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2 1 Linguaggio proposizionale e emozionale: i diversi livelli delle

Nel documento Hughlings Jackson neurologo (1835 - 1911) (pagine 74-80)

affections of speech

H.J. preferì adottare il più delle volte il termine affections of speech, piuttosto che aphasia, o altre definizioni più ristrette. Data la variabilità delle risposte dei pazienti, sia per il genere di fenomeno che di intensità, H.J. considerava un

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Ivi, p. 308.

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75 approccio più esatto mantenersi su un termine dai connotati vaghi, adatto ad includere le diverse manifestazioni che mano a mano osservava.

The term Aphasia has been given to affections of speech by Trousseau; it is used for defects as well as for loss of speech. I think the expression Affections of Speech (including defect and loss) is preferable. […] Aphasia will be sometimes used as synonymous with Affections of Speech in this article.63

La prima generale classificazione del linguaggio compiuta da H.J. è quella in linguaggio “intellettuale/proposizionale” e linguaggio “emozionale”. Anche il linguaggio sano era diviso in queste due componenti primarie, che si presentavano separate nei pazienti afasici. Gli afasici infatti manterrebbero un livello più automatico di linguaggio, quello che H.J. chiamava linguaggio

emozionale, mentre sarebbero colpiti nelle loro funzioni più volontarie, le funzioni

appartenenti a ciò che H.J. definì linguaggio proposizionale.

Prima di analizzare nel dettaglio queste due componenti, è necessario specificare cosa intendesse H.J. per linguaggio, che in ultima analisi corrisponde al proposizionale. Ferma restando una grande divisione preliminare tra linguaggio, articolazione, e voce – tutte componenti che la malattia può separare – H.J. ritorna più volte sul punto che il linguaggio non significa semplicemente emettere parole. Infatti, i muscoli della bocca usati per mangiare, bere e deglutire, sono usati dai pazienti afasici normalmente. Analogamente anche l’apparato fonatorio è fisicamente integro. Quando i muscoli sono danneggiati ma la capacità linguistica è intatta, il “parlare” (talking) è impossibile, ma non “proposizionare” (speak). Ciò che caratterizza il linguaggio non è infatti pronunciare semplici parole non collegate tra loro, ma metterle in relazione attraverso rapporti logici. Una parola, la componente minima del linguaggio, per sé non ha alcun significato se non inserita

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76 in un contesto proposizionale più ampio. Questo linguaggio superiore è proprio il

linguaggio proposizionale, ciò che corrisponde al pensiero più razionale ed

astratto.

We must at one say briefly what we mean by speech, in addition to what has been said by implication when excluding articulation, as this is popularly understood, and voice. To speak is not simply to utter words, it is to propositionise. A proposition is such a relation of words that it makes one new meaning; not by a mere addition of what we call the separate meaning of several words.64

Una singola parola assume significato solo se usata nel suo senso proposizionale. E’ dall’uso di una parola che se ne deduce il suo valore proposizionale. Così, anche singole parole come “si” e “no”, sebbene pronunciate da sole, sono da considerare proposizioni se usate per esprimere assenso o dissenso. Per descrivere queste due componenti H.J. usa spesso anche i termini linguaggio superiore, riferito al proposizionale, e linguaggio inferiore, in questo caso riferito al linguaggio emozionale. I disturbi afasici generalmente riportano il paziente al livello inferiore, in base al principio generale della dissoluzione. Cosa gli rimane, quindi? Sono conservate tutte le capacità di base, assieme, come vedremo più avanti, ad occasionali o ripetute esclamazioni, espressioni isolate o imprecazioni. Il linguaggio emozionale rimane integro. Qui di seguito una dettagliata descrizione dei segni del linguaggio emozionale:

He smiles, laughs, frowns, and varies his voice properly. His recurring utterance comes out now in one tone and now in another, according as he is vexed, glad, etc.; strictly we should say he sings his recurring utterance; variation of voice being rudimentary song (Spencer); he may be able to sing in the ordinary meaning of that term. As stated already, he may swear when

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77 excited, or get out more innocent interjections, simple or compound (acquired parts of emotional language). Although he may be unable to make any but the simplest signs, he gesticulates apparently as well as ever, and probably he does so more frequently and more copiously than he used to do. His gesticulation draws attention to his needing something, and his friends guess what it is.65

Tipicamente il linguaggio proposizionale soffre in maniera maggiore un danno cerebrale, non solo nel linguaggio parlato ma anche nella scrittura, uno infatti dei “movimenti” più specializzati e volontari. Un paziente affetto da perdita del linguaggio non scrive perché non ha proposizioni da scrivere. Tuttavia, un paziente in questo stato è ancora capace di scrivere nel senso che riesce a ricopiare uno scritto e di scrivere il suo nome: copia, per così dire, le immagini delle parole ma non le parole stesse. Così, riassumendo, un paziente che ha perso il linguaggio non ha perso totalmente le parole, bensì quelle parole così come servono nel linguaggio superiore:

We must here say that besides the use of words in speech there is a service of words which is not speech; hence we do not use the expression that the speechless man has lost words, but he has lost those words which serve in speech. In brief, Speechlessness does not mean entire Wordlessness. 66

Un paziente afasico non è “senza parole”, come dimostra il fatto che riesce a richiamarle ed usarle nel linguaggio emozionale. Non riesce, però, a ricostruire una proposizione volontariamente, come accade nel linguaggio superiore. Anche le patologie del linguaggio quindi, come l’epilessia, hanno diversi gradi di profondità. Nel primo si ha solamente un difetto nel linguaggio: il paziente, pur avendo un ampio vocabolario, scambia alcune parole o usa metafore al posto di

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Ivi, pp. 320-321.

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78 termini più precisi. Nel secondo, si ha la vera e propria perdita della parola, in cui anche il linguaggio dei gesti è compromesso. Oltre a questi due livelli, il terzo implica la completa perdita del linguaggio: in questo caso, oltre che la parola, il paziente perde totalmente la capacità di esprimersi a gesti, ed anche il linguaggio emozionale è molto compromesso. Ognuno di questi tre livelli ha a sua volta, una condizione negativa e una positiva. Ad esempio, nel primo livello la condizione negativa è l’errato uso di una parola, mentre quella positiva sta nella capacità di usare al suo posto una metafora.

In linea generale, H.J. elenca alcune caratteristiche di entrambe le condizioni. In quella negativa il primo sintomo ovviamente è l’incapacità del paziente di parlare, ma di solito con alcune eccezioni che dimostrano la gradualità nella perdita del linguaggio superiore. Può riuscire infatti a pronunciare recurring utterances o

occasional utterances, ma in entrambi i casi il loro presentarsi non dimostra che il

paziente è in grado di usare il linguaggio volontariamente.

Le proposizioni minime che un paziente può pronunciare in realtà non esprimono nulla. Infatti, non riesce a ripeterle su richiesta, in altre parole «he cannot “say” what he has just “uttered”»67. Ci sono altre eccezioni, ad esempio un paziente può essere capace di salutare un amico mentre si allontana: ma anche in questo caso l’espressione non appartiene al linguaggio superiore, dato che non riesce a riprodurre nuovamente l’espressione in uno stesso contesto: ripete la stessa parola in automatico indipendentemente dalla situazione.

L’altro aspetto negativo, già introdotto poco sopra, è l’incapacità di scrivere, nel senso di non esser più in grado di esprimere se stessi, mentre non è danneggiata la capacità di “disegnare”– e quindi di copiare – le lettere e i simboli musicali. D’altra parte il paziente non riesce a leggere, né ovviamente ad alta voce ma

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79 nemmeno a se stesso. Anche la capacità di esprimersi a gesti (pantomimic

propositionising, da non confondere con la semplice gesticolazione, che è

l’equivalente del linguaggio emozionale) è danneggiata.

L’analisi delle condizioni positive da parte di H.J. dà l’occasione di affrontare alcuni elementi caratteristici della sue idee sull’afasia. La più importante capacità rimasta intatta in un paziente afasico è il fatto che riesca comunque a capire quello che gli viene detto o letto. Ciò è possibile non solo perché, come visto in precedenza, chi è senza linguaggio non è anche senza parole, ma perché queste ultime esisterebbero nel cervello in una specie di “doppia-copia”: nell’emisfero sinistro del cervello risiederebbero i nervous arrangements delle parole che sono usate per produrre linguaggio, mentre nell’emisfero destro resterebbero intatti quelli alla base delle parole usate per comprendere il linguaggio, in duplicato rispetto a quelle dell’emisfero sinistro:

The hypothesis is that words are in duplicate; and that the nervous arrangements for words used in un speech lie chiefly in the left half of the brain. That the nervous arrangements for words used in understanding speech (and in other ways) lie in the right also. Hence our reason for having used such expression as “words serving in speech”; for there is, we now see, another way in which they serve.68

Questa divisione di compiti del comprendere e il produrre il linguaggio tra emisfero destro e sinistro è sicuramente uno dei punti più audaci del modello jacksoniano dell’attività mentale, aspetto che è già stato perfettamente ricostruito da Harrington. I prossimi paragrafi metteranno in evidenza anche gli altri “usi” dei

nervous arrangements dell’emisfero destro, accennati da H.J. nella citazione

sopra riportata. Se, infatti, l’emisfero sinistro viene eletto ad emisfero capace di

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80 attività volontaria e specializzata, l’emisfero destro era coinvolto, secondo H.J., non solo nella comprensione delle parole ma anche nel pensiero “subconscio” o interno, e nella ricostruzione della nostra percezione.

Nel documento Hughlings Jackson neurologo (1835 - 1911) (pagine 74-80)

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