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Una particolare ipotesi di operazioni controllate: il pagamento “simulato” del riscatto nel sequestro di persona

Nel documento LE INDAGINI SOTTO COPERTURA (pagine 64-70)

CAP. III

1. Una particolare ipotesi di operazioni controllate: il pagamento “simulato” del riscatto nel sequestro di persona

L’art. 7 d.l. 15 gennaio 1991, n. 8 introduce nel nostro ordinamento uno strumento di intelligence non convenzionale dotato di caratteristiche non rinvenibili nella disciplina delle altre operazioni undercover. La ratio della disposizione è resa esplicita dalla norma nel primo comma dell’art. 7, nel punto in cui indica il fine dell’operazione nella necessità di “acquisire rilevanti elementi probatori, ovvero per l’individuazione o la cattura dei responsabili del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione”. Le due condizioni parrebbero evidentemente alternative, anche se, secondo alcuni, gli elementi da acquisire – siano essi “probatoriamente rilevanti”, ovvero utilizzabili per la cattura degli autori dei delitti di sequestro di persona a scopo di estorsione – non sembrano dover avere una valenza probatoria diretta in ordine al

suddetto reato, oppure ai suoi autori 181. Tuttavia, la dizione letterale del primo comma dell’art. 7 configura la materia de qua in modo del tutto eccezionale e, come tale, sottoposta ad un’interpretazione restrittiva. Non solo quindi l’operazione potrà essere autorizzata per il solo fine di ricercare elementi probatori “rilevanti” o per la cattura dei responsabili del delitto, ma il termine “necessario” utilizzato dal legislatore induce a ritenere che i casi nei quali si possano intraprendere operazioni controllate di pagamento del riscatto debbano essere limitati a quelle situazioni di fatto in cui non si può raggiungere il medesimo risultato investigativo con metodi meno rischiosi. Come dire che la “necessità” di acquisire elementi pare escludere il ricorso ad “operazioni controllate”, rispetto ad altri metodi investigativi tradizionali, “allorché si ravvisi una mera ‘utilità’ in ordine all’acquisizione di tali elementi”, ma al contempo consente “la procedura anche quando quest’ultima non sia ‘assolutamente indispensabile’, ovvero priva di possibili alternative investigative”182

Pur nell’ottica di una visione tassativa delle ipotesi disciplinate dalla norma, occorre sopperire alla macroscopica “dimenticanza” del legislatore, nel punto in cui, fra i fini ultimi cui deve tendere l’operazione, non ha previsto la possibilità che – pur non riuscendo a raccogliere rilevanti elementi probatori, ovvero a catturare i sequestratori – la consegna controllata possa permettere la liberazione dell’ostaggio. E’ evidente che la protezione del bene giuridico protetto dalla norma – in questa precisa fattispecie avente ad oggetto la libertà e l’integrità fisica del sequestrato –, in un reato c.d. permanente deve essere inteso come il primo e fondamentale risultato investigativo da perseguire.

La disciplina, in realtà, appare eccessivamente concisa anche sotto altri profili, sicché quanto alla definizione di “operazione controllata di pagamento del riscatto” – ma anche per comprendere alcuni aspetti non del tutto chiari della norma – è opportuno rifarsi alla relazione al d.d.l. 5375 per la conversione del decreto in esame secondo il quale “al fine di evitare che il provvedimento di sequestro dei beni possa compromettere, contrariamente allo scopo per il quale è stato disposto, il risultato dell’azione investigativa, ed al contempo innescare iniziative autonome dei familiari

181 Cfr. D. MANZIONE, Sub art. 7 d.l. 15/1/1991 n. 8, in LP, 1992, 668; adde, M. GARAVELLI – G. CASELLI, L’attività antidroga della polizia giudiziaria, Torino, 1991, 65, in cui si sostiene che, in relazione al disposto del d.p.r. 309/1990, “ i rilevanti elementi probatori devono riguardare delitti connessi al traffico della droga, ma non è necessario che si tratti di delitti gravi, perché la norma richiede solo un certo spessore della prova qualsiasi sia l’entità del reato; mentre a proposito della “individuazione o della cattura” dei presumibili autori del reato si sostiene che “deve trattarsi di soggetti diversi da quelli il arresto può essere ritardato, e che servono come anello per risalire la catena illecita.

della vittima, mossi, comprensibilmente, dal coinvolgimento umano ed affettivo nella vicenda, l’art. 7 del decreto prevede che il pubblico ministero, pur se adottato il sequestro dei beni, possa tuttavia autorizzare la disposizione degli stessi e del denaro già sottoposti a vincolo per eseguire operazioni controllate di pagamento del riscatto allo scopo di pervenire all’individuazione ed alla cattura dei sequestratori […]. La disposizione di cui sopra risponde alla finalità ispiratrice del provvedimento di convogliare ogni iniziativa volta alla liberazione dell’ostaggio o ad assicurare alla giustizia gli autori del delitto, nell’alveo della strategia investigativa decisa dall’autorità giudiziaria procedente”183.

Attraverso, quindi, una ricostruzione eziologica l’espressione “operazione controllata di pagamento del riscatto” dovrebbe essere intesa nel senso di rappresentare quell’operazione complessa, preventivamente determinata dall’autorità giudiziaria, tramite la quale si svolge un pagamento “simulato” del riscatto richiesto dai rapitori. Così, pur dovendosi sottolineare come la normativa in esame va a costituire quell’insieme di leggi che autorizzano nel nostro ordinamento lo svolgimento di indagini eccezionali – genericamente definite “operazioni sotto copertura” –, occorre precisare che essa presenta alcuni aspetti del tutto peculiari rispetto alle altre disposizioni simili disciplinate nel nostro ordinamento. E’ previsto, infatti, che l’operazione controllata di pagamento del riscatto sia autorizzata dal giudice per le indagini preliminari con decreto motivato su richiesta del pubblico ministero184. La norma nell’imporre a quest’ultimo l’indicazione delle modalità con cui intende procedere, sembra introdurre quella duplicazione di decreti – uno di carattere autorizzatorio l’altro volto a regolamentare l’operazione – imposto dal legislatore in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni. Pur mancando, pertanto, l’indicazione dell’atto con cui il pubblico ministero presenta la richiesta, l’obbligo di motivazione in ordine alle modalità di esecuzione dell’operazione, fa propendere verso un atto tipico quale il decreto motivato.

Si tratta dell’unica norma in materia che impone una garanzia giurisdizionale rafforzata, probabilmente dovuta alla necessità di proteggere, in questa fattispecie, non solo l’incolumità degli agenti di polizia giudiziaria impegnati nell’operazione, ma anche

183 Rel. d.d.l. 5375, in Doc. giust., 1991, 3, 334.

184 Si tratterà naturalmente, considerata la fattispecie delittuosa, del pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia, così come il giudice per le indagini preliminari, a norma dell’art. 326 comma 1-bis, sarà un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto di Corte d’appello nel cui ambito ha sede il giudice competente.

la vita stessa del sequestrato. Ad ogni modo, occorre rilevare la mancanza di una disposizione che autorizzi il pubblico ministero, in caso di urgenza, ad intraprendere l’attività senza attendere l’autorizzazione del giudice. In questo caso, la scelta legislativa – che potrebbe comportare, in situazioni limite, ritardi determinanti il fallimento dell’operazione – sembra condizionata sia dalla mancanza, come si vedrà fra breve, della materiale disponibilità dei beni oggetto dell’attività investigativa da parte del pubblico ministero, sia dall’irrevocabilità degli effetti prodotti da un’incauta iniziativa intrapresa d’urgenza dallo stesso.

La norma nell’imporre al pubblico ministero la richiesta di autorizzazione al giudice non è affatto chiara quanto all’identificazione dei beni, denaro o altra utilità, che possono essere impiegati per l’operazione. In base alla Relazione al d.d.l. 5375, il pagamento controllato dovrebbe essere effettuato con le cose o il denaro già sottoposte al “blocco dei beni” di cui all’art. 1 d.l. 8/1991 secondo le modalità di esecuzione descritte nella richiesta del pubblico ministero185. Fermo restando che il “blocco dei beni” è quel provvedimento del giudice atto a comprimere la disponibilità delle cose, dei beni o di altre utilità appartenenti alla persona sequestrata, al coniuge e ai parenti e affini conviventi, la disponibilità degli stessi, tuttavia, resta vincolata alla titolarità dei medesimi, per cui deve ritenersi che, pur in assenza di un’espressa previsione legislativa, il consenso dei titolari dei beni all’operazione autorizzata di pagamento debba ritenersi implicito nella norma.

Si discute, inoltre, circa la possibilità di intraprendere l’operazione con beni diversi da quelli sottoposti a sequestro. Potrebbe, difatti, presentarsi la situazione in cui il provvedimento di “blocco dei beni” non sia stato pronunciato o, ancora, l’ipotesi deteriore in cui la famiglia del sequestrato non sia in grado di far fronte alla richiesta. Se per quanto attiene alla prima ipotesi, non sembrano esserci particolari difficoltà nel prevedere che i prossimi congiunti del sequestrato forniscano il denaro o altri beni per procedere all’operazione controllata di pagamento del riscatto – considerato peraltro che l’art. 7 d.l. 8/1991 indica genericamente beni o altre utilità senza fare cenno alcuno all’avvenuto “blocco” degli stessi – maggiori difficoltà crea l’eventualità che una simile operazione avvenga in mancanza di un patrimonio idoneo della famiglia del sottoposta a

185 Si discute se il decreto motivato emesso dal giudice rivesta natura sostanziale di provvedimento di “dissequestro” simmetrico all’opposta previsione del “blocco dei beni”; oppure se, a seguito dell’autorizzazione contenuta nel decreto motivato del giudice, si renda necessario un provvedimento del pubblico ministero che renda esecutivo quest’ultimo. Se il giudice rifiuta l’autorizzazione il provvedimento non è censurabile; cfr sul punto D. MANZIONE, op. cit., 668.

sequestro. La norma, infatti, qualora avesse previsto tale eventualità, avrebbe dovuto disporre un’apposita copertura finanziaria attraverso l’istituzione di un fondo al quale i pubblici ministeri impegnati in tali indagini avrebbero potuto chiedere il finanziamento dell’operazione186.

La norma prosegue ancora introducendo anche per la materia de qua, il potere di differimento degli atti dovuti (comma 3). La disposizione, solo in parte analoga a quella contemplata dall’art. 98 d.p.r. 309/1990, consente al pubblico ministero di ritardare l’esecuzione di provvedimenti cautelari, dell’arresto, del fermo dell’indiziato di delitto e del sequestro. Il pubblico ministero, tuttavia, in questa fattispecie può esclusivamente “ritardare l’esecuzione o disporre che sia ritardata l’esecuzione” dei suddetti provvedimenti, ma non ometterli come previsto dalle altre normative in materia di operazioni undercover. Inoltre, il “ritardo” è oggetto di una decisione che compete al solo pubblico ministero, e non quindi al giudice, o alla polizia giudiziaria, per cui, pur in mancanza di una disposizione che gli attribuisca il potere di non emettere l’atto, lo stesso pubblico ministero può differire anche l’esecuzione di provvedimenti che sono sottratti alla sua competenza, quali, nel caso de quo, l’arresto. In relazione a questa interpretazione, tuttavia, non è mancato chi ha sostenuto come il ritardo “consentito” riguardi in realtà l’emissione del provvedimento più che la sua esecuzione; atteso, infatti, che i presupposti di applicazione delle diverse figure devono essere accertati anche al momento dell’esecuzione, si finisce con il far coincidere il giudizio sulla tempestività dell’emissione del provvedimento cautelare con quello sulla tempestività della sua esecuzione: col che sembra confutato il dato letterale che autorizza la mera ritardata esecuzione187.

Il provvedimento con cui il solo pubblico ministero può ritardare l’esecuzione dell’atto riveste la forma del decreto motivato. Considerando, inoltre, che questo decreto può avere ad oggetto anche atti della polizia giudiziaria è pure ammessa la forma orale, ma l’efficacia è subordinata all’adozione del decreto entro le successive quarantotto ore.

Dalla mancata indicazione di un termine di durata del differimento, alcuni hanno tratto la conseguenza per cui la normativa sarebbe orientata verso una certa flessibilità

186 Non sono mancate, in realtà, affermazioni, ancorché sommesse, che parlavano di riscatti pagati dai servizi segreti nazionali sia in casi di sequestri di persona avvenuti nel territorio italiano sia all’estero. Tuttavia, anche qualora risultassero fondate si tratterebbe di veri e propri pagamenti del riscatto e non di operazioni controllate, peraltro sempre smentiti dal Ministero degli Interni.

della disciplina: così la tardiva formalizzazione del ritardo non comporterebbe conseguenze né sulla validità degli atti compiuti o da compiere, né sul piano della responsabilità degli operatori per l’omissione del provvedimento188.

CAP. IV

Nel documento LE INDAGINI SOTTO COPERTURA (pagine 64-70)