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Il problema dell'ammissibilità di uno ius variandi ad efficacia estintiva e ad efficacia estintivo-costitutiva

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85 dei contraenti, andrà riferita ai contratti da concludersi in futuro, il cui contenuto potrà essere modificato ex uno latere. Questi contratti, dunque, consentiranno ad una delle parti lo ius variandi, ma la sua fonte va ravvisata nel contratto normativo228.

6. Il problema dell'ammissibilità di uno ius variandi ad efficacia estintiva e ad

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86 sono mancati autori che hanno negato che la vicenda possa assurgere a vero e proprio concetto giuridico230.

A prescindere da come la si pensi sul punto, deve prendersi atto che, quando il giurista discorre di vicenda, sia che le riconosca dignità di autonoma categoria giuridica, sia che ritenga diversamente, sta prendendo in considerazione un fenomeno giuridico nel suo dinamismo, ossia nel momento del passaggio da una data configurazione ad un’altra. Rapportando poi il termine al rapporto giuridico231, il giurista che discorre di vicenda del rapporto giuridico intende riferirsi ad uno dei suoi momenti, in quanto l’esistenza di un rapporto giuridico, al pari di quanto accade per la gran parte dei fenomeni giuridici, è scandita da fasi, alcune delle quali sono sempre ricorrenti, altre, invece, sono una mera eventualità.

La prima in ordine logico delle vicende del rapporto giuridico è quella costitutiva;

essa, al pari di quella estintiva, non può che interessare il rapporto nella sua interezza e si potrà dire che ricorra – almeno da un punto di vista assiologico o comunque strettamente giuridico – quando, dati due istanti successivi di tempo, «nel primo istante il rapporto non esiste e nel secondo esiste»232. Poi, in concreto, risulta evidente che in pochi casi la vicenda sarà autenticamente costitutiva, in quanto essa in genere si trova ad operare su di un qualcosa che già c’è nel mondo fenomenico ed ha già una sua qualificazione giuridica233. Tuttavia, il quid pluris della vicenda costitutiva rispetto a quella modificativa risiede proprio nella circostanza che per l’ordinamento sorge una realtà che considera nuova.

La vicenda estintiva, invece, si presenta speculare e contraria a quella costitutiva234: il rapporto, dati due istanti successivi di tempo, «nel primo istante il

230 Ad esempio M. GAMBINI, Fondamento, cit., p. 13, pur non arrivando a questa posizione estrema, ritiene che occorra di volta in volta specificare quale nozione di vicenda giuridica si sia inteso accogliere.

231 In proposito si veda P. STANZIONE, Voce Rapporto giuridico, II, diritto civile, in Enc. giur., XXV, Roma, 1991, pp. 1 ss.

232 M. ALLARA, La teoria, cit., p. 11.

233 Osserva P. PERLINGIERI, Il fenomeno dell’estinzione nelle obbligazioni, Napoli, 1972, p. 30, un contratto «in tanto fa nascere un’obbligazione, in quanto opera sopra una complessa situazione i cui elementi sono già qualificati dal diritto: tali, due persone capaci di obbligarsi, un oggetto idoneo a costituire materia di obbligazione […]».

234 Se, almeno normalmente, alla vicenda estintiva si accompagna la perdita del diritto, non sempre accade il contrario e cioè che la perdita del diritto determini una vicenda estintiva. Si pensi, ad esempio, a un contratto traslativo, in cui si assiste sì ad una perdita, ma il rapporto non si consuma,

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87 rapporto esiste e nel secondo non esiste»235. Per l’ordinamento, dunque, una realtà giuridica cessa di avere vita.

Nel mezzo tra la vicenda costitutiva e quella estintiva si viene a collocare la vicenda modificativa. A volerla definire, si può affermare che ricorre una vicenda modificativa nel momento in cui «il rapporto continua a sussistere, ma con elementi mutati»236. Dunque, si tratta di una vicenda che incide su un rapporto esistente, ma non lo elide, al pari di quella estintiva, bensì lo trasforma, facendogli assumere una nuova veste giuridica237.

Delle tre vicende descritte, la modificativa è quella che più crea dubbi e accende dibattiti in dottrina. La ragione di ciò può essere facilmente intesa. Se costituzione ed estinzione sono due vicende che devono necessariamente ricorrere in un fenomeno giuridico, la modificazione è meramente eventuale. Dunque, il primo ordine di problemi è quello di capire quando essa possa configurarsi. Una volta compreso questo, si deve prendere atto che le modificazioni a cui può andare incontro una situazione o un rapporto nel corso della sua vita possono presentarsi in maniera davvero variegata. Ne deriva un secondo problema, quello di ricondurre ad unità quell’insieme molto ricco di casi che si presenta all’interprete oppure, seguendo un altro approccio, abdicare a ciò, ritenendo che la vicenda modificativa sia una categoria residuale nella quale confluiscono una serie indefinita di fattispecie238.

In realtà, il primo approccio appare preferibile e la riconduzione ad unità della moltitudine di fattispecie inquadrabili nella categoria della vicenda modificativa pare possibile ricorrendo a dei dati normativi che, per quanto non pacifici, sono a disposizione dell’interprete239.

Il primo riferimento normativo a venire in rilievo è l’art. 1321 c.c., nella parte in cui allude alla possibile funzione del contratto di regolare un rapporto giuridico

bensì continua con un altro soggetto. Ma lo stesso potrebbe dirsi per un’ipotesi di acquisto originario quale l’usucapione, in cui sì un soggetto perde un diritto, ma ne nasce uno nuovo corrispondente in capo ad un altro soggetto. Per un approfondimento si rinvia al contributo di M. FIORETTI, Voce Perdita ed estinzione dei diritti, in Nuovo dig. it., IX, Torino, 1939, pp. 818 ss.

235 M. ALLARA, La teoria, cit., p. 12.

236 M. ALLARA, La teoria, cit., p. 12.

237 Come osserva M. GAMBINI, Fondamento, cit., p. 25, la vicenda modificativa è allo stesso tempo un fenomeno di permanenza e di trasformazione.

238 P. STANZIONE, Voce Rapporto giuridico, cit., p. 17.

239 In ciò si segue l’insegnamento di P. STANZIONE, Voce Rapporto giuridico, cit., p. 17. Vedasi pure M. ALLARA, La teoria, cit., p. 25.

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88 patrimoniale. Tale norma è importante in quanto sancisce innanzitutto la legittimità dei negozi che realizzano vicende modificative. Si ritiene preferibile dare una lettura ampia di tale disposizione, nel senso che essa riconoscerebbe tanto i cd. negozi modificativi in senso stretto, i.e. quelli che incidono sulla struttura di un rapporto giuridico andandolo a modificare, quanto i cd. negozi regolamentari, che non incidono sulla struttura, ma soltanto sulla regolamentazione del rapporto, quindi sul suo contenuto240.

Tuttavia, a poter venire in rilievo per legittimare la vicenda modificativa così come definita ci sono pure l’art. 2908 c.c. in tema di efficacia costitutiva delle sentenze, in cui si ricollega espressamente alle sentenze anche un possibile effetto modificativo di rapporti giuridici, nonché l’art. 1965 c.c., in tema di transazione, che abilita tale tipo contrattuale, tra le altre cose, anche alla realizzazione di vicende modificative.

Fatte queste premesse, è possibile entrare nel merito del primo problema posto in apertura del paragrafo e cioè quello della compatibilità tra potere di modifica unilaterale del contratto di fonte pattizia e, da una parte, effetto estintivo, dall’altra effetto estintivo-costitutivo. Si ritiene che debba escludersi che possa essere causalmente compatibile con lo ius variandi una pattuizione la quale attribuisca ad una delle parti un potere estintivo ed eventualmente e contestualmente costitutivo di un nuovo rapporto giuridico, dal momento che, come regola generale, la legge ricollega tali effetti a negozi bilaterali241.

Ciò pare confermato dall'art. 1372 c.c., per il quale lo scioglimento del contratto è possibile di regola mediante un nuovo accordo, denominato mutuo dissenso242, essendo eccezionali le ipotesi di scioglimento unilaterale del rapporto; risulta anche dalla disciplina della novazione ed in particolare dall’art. 1230, primo comma, c.c,

240 Ritiene che la norma in esame non si indispensabile M. GAMBINI, Fondamento, cit., p. 29, la quale osserva: «[d]el resto, anche in mancanza di siffatta previsione testuale, la questione dovrebbe risolversi nel senso dell’ammissibilità dei negozi modificativi della disciplina del rapporto, ogni qual volta l’analisi dei casi concreti evidenzi interessi meritevoli di tutela che giustifichino un simile accordo modificativo. Come negare, infatti, all’autonomia privata il potere di decidere in tal senso della propria sfera giuridica personale e patrimoniale, purché in modo conforme ai principi fondamentali della carta costituzionale, riassumibili nelle formule dell’utilità e solidarietà sociale (art.

1322 c.c.)».

241 È la tesi di G.IORIO, Le clausole, cit., p. 18.

242 Sul quale si rinvia al fondamentale A. LUMINOSO, Il mutuo dissenso, Milano, 1980.

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89 infatti se si intende estinguere un'obbligazione mediante novazione è necessario che le parti si accordino per la sua sostituzione con una nuova dall'oggetto o dal titolo diverso243.

Quanto riferito conosce una deroga limitatamente all'effetto estintivo, per il quale l'ordinamento prevede un'ipotesi in cui esso si ricollega ad un semplice atto unilaterale. Si allude all'istituto del recesso, che consente alla parte a cui è riconosciuto di sciogliersi dal vincolo contrattuale mediante un'iniziativa unilaterale.

Per questa ragione, non sono mancate teorie che hanno corroborato la ricostruzione di un potere unilaterale di modifica del contratto pattizio ed atipico tra le altre cose richiamando il recesso pattizio, di cui all'art. 1373 c.c.244. D'altronde il recesso condivide la natura dello ius variandi, che, come si è tentato di dimostrare, è quella di diritto potestativo.

Tuttavia, si comprenderà facilmente l'abissale lontananza tra i due diritti potestativi in questione: se dal primo scaturisce un effetto estintivo del rapporto, il secondo produce invece un effetto modificativo. Da un punto di vista concreto, poi, non pare peregrino affermare che in molti casi ad essere più temuto sarà proprio lo ius variandi, in quanto la continuazione di un rapporto unilateralmente modificato potrebbe risultare più afflittiva dello scioglimento del vincolo.

Dunque, se l'effetto estintivo può essere nella disponibilità del singolo contraente, come dimostra l'istituto del recesso, resta da indagare se si possano ricavare margini di ammissibilità di un effetto estintivo-costitutivo del pari rimesso a valutazioni di una sola parte.

Si potrebbe argomentare muovendo dal carattere dispositivo della disciplina del recesso fino a sostenere che le parti, nella loro autonomia privata, potrebbero arrivare a riconoscere a una di esse un potere creativo di un nuovo rapporto giuridico.

Tuttavia, a far preferire una soluzione di segno negativo245 sono ragioni di ordine sistematico e, segnatamente, il principio di intangibilità della sfera giuridica del

243 Cass. 19 aprile 1995, n. 4363, in Mass. Giur. It., 1995, afferma: «[l]a novazione quale modo di estinzione dell'obbligazione diverso dall'adempimento implica la imprescindibile necessità che all'accordo novativo intervengano tutti i soggetti del rapporto che si intende modificare, non potendo alcuna modificazione verificarsi senza il concorso dell'animus novandi degli autori del negozio originario.».

244 Vedasi G.IORIO, Le clausole, cit., p. 6 in nota.

245 G.IORIO, Le clausole, cit., p. 21.

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90 privato in assenza di una sua volontà. Non a caso, secondo una lettura fedele al dato normativo rappresentato dall'art. 1987 c.c., ancora oggi sostenuta da autorevole dottrina246, la promessa unilaterale è fonte di obbligazioni soltanto nei casi ammessi dalla legge247.

Nemmeno potrebbero soccorrere le letture più moderne dell'art. 1987 c.c., volte a ridimensionare l’idea dell’esclusività dell’accordo come strumento generale di esplicazione dell’autonomia privata248. Come noto, infatti, autorevole dottrina ha sostenuto che il limite della tipicità deve cedere nel momento in cui l'atto unilaterale atipico produce un effetto vantaggioso per un altro soggetto. In questo caso ricorrerebbe quella meritevolezza richiesta dell'art. 1322 c.c. per un valido dispiegarsi dell'autonomia privata. Tuttavia, condizione per la legittimità di un atto unilaterale atipico non sarebbe soltanto la sua vantaggiosità per colui che non è chiamato ad esprimere una volontà costitutiva del rapporto obbligatorio, ma anche il riconoscimento a quest'ultimo del potere di impedire la modificazione della sua sfera giuridica attraverso un atto di rifiuto, secondo uno schema che trova conferma normativa nell'art. 1333 c.c., ma anche nell'art. 1411 c.c.

Proprio quest'ultima considerazione induce a escludere l'idoneità dello ius variandi alla produzione di un effetto estintivo-costitutivo. Anche qualora l'effetto

246 Tra i tanti si segnalano quelli di: F. GALGANO, Gli atti unilaterali e i titoli di credito. I fatti illeciti e gli altri fatti fonte di obbligazioni. La tutela del credito. L'impresa., in Trattato di diritto civile, III, Padova, 2010, p. 13: «[l]a lettura tradizionale dell'art. 1987 è, a mio giudizio, da condividere». Per un approfondimento si vedano: G. FERRI, Autonomia privata e promesse unilaterali, in Studi per Betti, V, Milano, 1962, pp. 127 ss.; A. DI MAJO, Voce Promessa unilaterale, in Enc dir., XXXVII, Milano, 1988, pp. 33 ss.; C. DONISI, Voce Atti unilaterali (Diritto civile), in Enc. giur., III, Roma, 1988, pp. 3 ss.; C.A. GRAZIANI, Voce Promessa di pagamento e ricognizione di debito, in Enc.

giur., XXIV, Roma, 1991, pp. 3 ss.; N. IRTI, Per una lettura dell'art. 1324 c.c., in Riv. dir. civ., 1994, pp. 559 ss.; A. D'ANGELO, Voce Promesse unilaterali, in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, 1997, pp.

420 ss.

247 A. D'ANGELO, Voce Promesse, cit., pp. 420 ss.: «[i]l problema della sufficienza o meno alla produzione dell'effetto obbligatorio-unilaterale della dichiarazione di volontà della sola parte che si obbliga si connette alla valutazione da parte dell'ordinamento dell'esigenza di proteggere la sovranità dell'individuo sulla propria sfera giuridica. La qualificazione in senso «formale» del principio della sovranità individuale sulla propria sfera giuridica esprime efficacemente l'idea che esso prescinde non solo dalla considerazione in concreto degli interessi del soggetto, ma anche da una valutazione in astratto della natura vantaggiosa o svantaggiosa della modificazione impressa alla sua sfera dall'atto altrui e che, conseguentemente, esso salvaguardi non già, appunto, un interesse, ma un astratto valore di sovranità individuale.».

248 Vedasi ad esempio: C. DONISI, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, Napoli, 1972; G.

BENEDETTI, Il diritto comune dei contratti e degli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale, Napoli, 1997.

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91 costitutivo si rivelasse vantaggioso per la controparte, non vi sarebbe la possibilità di rifiutarlo, con la conseguenza che la controparte si troverebbe vincolata in un rapporto dal contenuto che non ha predeterminato nemmeno genericamente. Quindi, in definitiva, se pure volesse ammettersi, valorizzando le norme sul recesso, che tramite il potere di modifica unilaterale del contratto si possa far cessare un rapporto giuridico, si ritiene che mai si potrebbe affermare che si possa unilateralmente pervenire alla costituzione di un nuovo rapporto. Ad ostarvi l'impossibilità per la controparte di svincolarsi dal nuovo rapporto tramite l'esercizio facoltà di rifiuto, che integrerebbe un'inammissibile lesione del principio della relatività delle sfere giuridiche249.

A sostegno di questa ricostruzione si adduce un'altra considerazione di ordine logico. Come si vedrà in seguito, negli ultimi anni, tramite la valorizzazione del canone della buona fede, si sono ricavate regole ermeneutiche che perimetrano la clausola attributiva del potere, nonché i suoi atti di esercizio, a dimostrazione della sensibilità dell'ordinamento e degli interpreti verso forme di salvaguardia della controparte che subisce lo ius variandi. Sarebbe illogico, a fronte di una tale tendenza nella ricostruzione dell'istituto, ampliarne gli effetti, fino ad ammetterne quelli costitutivi, vincolando così la parte ad un nuovo rapporto senza alcuna possibilità di reazione.

7. L'ampiezza dell'effetto modificativo dipendente da un atto di ius variandi

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