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Il lungo periodo

Nel documento COLLANA STRUMENTI (pagine 35-51)

Il sistema veneziano

1. Il lungo periodo

1.1. La longue durée e le fasi della gestione veneziana

Ogni lavoro storico scompone il tempo passato, sceglie tra le sue realtà cronologiche, sulla base di preferenze ed esclusioni più o meno consapevoli1.

Nel 1958, in un suo celebre articolo, Braudel presentava la sua meto-dologia, volta a contrastare la storia tradizionale fatta di événements e di analisi di breve periodo. Lo storico francese proponeva alla comu-nità scientifica del tempo un mutamento di stile, di lavoro, di approc-cio mentale alla professione. Bisognava andare al di là dell’avveni-mento, e per far ciò egli mutuava dall’economia il concetto di longue durée2. Soltanto l’analisi di lungo periodo avrebbe potuto dare, se ben supportata dai documenti, quella svolta necessaria alla storiografia, facendo sì che essa entrasse a pieno titolo a far parte della scienza.

In questo lavoro, inizialmente, si è proceduto nell’analisi della gestione dei galeotti della Serenissima, scegliendo accuratamente un breve periodo. La scelta è caduta su un quarantennio a cavallo tra XVII e XVIII secolo, contrassegnato dalle guerre di Morea (1684-1718) e lon-tano più di un secolo dall’avvenimento considerato centrale dalla sto-riografia marittima relativa al Mediterraneo nell’età moderna, cioè Lepanto (1571). Terminata l’indagine, ci siamo accorti che i risultati conseguiti cozzavano palesemente con quanto espresso dalla storio-grafia esistente, per l’appunto quasi tutta localizzata attorno al perio-do “lepantiano”. A quel punto ci è parsa necessaria un’indagine su un più lungo periodo, intrapresa procedendo a ritroso fino a sforare nel

1F. BRAUDEL, Scritti sulla storia, Milano, 2001, p. 39.

2Le Goff confermava qualche anno più tardi: “la storia del breve periodo è incapace di cogliere e di spiegare le permanenze e i cambiamenti” (La nuova storia, a cura di J. LE GOFF, Milano, 1990, p. 32).

XIV secolo. Così facendo, siamo riusciti ad individuare i mutamenti e le permanenze che hanno contraddistinto la storia dell’armamento delle galere veneziane nell’età moderna.

Le fasi che contraddistinsero la gestione dei galeotti da parte della Repubblica di Venezia furono sostanzialmente cinque:

A. Fase che denominiamo della prima età moderna o dei galeotti di libertà, antecedente al 1542-45 – allorché furono introdotti i condanna-ti – contrassegnata dall’uso esclusivo di galeotcondanna-ti di libertà, sia coscritcondanna-ti, sia volontari. Tale gestione della flotta derivava dall’esperienza delle galere di mercanzia3. Queste, come è noto, dal 1329, seguendo l’esem-pio delle galee dirette in Romania e nel Mar Nero4, cominciarono a essere gestite da privati, pur rimanendo di proprietà dello Stato, ed erano assegnate mediante pubblico incanto ad un patrizio veneziano5. A lui erano demandate tutte le responsabilità gestionali, tra le quali la più complicata e la più onerosa era senza dubbio il reclutamento dei galeotti. Sappiamo, altresì, che l’armata sottile nacque, nel corso del tardo medioevo, proprio come branca autonoma della flotta pubblica

3 F. C. LANE, Le navi di Venezia, Torino, 1983; U. TUCCI, Mercanti, navi, monete nel

Cinquecento veneziano, Bologna, 1981; B. DOUMERC, Le galere di mercato, in Storia di Venezia,

vol. XII, Il mare, a cura di A. TENENTIe U. TUCCI, Roma, 1991, pp. 357-394; R. CESSI, Le relazioni commerciali tra Venezia e le Fiandre nel secolo XIV, in “Nuovo Archivio Veneto”, n.s., 27 (1914), pp. 5-116; G. LUZZATTO, Navigazione di linea e navigazione libera nelle grandi città marinare del Medio Evo, in Studi di storia economica veneziana, Padova, 1954, pp. 53-56; A. SCIALOJA, Le galee grosse della Repubblica Veneta. Un precedente medioevale dei “pools”

marittimi, in Saggi di storia del diritto marittimo, Roma, 1946, pp. 249-307; G. MANDICH,

Forme associative e misure anticoncorrenziali nel commercio marittimo veneziano del sec. XV, in “Rivista delle società”, IV (1961); F. THIRIET, Quelques observations sur le trafic des galées vénitiennes d’après les chiffres des incanti (XIVe-XVe siècles), in Studi in onore di A. Fanfani, Milano, 1962, pp. 459-522; A. TENENTI-C. VIVANTI, Le film d’un grand système de navigation: les galères marchandes vénitiennes, XIVe-XVIe siècles, in “Annales E.S.C.”, XVI (1961), pp. 83-86; A. SACERDOTI, Le galere da mercato veneziane nel XV secolo, in “Bollettino dell’Istituto di Storia della società e dello Stato veneziano”, IV (1962), pp. 80-105.

4Per approfondire le questioni inerenti la navigazione veneziana nel Mar Nero si veda il recente: S. KARPOV, La navigazione veneziana nel Mar Nero (XIII-XV secolo), Ravenna, 2000.

5Come nel caso delle galere militari, il patrono delle galere da mercato all’inizio del Cinquecento percepiva un donativo per l’armamento di circa 6.500 ducati, di cui non sappiamo se venisse restituito alla fine del viaggio o scalato a poco a poco dalla paga dello stesso patrono. Secondo Tucci si trattava di un “dono” che non andava restituito, ma a noi, viste le analogie con l’armata sottile, il dubbio rimane. Cfr. U. TUCCI, Mercanti, navi cit., pp. 164-165 e p. 170.

commerciale. Come sulle galee mercantili, anche sulle galee militari la Repubblica di Venezia optò per un sistema fortemente statalista da una parte (la costruzione, la proprietà e la normativa erano tutte dello Stato), ma estremamente aperto alla gestione privata dall’altra, pur considerando che i privati in questione appartenevano sempre al ceto nobiliare veneziano. Al sopracomito – così infatti era chiamato un capi-tano di galea a Venezia – o al capo da mar – grado di comando superio-re della flotta – era demandato non soltanto il comando militasuperio-re del-l’imbarcazione, ma anche, se non soprattutto, la gestione economica. Amministrazione che, come in ogni buona impresa privata, prevedeva un grado di investimento e di rischio per colui che accettava la carica, ma poteva anche sfociare, se l’impresa era ben gestita, in un arricchi-mento per lo stesso investitore. Pare insomma che nella figura del sopracomito si fondessero indissolubilmente lo spirito mercantile e quello militare. È lo stesso Tucci – in un suo noto lavoro sulle galee da mercato – a suggerirci che il patrizio veneziano trasferì nell’esercizio delle cariche pubbliche il senso pratico e la ricerca dell’utile, gli ele-menti tipici, cioè, della mentalità mercantile6.

B. Fase Da Canal o dei condannati che va dal 1542 al 1602, nella quale, successivamente alla riforma di Cristoforo Da Canal, l’amministrazio-ne dell’armata sottile si divise in due parti: l’una che si occupava delle galere di libertà, e l’altra di quelle dei condannati. Fase contraddistin-ta, sicuramente fino agli anni Novanta del Cinquecento, da una preva-lenza dei condannati e dunque da un’effimera vittoria delle teorie del Da Canal, probabilmente un po’ troppo enfatizzate dalla storiografia otto-novecentesca. In realtà, alle soglie degli anni Novanta del XVI secolo, la riforma dacanaliana dette segni di cedimento quantitativo7, ma soprattutto qualitativo. Le ciurme di condannati non risultavano più efficaci al lavoro; si era elevato di molto il tasso di morbilità e quel-lo di mortalità, e pare che ci fosse altresì un impegno inferiore da parte

6U. TUCCI, Mercanti, navi cit., p. 34.

7Così il Tenenti in un suo celebre lavoro: “Se l’ultima galera viene armata con condan-nati soltanto nel 1592, già intorno al 1580 la maggior parte della flotta in servizio poggia su di un materiale umano nettamente più scadente di trent’anni prima. Le sole unità che potevano reggere al confronto con quelle della generazione precedente erano le galere dei comandanti di squadra: ad essi era vietato ricorrere a ciurme non libere. All’inizio

dei sopracomiti, non più responsabilizzati come prima dal punto di vista economico. Visto come stavano le cose, il governo veneziano prese l’unica decisione possibile: introdurre nuovamente in maniera graduale i galeotti di libertà sulle galee da sopracomito, dando vita a quel tipo di gestione da noi denominata mista8.

C. Una prima fase mista dal 1602 al 1620. Fu il periodo compreso tra le due riforme dell’armata sottile9, durante il quale il patriziato vene-ziano optò decisamente per un sistema misto con maggioranza di galeotti di libertà10, teso a migliorare le condizioni di vita delle ciurme a bordo delle galere e delle galeazze, ad incentivare la carriera maritti-ma dei patrizi mediante gli investimenti privati nelle ciurme di libertà con possibilità di guadagni familiari, e a formare un nucleo di galeotti professionisti, esperti, in servizio per lunghi periodi grazie al vincolo economico e sociale che si creò con i loro “padroni”. Fu questa una fase di transizione dal punto di vista legislativo. Furono meglio regola-mentati sia il sistema delle sovvenzioni ai comandanti, sia i salari, sia l’intera organizzazione dell’armata sottile.

D. Una seconda fase mista che va dal 1620 al 1774, anno in cui il Senato veneziano, seguendo la proposta di uno scrivano dell’armata sottile – intrisa di spirito illuminista, ma dettata soprattutto da un forte senso pratico – abolì le ciurme di libertà e quindi il “turpe mercimonio della misera gente venduta alle galere”11. Si tratta della fase più lunga

del periodo da noi considerato è naturale, perciò, che un nuovo problema si ponga: quel-lo di assicurare ad ogni trireme un numero di rematori liberi e sperimentati tale da impe-dire che il vascello fosse affidato soltanto a gente con la catena al piede ed ignara del mestiere” (A. TENENTI, Venezia e i corsari 1580-1615, Bari, 1961, p. 163).

8L. LOBASSO, Schiavi, forzati e buonavoglie. La gestione dei rematori delle galere dell’Ordine di Santo Stefano e della Repubblica di Venezia. Modelli a confronto, in L’Ordine di Santo Stefano e il mare, atti del convegno (Pisa 11-12 maggio 2001), Pisa, 2001, pp. 169-232.

9A.S.V., Provveditori all’Armar, b. 208, Regolazione d’armata del 28 novembre e 14 dicem-bre 1602 e Regolazione d’armata del 29 giugno, 2-9 e 11 luglio e 3 ottodicem-bre 1620.

10Lo denominiamo misto per due motivi: perché mista era la ciurma, comprendente sia condannati, sia i galeotti di libertà; e perché mista era la gestione, ossia l’amministrazio-ne era in parte a carico dello Stato, in parte demandata ai patrizi. Nella prima regola-zione erano previsti solamente 48 galeotti di libertà per ciscuna galera da sopracomito, mentre successivamente il numero fu portato a 72 e così rimase fino alla fine del sistema misto.

11 A.S.V., Senato Militar, f. 76, parte del Senato del 24 febbraio 1774, scrittura del Magistrato dei Deputati e Aggiunti alla provvisione del denaro del 13 gennaio 1774.

e più importante nella vita dell’armata sottile, contraddistinta da un alto tasso di organizzazione e burocratizzazione della flotta, dalla pre-ponderanza dei galeotti di libertà e dalla presenza, dal 1645 in poi, di un elevato numero di schiavi turchi, che solo negli anni Venti del Settecento saranno interamente restituiti alle loro famiglie. Questa fase traeva origine dal passato medievale, ma si distingueva da esso soprattutto per la codificazione del sistema delle vendite delle ciurme, che si esplicitava mediante contratto di livello affrancabile, stipulato davanti ad un notaio. Il sistema, però, nel corso del Seicento andò cor-rompendosi, poiché il prezzo delle ciurme di libertà aumentò progres-sivamente; e le autorità constatarono che potevano armare da sopra-comiti soltanto i giovani nobili veneziani abbienti, coloro cioè che potevano permettersi, senza rischi per la famiglia, l’investimento ini-ziale. È facile supporre che, nel Cinquecento, questa forma di organiz-zazione nascesse anche con lo scopo di aiutare i patrizi poveri, che con la sovvenzione statale, ma con grande rischio, potevano riguadagnare ricchezza e onore e risollevare le fortune della famiglia, mediante il “buon maneggio” dell’impresa chiamata galera.

Questa fase è suddivisibile in due parti: la prima che va dal 1620 al 1695, contraddistinta dalla preponderanza dei galeotti di libertà, sia in teoria che in pratica; e la seconda, dal 1695 al 1774, caratterizzata dalla crisi del sistema basato sugli uomini liberi, cominciata dopo la disfat-ta di Scio e successivamente acuidisfat-tasi dopo la pace di Passarowitz. Nel secolo XVIII, in diverse occasioni, la preponderanza dei galeotti di libertà sui condannati fu soltanto teorica e non pratica. Nel 1774 – l’an-no della riforma – c’eral’an-no 1.926 condannati e 1.532 galeotti di libertà12. Come si vede la situazione si era rovesciata a favore dei forzati. La richiesta di manodopera marittima salariata si era spostata a favore dei marinai impiegati sui vascelli, mentre per le galere – relegate ad un ruolo secondario – erano sufficienti i condannati. Nonostante tutto ciò, come si vede dai numeri, le galere veneziane, al contrario di quelle sopravvissute a Ponente, continuavano ad avere in servizio un eleva-to numero di remiganti liberi.

E. Infine, negli anni compresi tra il 1774 e la caduta della Repubblica nel 1797, l’ultima fase definita dei condannati o anche del tramonto delle galee, contraddistinta dall’uso esclusivo dei condannati, dalla fine della gestione mista delle galere e dalla trasformazione dei galeotti di libertà in marinai pagati dallo Stato. Con la riforma del 1774 – avvenuta in un momento in cui ormai le galere esalavano gli ultimi respiri della loro vita plurisecolare – si chiuse l’esperienza dei remato-ri liberemato-ri e contemporaneamente, non a caso, si chiuse l’esperemato-rienza amministrativa dei sopracomiti, i quali con le nuove regole divennero dei meri comandanti militari, alla stregua di quelli di Ponente. Da quel momento in poi ciascuna galera ebbe un capitano – ancora denomina-to sopracomidenomina-to, ma con la rilevante novità che poteva essere anche un non nobile – e un amministratore statale13. Per la prima volta la mari-na da guerra veneziamari-na veniva a prendere le sembianze di umari-na qual-siasi “marina di ponente”. Da quel momento in poi, secondo il nostro parere, è possibile parlare di marina militare, dando a questo termine il significato attuale, già però applicabile nel XVIII secolo ad altre flot-te europee.

1.2. Il numero delle galere e delle galeazze effettive (1589-1774)

Per poter ragionare attorno ad un fenomeno è necessario conoscerne l’entità. Nel nostro caso per valutare la gestione dell’armata sottile bisogna conoscere il numero delle galee e delle galeazze effettivamen-te utilizzaeffettivamen-te in mare dalla Serenissima. Operazione difficile, perché non è agevole individuare le singole unità: queste non avevano un nome proprio – come le sorelle ponentine – ma prendevano il nome dal proprio comandante, cosicché se il sopracomito si chiamava Badoer la galera era chiamata badoera, se si trattava di un Morosini la galea era la morosina, se un Mocenigo, la moceniga e così via.

Con un po’ di pazienza siamo però riusciti ugualmente nell’inten-to, utilizzando in particolar modo i dispacci dei Commissari d’Armata,

13S. PERINI, Una riforma della marina militare veneziana nel secondo Settecento, in “Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti”, n. 155 (1997); A.S.V., Senato Militar, f. 76, parte del 24 febbraio 1774 e tabelle allegate; A.S.V., Provveditori all’Armar, b. 209.

che però iniziano – proseguendo poi senza soluzione di continuità – solo a partire dal 160314. Per il periodo precedente, il tentativo di regi-strazione numerica risulta proibitivo vista la mancanza di fonti quan-titative. L’unico dato certo che abbiamo a disposizione – confermato poi dalle notizie riportate dal Tenenti15– è che nel 1589 la squadra di galee della Repubblica era composta di 29 unità16, dislocate nelle diverse zone del Mediterraneo soggette alla Serenissima.

Tra la prima regolazione d’armata del 1602 e la seconda del 1620 il numero delle galee veneziane variò fra le 28 e le 35 unità, cifra che poi scese fino a 24 prima dello scoppio della guerra di Candia nel 1642. In seguito all’attacco turco a Creta la consistenza dell’armata sottile creb-be sino a raggiungere i suoi picchi massimi, con 39-40 unità17, tra il 1645 e il 164618. Nel corso del conflitto, poi, il numero delle galere

14La prima filza dei dispacci è la n. 1238 del fondo Provveditori da Terra e da Mar. D’altra parte la carica ordinaria di Commissario d’armata era stata istituita soltanto l’anno prima nella Regolazione d’armata del 28 novembre e 14 dicembre 1602. (A.S.V., Provveditori all’Armar, b. 208).

15A. TENENTI, Venezia e i corsari cit., p. 158.

16A.S.V., Secreta, Materie miste notabili, f. 13, cc. 16v-17v, 13 febbraio 1589. Ora anche in L. LOBASSO, Schiavi, forzati e buonevoglie cit., p. 177 e p. 182.

17“Di presente non trovo esservi che quaranta sole galee effettive in servitio; intorno al qual punto però non posso darne lume; mentre il disarmo predetto, et le cose da esso dependenti non è passato per le mie mani, ne con partecipatione di questa carica; ma è veramente da riflettersi in sommo grado che la Serenità Vostra paghi qui cinquantasei galee, et che attualmente non ne habbi al servitio, che sole quaranta, et pure sopra tutte le cinquanta sei corre continuato l’aggravio, et la spesa de governatori, et de sopracomi-ti, de l’officiali di panatiche, et ogni altro accessorio con quel danno et interesse pubbli-co che la prudenza della Serenità Vostra distingue” (A.S.V., P.T.M., f. 1245, dispaccio del 15 luglio 1646 del Commissario d’armata Alvise Mocenigo II).

18Il 12 novembre 1646 le galere in servizio erano le seguenti 39. Capi da mar: Giovanni Capello Capitano generale da mar, Lorenzo Marcello Provveditore d’armata, Antonio Bernardo Capitano del golfo, Lorenzo Renier Governatore dei condannati e Zorzi Morosini Capitano della guardia di Candia. Sopracomiti: Marc’Antonio Balbi sulla quale serve il Provveditore generale da mar Grimani, Zaccaria Barbaro, Cattarin Corner, Lorenzo Corner, Domenico Diedo (vicesopracomito), Nicolò Foscarini, Marc’Antonio Foscarini (vicesopracomito), Gerolamo Loredan, Gerolamo Priuli, Domenico Pizzamano, Barbaro Badoer, Piero Querini, Lorenzo Badoer, Giacomo Querini, Giacomo Zorzi e Francesco Battagia (vicesopracomito). Governatori: Zuanne Foscarini, Barbon da Pesaro, Nicolò Querini, Alessandro da Canal, Zaccaria Bernardo, Piero Corner, Francesco Falier e Bertucci Civran di Antonio. Sopracomiti delle isole: Marcello Giustinian da Corfù, Cavalier Paviello da Zante, Antonio Lunardo da Cefalonia e Gregorio Traubò da Cefalonia. Sopracomiti del Regno di Candia: Zuanne Filippo Corner, Alessandro Bon e Nicolò Barozzi. Sopracomiti di rinforzo: Zuanne Pasqualigo,

scese prima sotto le 35 nel 1647 e infine sotto le 30 nel 1649. Il calo repentino che vi fu tra il 1647 e il 1648 derivava in gran parte dal nau-fragio di 18 galere sulla spiaggia di Psarà nella primavera del 164819.

Nella parte finale della guerra, gli anni Cinquanta e Sessanta, il numero delle imbarcazioni a remi continuò a diminuire e toccò il mini-mo nel 1660 e nel 1662: 21 unità. Successivamente vi fu una ripresa fino a toccare le 24 unità nel 166520. Dopo la firma della pace, la flotta della Serenissima fu in gran parte smobilitata. Rimasero in servizio meno di 20 galere. Questa situazione perdurò fino agli anni Ottanta.

Con lo scoppio delle nuove ostilità il numero delle galee armate effettive salì nuovamente e toccò il suo massimo proprio nel 1684 con 31 unità21. Poi, come avvenne nella guerra di Candia, vi fu il calo. Inoltre in questa occasione l’armata sottile, pur mantenendo la sua importanza, era affiancata dalla nuova armata grossa. Le due armate sottili nemiche si attestarono entrambe, negli anni Novanta, attorno alle 25 unità22.

Dopo la pace di Carlowitz, siglata nel 1699, la Repubblica diminuì

Antonio Zen e Anzolo Zen. Ve ne erano poi 17 disarmate (A.S.V., P.T.M., f. 1245, dispac-cio n. 34 da Standia del 12 novembre 1646 del Commissario d’armata Alvise Mocenigo II).

19A.S.V., P.T.M., f. 1246, dispaccio del 24 marzo 1648 da Psarà del Commissario d’ar-mata Piero Pisani. Nel naufragio furono coinvolte 17 galee sottili e la bastarda del Capitano generale da mar Grimani. In tutto perirono nel disastro 607 uomini, dei quali 135 erano soldati, 158 condannati, 237 galeotti liberi e 77 tra ufficiali, maestranze e sca-poli. Cfr. M. NANIMOCENIGO, Storia della marina veneziana da Lepanto alla caduta della Repubblica, Venezia, 1995, p. 157 (ristampa anastatica della prima edizione: Roma, 1935).

20Nel giugno 1663 l’armata sottile veneziana si componeva delle 24 galere seguenti: Francesco Morosini Capitano generale da mar, Gerolamo Pesaro Provveditore d’armata, Lorenzo Corner Capitano del golfo, Almorò Barbaro, Nicolò Zane, Giacomo Contarini, Lorenzo Tiepolo, Marco Barbarigo, Alessandro Priuli, Antonio Semitecolo, Dionisio Pisani, Ruggero Zen, Bortolo Pisani, Marco Pollani, Nicolò Pollani, Zorzi Grieco, Zuanne Francesco Corner, Piero Querini, Zuanne Venier, Nicolò Muazzo, Francesco Canal, Alessandro Dandolo, Domenico Spineda e Arnero Arneri; e 6 galeazze: Antonio Priuli, Francesco Barbaro, Lorenzo Pisani, Alessandro Moleni, Nicolò Lion e Alvise Pasqualigo (A.S.V., P.T.M., f. 1247).

21Recentemente, per la guerra di Morea, un noto storico locale veneziano ha proposto la cifra completamente errata di 44 galee. Cfr. S. PERINI, Venezia e la guerra di Morea (1684-1699), in “Archivio Veneto”, vol. CLIII (1999), p. 59.

22Secondo il Capitano generale da mar Alessandro Molin, nell’aprile 1695, l’armata sot-tile turca era composta di 24 galere, mentre quella veneziana ne contava 22, più le solite 6 galeazze (A.S.V., P.T.M., f. 1130, dispaccio del 26 aprile 1695 da Corfù).

nuovamente il numero delle unità a remi. Da quel momento in poi, i dati fornitici dai diversi Commissari non sono più sufficienti per cal-colare l’intero corpo delle galee, poiché la cassa del Capitano del golfo fu divisa da quella del resto dell’armata. Quest’ultima – come si

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