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Lo ius variandi nei contratti di subfornitura

LO IUS VARIANDI.SPUNTI PER UNA RICOSTRUZIONE SISTEMATICA

43 dell'utilizzatore, accanto alla mancata accettazione della modifica, è oggi chiamata a fare i conti con una novella del 2017126.

Con tale intervento, il Legislatore, da una parte, ha abrogato il richiamo dell'art.

33, terzo e quarto comma, cod. cons. contenuto al quinto comma nell'art. 126 sexies t.u.b., che, come si è visto, è stato valorizzato per sostenere la necessità del giustificato motivo anche per le variazioni nei servizi di pagamento127. Da un'altra parte, ha introdotto un comma 4 bis, con il quale ha previsto, ma limitatamente ai rapporti instaurati con un consumatore, la necessità del giustificato motivo per le modifiche del rapporto.

Il senso della novella sembrerebbe (anche) quello di affermare la natura unilaterale delle modifiche ivi contemplate, superando le teorie consensualiste.

Tuttavia, se così davvero fosse, non si comprende per quale ragione il Legislatore non sia intervenuto direttamente a riformulare in modo più chiaro il terzo comma dell'art. 126 sexies t.u.b.

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44 All'art. 6, sotto una rubrica che fa riferimento alla nullità di clausole, il Legislatore ha previsto che nei contratti che ricadono nel fenomeno della subfornitura non è possibile convenire un potere di modifica unilaterale del contratto.

La disposizione è peculiare in quanto, se normalmente la legge considera in positivo il fenomeno, qui lo prende in considerazione in negativo, con un divieto.

Tuttavia, si riconosce al committente il diritto di precisare, con preavviso ed entro termini e limiti contrattualmente prefissati, le quantità da produrre e i tempi di esecuzione della fornitura130.

Pare non potersi dubitare del fatto che la prima parte dell'art. 6 si riferisca ad un autentico ius variandi. La ragione per cui il Legislatore avrebbe posto un divieto in termini così generali andrebbe ravvisata nel timore che tale potere possa essere impiegato per compiere abusi a danno dell'impresa più debole131.

La norma non esplicita se sia vietata la riserva di ius variandi soltanto a favore del committente o anche a favore del fornitore, dal momento che, almeno astrattamente, un tale potere potrebbe essere attribuito a ciascuna delle parti del rapporto di subfornitura. Tuttavia, la realtà di questi rapporti rende difficile immaginare una

p. 353, che «fin dai primi commenti, ci si è chiesti se il legislatore avesse dettato un nuovo tipo contrattuale ovvero se avesse dettato regole destinate ad una applicazione trasversale a più tipi contrattuali. Ha prevalso la seconda soluzione. La dottrina ha infatti rilevato che più tipi contrattuali, tra quelli noti, si prestano a realizzare la tipica funzione economica della subfornitura industriale. In particolare, tale funzione economica è svolta dai contratti di vendita, somministrazione e appalto».

Contra L. RENNA, Voce Subfornitura, cit., p. 1021; A. TULLIO, La subfornitura industriale:

considerazioni in merito all'ambito di applicazione della legge n. 192 del 1998 e alla forma del contratto di subfornitura, in Giust. civ., 1999, pp. 251 ss.

130 Per la necessità di un termine che sia conguo, v. L. RENNA, Voce Subfornitura, cit., p. 1021:

«[...] a me sembra che il termine di preavviso, pur concordemente pattuito tra le parti, potrebbe essere considerato quale indice utile per verificare se ci si trovi in presenza di un'ipotesi di abuso di dipendenza economica (potendo ricorrere la fattispecie di imposizione di una condizione contrattuale eccessivamente gravosa). È per tale motivo che il termine di preavviso dovrà essere congruo anche al fine di escludere che lo stesso possa essere invocato dal committente quale causa di grave inadempimento o per giustificare il mancato rinnovo del contratto».

131 A. PISU, L'adeguamento, cit., p. 184, la quale, secondo un indirizzo peraltro molto diffuso, ritiene che, anche in assenza dell'art. 6, le clausole attributive dello ius variandi a vantaggio della parte più forte avrebbero potuto essere sanzionate in virtù del divieto di abuso di dipendenza economica.

Infatti, all'art. 9, terzo comma, della legge, si prevede la nullità del patto attraverso il quale si realizza l'abuso di dipendenza economica. Contra A. SCARPELLO, La modifica, cit. p. 295, il quale afferma che

«[...] la ratio del divieto [...] non sembra ispirata alla logica degli interventi normativi di tutela della parte debole del rapporto», ma ritiene che il Legislatore abbia voluto rafforzare il principio di cui all'art. 1372 c.c. al fine di salvaguardare le esigenze di affidamento delle parti circa la stabilità del contenuto contrattuale.

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45 situazione in cui il potere venga riconosciuto al fornitore132; per questo motivo, dunque, il Legislatore non si è preoccupato di specificare quale sia il soggetto che si riserva il ius variandi. In ogni caso, stante l'ampiezza della formula impiegata, il divieto si applicherà indistintamente, anche in quei casi, meno frequenti, in cui sia il fornitore ad avere una maggiore forza contrattuale133.

Quanto alla seconda parte della disposizione, quella relativa al diritto del committente di precisare le condizioni della fornitura, è meno pacifico che il Legislatore abbia voluto fare riferimento ad una fattispecie autenticamente unilaterale.

Potrebbe innanzitutto sostenersi che si è comunque di fronte a un'ipotesi tipica di ius variandi, in cui, alla stregua di quanto visto per lo ius variandi bancario, per l'attribuzione del potere è necessaria una previsione pattizia e, inoltre, il potere viene circoscritto entro un perimetro ben preciso. Le parti dovranno infatti mettersi d'accordo per stabilire quale preavviso vada rispettato, le soglie quantitative entro cui potrà oscillare la richiesta del committente, i tempi dell'esecuzione, altri termini e limiti134.

Tuttavia, potrebbe anche ritenersi che l'analiticità che si richiede alla pattuizione non consenta di individuare un potere di modifica unilaterale del contratto135, ma che si sia innanzi a una vicenda comunque consensuale, predeterminando committente e fornitore entro quali limiti sia possibile per il primo andare a precisare i termini del rapporto. Inoltre, a suffragio di questa ricostruzione, si potrebbe invocare anche littera legis, che discorre di precisazione e non di autentica modifica del contratto.

La ricostruzione di questa fattispecie in un modo piuttosto che nell'altro non è indifferente per le parti del rapporto di subfornitura. Di certo il fornitore si trova in una posizione di debolezza, che la legge n. 192/1998 intende nel suo complesso

132 M. GAMBINI, Fondamento, cit., p. 115.

133 G.IORIO, Le clausole, cit., p. 88.

134 G. IORIO, Le clausole, cit., p. 89, il quale classifica questa fattispecie nella categoria delle ipotesi di ius variandi a discrezionalità attenuata; M. GAMBINI, Fondamento, cit., p. 115.

135 R. NATOLI, Contratti di subfornitura, cit., p. 370: «[c]on questa disposizione la legge disciplina pertanto un fenomeno non riconducibile allo jus variandi in senso stretto. In questa fattispecie non v’è tecnicamente alcuna modificazione unilaterale del contenuto del contratto (quadro); v’è, invece, mera attuazione dello stesso, secondo i canoni comportamentali concordati tra le parti». In tal senso pure A.

PISU, L'adeguamento, cit., p. 184, la quale ritiene che si sia semplicemente di fronte a un potere di specificazione, connaturale a un certo tipo di obbligazioni, tra le quali sono ricomprese quelle che nascono da rapporti di subornitura; A. SCARPELLO, La modifica, cit. p. 293.

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46 tutelare. Tuttavia, non pare potersi trascurare che in questi rapporti il committente è ontologicamente portatore di un bisogno di elasticità. La lettura nel senso che si sia di fronte ad un'autentica ipotesi di ius variandi vuole essere funzionale all'adeguata considerazione di questa esigenza del committente, senza che peraltro si scada in un aggravamento della condizione del fornitore, visti i limiti stringenti che sono posti.

Quello che però si ritiene manchi per poter aderire a tale ricostruzione è proprio la modifica del contratto. Analogamente a quanto già visto a proposito dei rapporti di somministrazione, nel caso in esame si è di fronte a un oggetto del contratto che nasce meramente determinabile e che appunto la norma in esame regola come determinare, dovendosi in definitiva escludere che si tratti di un potere unilaterale di modifica del contratto136.

Ciò posto, si tratta di indagare se questa fattispecie sia lacunosa per non riconoscere al fornitore il diritto all'adeguamento del prezzo nel caso in cui riceva da parte del committente delle precisazioni sulle condizioni del rapporto (ad esempio sui quantitativi da produrre), così come invece previsto da altre discipline, per tutte si veda quella relativa all'appalto.

A prima vista potrebbe venire in rilievo l'art. 3, quinto comma, della legge, il quale prevede che «ove vengano apportate, nel corso dell'esecuzione del rapporto, su richiesta del committente, significative modifiche e varianti che comportino comunque incrementi dei costi, il subfornitore avrà diritto ad un adeguamento del prezzo anche se non esplicitamente previsto dal contratto»137. Tuttavia, si ritiene che vi siano dei validi argomenti per escludere che la riferita norma si applichi ove il committente precisi i contenuti nel rapporto in conformità a quanto previsto dall'art.

6, primo comma, seconda parte, della legge.

Innanzitutto, si osserva che l'art. 3, quinto comma, si riferisce al caso in cui le modifiche o le varianti siano significative, mentre, come si è visto, nella fattispecie di cui all'art. 6 non parrebbero rientrare variazioni di notevoli entità, non a caso il Legislatore discute di un diritto di precisare e non di modificare i termini del

136 A. SCARPELLO, La modifica, cit., p. 293, evidenzia il rapporto con l'art. 1560, secondo comma, c.c., in tema di somministrazione.

137 M. GAMBINI, Fondamento, cit., p. 116 in nota.

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47 rapporto. Conseguentemente, deve ritenersi che nell'ipotesi di cui all'art. 3, quinto comma, si è di fronte a una modificazione consensuale del contratto138.

Pur ritenendosi di non poter applicare l'art. 3, quinto comma, della legge, per ricavare il diritto del subfornitore all'adeguamento del prezzo nei casi di variazioni impostegli dal committente in conformità a quanto consentito dall'art. 6, si è convinti che sia meritevole l'interesse del primo a una rideterminazione del prezzo, soprattutto a fronte di variazioni quantitative dell'oggetto del contratto. Pare infatti irragionevole che il committente si arricchisca a spese del subfornitore. Senza trascurare poi che, sì le variazioni unilaterali sono consentite entro margini ben circoscritti, ma in operazioni di un certo peso economico la variazione potrebbe avere comunque un valore cospicuo. Dunque, al fine di prevenire il contenzioso su questo aspetto, sarà opportuno che le parti, nella regolamentazione pattizia, prevedano espressamente l’adeguamento del prezzo139.

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