I.3 Parallelismo psico-fisico e coscienza
II.1.1 Lo stato sognante
Non solo H.J. riteneva fondamentale guardare ai diversi tipi di attacco epilettico, ma anche osservare le condizioni post-epilettiche. Tra queste rientrava anche il così detto “stato sognante”. H.J. dedica a queste manifestazioni, tra gli altri, l’articolo intitolato Remarks on dissolution of the nervous system as exemplified by
certain post-epileptic conditions, del 1881.
32
Hughlings Jackson 1932, vol. I, p. 164.
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63 Dopo un’ introduzione in cui ricorda le principali teorie a cui si riallaccia, spiega quale importanza possa ricoprire lo studio dei fenomeni post-epilettici34. Prima di tutto, scrive H.J., sicuramente clinica. Studiare le diverse conseguenze di un attacco, a cominciare da quelle che si presentano dopo attacchi più lievi, permette di non confondere diverse patologie: «we shall overlook the epileptic nature of some of our patients’ cases altogheter; for example, we may mistake epilepsy for hysteria»35. In secondo luogo, questo tipo di osservazioni può essere utile dal punto di vista medico-legale. Infatti, come vedremo in alcuni esempi più avanti, un paziente dopo un attacco può comportarsi come se fosse pienamente cosciente. In realtà agisce senza rendersi conto delle proprie azioni, che possono così risultare pericolose per gli altri e per se stessi. Oltre a fornire poi nuovi elementi per l’analisi anatomica e fisiologica, vedremo come H.J. definisca il suo modello dei tre livelli di evoluzione e dissoluzione mettendolo in collegamento sia con i gradi di perdita della coscienza che si presentano in questi casi, sia con la sua ipotesi della coscienza oggettiva e soggettiva.
Tra i tanti tipi di crisi post-epilettica osservati da H.J., una variante in particolare attirò la sua attenzione: quella chiamata “dello stato sognante”, oggi meglio conosciuta come epilessia del lobo temporale. In questo genere di epilessia si presentano alterazioni della coscienza più o meno gravi, caratterizzati nella loro forma più lieve da un senso di “reminiscenza” o “déjà-vu”. Certamente un genere di epilessia interessante da indagare, anche se H.J. non considera di natura speciale i sintomi legati ad alterazioni o alla perdita della coscienza. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, H.J. li considera solo dal punto di vista della risposta o meno del paziente verso l’ambiente:
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Hughlings Jackson 1932, vol. II, p. 3 e sgg.
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64 Loss of consciousness is not a symptom utterly different from other symptoms. It is not to be dismissed from analysis as a mysterious epiphenomenon or complication.36
Uno dei casi che H.J. descrive in più di un articolo e che ci permette di avvicinarsi alla sua descrizione del dreamy state è sicuramente quello del “Dr. Z”., che H.J. vide per la prima volta quando aveva circa 26 anni. Il paziente Z. era egli stesso un medico, capace quindi di riportare i suoi sintomi con una certa precisione, fattore di grande utilità per H.J. Nei suoi attacchi più lievi, si presentava quello che H.J. chiama “reminiscenza”: il paziente cerca di ricordare frasi o situazioni che ricorrono nei suoi pensieri, come se fossero famigliari, senza però riuscire a ricomporre tutto il quadro. Questi tipi di attacchi più miti possono accadere anche in persone sane: è appunto la ben conosciuta sensazione di “déjà-vu”.
Questi fenomeni più leggeri erano ovviamente solo il primo livello di dissoluzione della coscienza. Nella sua forma più caratteristica, durante lo stato sognante il paziente si comporta sotto l’effetto di una “doppia coscienza”: normalmente prosegue nelle sue normali attività, ma in uno stato di incoscienza parziale, accorgendosi solo in seguito di questo stato, incapace il più delle volte di ricordare esattamente il corso degli eventi. Più di una volta Z. continuò la sua attività di medico, visitando e scrivendo diagnosi, inconsapevole delle proprie azioni:
These post-paroxysmal actions during what we clinically call unconsciousness were as elaborate and purposive-seeming as any of those of his normal self. On another occasion there were post-epileptic actions by Z during
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65 “unconsciousness”, of a kind of which in a man fully himself would be criminal.37
Nonostante la scrittura della diagnosi fosse imprecisa, una volta ritornato in uno stato di piena coscienza l’eseguiva nuovamente, trovandosi piacevolmente sorpreso dallo scoprire di arrivare alle stesse conclusioni. Oltre a questo sintomo maggiore, altri sintomi si aggiungono al dreamy state. Tra questi, un gruppo che H.J. chiama “crude sensation”, cioè allucinazioni per lo più olfattive e gustative – generalmente di cattivo sapore o impossibili da definire -, accompagnate in alcuni casi da allucinazioni uditive. Inoltre, una vasta varietà di sintomi minori come una inusuale “epigastric sensation”, e movimenti delle labbra collegati alla masticazione. Spesso, anche una sensazione di paura o rabbia, e allucinazioni visive. Tutto ciò accanto a più o meno gravi alterazioni del comportamento. In questo senso H.J. riporta un comportamento del paziente Z., stravagante ma non pericoloso:
Shortly, having a pin in his hand (how he got it I know not, perhaps from the floor) he made a feint of pricking my hand; the action was as if in fun, for he stopped well short of my hand and was smiling. […] I was surprised when he afterwards, next day, told me that he remembered nothing from the time of being in my room consulting me (before the fit) to a little time after I left him at his own house.38
In altre occasioni invece, le reazione possono essere particolarmente violente o assomigliare ai sintomi dell’isteria, con il paziente che scalcia, urla, combatte. Più che le alterazioni del comportamento, furono i sintomi sopra descritti di allucinazioni olfattive e gustative, assieme ai movimenti automatici delle labbra, a guidare H.J. e Ferrier nella localizzazione di questo particolare tipo di epilessia.
37
Hughlings Jackson 1932, vol. I, p. 460.
38
66 H.J. ovviamente anche in questo caso si appoggiava agli studi di Ferrier, accettando di trasportare i risultati degli esperimenti compiuti precedentemente sulle scimmie all’uomo, come guida nelle indagini post-mortem. Ferrier non si era limitato a provare il principio generale di eccitabilità della corteccia, ma aveva cercato di individuare il più precisamente possibile le zone preposte a diversi movimenti. Così, dopo che Ferrier aveva individuato la zona preposta al movimento di labbra e lingua nelle scimmie, presupponendo che questi movimenti facessero parte di una zona più ampia preposta al gusto, H.J. chiese di cercare nel corpo di Z la stessa zona:
[…] (2) I suppose that similar, or analogous, movements in human beings subject to certain epileptic fits, as in the case of Z at the onset of their seizure, are “reflex” effects of epileptic discharges beginning in some gustatory elements of that cortical region which, according to Ferrier, is for taste. (3) I begged Dr. Colman to call on me before he went to make the necropsy on Z, in order to ask him to search the taste region of Ferrier on each half of the brain very carefully. (4) Dr. Colman found a very small focus of softening in that region (in the uncinate gyrus) of the left half of the brain.39
Il caso di Z. non fu l’unico che H.J. esaminò: durante il suo lavoro arrivò ad analizzare all’incirca una cinquantina di casi di pazienti deceduti mentre erano sotto la sua supervisione. A titolo di esempio, nello stesso articolo in cui si descrive l’autopsia di Z., H.J. riporta il caso di una donna di 53 anni che aveva un tumore della dimensione di un’arancia nell’estremità anteriore del lobo temporale. In vita, soffriva spesso di:
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67 […] an intellectual aurea with “a horrid smell”. […] The patient had fits which were preceded by the warning of a “dreadful disagreeable smell”, and he then had “chewing movements of the jaws and spitting of saliva”.40
Durante l’analisi post-mortem risultò che :
[…] a gliomatous tumour the size of half a large apple was wound on the under surface of the brain at the junction of the left frontal lobe and temporo- sphenoidal lobes.41
Lo stato sognante e le alterazioni della coscienza ad esso collegate non fornirono soltanto elementi utili ai fini strettamente clinici, ma furono impiegati da H.J. anche per definire la sua concezione della coscienza, sia soggettiva sia oggettiva, in relazione ai diversi livelli del sistema nervoso42. Secondo quanto descrive Harrington43 , H.J. si era convinto che sintomi “oggettivi” come allucinazioni visive e uditive, ira, vertigini (legati quindi al rapporto dell’organismo con l’ambiente esterno) si presentassero maggiormente nel caso di attacchi epilettici al lato destro del corpo e fossero quindi collegati a scariche dell’emisfero sinistro (considerato l’emisfero, appunto, più “oggettivo”). Al contrario, sintomi “soggettivi” come la paura e l’insieme delle crude sensation (allucinazioni gustative e olfattive, assieme a sensazioni epigastriche e viscerali) si presentavano maggiormente in concomitanza a convulsione del lato sinistro, a dimostrazione di un danno nell’emisfero destro. Come leggiamo dalle parole di H.J. :«there are three degrees of post-epileptic condition.»44. In ogni livello, secondo il suo modello di dissoluzione del sistema nervoso, si presenta oltre alla parte “positiva” dei sintomi – come abbiamo visto risultante dalla diminuita attività dei centri superiori 40 Ivi, p. 463. 41 Ibidem. 42
Per illustrare questa parte farò riferimento all’esauriente articolo di Hogan and Kaiboriboon 2003.
43
Harrington 1987, trad. it. 1994, p. 256.
44
68 – anche la parte negativa: «There is a negative state with each positive state; in each degree the patient’s condition is duplex»45. I diversi livelli si differenziano in base al grado di difetto della coscienza in relazione all’ambiente:
What is psychically a state of consciousness is physically an adjustment of the organism to the environment, nascent or actual. We could then say that, on the physical side in the first degree there was loss of the most special adjustment of the organism to the environment; in the second degree of these and of the more general, and in the third loss of all excepting the most general adjustment.46
Ogni livello di coscienza può e deve essere messo in relazione l’uno con l’altro e con i sintomi negativi post-epilettici. Possono presentarsi tutti e tre in sequenza nello stesso paziente: prima un difetto lieve della coscienza (assieme allo stato sognante); di seguito la perdita della coscienza e, infine, lo stato comatoso.
Robert Edward Hogan e Kitti Kaiboriboon47 hanno ricostruito la relazione tra i tre diversi gradi di dissoluzione, i relativi stati positivi e negativi, e la divisione della coscienza in oggettiva e soggettiva.
Durante lo stato sognante ci sarebbe un relativo deficit della coscienza oggettiva assieme ad un aumento della coscienza soggettiva48:
There often is, after a slight epileptic seizure (our first degree), a defect of object consciousness – so far negative – and positive remains of object consciuosness with sometimes increase of subject consciousness, that is, “dreamy state” – so far positive. In other words, “the positive condition” is itself
45 Ibidem. 46 Ivi, pp. 13-14. 47
Hogan and Kaiboriboon 2003.
48
Lo stesso meccanismo non si presenta solo nello stato sognante, ma in tutte le infermità mentali: «Insanity is dissolution, beginning in the very highest of all nervous centres, that is in the anatomical substrata of consciousness. In insanity there is always defect of consciousness. There is defective object – consciousness often along with increase of subject – consciousness.» Hughlings Jackson 1932, vol. I., p. 38.
69 duplex; it is an abnormal mental state; one imperfect by deficit and imperfect by excess.49
A ogni livello si ripresenta lo stesso schema di un “calo” di coscienza oggettiva (lo stato negativo) e un contemporaneo aumento di coscienza soggettiva (lo stato positivo). Nel primo livello al deficit di coscienza oggettiva si accompagnano sintomi come l’errata percezione della realtà, mentre all’aumentata attività di coscienza soggettiva una sensazione di “déjà-vu” che copre la maggior parte degli eventi. Al secondo livello, si ha in negativo la completa perdita della memoria dell’evento epilettico, e in positivo le “crude sensation”. Infine, al terzo ed ultimo livello, con un massimo grado di perdita di coscienza oggettiva c’è il coma, mentre all’altro estremo la mania: «The post-epileptic maniac is the most furious of all maniacs; the fury implies great “rate” of his actions.»50.
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Hughlings Jackson 1932, vol. II, p. 27.
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