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Il margine di contribuzione: cenn

SISTEMI DI DETERMINAZIONE DEL COSTO DI PRODOTTO

2.5. Il margine di contribuzione: cenn

Un altro metodo di calcolo dei costi, diverso dai due principali citati, è quello del margine di contribuzione che si rifà alla configurazione direct costing.

Il margine lordo di contribuzione78 rivela come ogni prodotto contribuisce, appunto, alla copertura dei costi fissi ed alla formazione dell’utile d’esercizio. Si tratta dunque di una diversa declinazione del “rendimento di prodotto”, rispetto a quella insita nel concetto di full costing, dove viene invece calcolato un rendimento netto di prodotto. Anzi, bisogna porre attenzione a non considerare il margine di contribuzione lordo come indice di redditività del prodotto, dato che esclude i costi fissi. Infatti, anche se positivo, non è detto che sia stato realizzato un reddito positivo.

Il margine di contribuzione lordo (anche detto di primo livello), se positivo, è un valore che rappresenta quanto quel prodotto è in grado di contribuire alla copertura dei costi fissi totali. I costi fissi sono costi di struttura che si sostengono a prescindere dai volumi di vendita realizzati nel medesimo periodo e, in questa configurazione, sono considerati nel loro ammontare complessivo che deve essere coperto dal margine di contribuzione complessivo (ci si riferisce ai costi fissi totali, specifici e comuni); al contrario se è minore di zero significa che non sono stati coperti nemmeno i costi variabili dei fattori produttivi necessari.

A tale proposito, si vuole sottolineare la valenza del margine di contribuzione a livello complessivo, anziché a livello unitario, in quanto i costi fissi si coprono con i volumi di vendita: maggiore è il volume su cui si ripartiscono tali costi, minore sarà la loro incidenza unitaria.

78 Si ricordi che il margine lordo di contribuzione è dato dalla differenza tra ricavi di vendita e costi

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Il margine di contribuzione semilordo79 (o di secondo livello), invece, se positivo, sta a significare che i volumi di vendita di quel prodotto hanno permesso la copertura dei costi fissi specifici di prodotto e che quel valore è destinato alla copertura dei costi fissi comuni. In questa configurazione i costi fissi comuni non sono ripartiti bensì considerati nel loro ammontare complessivo, che deve appunto essere coperto dal margine totale.

Il margine di contribuzione di primo livello viene impiegato nelle decisioni di breve che non comportano modificazioni nella struttura aziendale. Quindi, tale informazione non sarà impiegata, ad esempio, per decidere se eliminare un prodotto o chiudere un reparto produttivo.

Tra le possibilità di utilizzo del margine di contribuzione lordo vi sono le seguenti tipologie di decisioni80:

 accettare o meno un ordine;

 valutare se ridurre il prezzo a fronte di un aumento di quantità o viceversa;

 scelta tra vari ordini;

 scelta del mix ottimale81.

Nel primo caso si accetterà l’ordine qualora il margine sia positivo, negli altri si dovrà optare per l’alternativa che presenta il margine più elevato. Scegliendo la soluzione con margine positivo, a prescindere dal fatto che questo riesca o meno a coprire i costi fissi, sarà garantita la massimizzazione dell’utile ovvero la minimizzazione della perdita.

Per assumere decisioni di medio-lungo periodo si ricorre, invece, al margine di contribuzione semilordo. In questo caso, tale informazione sarà utilizzata per soluzioni che impattano sulla struttura aziendale, anche se la decisione sarà differita rispetto al momento in cui si rende disponibile il dato (ovvero il margine di secondo livello). Infatti, dato che l’effetto di tali scelte porta alla chiusura di un reparto oppure all’eliminazione di un prodotto dalla gamma, ecc., è necessario che la negatività del margine sia verificata in più occasioni, ovvero risulti immutata nel corso del tempo.

79 Mdc semilordo = Ricavi – Costi variabili – Costi fissi specifici.

80 Si veda AVI M.S., Controllo di Gestione, il Sole 24 Ore, Milano, 2003, pag. 52.

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Quanto alle possibilità di impiego del metodo del margine di contribuzione, Spranzi propende per un suo utilizzo in senso assoluto, giudicando scorretto il full costing calcolato secondo il criterio causale. Il suo «giudizio finale» discende dal fatto che “i criteri causali nascondono un errore […]: non tengono conto del fatto […] che i costi comuni sono costi fissi. La proporzionalizzazione dei costi comuni, la loro ripartizione sui prodotti, assume allora il seguente significato: i costi fissi vengono trattati come se fossero variabili”82.

A parere di chi scrive, la questione si discosta dalle riflessioni di Spranzi per i seguenti motivi:

 è evidente la preponderanza nella realtà aziendale attuale dei costi generali/comuni. Il fatto di non considerarli non è risolutivo del problema;

 premessa la rilevanza di tali costi, si rende necessario un modo per trattarli, anche se risulterà sicuramente semplificato o inficiato da un buon livello di soggettività;

 il fatto che i costi comuni vengano ripartiti secondo un criterio causale/funzionale è, innanzitutto, l’unico modo per evitare che nel calcolo dei costi regni la convenzionalità assoluta, precludendo a tal punto ogni possibilità di valutazione, inoltre questo metodo comporta la sola variazione della quota di costo comune da attribuire ai diversi oggetti, lasciandone però inalterato il totale (è questo che rende il costo fisso). Ciò nonostante, è innegabile che si realizzi, con riferimento alle singole quote, la c.d. proporzionalizzazione del costo comune;

 infine, si è più volte detto come la realtà aziendale sia talmente variegata e le esigenze decisionali così diverse che non si può decretare il metodo di calcolo ideale adatto a tutte le aziende.

Tuttavia, in un contesto in cui risultano preponderanti i costi di struttura, rispetto a quelli variabili, il margine di contribuzione non potrà essere «il metodo» di calcolo adottato dall’azienda. Al contrario, potrà essere utilizzato in aggiunta, dato che si è visto come sia particolarmente utile nelle decisioni economiche di breve periodo circa la valutazione di convenienza tra prodotti (mentre per quelle di

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medio-lungo periodo è opportuno considerare il margine di contribuzione semilordo).

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- CAPITOLO 3 -