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Risale al 1973, ad opera di Bem & Bem il primo studio che mise in evidenza il legame tra la lingua di un determinato annuncio di lavoro e la percentuale di donne e uomini che si candidavano per quel determinato posto di lavoro. Bem & Bem, attraverso esperimenti di psicologia, dimostrarono infatti che “the sex bias in the content of a job advertisement does serve to aid and abet discrimination by discouraging both men and women from applying for “opposite-sex” jobs” (1973, p. 14). Per quanto riguarda l’italiano bisogna ricordare che fu la stessa Alma Sabatini (1987) a dedicare parte della sua ricerca sul sessismo nella lingua italiana proprio agli annunci di lavoro. Sabatini prende come base normativa per la sua analisi la legge del 9/12/1977 n. 903 sulla Parità tra uomini e donne in materia di lavoro che stabilisce che

È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività a tutti i livelli della gerarchia professionale. La discriminazione di cui al comma precedente è vietata anche se attuata [..] in modo indiretto […] a mezzo stampa e con qualsiasi altra forma pubblicitaria che indichi come requisito professionale l'appartenenza all'uno o all’’altro sesso.

Dall’analisi svolta da Sabatini su 748 annunci di lavoro pubblicati nel 1984 su vari quotidiani italiani risulta che il 20,19% delle offerte si rivolgono chiaramente a candidati di entrambi i sessi, l’1,87% si rivolge alle donne, il 34,22% si rivolgono agli uomini e il 43,58% sono indeterminati, formulati cioè con maschile non marcato. Secondo Alma Sabatini, che cita anche i risultati ottenuti da Bem & Bem, “la donna non può riconoscersi nella maggior parte delle

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descrizioni dei posti offerti” (1987, p. 89) in quanto un’alta percentuale degli annunci di lavoro analizzati vengono formulati attraverso l’uso del cosiddetto maschile non marcato; tale formulazione linguistica può infatti scoraggiare le donne a candidarsi per i posti in questione, trasformandosi quindi in una vera e propria discriminazione. Alla luce della valenza discriminatoria del maschile non marcato, Sabatini afferma senza mezzi termini che “il maschile non marcato, con la sua pericolosa ambivalenza, non è assolutamente ammissibile in questo contesto” (1987, p. 90). Come si vedrà dai risultati ottenuti dall’analisi sul corpus di annunci di lavoro pubblicati per il mercato italiano, poco è cambiato rispetto alla situazione descritta da Sabatini: il maschile con valenza generica continua a essere estremamente frequente in italiano.

Sempre nel 1987, quasi in contemporeana con il lavoro di Sabatini, viene pubblicato su

Die Zeit un articolo in cui si sottolinea che il pari trattamento linguistico tra uomini e donne

negli annunci di lavoro tedeschi appare ancora come un’utopia. L’autrice dell’articolo, Evamaria Brockhoff, mette infatti in evidenza che, in base al suo studio condotto su 6000 annunci di lavoro pubblicati su giornali tedeschi, circa il 61% delle offerte si riferisce a candidati uomini, mentre circa il 39% si riferisce alle donne o attraverso annunci diretti che contengono esplicitamente forme femminili o attraverso annunci formulati in modo neutro.

Per quanto riguarda invece studi più recenti che utilizzano la metodologia della linguistica dei corpora per indagare la frequenza di forme di maschile generico e di strategie di genere all’interno degli annunci di lavoro, ricordiamo gli studi di Bengoechea e Simón (2011) per lo spagnolo e di Lipovsky (2014) per il francese. Dallo studio di Bengoechea e Simón, in cui sono stati analizzati gli annunci di lavoro pubblicati sul quotidiano El País nel mese di ottobre del 2007, risulta che, sul totale di annunci di lavoro analizzati, 136 sono considerati testi neutri in quanto non includono riferimenti a uomini o a donne, 197 contengono riferimenti personali formulati attraverso forme neutre, 29 testi contengono formulazioni femminili, 241

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contengono forme sia femminili che maschili con valenza generica e 91 contengono forme di maschile generico. Bengoechea e Simón mettono in evidenza alcune tendenze delineabili in base ai risultati ottenuti, riscontrano cioè una bassa incidenza di testi contenenti forme femminili e un relativo equilibrio tra testi neutri e testi con riferimenti a uomini e donne. Osservano infine che il numero di testi che includono forme maschili equivale al numero di testi neutri (2011, p. 513).

Per quanto riguarda la lingua francese, dallo studio condotto da Lipovsky (2014) su 368 annunci di lavoro pubblicati nel maggio del 2012 all’interno di tre quotidiani francesi risulta che, sebbene il 96% degli annunci di lavoro analizzati si riferiscano sia a donne che a uomini, nella maggior parte dei casi non si sono utilizzate forme di femminilizzazione e neutralizzazione, ma è stata semplicemente aggiunta la dicitura h/f (uomo/donna) al sostantivo maschile con funzione generica, strategia che non è ritenuta tra le più efficaci per garantire pari visibilità a uomini e donne. Lipovsky riconosce che nel corso degli anni sono stati comunque fatti dei passi in avanti, dato che in uno studio simile condotto da Schafroth nel 1993 su 700 annunci di lavoro pubblicati all’interno della rivista L’Express, solo il 12,5% degli annunci si riferiva sia a donne che a uomini.

Concludiamo questo paragrafo accennando a un interessante studio di Askehave e Korning Zethsen del 2014 in cui, attraverso l’analisi del discorso, viene analizzata la lingua di 39 annunci di lavoro danesi riferiti a posizioni manageriali. Lo scopo dello studio di Askehave e Korning Zethsen è quello di esaminare se la mancanza di donne in posizioni leader possa essere in parte dovuta a barriere linguistiche, come ad esempio il modo in cui vengono rappresentate le posizioni manageriali e le qualità legate alla capacità di essere leader. Le due studiose partono dal presupposto che

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[…] the linguistic constructions which producers of job advertisements make of the “ideal” managing director may […] have significant, social consequences in that people who cannot identify with the description may choose not to respond to the advertisement and are thus prevented from pursuing a top position (2014, p. 532).

Dai risultati di questa analisi emerge che

[…] masculine leadership traits dominate the language of executive job advertisements with the possible real-life result that men, or individual with masculine traits, find it easier to identify with the requirements for executive position. (2014, p.543).

Sebbene svolti in ambienti spazio-temporali molto diversificati tra loro, tutti questi studi dimostrano che, oggi come in passato, la lingua utilizzata molto spesso negli annunci di lavoro discrimina le donne, non garantendo loro un’adeguata visibilità e, di conseguenza, ostacolando pari opportunità all’interno del mercato del lavoro. Nonostante alcuni passi in avanti siano stati fatti,49 la strada per raggiungere la pari visibilità linguistica tra donne e uomini negli annunci di lavoro sembra ancora lunga e non priva di ostacoli, dato che emerge anche dall’analisi sugli annunci di lavoro in italiano e in tedesco che verrà riportata nelle prossime pagine.