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170 LUIGI EINAUDI

DI UNA BIBLIOGRAFIA DELL’ ECONOMICA IN RAPPORTO ALLA LETTERATURA ITALIANA

170 LUIGI EINAUDI

Una Lettera intorno al giuoco del lotto, 1756, 6 fogli in 8°, è attribuita, sulla traccia del Cossa, nel n. 1314 ad un « Varcsio Agiato, prof. F. S. V. ». Ma il Cossa aveva scritto prof. Francesco Saverio Vais, somasco, che neH'accadcmia di Rovereto era detto « Varesio Agiato ». Alla lettera dell'abate Dcnina sopra « il dovere.... di predicare.... l'osservanza delle leggi.... riguardo agli imposti » non sarebbe stato bene far riferimento nell’indice sotto il nome del Dcnina piuttostocliè sotto quello dello pseudonimo Caro N . Daniele?

II Morellet fornisce (al n. 3021) l’indicazione di un Discorso d i Senofonte [non: Serrofonte] sulla rendila d'Athene con note del Savini (Firenze, 1763, 8°). Ma il Morellet dice: Salvini. A sua volta il Journal Oeconomique avea dato l’in­ dicazione (al n. 3261) di un’altra traduzione delle Economiche di Senofonte del­ l'abate Giuseppe Fabiati, « avec des notes par l’autcur et les notes de l’abbc de St. Réal » 1764. Il Journal avrebbe fatto bene a mettere il « les » al posto del « des » ; chè le note del St. Réal sono appena 8; e queste incastrate in parte nelle altre, che in tutte sono 30. Il Ragionamento intorno alta navigazione ed al commercio di Vin­ cenzo Ricci (Padova, 1755, 4°) ha 172 pagine; ed i tre opuscoli sui mezzi di dimi­ nuire i mendichi dcH'Amidci (5315), dcH'Andrcucci (5316) c del Dei (5317), tutti tre premiati dall'Accademia dei georgofili al concorso del 1771, sono rispettiva­ mente di pagine v-35, vi-66, e 40. Al n. 938 c ricordata la traduzione italiana dello Scottoni del libro di Cantillon. (Venezia, 1767, in 8°). Altri dà il formato in 24° e le pagine in 300.

La grande raccolta monetaria delI’Argelati è riferita sommariamente al n. 6635 sotto: « Argelatus Philippus, De Monetis Italiac Variorum Illustrium Virorum Dis- sertationes, Mediolano, 1750-59, 4 vols, 4° ». In verità i volumi sono 6 : I, 1750, 8 cc. s. n. - XII-304 pagg.-45 carte contenenti 90 tavole; II. 1750, 2 cc. s.n.-4l7 pag.-4 carte con 6 tavole; III, 1750, 3 cc. s. n. - 147 pagg. - 8 carte con 16 tavole - Appendix con 2 cc. s. n.-137 pag.-46 pagg.; IV, 1752, 4 cc. s. n.-344 pag. - 8 ta­ vole. Col V volume all’Argelati si sostituisce il can. Carlo Casanova: antiporta, 8 cc. s. n.-37 carte numerate - 37 a 180 pagine - 62 cc. s. n., con 15 fogli grandi inclusi; VI, 1759, 3 c. s. n.-274 pagg. - 9 cc. s. n. Una descrizione compiuta del contenuto della raccolta delI’Argelati non si può qui inserire, per il troppo grande spazio che essa richiederebbe. Parecchie aggiunte se ne potrebbero cavare alla bi­ bliografia londinese; come altre potrebbero trarsi dalle bibliografie del Bianchi c del Negri sul Verri e dai libri del Graziani, del Gobbi, del Fomari, del Supino, del Cusumano, dell’Errera, dell’Alberti ecc. sulla storia del pensiero economico del ven­ ticinquennio che ci interessa. Ma resisto alla tentazione di aggiungere notazioni mie e d’altri e finisco invece esprimendo un augurio, che è nel tempo stesso critica ed auto-critica.

7. — I repertori bibliografici come questo dell’Higgs sono monumenti mai compiuti: ma a renderli possibili, importa la collaborazione degli studiosi d’ogni paese.

Fu richiesto e, richiesto, fu fornito l’aiuto degli studiosi italiani ? A percorrere le pagine delI’Higgs ci si avvede che sinché venne in suo soccorso il Cossa, l ’opera riuscì bastantemente compiuta e corretta. Ma i « Saggi » del Cossa rejatiVi all'Italia

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UNA BIBLIO GRAFIA ECONOMICA 171

elencano solo i trattati c compendi, le opere sulla moneta e sul credito, sulla storia della teoria economica, sulla beneficenza, sulla scienza delle finanze, sulle teorie annonarie. Dove il Cossa tace, perchè dovrebbe recar notizie l'Higgs? Purtroppo, il Cossa non visse abbastanza a lungo, ne ebbe continuatori i quali emulassero per le scienze economiche quel che per le scienze matematiche fino all'inizio dell'800 fece il Riccardi, o per la computisteria c la ragioneria la « Ragioneria generale dello stato », ossia, credo, il Ccrboni. Sinché le cose stanno cosi, dobbiamo prevedere che nei repertori forestieri non sarà dato alla bibliografia economica italiana posto a bastanza degno.

N è ci si immagini che il mestiere del bibliografo sia facile. La maggior parte delle cosidettc bibliografie appiccicate a questo o quel libro di economica sono prive di qualsiasi valore perchè mancanti di indicazione di data o di luogo di stampa, o di formato o di editore o tipografo o di numero di pagine o, se questo è dato, è incompiuto per difetto di distinzione fra le varie paginature in che un libro spesso si divide. Quando manca qualcuna delle notazioni ora indicate, salvo quelle del­ l’editore e tipografo, che si possono convenzionalmente, sebbene senza vantaggio, omettere, si deve concludere che il bibliografo non ha visto il volume da lui de­ scritto. La sua opera, in tal caso, pur pregevole, è di minor valore: titoli non esatti, date sbagliate. Gli autori medesimi, se citano se stessi a memoria, quasi sempre sba­ gliano. Un bibliografo che si rispetti, fa capire in qualche modo convenzionale quali tra i libri elencati siano stati da lui visti c quali invece ricavati da altra fonte. Ot­ timo è il sistema dell'Higgs di far seguire al titolo di certi libri l'indicazione di (Mor.), (J. Oe.), (So.) ecc. per indicare che quel numeri non sono di prima mano, ma derivano dal Morellet, dal « Journal Oeconomique », dal Soetbcer ecc. Ma un controllo diretto di tutti i numeri ottenuti di seconda mano non avrebbe guastato.

Perchè la predica innestata sul vieti culpa? Ecco. La storia delle dottrine eco­ nomiche è insegnamento di recente istituzione in Italia: e dai suoi inizi dipende sapere se andrà a finire bene o male. Sinora, tutto o pressoché tutto quel che di buono si è fatto in questo campo, fu fatto dal Cossa e dai suoi allievi. A lui ed agli allievi si possono muovere critiche: un po’ troppo espositori, un po’ troppo poco ricostruttori critici. Ma nè a lui nè ai suoi allievi si può rimproverare di non aver capito che il porro unum et necessarium di un buon storico è prendere il pro­ prio mestiere sul serio. Quando costoro studiavano un argomento, prima leggevano i libri che ne avevano trattato; e ricorrevano alle fonti prime, originali, non ai ri­ facimenti, alle riduzioni, alle traduzioni, ai riassunti altrui. Si può scrivere storia insipida o sbagliata, anche quando si ricorre alle fonti. Ma quando, per discutere di Smith e di Ricardo, non si legge nè l’uno nè l’altro, e, se per caso se ne sfiora qualche pagina, non ci si cura di rimetterla nel quadro del pensiero dell’autore, o, per discorrere di dottrina economica liberale, se ne definisce il contenuto sulla base di ricostruzioni altrui moderne, si fa sicuramente storia falsa. Tra le due specie di storia, tra quella insipida e quella falsa, preferisco la prima. Posso cavarne lo spunto per indagini interessanti, laddove dalla storia falsa non si traggono se non spro­ positi.

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APPUNTI

Della natura del l id e r ism o di Sm it h. — In appendice a una ristampa torinese delle Meditazioni di Pietro Verri, pubblicata nel 1801 col nome del­ l'autore e col titolo abbreviato di Economia politica, si legge questo commento ano­ nimo al paragrafo Della libertà del commercio de' grani :

« Le ragioni su cui l’Autore appoggia la libertà del commercio de' grani, sono buonis­ sime; siccome però le regole generali possono avere delle eccezioni in casi particolari, così anche una tale libertà potrebbe essere pericolosa in certe circostanze straordinarie. A questo proposito osserva benissimo il celebre Smith, che in alcuni paesi il commercio de grani è ristretto da regolamenti così assurdi, che cagionano frequenti carestie, dal che ne segue, che un piccolo Stato confinante non potrebbe lasciar libero il commercio de' grani senza esporre se stesso ad una funesta penuria. Quindi è che la cattiva politica d'un paese può a certi riguardi rendere dannoso ed imprudente per un'altra nazione, lo seguirne una, che senza questo motivo sarebbe stata migliore. Ora ciò che può essere cagionato da una cattiva ammi­ nistrazione, può eziandio essere prodotto dalle circostanze d'una guerra » (Nota al $. IX, pa­ gina 225).

L'autorità del « celebre » Smith invocata, con tutta naturalezza, a critica e cor­ rezione, ancorché parziale, di dettami liberistici? L’opinione dello scozzese, maestro e donno di quanti mai fautori del lasciar fare e del lasciar passare ha albergato e alberga il mondo da un secolo e mezzo in qua, richiamata a sostegno di una pra­ tica vincolistica, sia pure eccezionale c limitata? C’è da far trasecolare i molti pei quali il nome di Smith è sinonimo di predicazione liberistica a carattere sistematico intransigente aprioristico dogmatico teologale messianico, e via qualificando secondo i tratti assegnati con discorde concordia alla sua figura — e in genere a quella degli economisti della cosiddetta scuola classica — da taluni ammiratori ingenui e da talaltri callidi detrattori : più proclivi gli uni ad avvampare nella rapida fiammata della fede che a indugiare nella paziente cautela del ragionamento; smaniosi gli altri di fingere, col rumore della polemica, una giustificazione a qualche opposto apriorismo, in quanto apriorismo non giustificabile.

Feticcio o bersaglio ammaestrato, quell’immagine è menzognera e — anche quando dettata da candido entusiasmo — calunniatrice. Perchè nel delinearla si vengono togliendo fra loro in ¡scambio una frequenza di conclusioni liberistiche concrete e motivate e una pregiudiziale antinterventistica astratta e arbitraria. Buone o cattive che le conclusioni sieno, corretta o censurabile la motivazione, in Smith — e nei classici in genere — c'è la prima e non la seconda : il ragionamento obiet­ tivo su cose e casi determinati, e non l’ossequio conformistico a una premessa gra­ tuita. Riprova — il fatto che se si può discorrere di frequenza, comunque larga, delle accennate conclusioni, non si può invece parlare d'immutabile costanza. Mentre l'immutabile costanza, se non sarebbe ancora, per sè, indice sufficiente ylell'esistenza

APPUNTI 173

di quell'ossequio preconcetto, è sicuramente condizione necessaria per poterla as­ severare.

Son cose, queste, che ogni lettore attento e riflessivo dei classici sa. Così, a si- miglianza dell'anonimo postillatore di Verri, il lettore dell' lnqttiry non ignora, fra le altre, quella pagina del quinto capitolo del quarto libro nella quale è scritto : « La libertà del commercio dei grani è quasi dappertutto più o meno limitata, e in molti paesi è impacciata da regolamenti assurdi, i quali frequentemente riescono ad aggravare gl' inconvenienti inevitabili di un cattivo raccolto sino alla calamità spaventosa della carestia. La domanda di grani da parte di questi paesi può spesso diventare siffattamente ¡riponente e urgente, che un piccolo stato loro vicino, il quale nel tempo stesso sperimentasse gli effetti di un raccolto più o meno cattivo, non potrebbe azzardarsi di sovvenire alle loro necessità senza andare incontro esso medesimo a simigliami spaventevoli mali. lai pessima politica di un paese può così entro certi limiti far diventare pericolosa c imprudente quella che diver­ samente sarebbe per un altro paese la migliore delle politiche» (1).

E pertanto ai lettori attenti e riflessivi il minuscolo documento riportato di sopra potrà, al più, apparire singolare o curioso, ma non certo sbalorditivo. Ciò che non toglie (e anzi in qualche guisa conferma) che del documento medesimo — a parte ogni giudizio, assoluto o comparativo, sul merito delle accennate dottrine del milanese e dello scozzese — mettesse egualmente il conto di serbare ricordo. A confusione e ammonimento di quanti altri, per ignoranza per storditezza per psit- tacismo per comodo, vanno tuttavia ripetendo la vieta e stucchevole cantafavola che s’è detta.

[Non sono riuscito a stabilire con sicurezza chi sia il curatore della citata ri­ stampa e autore della nota in discorso e di altre due che si leggono a piè delle pa­ gine 137 e 201. Mi sembra tuttavia che talune considerazioni valgano a suggerire il nome di Gianfranccsco Galeani Napione. Ma intorno a siffatta congettura e in­ torno ai motivi che la possono suffragare mi riservo d'intrattenermi in altra occa­ sione.]

Uno sse rv a zio n e Di Sis m o n d i. — In un passo della sua giovanile Ri­

chesse commerciale, delinea Sismondi, con brevi e piane parole, un tratto di psi-

cologia economica che è, forse, di tutti i tempi, e certamente ancora del nostro : « En général, l'homme industrieux se propose en travaillant d'acquérir une fortune suffisante pour vivre de ses rentes avec une aisance qui le satisfasse. Parvenu au but qu'il se fixoit d'avance, il s'y arrête quelquefois; plus souvent son ambition s'étend avec ses re- 1

(1) The freedom of the corn trade is almost every where more or less restrained, and, in many countries, is confined by such absurd regulations, as frequently aggravate the una­ voidable misfortune of a dearth, into the dreadful calamity of a famine. The demand of such countries for corn may frequently become so great and so urgent, that a small state in their neighbourhood, which happened at the same time to be labouring under some degree of dearth, could not venture to supply them without exposing itself to the like dreadful calamity. The very bad policy of one country may thus render it in some measure dangerous and imprudent to establish what would otherwise be the best policy in another » (edizione di Cannan, II, 41).

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venus, mais quoiqu'un le voie aussi parfois céder à sa vanité, et pousser scs dépenses au-delà

d e se s moyens, il est presque sans exemple qu' il se soit dit en renonçant à l'ouvrage, je ne travaillerai plus, et je vais, non pas vivre de mes rentes, mais manger le capital que j'ai amassé » (J. C . L . Sim o n d c, D e la richesse c o m m ercia le, nu p rin cip es d 'é c o n o m ie p o liti,¡ne, a p p liq u é s à la lég isla tio n d it com m erce, Genève 180}, I, 66 n.).

L’osservazione non è, certo, peregrina. Ma appunto perchè « osservazione » o frutto di osservazione divvero : cioè adeguato discernimento di un aspetto del concreto. Quanti, anche (c sopratutto) fra coloro che tuttodì proclamano con gran frastuono il proprio esclusivo e zelante attaccamento ai « fatti », sanno in effetto scrutare con occhio limpido c acuto la realtà — una qualunque realtà, sia pur mo­ desta c quotidiana — e ritrarne i contorni senza deformazioni e con semplicità e aderenza di discorso?

Una sentenza di Fuoco. — « Un popolo che sussista dal prodotto delle

sue terre » — così si legge in un vecchio c poco noto libro di economia — « ha un sistema di vivere, il quale è al coperto di tutte le vicende politiche; c gode di un indipendenza economica, la quale dev’essere tanto cara a’ popoli quanto è pre­ ziosa a’ governi». Poi, quasi a modo di morale, l’autore soggiunge: « A ll’occhio dell’Economista è indifferente il genere, c la natura della produzione; purché si trovi facilmente a farne cambio con tutto ciò di che si ha bisogno; non così all’oc­ chio del politico, e dell’amministratore. Se queste due cose una volta si confondono, si ragiona eternamente senza intendersi ». Che è sentenza degna ancor oggi di esser fatta oggetto di un poco di meditazione. Dall’economista — disposto qualche volta a dimenticare 1’esistenza o, quanto meno, a sminuire l’importanza di un tribunale di seconda istanza, politica o morale o storica che sia, che può in certi casi rifor­ mare il suo giudicato tenendo conto di elementi dai quali per suo istituto l’econo­ mica astrae. Dal laico — per lo più incapace o incurante d'intendere la necessità c l’utilità di siffatto processo di astrazione: incline pertanto a confondere lo schema­ tico teorema economico con il concreto giudizio politico o morale o storico, e uso a gettar la croce addosso all'economista perchè questi, nel formulare le proprie os­ servazioni, prescinde, com’è suo diritto e suo dovere, da talune considerazioni che non possono e non debbono invece venir trascurate dal politico o dal moralista o dallo storico. Dallo storiografo delle dottrine economiche — che da una sicura co­ scienza dell’accennata distinzione e del pericolo che la distinzione stessa venga o non compresa o negletta o disconosciuta, può e deve trarre validi canoni d’inter­ pretazione e di giudizio per sceverare, nella congerie dei documenti, le poche e schiette discussioni scientifiche dalle molte e quasi sempre infeconde polemiche fra coloro che, per parlare un linguaggio diverso, eternamente — dice il vecchio libro — eternamente ragionano senza intendersi.

Il libro, comparso a Pisa nel 1825, è il primo tomo della serie prima (e unica in realtà pubblicata) dei Saggi economici di Francesco Fuoco : i passi riportati fanno parte dell 'Esposizione d i una nuova teoria su la rendita della terra che vi figura a carte 1-158, e compongono la nota che sta a piè della pagina 47. ( A

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A P P U N T I 175

Una citazione di Cournot. — Sfogliando una delle opere filosofiche

di Cournot, m'imbatto in un singolare richiamo alla Wealth o f Nations, del quale non mi sembra inopportuno serbar notizia. Pur nella sua tenuità, esso conferma in­

fatti, per una parte, la caratteristica versatilità d'ingegno e di cultura dello scrittore francese c la congiunta sua disposizione ai suggestivi accostamenti d'idee tratte da discipline diverse. E pur nella sua tenuità costituisce, d’altro canto, non ultimo do­ cumento dell' interesse per la scienza economica, non mai da lui smentito nei qua­ rantanni di sua vita che seguirono alla pubblicazione del piccolo libro, ond'egli, matematico c filosofo, acquistò fama imperitura, seppur tardiva, di grande econo­ mista.

Ecco, intera, la pagina in cui il richiamo è incastonato.

« Les langues, par la maniere dunt elles se sont formées, par leur lente croissance et leurs liens de parenté, par les périodes de maturité et de décadence qu'elles traversent, sont, de toutes les œuvres de l'homme, cc qui se rapproche le plus des œuvres de la nature. Hiles participent en quelque sorte à la vie d'une race ou d’une nation. Entre les langues faites de la sorte et la langue systématique dont le plan a occupé les philosophes, il y a, pour ainsi dire, la meme différence qu'entre l'œil et un instrument d'optique, entre l'organe de la voix et un clavecin, entre un animal et une machine. Certes, lorsqu'il s'agira, comme dans le tra­ vail manufacturier, de produire un effet déterminé, précis, mesurable, susceptible de division ou de décomposition en un système d'opérations distinctes, le travail de la machine rempla­ cera avec avantage le travail, non-seulement des animaux, mais de l'homme lui-même ».

Segue, in nota, il riferimento : « Smith, D e la richesse des nations, liv. V, chap. 1 » (dove, per un'evidente svista dello stampatore o dell'autore — che con ogni probabilità citava a memoria — , è inesattamente indicato il libro quinto invece del primo). Indi lo scrittore conchiude:

« Au contraire, jamais le plus ingénieux machiniste ne remplacera par un automate, par un système d'engins et de rouages, le chien du chasseur; et en général, dès qu'il faut sc prê­ ter à des nuances, à des modifications continues, quelles combinaison du génie humain pour­

raient soutenir le parallèle avec les créations de la nature? ».

Il passo si legge nel capitolo Du langage dell'Essai sur les fondements de nos

connaissances et sur les caractères de la critique philosophique pubblicato in due tomi

a Parigi nel 1851 e ivi ristampato in un solo volume nel 1912 e nel 1922 (II, 18-9* ; 3272; 3273 : naturalmente, secondo il deplorevole quanto diffuso costume di non curarsi affatto, nel riprodurre il testo delle grandi opere del passato, di rivederne citazioni e richiami, anche nelle ristampe è data l ’inesatta indicazione bibliogra­ fica testé ricordata).

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