di questo studio, per quanto guidata alla base da un‟ipotesi di fondo che ha indirizzato i percorsi di ricerca, ha implicato l‟osservazione, ma anche l‟immedesimazione in tutti gli aspetti di realtà di vita che hanno contribuito a fare di territori puri e semplici luoghi viventi con loro identità.

Ciononostante, la conclusiva fase di comparazione delle tre identità territoriali studiate ha costituito un‟ancora di salvataggio che ha sollevato in superficie non solo le singole caratteristiche che compongo l‟insieme olistico di ogni identità locale, ma soprattutto chi per comprenderle ci si era immerso dentro.

I punti comuni dei tre casi studiati sono risultati numerosi, come è stato possibile evincere nel paragrafo precedente, e questo sembra andare a beneficio della nostra ipotesi di ricerca e degli indicatori che nella fase preliminare avevano costituito i limiti concreti di selezione dei casi.

Nonostante tutto, accompagnate alle conferme dei nostri presupposti di ricerca sono emerse delle risposte che hanno messo in discussione alcuni aspetti della nostra ipotesi di ricerca e che faremo presenti in quest‟ultimo paragrafo.

Nelle pagine precedenti abbiamo fatto riferimento alla stretta relazione tra abitanti e territorio nell‟ambito dei processi di stigmatizzazione; in questo ambito faremo riferimento agli altri soggetti coinvolti in questo processo, che per motivi metodologici134 abbiamo individuato sulla base delle testimonianze dagli abitanti. Il ruolo dei mass-media, nei processi di costruzione dell‟immagine negativa dei quartieri e dei suoi abitanti, è segnalato dai testimoni di tutti i territori analizzati in termini di invadenza e distorsione dei fatti realmente accaduti in quei contesti.

L‟opinione diffusa tra gli abitanti è che i mezzi di comunicazione accentuino i toni e l‟attenzione sugli aspetti devianti, gli episodi violenti, i comportamenti incivili e gli stati degrado urbano presenti nei loro quartieri, aumentando così la percezione, degli abitanti stessi e dell‟opinione dei cittadini in generale, di un senso generale di insicurezza legato ai loro territori.

Inoltre, non limitandosi al punto di vista degli abitanti ma alle conoscenze acquisite nell‟ambito dell‟insieme di attività di ricerca e studi condotti, sembra che i mezzi di comunicazione abbiano assunto una funzione rilevante soprattutto nei processi di ghettizzazione dell‟area di Milano, nel caso di Milano e di Clichy Sous Bois si è

134 Come noto, il complesso compito di un osservatore partecipante nell‟ambito del metodo

etnografico prevede attività di osservazione pura e semplice, che in campo scientifico costituisce lo studio di materiali documentaristici e l‟elaborazione di dati di secondo o primo livello, e la “partecipazione” diretta del ricercatore nella situazione oggetto di studio, che implica l‟immedesimazione nel punto di vista degli attori sociali studiati e la sua “comprensione”. Per questo motivo, specifichiamo che gli attori coinvolti nei processi sociali esistenti nei territori analizzati coincidono con quelli che gli abitanti stessi ritenevano vi prendessero parte.

supposto che abbiano anche rappresentato uno strumento di comunicazione politica per gli stessi abitanti.

Come noto, una delle diversità socio ambientali dell‟area di Milano è quella della relativa centralità della sua collocazione geografica rispetto all‟estensione dell‟area metropolitana milanese.

Questa pecurialità ambientale implica prima di tutto una maggiore facilità negli spostamenti verso altre zone della città, in secondo luogo, maggiori potenzialità di integrazione nel sistema lavorativo milanese e di accesso ai servizi e alle strutture della città.

Prima di approfondire il caso di Milano, grazie ai precedenti studi di caso e ai presupposti teorici della nostra ipotesi di ricerca si riteneva che, affinché potesse rilevarsi uno spiccato senso di appartenenza territoriale e un processo di segregazione dell‟area, il territorio, tra le altre, dovesse trovarsi in una condizione di isolamento spaziale.

Lo studio del caso di Milano ci ha fatto comprendere che anche un territorio integrato nel tessuto metropolitano può essere soggetto a dinamiche di segregazione e ghettizzazione e che oltre alle difficoltà obiettive di spostamenti e di difficile raggiungibilità di un‟area con tutto ciò che a questo consegue, è possibile che tali processi si verifichino per ragioni differenti.

Nel caso di Milano, l‟amplificazione dei toni negativi e la distorsione degli eventi accaduti nel periodo precedente, successivo e corrispondente al mese di Febbraio 2010 attuata dai mass media e la loro strumentalizzazione politica, avrebbero rafforzato la percezione di insicurezza e pericolosità del quartiere di Via Padova e dei suoi abitanti.

Questo processo associato a uno stile di vita stanziale, che per motivi economici, lavorativi e sanitari lega buona parte della popolazione al territorio, a una carenza di controllo e attenzione al territorio da parte delle istituzioni locali, al progressivo degrado di numerosi agglomerati abitativi e una comunque storica caratterizzazione popolare del quartiere ha portato a un appiattimento della mobilità locale e a un sostanziale isolamento dell‟area e dei suoi abitanti.

Ciononostante, si fa presente, che la maggiore preoccupazione rivolta alle aree isolate „fisicamente‟ risiede nella consapevolezza che eventuali interventi di riqualificazione risulterebbero certamente più complessi di quelli mirati alla risoluzione delle problematiche di un area più centrale ed efficacemente collegata.

Lo dimostra la risposta in termini di utenza esterna che si è rilevata durante gli eventi del 22/23 Maggio organizzati dal quartiere.

A proposito delle iniziative di cittadinanza attiva dell‟area di Via Padova, la portata mass mediatica degli eventi organizzati, la mobilitazione massiccia delle risorse territoriali nell‟organizzazione degli eventi, la programmazione più a lungo termine di progetti di riqualificazione e di confronto con le istituzioni locali, le capacità carismatiche dei promotori dell‟iniziativa, il loro attaccamento affettivo al territorio e le loro competenze socio-professionali e l‟accessibilità al quartiere, rappresentano un insieme di fattori, casuali o storicamente determinati, che fanno riporre ottime aspettative di cambiamento per l‟area di Milano.

Queste considerazioni ci portano con maggiore convinzione a ritenere che un processo di ghettizzazione di un‟area integrata nel tessuto cittadino sia possibile; ma allo stesso tempo, che, al di là di “una sorta di terreno sociologico” costituito, nel caso di Milano, dall‟insieme di risorse su esposte che starebbe trasformando un momento particolarmente critico del territorio in un occasione di cambiamento, la migliore collocazione spaziale e la conseguenziale maggiore presenza di risorse, rende ipotetici progetti di riqualificazione potenzialmente efficaci in un arco di tempo più ridotto.

Il ruolo che i mezzi mass-media sembrano aver assunto nei casi di rivolta di Clichy sous Bois e Via Padova non sembra essere stato solo quello già noto di distorsione negativa di fatti di cronaca avvenuti nei territori analizzati, ma anche quello di uno strumento di comunicazione politica utilizzato dagli abitanti.

La tipologia degli atti compiuti e la visibilità dei loro effetti non sembrerebbe essere casuale; la percezione di uno stato di invisibilità politica, culturale e religiosa, è testimoniata ripetutamente dagli abitanti di Via Padova e di Clichy.

Ricordiamo in proposito le dichiarazioni estremamente esemplificative del cittadino musulmano che identificandosi con i suoi connazionali riferiva: “sono scattati di fronte alla salma, lasciata lì, vedendo in essa „l‟abbandono dell‟immigrato invisibile‟, hanno pensato „l‟immigrato non vale niente‟”.

Ricordiamo inoltre un'altra testimonianza di una giovane abitante di Seine Saint Denis: “La sola soluzione, che forse abbiamo trovato, per farci ascoltare è stata quella di bruciare le macchine. Se avessimo fatto delle manifestazioni, non sarebbe cambiato niente”.

Diventa una tacita lotta contro i media-politici, gli stessi potenti mezzi di comunicazione che hanno stigmatizzato le loro esistenze diventano uno strumento di visibilità che permette ai loro territori abbandonati e silenti di essere nuovamente considerati; una “battaglia” che avviene proprio nei luoghi delle banlieues e delle periferie di Roma e di Milano.

Infatti è nei loro territori che „sentono il diritto‟ di provocare „danni visibili‟, gli stessi territori in cui decidono di rivoltarsi contro le forze dell‟ordine, dove affrontano un ennesimo nemico: lo Stato.

Sembra opportuno approfondire sia la collocazione, sia la natura di questi conflitti urbani dato che, alla luce dello studio condotto, si è compreso che non possono essere aspetti da potersi associare alla causalità di eventi incidentali.

Soprattutto riguardo ai casi di Tor Bella Monaca e di Clichy Sous Bois, si è rilevata una conflittualità accentuata da parte degli abitanti nei confronti delle Forze dell‟Ordine, soprattutto da parte dei giovani135

, per i quali diventano degli interlocutori quotidiani con i quali ognuno di loro può contare numerose esperienze dirette e indirette di interventi di controllo e vissuti umilianti connessi a questi atti e che, in molti casi, riferiscono essere alla base di sentimenti di risentimento nei loro confronti.

Senza dubbio la relazione con le Forze di Polizia acquisisce una valenza centrale, soprattutto per i giovani, nella rappresentazione simbolica più ampia del rapporto con lo Stato.

Il caso vuole, che proprio nei contesti urbani di Tor Bella Monaca e Clichy i sentimenti di appartenenza territoriale sembrano aver palesato forme di attaccamento più complesse.

Al quartiere o citè di residenza si associano codici di comportamento e valori condivisi dalla comunità territoriale; prendono vita „icone‟, „simboli‟ e „personaggi artistici‟ che fanno del territorio la propria bandiera.

In questi contesti, la dissociazione dicotomica che si esprime nella contrapposizione tra „insider‟ e „outsider‟ acquisisce forme più estreme, attraverso palesi atteggiamenti di rifiuto nei confronti di persone che non vivono nel loro territorio, e a causa di un

135 Ricordiamo che in tutti e tre i casi analizzati i partecipanti agli scontri contro le forze dell‟ordine

radicamento più profondo del concetto di confine tra un „noi‟ e un „voi‟ tra il „nostro‟ territorio e il „vostro‟.

E‟ al concetto di possesso del territorio che a mio avviso può legarsi la scelta di collocare all‟interno dei loro confini territoriali le sedi di scontro contro le forze dell‟ordine e di guerra tacita contro i media-politici.

Bibliografia