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piccole attività di gioco e di svago. La seconda zona, aperta al pubblico e di immediata consistenza economica, è quella dei macchinari industriali, a tutti nota, dove sono sorte attività culturali e ricreative, come la piscina per immersioni ricavata da un gazometro in disuso. La terza zona, la più selvaggia, è meno conosciuta ed è per lo più destinata ad una rigogliosa colonizzazione di specie vegetali, solo in parte pianificata.
La riuscita di questo progetto consiste nel fatto che con il metodo del laissez-faire se si è in grado di generare un processo di recupero ambientale che sopravvive con livelli di manutenzione molto bassi, e che è potenzialmente auto-sufficiente e auto-sostenibile. Sono infatti le attività culturali e sportive a finanziare il programma di bonifica dei suoli e di depurazione delle acque, producendo un ciclo produttivo virtuoso. inserite in una matrice complessa, le diverse strategie del progetto mirano a fare di questo pezzo di territorio la prima enclave di un processo di riqualificazione più ampio, che su scala regionale intende ripristinare il corridoio ecologico del fiume Emscher.
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Il concetto di matrice: Fresh Kills Landfill Park
Nella primavera del 2001 la città di New York chiude, dopo più di cinquant’anni di attività, la discarica di Staten island, che copre una superficie di 890 ettari, in prossimità dell’Estuario del fiume Hudson. Fresh Kills Landfill diventa oggetto di un concorso internazionale, svoltosi in due fasi, a cui partecipano interessanti raggruppamenti interdisciplinari, squadre composte da paesaggisti, architetti e ingegneri, artisti. Alla complessità del luogo, che si evidenzia in tre aspetti (la sua storia, la sua prossimità a territori variamente urbanizzati e la sua ecologia lagunare) per le sei squadre finaliste, si aggiunge nel settembre del 2001, il milione di tonnellate di detriti provenienti dalla distruzione del World Trade center.
il bando del concorso “Landfill Landscape” dichiara di voler trasformare la discarica “in luogo ameno scenico e ricreativo, modello di rigenerazione del suolo” ed invita i professionisti a pensare strategie flessibili, che rispettino la dinamica dei processi di decomposizione e di metamorfosi della terra e che mettano in moto un ingranaggio auto-produttivo e auto- sostenibile.
Uno degli aspetti più interessanti, che emerge dal confronto tra i diversi progetti presentati nella seconda fase (il vincitore Lifescape di corner,
Parkland di Hargreaves e dynamic Coalition di Mathur/da cunha per
esempio) è la diversa declinazione del concetto di matrice. in matematica la matrice, diversamente dalla griglia che contiene molte informazioni ma non interagisce con il suo contenuto, è un supporto dinamico e relazionale, che permette di affrontare fenomeni complessi attraverso una tavola di elementi, espressi in termini di parametri quantificabili, tra loro interagenti.
il concetto di matrice viene ripreso nell’ecologia del paesaggio da Forman e Godron che ne forniscono tre diverse definizioni: “una massa
omogenea dove compaiono piccoli elementi differenziati”, “il legante che
circonda e cementifica elementi tra loro indipendenti, e “lo stampo dove una scultura di metallo prende forma o nel mondo dei vertebrati l’organo dove l’embrione si sviluppa.”17
La matrice enfatizza l’idea del progetto come accumulo di informazioni e consente di mappare la tensione tra ordini e movimenti sistemici (per esempio tra passato e futuro, tra protezione e porosità, tra edificato e naturale). L’apparato che ne risulta è uno “stampo dove le cose prendono
a fianco:
Peter e Anna Liese Latz, vista del Parco Duisburg Nord, Germania (1991-2000).
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forma” (Hargreaves), dove la performance ecologica, le fasi temporali, la tecnica e la dinamica delle operazioni sono esplicitate, ma dove vengono anche anticipate le molteplici esperienze spaziali.
in alto e a sinistra:
Mathur/Da Cunha+Tom Leader Studio Dynamic Coalition per Fresh Kills, matrice che mostra il processo di crescita di un ecosistema misto a partire dalla ricolonizzazione della Spartina (pianta tipcia delle zona lagunari).
a fianco:
Field Operations Lifescape per Fresh Kills, a confronto la pianta del sito prima e dopo la chiusura della discarica.
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Fresh Kill è un ecosistema fragile ed estremamente vario, il cui recupero implica forse la più complessa operazione di manipolazione di materiale sterile mai fatta. Lifescape di Field operations propone un nuova forma di paesaggio pubblico-ecologico, un’alternativa al paradigma di creatività associata allo spazio e alla forma, guidata invece dal tempo e dai processi, dove la logica dei sistemi naturali e le dinamiche ecologiche auto-adattive, sono usate per definire strategie multi-scalari e multi-temporali.
Corner definisce la nuova identità di questa riserva naturale come
“nature sprawl”, uno spargimento incontrollato di vegetazione
lussureggiante, di uccelli, di mammiferi e di anfibi che nell’arco di venti anni ricompongono una natura sintetica, un’infrastruttura che, seppur governata dalla tecnologia, è luogo di colonizzazioni emergenti, naturali ed artificiali. La strategia a lungo termine è oggetto di uno studio molto approfondito del gruppo di progettisti, sia dal punto di vista tecnico (la matrice spazio-temporale dei tipi di piante in funzione dei fattori ambientali) sia dal punto di vista sociale, simulando e accelerando, con i mezzi a disposizione, le tappe di formazione di una comunità locale. il programma ambizioso prevede infatti la messa a punto di una campagna pubblicitaria, di manifesti, di un sito web, di loghi e segnaletiche per stimolare l’interesse e la partecipazione degli utenti fin dal processo di pianificazione.
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a fianco e in basso:
Field Operations Lifescape per Fresh Kills, programma di trasformazione della discarica in un periodo di venti anni, e matrice delle attività in funzione del rimboscamento ed in generale della ricolonizzazione delle specie locali.
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Gli architetti seguaci del LU in chiave metodologica, travalicano la concezione “terapeutica” del progetto per studiare la materialità e prestazioni funzionali delle superfici urbane. Lo studio dell’ecologia del paesaggio e dei processi di morfogenesi di modelli e architetture naturali, li porta ad indagare la complessità come espressione strutturale e formale dell’architettura. È possibile estrapolare la logica evoluzionistica di tali modelli - la capacità di adattarsi agli impulsi provenienti dall’esterno ad esempio - e tradurla in una pratica di emulazione metaforica dei sistemi naturali. impegnati in progetti di complesse infrastrutture urbane, dove l’intreccio tra architettura e paesaggio si traduce nei ripiegamenti delle superfici dell’architettura, come estensione della pelle terrestre, costoro in vario modo anticipano un connubio tra discipline che si avvale della teoria dei sistemi complessi e della scienza delle costruzioni.
L’Infra_Structuralism di Reiser+Umemoto e l’Infra_Urbanism di allen segnano un’inversione di rotta rispetto all’originaria interpretazione del LU, che stabiliva la sua collocazione disciplinare negli spazi interstiziali della città, intervenendo con progetti basati sull’invenzione di nuovi programmi in spazi formalmente indefiniti. Diversamente dai paesaggisti, arruolati nella definizione di strategie di sviluppo di aree urbane (come Geuze ad Amsterdam), costoro senza rinunciare alla dimensione strategica e tattica, si esprimono sul piano architettonico definendo
campi strutturati, flessibili spazialmente e programmaticamente.