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MARIELLA COLLINA

(Ascoli Piceno, 1940 - Falconara Marittima, 2004)

Maria Maddalena Collina, conosciuta come Mariella, è nata ad Ascoli Piceno nel 1940 e si è diplomata in grafica nel locale Istituto d’Arte. Sposata, si è poi dedicata alla famiglia senza mai abbandonare gli amati studi artistici, filosofici e poetici. Dopo aver aderito alla scuola ascolana del “Palazzetto Longobardo” e intrattenuto rapporti artistici con Dino Ferrari, Gaetano Carboni e Arnaldo Marcolini, si è trasferita ad Ancona, dove ha conosciuto Mario Pincherle e Wilna Segreto, che l’hanno introdotta nel mondo della teosofia. Dal 1999 ha frequentato corsi di scrittura poetica nel gruppo della “Scuola poetica Falconarese”.

Nel 2001 è stata relatrice all’incontro di Fabriano tra monaci e poeti marchigiani su “Poesia e Profezia”, dove è intervenuta sul tema “L’e-nergia dello Spirito nel cosmo”. Si è spenta a Falconara nel 2004 ed è uscito postumo il volume Poesie (Mediateca Editrice, Polverigi, 2005), che raccoglie testi in lingua e in dialetto ascolano.

La precoce vocazione artistica della Collina l’ha portata a confron-tare il linguaggio visivo e quello letterario con il risultato di fonde-re due forme espfonde-ressive complementari. In età più matura avviene il determinante avvicinamento alla teosofia, che le consente di maturare una diversa visione del mondo. Nei versi della Collina si percepisce un nucleo mistico, una sorta di pre-pensiero che cerca espressione nel vissuto. Tale entità noumenica poeticamente si sviluppa nella scansione dei versi che portano il lettore a un altrove straniante, in cui si esperisce una profonda unione con il tutto. La sua poesia è costituita da parole ricche di sonorità, tanto da far pensare a una musica sperimentale fatta di frequenze che si diramano su impercettibili lunghezze d’onda, alla ricerca di significati mai raggiungibili dalle capacità conoscitive umane.

L’autrice produce continuamente salti spazio-temporali mediante l’uso di ellissi e analogie, che alimentano slanci verticali di senso. Tuttavia in queste atmosfere rarefatte, quasi eteree, iperuraniche, appaiono figure umane, con gesti tratti dal quotidiano che spesso risultano essere la cifra poetica più alta nella scrittura di Mariella Collina.

Questa poesia, che potremmo definire neo-ermetica o neo-orfica, è il risultato di un minuzioso lavoro sulla lingua. Il passaggio della Collina dall’italiano al dialetto, innanzitutto, può essere un’interessante chiave di lettura per comprendere meglio i meccanismi creativi. A tal riguardo, nella prefazione a Poesie, Fabio Maria Serpilli appunta: «Se in italiano la poetessa […] ragionava, in dialetto intuisce e dove privilegiava l’a-nalisi, ora giunge a delle sintesi brucianti», aggiungendo: «Se il sotto-codice fisico e chimico […] con cui esprimeva la molecolare struttura del pensiero emergeva in lingua, in dialetto prevale l’elemento magico-fiabesco, dove l’impegno conoscitivo non viene apertamente dichiarato […]. Non più dunque l’affermatività algida quanto il passaggio spon-taneo dalla nota interiore a quella concreta. E anche la ricapitolazione del reale nell’atto intuitivo, in un unicum appena intravisto e subito riverberato in tanti frammenti». Le due forme espressive sono comple-mentari: «Nell’unità del tutto si realizza la funzione poetica. Nelle prove in dialetto si assiste a un duplice percorso: dal tutto al particolare e di nuovo all’universale in un processo necessitante. Il ‘bilinguismo’ di Ma-riella Collina designa anche una duplice funzione della poesia poiché l’aspetto di razionalità e maturità presente nelle opere in lingua, si muta in recupero della fantasia e della spontaneità nel dialetto».

Il movimento dialettico costituito da concetti opposti adatta in chia-ve personale la teoria del Cusano della coincidentia oppositorum che ri-flette la profonda diversità e la misteriosa unità del tutto. Le intuizioni della Collina quindi descrivono mondi vagamente intuibili, non tanto esterni, quanto più probabilmente interiori. Si potrebbe ipotizzare che i paesaggi reali, colti nel loro frammento, siano parte di una dimensione universale. Essi acquisiscono, come già accennato, una connotazione magico-fiabesca e strabordano dalle parole oltre i margini della pagina scritta, allagando l’ineffabile silenzio dello spazio bianco.

Della tradizionale funzione comunicativa si percepisce solo un se-gnale, una tensione costante che rimanda a una sensazione ancestrale:

una musica delle sfere, il suono, appunto, del cosmo, che l’orecchio umano non può cogliere, ma che custodisce nel proprio patrimonio genetico. La ricerca della Collina sembra tendere a questa scoperta as-surda, nella devozione totale alla propria arte.

Da Poesie

Sera È li òtte.

Mó se magna.

Da li persiane, de llà fore vè qua

l’udore de li case dell’addre.

‘Nu ‘ndrugghie buone, ‘mbastate da li frechì che piagne.

Sera - Sono le otto. / Ora si mangia. / Dalle persiane, / da fuori entra / l’odore delle case degli altri. / Un intruglio buono, impastato / dai bambini che piangono.

Primavera a San Marco De bbotta la vita e la morte se ‘ngandétte.

Pe’ ‘nu memènde me parette che l’eternità

fusce ‘nu fiore.

Primavera a San Marco - Di colpo la vita e la morte / si fermarono. / Per un momento mi sembrò / che l’eternità / fosse un fiore.

Poesia d’amore Tutte ‘sti cambanielle dentre lu còre

m’è ditte che tte vogghie bbè.

Brùsceme.

Poesia d’amore - Tutti questi campanelli / dentro al cuore / m’hanno detto che ti voglio bene. / Bruciami.

Cosmografia

Lu sènde ‘nfenite ‘stu fenìte.

Che rrebbìa sembre.

Cosmografia - Lo sento infinito questo finito. / Che ricomincia sem-pre.

D.N.A.

È venute li stelle e m’è ‘mbriacate.

“Fémmene brellecose fémmene mesteriose”

Pe’ quante trema ‘stu còre mié nen facce mutte, nen tósce.

D.N.A. - Sono venute le stesse / e m’hanno ubriacato. / “Femmine luccicanti / femmine misteriose” / Per quanto trema questo cuore mio / Non dico parola, né tossisco.

Il vento alto

Che’ lu viente ‘stu munne a scarduozze

fa li cucurumazze.

Ie ce stènghe llà mmiezze.

Da cima a funne.

Il vento alto - Con il vento questo mondo / a cartoccio / fa le capriole.

/ Io sono là in mezzo. / Da cima a fondo.

Disegno virtuale Ie lu vede bbielle.

Se tte devesse da dì com’è se tte devesse da dì come nen è nne lu sacce bbè.

Disegno virtuale - Io lo vedo bello. / Se ti dovessi dire com’è / se ti dovessi dire come non è / non lo so bene.

Il segno

Stènghe sola sola a penzà quante cammenà so’ fatte quante cammenà deve da fà.

Stènghe sola sola a segnà pe’ nensù viva

pe’ negnó morta.

Il sogno - Sto sola sola a pensare / quanto camminare ho fatto / quanto camminare devo ancora fare. / Sto sola sola a sognare / per lassù viva / per quaggiù morta.

Soprasensibile

Me piaceriè ‘nsaccamme dentre a qquele che nen pozze capì.

Nne lu pozze fà.

Dope che so’ ‘ndrata nen sacce ‘rrescì.

Soprasensibile - Mi piacerebbe insaccarmi dentro / a quello che non posso capire. / Non lo posso fare. / Dopo che sono entrata non so uscirne.

Adriano Calavalle, Rapporto Uomo natura n. 16, 1976, acquaforte, 495x490. Im-magine Manifestazioni “Falconara Arte 79”. Serie “Rapporto uomo-natura”, 1-16, 1970 -1976.

ANNA ELISA DE GREGORIO