• Non ci sono risultati.

1.3 Lingua e genere in Europa

1.3.1 Lingua e genere in Francia e in Spagna

Come illustrato in Van Compernolle (2009), in Francia le prime iniziative istituzionali in materia di lingua e genere si sono concentrate sull’introduzione delle forme femminili per le professioni e risalgono al 1986, anno in cui il primo Ministro Laurent Fabius emanò un decreto in cui raccomandava la femminilizzazione dei sostantivi di professioni all’interno di testi amministrativi; l’applicazione di tale decreto rimase però limitata fino a quando, nel 1997, numerose donne richiesero a gran voce di essere designate con sostantivi femminili. Questo

36 Per un approfondimento sulle forme linguistiche attraverso cui si manifesta maggiormente la dimensione di

genere in francese si faccia riferimento a Schafroth (2003); per lo spagnolo si raccomanda, invece, la lettura di Nissen (2003).

95

nuovo interesse nei confronti dell’argomento portò alla pubblicazione, nel 1999, della guida

Femme, j’écris ton nom, in cui furono proposte soluzioni per declinare al femminile più di 2000

nomi di professioni e di ruoli. Già a partire dalle iniziative del 1986 l’Académie française, considerata l’istituzione della lingua francese per eccellenza, aveva espresso il suo parere contrario a qualsiasi iniziativa istituzionale che avesse lo scopo di superare o, per lo meno, limitare il sessismo nella lingua francese. L’Académie aveva definito l’introduzione di tale forme femminili un potenziale danno per la lingua francese. La pubblicazione della guida

Femme, j’ecris ton nom e la conseguente forte posizione contraria da parte dell’Académie

portarono al fiorire del dibattito tra chi sosteneva e chi, invece, osteggiava l’introduzione di queste nuove forme femminili.

Dal punto di vista accademico, a partire dal saggio Le Mots et le Femmes: Essai

d’Approche Sociolinguistique de la Condition Féminine di Marina Yaguello del 1978, le

pubblicazioni che affrontano il tema “lingua e genere” si sono susseguite in misura considerevole. Tra le più recenti ricordiamo il lavoro di Van Compernolle del 2009 in cui viene esaminata la percezione, da parte delle stesse donne francesi, delle forme femminili relative a titoli professionali e vengono messi in evidenza i fattori sia linguistici che culturali che rendono maggiore o minore il grado di accettazione di tali forme. Nel lavoro di Schafroth, del 2013, viene invece analizzato, attraverso un’ottica comparativa, il grado di femminilizzazione di nomi di mestieri e titoli in francese, italiano e spagnolo. Particolarmente interessanti per questo studio risultano, inoltre, i lavori di Lipovsky del 2014 e del 2015 in cui vengono analizzati rispettivamente l’uso di forme femminili che designano professioni e titoli all’interno di annunci di lavoro e di curricula.

96

Per quanto riguarda invece la Spagna37, le istituzioni si sono più volte espresse in favore dell’introduzione di forme linguistiche rispettose dell’identità di genere, a partire dalle

Recomendaciones para el uso no sexista de la lengua del 1988 fino ad arrivare al En femenino y en masculino, NOMBRA, La rapresentación del femenino y el masculino en el lenguaje del

2008, pubblicate entrambe dall’Instituto de la Mujer del Ministerio de Igualdad. Inoltre, nel 2007 viene emanata una legge nazionale38 che rende vincolante l’uso di una lingua non sessista all’interno dell’amministrazione, uso che viene incoraggiato anche all’interno del mondo artistico, culturale e sociale. Le forme linguistiche su cui si sono concentrate le iniziative sopracitate sono in particolare: l’uso asimmetrico per riferirsi a uomini e donne (ossia il cognome per l’uomo e il nome per la donna), la distinzione tra señorita e señora per le donne, l’uso dell’articolo determinativo davanti al cognome di donne, le asimmetrie semantiche tra termini femminili e maschili, come ad esempio hombre público (político) e mujer pública (prostituta), l’uso del sostantivo mujer seguito da termini maschili di professioni (mujer

árbitro) invece della forma femminile (árbitra). I casi più controversi sono risultati essere l’uso

generico, in riferimento a uomini e donne e all’intera umanità, del sostantivo hombre e l’assenza di numerosi sostantivi femminili per designare cariche e professioni prestigiose. Così come in Francia, anche in Spagna la più autorevole istituzione linguistica, la Real Academia

Española si è espressa chiaramente contro le varie proposte in favore di una lingua non sessista.

Per quanto riguarda invece le pubblicazioni accademiche, ricordiamo i due lavori di Mercedes Bengoechea in cui si indagano rispettivamente l’interpretazione da parte dei media delle performance linguistiche di Carme Chacón, prima ministra della Difesa nella storia spagnola (2011a) e i pro e i contro delle politiche spagnole atte a limitare il sessismo linguistico (2011b). Particolarmente interessante per questa tesi di dottorato risulta essere lo studio di

37 La sintesi sulle iniziative istituzionali in Spagna è ripresa da Schafroth (2013) e da Bengoechea (2011b). 38 Per maggiori approfondimenti su tale legge e le varie conseguenze si rimanda a Bengoechea (2011b).

97

Bengoechea e Simón del 2011 in cui viene analizzata la presenza di forme femminili e maschili all’interno di un corpus di annunci di lavoro. Accenniamo infine al fatto che, come risulta da un’intervista (De Gregorio, 2016) alla sindaca di Barcellona Ada Colau, sta diventando sempre più una prassi all’interno di movimenti politici e associazioni spagnole l’utilizzo del femminile con funzione generica, per riferirsi a gruppi di cittadine e cittadini. Terminiamo questa breve panoramica sulle origini e gli sviluppi del dibattito “lingua e genere” in Francia e in Spagna parafrasando le conclusioni di Schafroth (2013) secondo cui, sebbene sia in Francia che in Spagna si riscontri ancora un uso eterogeneo e non costante delle forme femminili proposte, ci sono stati, in entrambi i paesi, progressi considerevoli nell’introduzione e nell’uso di sostantivi femminili in riferimento a professioni e ruoli prestigiosi, mentre in Italia la situazione è rimasta pressoché immobile. Alla luce del fatto che le forme in cui si manifesta maggiormente il l’invisibilità linguistica delle donne in francese, in spagnolo e in italiano sono in gran parte le stesse, si potrebbe auspicare che le misure e le soluzioni adottate in Francia e in Spagna possano fungere da buon esempio anche per la realtà italiana.