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4. DATI EMERSI I FAMILIARI

4.1. Primo impatto con il reparto

4.1.3. Mancanza di riferimenti

Il sentirsi privi di riferimenti e vivere di conseguenza sensazioni spiacevoli di di- sorientamento e spaesamento è un tema che è stato espresso in modo esplicito nelle narrazioni di soli due familiari. Si è però ritenuto importante riportare tale dato in una etichetta a sé stante perché si tratta di un aspetto che, anche se in forme e modi di- versi, è emerso in numerose altre interviste. All’interno del primo impatto con il re- parto l’assenza di riferimenti si fa sentire in tutta la sua drammaticità, come si può os- servare negli estratti di seguito riportati, dove traspare dalle narrazioni un doloroso vissuto di spaesamento ed angoscia che si aggiunge allo stato di stanchezza e confu- sione dell’impatto del ricovero del proprio familiare. Di fatto più volte all’interno del- le narrazioni viene evidenziata l’importanza di avere degli interlocutori, di non trovar- si a “rincorrere” gli operatori, di essere visti all’arrivo e di ricevere anche un semplice cenno da parte del personale, tutti elementi che verranno in seguito trattati e che so- no sembrati fortemente collegati ai vissuti qui riportati.

22 non sapevo dove andare dove dirigermi finché non mi è venuto incontro qualcuno, e poi brutto è stato quando mi han- no detto, cioè quando sono venuta via che sono uscita e a quel punto metti la stanchezza metti che bene o male sei stra- volto, cioè sì, ero stravolta perché quando sono arrivata a casa, che la camera ce l'abbiamo al terzo piano, ho spinto il quinto come il reparto dell'ospedale sono arrivata al quinto perché ho spinto il quinto tutto il giorno. E quindi quando

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sono uscita non capivo dove fosse l'uscita, sembrava di essere in un labirinto, guardavo se c'era se l'indicazione uscita c’erano le porte chiuse, per cui non so dove sono sbucata,

24 A quel punto nel panico… quindi diciamo ci entravano gli operatori però io dopo mi sono persa. Poi appunto lo confusione mentale perché ci sta per cui casomai c'era la freccia io casomai non ci ho fatto caso insomma.

459 non vediamo nessuno quindi siamo lì non sappiamo assolutamente cosa fare cosa dire come muoverci, a parte il fatto che poi entrano solo in due che c'è stato detto subito, basta, non sapevamo altro, quindi già siamo in tre e già era difficile coordinare le informazioni fra tutti e tre (…)

461 allorché non sai neanche a chi chiedere perché nessuno che ti dà retta perché danno per scontato che uno sappia già come funziona il reparto in sostanza, quindi noi non sapevamo veramente fisicamente a chi chiedere sembrava di distur- bare, anche perché stavano lavorando tutti a dir la verità, quindi era anche difficile capire a chi rivolgersi, se poter distur- bare insomma perché io sempre rispetto comunque per anche per gli altri, perché c'era il malato accanto.

4.1.4. Bisogno di accompagnamento

La fase dell’arrivo in reparto si contraddistingue nel complesso come molto deli- cata per le famiglie, che esprimono l’importanza di porvi adeguata attenzione. Nell’estratto 5 si osserva come la familiare esprima la sensazione di essersi sentita “trasportata” nella realtà del reparto, grazie alla comunicazione con gli operatori: po- tersi relazionare con il personale ha svolto una funzione di ponte, di mediazione, che è stata di grande aiuto nel far sì che da ambiente estraneo si sia trasformato via via in un luogo più familiare. Nell’estratto 437 viene riportata la difficoltà di affrontare l’incertezza del non sapere cosa sia improvvisamente accaduto nell’arco della notte al proprio familiare, da aver richiesto lo spostamento in terapia intensiva da un altro re- parto, e l’importanza in simili momenti di poter ricevere un’adeguata attenzione che tenga conto dello stato d’animo delle famiglie. Nell’estratto 407 viene proposta l’idea di una figura che svolga proprio una funzione di accompagnamento almeno nella fa- se iniziale, anche nella preparazione al primo approccio con il proprio familiare. 5 cioè mi sono proprio sentita trasportata in questa realtà, ma l'ho imparata ad accettare pro- prio parlando con loro. Cioè a quel punto veramente non mi faceva più impressione guardarmi intorno. Cioè a un

certo punto mi hanno detto guarda guarda guarda lì in fondo che stanno facendo i raggi perché facevano i raggi a un letto vicino, lì sul posto, e mi sentivo già parte dell'ambiente, non avevo più quel l'impatto terribile dell'ingresso.

437 È stato trasferito nell'arco della notte e il giorno dopo, invece che accogliere, accoglierci spiegarci come funzionava un po' in reparto come mai era stato trasferito e quello che avevamo dovuto aspettarci dalla situazione, siamo stati un po' insomma trattati come tanti che... per noi invece era il nostro primo giorno, doveva essere un attimo...

dovevamo essere un attimo un po' aiutati nell'affrontare la situazione e questo non è stato fatto c'è

stato detto che insomma non potevamo pretendere di avere attenzione, perché eravamo un paziente come tanti altri e inve- ce per noi era il primo giorno.

438 Io penso che al primo giorno al primo impatto con una chirurgia intensiva debba essere un attimo accompagnato con un po' più di delicatezza

407 Intanto avere una figura professionale che ti aiuta a elaborare un attimino la cosa, cioè che ti accompagna in quello che tu quando vai dentro vedi. Io sono entrata e ho visto mia mamma intubata infilata infilzata, via con la testa, io sono andata ho lasciato mia mamma normale e sono venuta a vedere una per- sona sofferente su un letto e nessuno mi ha preparato. (…)

417 una figura professionale oppure una figura interna a questo reparto addetto ad accompagnare non dico tutti i giorni ma almeno i primi... le prime battute

4.2. Disagio emotivo

Come riportato ampiamente nella letteratura sul tema, i parenti vivono una situa- zione emotivamente molto provante (McAdam, Fontaine, White, Dracup, and Pun- tillo, 2012), che nelle narrazioni raccolte si esprime soprattutto nella forma di appren- sione ed ansietà per le condizioni del proprio familiare, di incertezza che spesso ca- ratterizza il quadro clinico, di impotenza, e infine di difficoltà legate alla relazione con lui.

4.2.1. Ansietà

All’interno di questa etichetta sono stati riportati tutti quegli elementi dell’esperienza dei parenti legati a difficili vissuti di apprensione per il proprio familia- re, preoccupazione, agitazione. Nei seguenti estratti viene messo in luce come il disa- gio sperimentato sia tale da dover far ricorso all’aiuto di farmaci (estratto 121) e di come il malessere psicologico possa tradursi in problematiche sul piano della salute fisica (estratto 604). Tale aspetto pare particolarmente rilevante in quanto rimanda all’importanza di non sottovalutare il disagio emotivo sperimentato nella fase di rico- vero anche in un’ottica di prevenzione di possibili conseguenze sulla salute generale delle famiglie (Turner-Cobb, Smith, Ramchandani, Begen, and Padkin, 2016).

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121 Beh innanzitutto diciamo che il ricovero in ospedale determina sempre in tutti i soggetti più o meno emotivi delle... delle sensazioni emotive difficilmente, diciamo, controllabili, per cui alle volte ci si aiuta anche con dei tranquillizzanti 604 a un certo punto ho cominciato ad avere dei segni di aumento della pressione, questo, quell'altro, per cui ho detto: calmiamoci che è inutile tanto tanto il destino è quello per cui cambia poco…

4.2.2. Impotenza

Il vissuto di impotenza, pur espresso esplicitamente in un numero limitato di nar- razioni, di fatto risulta permeare gran parte dell’esperienza dei parenti intervistati. Es- sere vicini al proprio familiare e trovarsi a fare i conti con l’impossibilità di intrapren- dere azioni che concretamente migliorino la sua condizione di salute fa sperimentare una dolorosa condizione di passività. Si può osservare come la possibilità di “stare vicino”, similmente a quanto accade nel vissuto degli operatori che riportano ad e- sempio di non aver fatto altro che stare vicino ai parenti, pare anche qui caratterizza- ta da una scarsa valorizzazione. Numerosi altri vissuti collegati ad un senso di impo- tenza emergono poi in relazione ad aspetti che verranno in seguito trattati, in partico- lare rispetto al dover tollerare l’assenza dal reparto o alla difficoltà di comprensione del contesto e delle comunicazioni degli operatori.

282 Io come mi sento sempre da quando la mia mamma l’è qui io mi sento impotente (…)

284 (...) un po' in balia di tante cose, di tanti discorsi di tante situazioni che non riesco magari a filtrare ecco questo mi sento. Mi sento di vedere la mamma lì e in sostanza fuorché tenere la mano non riesco a fare niente altro. Questa è la mia, il mio vissuto, la mia impotenza di non poter far niente all'infuori di stargli vicino, ecco, quello sì quotidianamente tutti i giorni eccetera eccetera o a giorni alterni

4.2.3. Incertezza

Il disagio emotivo dei familiari è espresso anche nei termini del dover fronteggia- re continuamente situazioni di incertezza difficili da sostenere. Come si è sottolineato all’interno delle narrazioni degli operatori, il tema dell’incertezza risulta essere un e- lemento caratterizzante del lavoro in terapia intensiva, dovuto alla peculiare condi- zione clinica dei pazienti ivi ricoverati. Così anche nel vissuto dei parenti si evidenzia il peso emotivo legato ai limiti di ciò che è possibile sapere, al non poter far affida- mento su chiare spiegazioni e motivazioni dello stato del proprio familiare, alla diffi-

coltà di prevedere anche solo nel breve termine il suo iter clinico. Nell’estratto 362 si esplicita anche come talvolta si aggiunga la fatica di dover fare da tramite per altri pa- renti che chiedono notizie, alle quali non si sa dare una risposta.

227 Beh la situazione un po' atipica, nel senso che comunque anche loro non riescono a capire bene cosa di preciso possa essere successo. Si sono dati una direttiva per seguire una strada più che altro perché... sennò è difficile insomma stanno cercando delle risposte alcune le hanno avute quindi hanno escluso delle cose hanno riscoperto delle altre cose e quindi o- stacoli non saprei neanch'io in realtà dire che tipo di ostacoli. Certo non è una situazione normale nel senso che si sa che cosa ha di preciso e quindi cioè hanno tentato un po' di tutto per le varie ipotesi che avevano

320 Io vorrei sempre sapere cosa succederà domani però la mappa lì... la sfera magica credo non ce l'abbiano neanche loro. Quindi sì, è il sapere è il sapere.

362 Quindi in quei primi momenti hai difficoltà a capire cosa sta succedendo, e cosa succederà il giorno dopo nel senso che comunque tu sai che torni sì bene, torni il giorno dopo ma nel frattempo cosa succede? Quindi, complice il poi il fatto che a casa hai il parente che ti chiama il fratello che ti chiama devi dare delle spiegazioni e non hai delle risposte, non le hanno loro non le hai neanche tu. Penso che questo al di là del tipo di reparto si possa replicare anche in un reparto non intensivo come questo.

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