• Non ci sono risultati.

Produzione: processo produttivo, questione degli scarti e gamma prodott

IL CASO SIRMA

4.2. Produzione: processo produttivo, questione degli scarti e gamma prodott

Un polimero è una macromolecola, ovvero una molecola costituita da un gran numero di gruppi molecolari. Nel campo della chimica industriale per polimeri si intende macromolecole di origine sintetica: materie plastiche, gomme sintetiche, fibre tessili, ecc. Sono dette materie plastiche quei materiali artificiali con struttura molecolare che in determinate condizioni di temperatura e pressione subiscono variazioni permanenti di forma5. In particolare, una delle categorie di materie plastiche che rileva nel caso specifico è quella dei polimeri termoplastici, ovvero materie plastiche che divengono malleabili sotto l’azione del calore.

Il polipropilene (PP) è un polimero che può essere utilizzato come plastica, per ottenere contenitori alimentari, cestelli per lavatrici, dosatori di sapone, interni

104

d’auto, paraurti, ecc., o come fibra, ad esempio per realizzare moquettes per esterni o interni.

I tecnopolimeri o engineering polymers (TP) sono materie plastiche caratterizzate da resistenza e rigidità tali da permettere di poterle utilizzare anche in sostituzione di metalli e dunque adoperabili per progettazioni ingegneristiche. I tecnopolimeri vengono impiegati dove sono richiesti particolari requisiti meccanici.

Le caratteristiche da conferire al materiale possono essere modulate in base alle esigenze del cliente e, a tale proposito, vengono solitamente realizzate delle campionature; può trattarsi di proprietà chimico-fisiche, meccaniche, termiche, elettriche, resistenza alla fiamma. Per fare degli esempi, possono essere realizzati compound autoestinguenti, materiali rinforzati (per sostituire i tradizionali metalli), compound resistenti all’urto e alle alte temperature.

PROCESSO PRODUTTIVO6

Innanzitutto, prima di parlare di processo produttivo è necessario identificare le materie prime necessarie nell’esecuzione dello stesso. In via del tutto generale, per ottenere il compound servono resine, additivi, master, cariche.

Una linea di produzione è costituita da:

 silos iniziali per il carico delle resine (ed eventualmente per additivi mescolati con resine già dall’inizio del processo),

 dosatore volumetrico,  estrusore,  vasca di raffreddamento,  soffianti,  taglierina,  metal detector,

 silos finali di raccolta del prodotto finito.

Il fulcro della linea di produzione è l’estrusore, ovvero una macchina usata soprattutto nell’industria delle materie plastiche, dal quale si ottengono forme di sezione costante prestabilite dalla forma della trafila e di lunghezza determinata dall'intervallo di taglio. Il prodotto finale delle linee di estrusione di Sirmax è il granulo. Un tipico estrusore utilizzato in ambito industriale (ad esempio per la

105

lavorazione di metalli e materie plastiche) è costituito essenzialmente da un cilindro (tubo di acciaio) all'interno del quale ruotano una o due viti7; nel caso specifico trattasi di estrusori bivite co-rotanti (le viti cioè ruotano in senso concorde).

Immagine 1: esempio di viti per estrusore

Innanzitutto vengono caricate le resine nei silos in testa alla linea e creata la miscela di colori dal dosatore volumetrico8, successivamente le resine e i coloranti vengono caricati nel dosatore dell’estrusore. Nei dosatori successivi sono invece inseriti gli additivi e le cariche. Un esempio di additivo è quello antifiamma che permette al prodotto finito di risultare ignifugo, qualora venisse a contatto con il fuoco nel processo produttivo a valle. Le cariche conferiscono al materiale le caratteristiche desiderate in termini di durezza, trazione, flessibilità, fluidità, ecc., e sono essenzialmente fibra vetro, sfera vetro, talco e carbonato.

All’interno dell’estrusore le due viti, che lo percorrono dall’inizio alla fine girando su sé stesse, comprimono il materiale entrato nella trafila attraverso i dosatori provocandone il surriscaldamento e quindi la fusione che comunque è favorita anche dalle resistenze situate lungo l’estrusore (servono a scaldare fino a 200°/300°). Verso la fine della trafila si trova un sistema di degassaggio, che appunto toglie i gas che si fossero creati durante la lavorazione. Infine, al termine dell’estrusore, vi è un filtro che consente di eliminare le impurità che potrebbero causare il blocco della macchina. Dalla testa dell’estrusore la materia plastica passa attraverso una piastra forata, dalla quale escono fili che entrano in una vasca di

7 Si parla quindi rispettivamente di "estrusore monovite" e "estrusore bivite".

8 Un dosatore volumetrico è una macchina con otto dosatori, ognuno dei quali contiene un master

di colore diverso, necessaria per creare il giusto tono di colore. In azienda tale macchinario è anche detto “Piovan”, dal nome del produttore.

106

raffreddamento ad acqua. Successivamente i fili passano in una soffiante per togliere i residui di acqua. A questo punto avviene il taglio dei fili all’interno della taglierina, ottenendo i granuli che vengono trasportati su una piattaforma vibrante costituita da due lamine di metallo forate sovrapposte, la prima ha i fori più grandi e trattiene i compound di dimensioni superiori a quelle ritenute conformi, la seconda ha fori piccoli che filtrano le polveri residue. I granuli conformi vengono analizzati da un metal detector per rimuovere quelli che dovessero presentare una percentuale di metallo non adeguata e infine fatti confluire all’interno dei silos situati al termine della trafila9. Quando il silos viene svuotato il materiale è insaccato in octabins oppure big-bags o ancora caricato direttamente in cisterna per il trasporto.

Da segnalare che sono state predisposte delle telecamere al termine dell’estrusore quando dalla piastra forata escono i fili che successivamente entrano nella vasca di raffreddamento. Nel momento in cui dovesse avvenire la rottura di un filo, questo causerebbe un accumulo di materiale nella vasca che bloccherebbe la trafila. In tal caso la telecamera rileva la formazione di un coagulo e fa scattare l’allarme in modo che l’operatore possa intervenire evitando rotture dell’impianto ed il blocco della produzione.

Due importanti impianti ausiliari che saranno citati in sede di costificazione sono l’insaccatrice, situata nello stabilimento di Tombolo, e la rompi-sacchi collocata nello stabilimento di Cittadella. Mentre a Tombolo l’alimentazione della linea produttiva, per quanto riguarda le resine, avviene attraverso dei silos interni situati in corrispondenza di ogni linea produttiva, a Cittadella avviene tramite silos esterni che trasportano il materiale a bordo linea grazie ad un sistema di trasporto pneumatico. La resina arriva dal fornitore in sacchi collocati su bancali; con l’impianto rompi-sacchi automatizzato vengono rotte le unità che compongono il bancale, vengono separati gli involucri dalla polvere ed infine un aspiratore convoglia la resina nei silos esterni.

L’insaccatrice, invece, viene utilizzata quando l’imballaggio scelto dal cliente è il bancale composto da sacchi di 25 kg, anziché octabin o big-bag. Dal silos collocato al termine della linea il prodotto finito viene comunque inserito in big-bags i quali,

9 Solitamente al termine della linea si trovano uno o due silos per il prodotto finito e uno dove viene

107

in questo caso, vengono disposti sull’impianto citato che in automatico li svuota e insacca il materiale.