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Lo Statuto delle operazioni sotto copertura

Nel documento LE INDAGINI SOTTO COPERTURA (pagine 36-41)

L’art. 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, ha effettuato la razionalizzazione delle scriminanti speciali riferite allo specifico settore dell’attività undercover, ponendo fine così alla proliferazione di decreti legge che per oltre quindici anni avevano costituito il riferimento normativo delle attività de quibus116. Questa norma risponde all’esigenza di dare esecuzione e attuazione all’art. 20 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata trasnazionale (CTOC) che prevede

115 C. MOTTA, I poteri, cit., 11; D. MANCINI, Le attività “sotto copertura”: margini di utilizzabilità delle prove e contrasti giurisprudenziali, in www.filodiritto.com.

116 Cfr. M. ZAMPELLI, L’agente sotto copertura, Roma, 2003, 1; A. CISTERNA, Attività sotto copertura, arriva lo statuto, in Guida dir., 2006, n. 17, 78;

esplicitamente per ciascuno Stato l’obbligo di adottare “le misure necessarie a consentire l’appropriato impiego della consegna controllata e, laddove ritenuto opportuno, l’impiego di altre tecniche speciali di investigazione, quali la sorveglianza elettronica o di altro tipo e le operazioni sotto copertura da parte delle autorità competenti sul suo territorio allo scopo di combattere efficacemente la criminalità organizzata”, purché, naturalmente, queste siano non contrarie ai princìpi fondamentali dell’ordinamento giuridico nazionale e “nella misura delle proprie possibilità e alle condizioni stabilite dal proprio diritto interno”.

Nel testo della convenzione quindi, non a caso, le consegne controllate e le operazioni sotto copertura sono annoverate fra le special investigative techniques (SIT) per le quali, essendosi consolidato in ambito internazionale un vero e proprio

momentum, “si rendeva particolarmente cogente la necessità di disporre di un diritto

interno il più possibile uniforme”117. Sotto un profilo sistematico queste tecniche di investigazione speciale, in considerazione della loro eterogeneità, non si prestano ad una classificazione generale, ciò nonostante, pur con estrema approssimazione, basandosi sui dati normativi anche interni, si possono suddistinguere in due categorie118. La prima è formata da tutte le omissioni o ritardi di atti d’ufficio da parte dei soggetti incaricati dell’indagine, tra le quali rientrano sicuramente le consegne controllate e il differimento dei provvedimenti di cattura o sequestro119. Si tratta di tecniche di investigazione che si caratterizzano per la loro natura “passiva”, in quanto sostanzialmente fondate sul monitoraggio in tempo reale dell’attività criminosa in corso di esecuzione, sia per mezzo del cosiddetto agente infiltrato, sia per mezzo degli altri strumenti di intelligence nella disponibilità degli investigatori120.

Alla seconda categoria appartengono le tecniche di investigazione undercover definibili come “attive” perché finalizzate all’acquisizione di elementi di prova raccolti nell’immediatezza del fatto o nel momento in cui l’attività criminosa è in corso di esecuzione, generalmente avvalendosi di un agente provocatore.

Una volta distinte le SIT in due macrocategorie, preso atto dell’indubbio valore sistematico dell’art. 9 legge 146/06, resta da chiedersi se, ed quali termini, questa

117 R. BARBERINI, Entrata in vigore della convenzione contro il crimine organizzato e disegno di legge di ratifica, in Cass. pen., 2003, 3264;

118 Per questo tipo di classificazione delle SIT vedi F. GANDINI, Lotta alla criminalità organizzata, le operazioni sotto copertura, in Dir. giust., 2006, 32.

119 Per una analisi delle nuove frontiere dell’assistenza giudiziaria in materia penale vedi M.R. MARCHETTI, L’assistenza giudiziaria internazionale, Milano, 2005.

disposizione sia realmente riuscita a dare attuazione alle direttive contenute nella Convenzione di Palermo. Va primariamente considerato che nel nostro ordinamento, non essendo certamente assenti norme che consentono lo svolgimento di operazioni sotto copertura o consegne controllate, non rientrava certamente fra i fini del legislatore introdurre ex novo una normativa disciplinante le SIT nel diritto interno.

L’intervento normativo avrebbe assolto alla funzione cui era preordinato qualora avesse esteso la possibilità di fruire di queste speciali tecniche di investigazione nei procedimenti relativi ai reati specificamente previsti dalla CTOC: ci si intende riferire al riciclaggio, la corruzione o, più in generale, i cosiddetti seriuos crimes, definiti dall’art. 2 della CTOC ed all’art 3 della legge di ratifica come i reati commessi con il coinvolgimento di un gruppo criminale organizzato per i quali sia prevista una pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni.

La portata della legge di ratifica, al contrario, risulta particolarmente limitata dalla mancata previsione della possibilità di utilizzare le SIT al fine di contrastare i fenomeni associativi in sé considerati, all’infuori dei casi nei quali questi gruppi criminali svolgano attività di narcotraffico, riciclaggio, tratta di persone e riduzione in schiavitù, ovvero si apprestino a compiere attentati di tipo terroristico. Questa svista legislativa risulta ancor più grave in un ordinamento come il nostro nel quale, a differenza di altri ordinamenti continentali, vi sono norme volte proprio a sanzionare direttamente i reati di tipo associativo (artt. 416, 416-bis, 270 e 270-bis c.p.). In particolare, in questa occasione si è persa la possibilità di colmare una grande lacuna del nostro sistema, consistente appunto nell’assenza di una norma che permetta di svolgere attività sotto copertura per il perseguimento di reati di criminalità organizzata interna e trasnazionale, salvo che si indaghi per determinate fattispecie delittuose commesse dal gruppo criminale. In definitiva, si può sostenere che per quanto concerne le tecniche di investigazione speciale la Convenzione ONU di Palermo non ha avuto nel nostro ordinamento una concreta attuazione, risultando impossibile per l’autorità giudiziaria chiamata a dar seguito ad una richiesta di assistenza giudiziaria implicante l’utilizzo delle SIT, avvalersi dei mezzi investigativi de quibus in procedimenti per i quali l’utilizzo dell’attività sotto copertura non è consentito neppure per i reati commessi all’interno del territorio dello Stato.

E’ chiaro quindi come il legislatore abbia utilizzato la legge di ratifica non per introdurre nuove ipotesi di attività sotto copertura, ma esclusivamente per riportare

ordine in una disciplina che si articolava in una pluralità di norme. Tuttavia, questa

reductio ad unum, pur avendo realizzato un apprezzabile risultato sistematico, ha

comunque omesso di abrogare una serie di leggi che continuano perciò a disciplinare le attività sotto copertura relative a determinati reati.

Nel dettaglio risultano escluse dall’abrogazione, e quindi disciplinate autonomamente, le attività undercover in materia di stupefacenti (artt. 97 e 98 TULS), di pedopornografia (art. 14 l. 269/98 del quale è stato abrogato il solo comma 4) nonché di sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 7 comma 3 d.l. n. 8 del 1991).

Con esclusione di tali fattispecie, tutte le operazioni sotto copertura previste nel nostro ordinamento sono regolate dall’art. 9 della legge 146/06, dunque è ora possibile elencare quali sono le ipotesi tassative di reato per le quali il legislatore ha consentito lo svolgimento di attività simulate:

- riciclaggio ed impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita (artt. 648-bis e 648-ter c.p.);

- delitti contro la libertà personale previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I del codice penale121;

- delitti concernenti armi, munizioni ed esplosivi;

- immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione di clandestini (art. 12 commi 3, 3-bis, 3-ter, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286)

- sfruttamento ed induzione alla prostituzione (art. 3 l. 20 febbraio 1958, n. 75) - delitti commessi con finalità di terrorismo;

- estorsione ed usura (artt. 629 e 644), per i quali è prevista esclusivamente la possibilità per gli ufficiali di polizia giudiziaria di omettere o ritardare atti di propria competenza dandone immediato avviso al pubblico ministero;

- traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

In conclusione occorre segnalare come, in riferimento ai reati per i quali è possibile ritardare od omettere atti dell’ufficio, l’art. 4 del d.l. 374/06 abbia esteso la disposizione dell’art. 10 d.l. 419/1991 anche ai reati previsti dall’art. 407 comma 2 lett. a) c.p.p. Tale disposizione è stata espressamente sostituita dall’art. 9 l. 146/06 senza che venisse riproposta la possibilità per tali reati di omettere o ritardare gli atti

121 Per ciò che riguarda i reati di cui agli artt. 600-bis comma primo, 600-ter commi primo, secondo e terzo, 600-quinquies c.p., come si vedrà meglio in seguito, si ha una sovrapposizione di discipline peraltro non uniformi in quanto le operazioni sotto copertura risultano regolate sia dall’art. 14 legge 269/1998 sia dall’art. 9 legge 146/2006.

improrogabili. Facendo un confronto fra i reati per quali questa opportunità è stata nominalmente riprodotta e quelli contenuti nell’art. 407 comma 2 lett. a), ne consegue l’impossibilità di avvalersi di tale strumento investigativo, fra gli altri, per i delitti commessi con finalità di eversione dell’ordinamento costituzionale, di partecipazione sovversiva e di banda armata.

Trattandosi di reati particolarmente gravi sembra potersi escludere che tale lacuna sia il frutto di una precisa scelta di politica criminale, ma appare più probabile una semplice – ancorché nociva – svista122.

Nel documento LE INDAGINI SOTTO COPERTURA (pagine 36-41)