• Non ci sono risultati.

Se finora sono stati riportati dati relativi alla situazione dell’Italia e della Germania, considerati come singoli paesi, in questa e nelle prossime sezioni verranno riportate tendenze e statistiche più generali riferite all’Unione Europea e riportati in documenti pubblicati proprio da enti e istituzione dell’UE. Partiamo dai dati contenuti nella European Working Conditions

Survey (EWCS), redatta dal 1991 dall’Eurofound per monitorare le condizioni lavorative in

Europa. Alla base dell’indagine vi è l’obiettivo di misurare le condizioni lavorative nei paesi europei, di analizzare le relazioni tra vari aspetti legati alle condizioni lavorative, di identificare gruppi a rischio, di evidenziare questioni preoccupanti e aree in miglioramento e, infine, di contribuire allo sviluppo di politiche europee atte a migliorare la qualità del lavoro. La posizione delle donne all’interno della forza lavoro europea rientra tra le aree monitorate dall’indagine. Nel documento pubblicato nel 2016 si afferma che, nonostante negli ultimi anni un numero crescente di donne sia entrato a far parte del mercato del lavoro, le diseguaglianze di genere perdurano ancora. Tali diseguaglianze sono visibili in vari ambiti della società e dell’economia: le donne sono infatti ancora oggi le principali responsabili della cura all’interno della sfera domestica; gli ambiti lavorativi in cui non vi è una segregazione di genere

111

rappresentano ancora l’eccezione, piuttosto che la regola; un numero molto maggiore di donne rispetto che di uomini lavora part-time; le donne fanno molta più fatica a fare carriera e a giungere a posizioni apicali a causa, tra l’altro, del cosiddetto soffitto di cristallo; e infine, il divario retributivo tra donne e uomini è ancora una realtà che supera i confini nazionali. Entrando più nel dettaglio, come illustrato nella figura 1, la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro dell’UE è passata dal 56% nel 2005 al 60% nel 2015. Nonostante la diminuzione del divario tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile, quest’ultimo è ancora di 11 punti più basso.

Un altro dato interessante è quello relativo alla percentuale di persone che lavorano part-time: dalla figura 3 si può notare come l’incidenza del lavoro part-time sia aumentato dal 2005 al 2015 sia per le donne (dal 31% al 33%) che per gli uomini (dal 7% al 10%). Nonostante l’aumento sia comune, il numero di donne impiegate part-time continua a essere di circa tre volte superiore al dato relativo agli uomini.

112

Un altro aspetto trattato nell’indagine dell’Eurofound è quello relativo alla cosiddetta segregazione di genere; nel rapporto si legge infatti che, il mercato del lavoro, nonostante la presenza di donne sia aumentata notevolmente, continua a essere caratterizzato da una forte segregazione di genere. Osservando la figura 15 si può notare quali sono i settori economici in cui questa è più marcata: le costruzioni, i trasporti e l’industria rimangono settori prettamente maschili, mentre l’istruzione e la sanità sono caratterizzati da una maggiore presenza femminile. Nel commercio, nel settore dell’ospitalità, dei servizi finanziari e di altri servizi e nella pubblica amministrazione sembrano invece essere occupati una percentuale simile di donne e uomini.

113

Un altro elemento sintomatico della segregazione e della discriminazione che le donne continuano a vivere sul posto di lavoro è il cosiddetto “soffitto di cristallo”, questione inserita già da anni nelle agende politiche sia a livello europeo che nazionale. I dati più recenti riportati nell’indagine del 2016 dimostrano che c’è stato un certo progresso, sebbene molto lento. A livello manageriale le donne sono ancora in una posizione minoritaria rispetto agli uomini, infatti la percentuale di donne con un ruolo apicale è di circa il 12%, poco più della metà rispetto alla percentuale degli uomini (21%), dato questo rimasto costante dal 2010. Osservando la figura 50 è possibile notare quanto il rapporto tra manager donne e uomini sia sbilanciato in ogni singolo paese europeo preso in considerazione.

114 .

Un altro aspetto importante a cui l’indagine dedica spazio e attenzione è quello che viene comunemente definito “worklife balance”, ossia l’equilibrio tra lavoro e vita privata47. Nel 2015 quattro persone su 5 (circa l’81%) hanno affermato di avere un buon equilibrio tra lavoro e vita privata, tale percentuale è rimasta invariata dal 2005. Dal rapporto è inoltre risultato che una percentuale più alta di uomini (il 20%) rispetto che di donne (il 16%) ha dichiarato di non essere soddisfatta del rapporto tra lavoro e vita privata. Alla luce del fatto che in linea generale sono ancora le donne a svolgere la maggior parte del lavoro domestico, potrebbe a prima vista sorprendere che siano proprio le donne a essere maggiormente soddisfatte di tale equilibrio. Sempre secondo il Rapporto pubblicato da Eurofound, questo dato potrebbe essere indicativo del fatto che le donne prendono decisioni che si adattano maggiormente alla loro situazione individuale, valutando se e come saranno in grado di bilanciare la loro vita privata e professionale e scegliendo, di conseguenza, un percorso di vita lavorativa sulla base di tale valutazione. Gli uomini, al contrario, tendono maggiormente a prendere decisioni in conformità con il modello dominante di lavoro a tempo pieno e a lungo

115

termine e ad adattare poi la loro vita lavorativa agli impegni privati in base alle necessità che sopraggiungono. In genere sono sia le donne e che gli uomini senza responsabilità di cura (ad esempio di figli, di persone disabili o di anziani) a essere maggiormente soddisfatti dell’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata; mentre le donne e gli uomini con bambini piccoli sono i più insoddisfatti di tale equilibrio. Legato al work-life balance troviamo il rapporto tra lavoro retribuito e non retribuito: le donne sono ancora oggi quasi sempre le principali responsabili delle attività domestiche e di cura, se si sommano le ore di lavoro retribuito e non retribuito le donne arrivano a 55 ore settimanali e gli uomini a 49. Se da una parte gli uomini svolgono più ore lavorative retribuite, le donne svolgono la maggior parte delle ore lavorative non retribuite. Sia gli uomini che le donne trascorrono più tempo in attività lavorative non retribuite quando ci sono figli in casa, ma questo aumento di lavoro non retribuito è più marcato per le donne; di conseguenza, il divario tra uomini e donne aumenta ancora di più in caso di figli. Come mostra la figura 114, sono vari i fattori che influenzano la quantità di lavoro non retribuito svolto.

116

2.4 Rapporto Eurofound: The gender employment gap: Challenges and