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4.1. LINEE GUIDA PER LA PIANIFICAZIONE URBANISTICA DEI

TERRITORI URBANO/RURALI

Franco Alberti, Claudio Perin, Riccardo De Gobbi, Anna Fumagalli, Rita Boccardo, Alessia Semenzato

Nelle esperienze di pianificazione condotte dopo la riforma operata dalla Lr 11/2004, si evidenzia una certa carenza in merito al ruolo strategico che il territorio rurale può assumere nel quadro delle politiche di governo del territorio.

La disciplina del territorio rurale è rimasta, infatti, in buona parte ancorata ai metodi ante-riforma e perciò tesa a disciplinare l’edificabilità nei territori rurali attraverso una serie di limitazioni, di obblighi e di adempimenti che non si discostano molto da quelli utilizzati in vigenza dell’abrogata Lr 24/1985, non considerando i nuovi significati che l’attività agricola può ricoprire in una dimensione di scambio reciproco e di rapporti meno conflittuali con il territorio urbano.

La necessità di un rinnovamento nei metodi e negli strumenti è stata ulteriormente evidenziata dalle numerose iniziative legislative, a livello statale e regionale, sui temi della limitazione del consumo di suolo e della salvaguardia del territorio agricolo da nuovi usi insediativi e infrastrutturali. Iniziative che hanno riproposto la contrapposizione tra le istanze del territorio agricolo e quelle del territorio urbano, proponendo di volta in volta forme di controllo, drastiche moratorie e deroghe più o meno ampie, senza tuttavia affrontare queste problematiche in un quadro multi-disciplinare sufficientemente articolato e sistemico.

L’esperienza sviluppata all’interno del progetto RURBANCE da parte dei diversi Partner ed in particolare nel Progetto Pilota veneto delle Valli Veronesi, consente di porre in evidenza le questioni strategiche che la pianificazione urbanistica deve affrontare nei territori urbano/rurali al fine di:

• risolvere i complessi problemi di conoscenza e di valutazione delle risorse territoriali pre- senti nei contesti rurali;

• contribuire a raggiungere l’obiettivo generale della qualità del territorio agricolo, dei prodot- ti, dei processi produttivi, dei paesaggi, delle risorse umane e della vita dell’intera comunità secondo un rinnovato rapporto di collaborazione urbano/rurale;

• contribuire ad affrontare in termini multi-disciplinari temi come il rinnovo e l’impianto di colture e sistemazioni tipiche o storiche, l’uso sostenibile del suolo agrario, il control- lo dell’erosione, la tutela idrogeologica, la salvaguardia dell’ambiente, il contenimento dei processi di urbanizzazione dei territori rurali, garantendo agli insediati il progresso sociale ed economico senza perdita di valori ed identità locali.

Sono stati assunti inoltre, quale riferimento per la redazione delle linee guida:

• l’esperienza degli uffici regionali nelle valutazioni istruttorie nell’ambito della co-pianifica- zione degli strumenti di governo del territorio;

• le discipline di piani e strumenti di altri contesti regionali ed europei, in particolare da quel- le del Parco Agricolo Sud di Milano, del parco Città-Campagna della Provincia di Bologna, del

Parc agrari del Baix Llobregat di Barcellona;

• le linee metodologiche elaborate dal Comitato Tecnico Scientifico per il Piano Regolatore delle Città del Vino in collaborazione con l’INU e con l’Università di Firenze.

4.1.1 L’EVOLUZIONE DEI PIANI URBANISTICI E IL RUOLO DEI

SERVIZI PRODOTTI DAL TERRITORIO AGRICOLO

Nel processo evolutivo e di rinnovamento che ha visto gli strumenti urbanistici svolgere riflessioni approfondite sul ruolo delle dotazioni territoriali, si è progressivamente posta maggiore attenzione ad un approccio ecologico-ambientale e multidisciplinare lontano dalle tradizionali tecniche del “separare” e dello “specializzare” figlie del DM 1444 del ’68 e della legge urbanistica 1150 del ’42. Tra questi, un ruolo sempre più importante è stato riconosciuto nel tempo alle differenti funzioni che le aree agricole e naturali svolgono in termini di integrazione ecologica, come testimoniano le policrome grafie presenti nelle legende degli strumenti urbanistici di nuova generazione. Quelle che, nelle tavole di progetto dei vecchi piani regolatori, erano le sole aree mestamente “bianche” (nel senso di non colorate in quanto prive di un ruolo di particolare rilievo nella programmazione urbanistica), si sono gradualmente popolate di retini e di simboli al pari delle aree urbanizzate o destinate a nuovi insediamenti.

Ma non è solo il retino a conferire dignità alle zone agricole. L’affermazione crescente del modello ecologico-ambientale di piano, supportata da pressoché tutte le leggi urbanistiche regionali, ha comportato – attraverso strumenti come la Vas e la Vinca – una saldatura ormai permanente tra urbanistica, ecologia e tutte le diverse discipline coinvolte nei processi valutativi degli strumenti urbanistici e territoriali.

In questo quadro le aree agricole non sono più assunte come riserve di superfici per l’espansione degli insediamenti, ma come luoghi di produzione e di preservazione di valori economici, sociali, ambientali, ecologici, paesaggistici e culturali.

La gamma di questi servizi è articolata e comprende, oltre alle funzioni ecologico-ambientali: quelle di ristorazione e ospitalità agrituristica, quelle didattiche e di diffusione della conoscenza delle pratiche agricole, l’offerta per il tempo libero. A queste categorie più “tradizionali”, si aggiunge: la fornitura on demand di beni ortofrutticoli freschi e di qualità, il coinvolgimento dei cittadini nella coltivazione diretta dei prodotti (gli orti urbani e periurbani in gestione o in affitto), le attività di educazione alimentare per adulti e bambini, il riciclo dei rifiuti organici, l’aiuto alla cura di alcune patologie, il piccolo allevamento, le nuove attività ricettive e di accoglienza (gli agricampeggi, gli agrinidi, i centri estivi rurali).

A questi servizi, che rappresentando buone opportunità di integrazione del reddito, si affiancano categorie di dotazioni che comportano invece degli obblighi, quando non addirittura dei “pesi”, a carico degli agricoltori, poiché impongono loro particolari utilizzi, sistemazioni o limitazioni nell’uso del territorio rurale a favore della collettività, in particolare di quella residente nei centri urbani. La considerazione dei servizi ambientali, ecologici, paesaggistici, economici, sociali e culturali prodotti dall’attività agricola e dal mantenimento dello spazio rurale, deve dunque trovare una traduzione concreta all’interno delle prassi urbanistiche e, in prospettiva, degli strumenti normativi.

Ciò potrà avvenire inserendo la loro preservazione e la loro promozione tra i gli obiettivi e tra i criteri-guida delle scelte pubbliche in materia di governo del territorio, e valutando il loro eventuale “sacrificio” tra i costi insediativi legati ai nuovi sviluppi urbani, rispetto ai quali prevedere adeguati meccanismi risarcitori e/o compensativi.

Nell’implementazione delle politiche vi è poi l’importante capitolo dei servizi destinati ai residenti nel territorio rurale, che attengono evidentemente al welfare in generale e solo in parte alla strumentazione urbanistica.

Per questi è importante considerare forme di facilitazione e di accesso contestualizzate e concepite secondo criteri di integrazione e di scambio reciproco tra territorio urbanizzato e territorio agricolo, tenendo presente che la modernizzazione ha generato da un lato una diffusa omogeneizzazione degli stili di vita e dei bisogni – accompagnata da un crescente desiderio di accesso ai servizi urbani – e dall’altro una certa frammentazione ed una perdita di identità delle comunità rurali, identità che dovrebbe essere recuperata come risorsa fondamentale e non replicabile al pari delle risorse ambientali, ecologiche e paesaggistiche.

Il riconoscimento di questi “nuovi bisogni” degli insediati nel territorio rurale dovrebbe tradursi in forme di facilitazione per l’accesso ai servizi, nei termini di un migliore collegamento con le reti infrastrutturali e con i servizi logistici, anche a fronte di eventuali costi superiori a quelli “standard” urbani, e nel reperimento, attraverso gli strumenti della pianificazione urbanistica e della programmazione comunale, di aree e luoghi centrali per lo scambio di beni e servizi a condizioni di particolare favore.

Interessanti segnali in tal senso giungono dalle recenti sperimentazioni avviate in alcune regioni sul tema della diversificazione dei modelli organizzativi del sistema socio-sanitario, significative soprattutto per l’approccio innovativo che prevede una “declinazione organizzativa adeguata alla specificità territoriale” per esempio, nel caso della Lombardia, alla montagna1.

4.1.2 I QUADRI CONOSCITIVI