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Le masse, la propaganda ed il legame con Le Bon

Sia nell’indagine della Arendt che in quella di Lederer viene sottolineato il legame che lega le masse il capo e la propaganda.

Per Lederer essa è il mezzo che serve a tenere unite le masse in ogni epoca storica e il ledear di successo deve tener conto di ciò costruendo un apparato apposito per la propaganda.

“La propaganda è un sistema per comunicare o esprimere un’impressione sul pubblico. Gli argomenti sono solo uno schermo dietro il quale si nasconde la propaganda.”81 Essa usa determinati argomenti solo se essi servono al proprio scopo e non per trovare la verità. I mezzi della propaganda sono secondo Lederer già noti ed espressi, da colui che definisce il “maestro della propaganda”, nel Mein Kampf: la propaganda non è uno scopo ma un fine e deve essere valutata in base a quanto essa permette di raggiungere quel determinato scopo. Hitler non menziona la verità che non viene considerata una caratteristica attribuibile alla propaganda. Essa deve in compenso essere popolare, non nel senso di educare e spiegare i concetti a tutti i fruitori, compresi quelli meno colti, ma essere limitata a pochi punti, i quali ripetuti abbastanza spesso rimangono impressi nell’animo delle masse. Le principali caratteristiche ritornano quindi ad essere quelle che già molti anni prima di Lederer, Le Bon aveva sapientemente individuato nella sua Psicologia delle folle: semplicità e ripetizione. L’importanza della propaganda diventa evidente per l’affermazione dei leader politici e per la trasformazione delle masse in fenomeno sociale duraturo. Questo tipo di attenzione costante impedisce la nascita di una

“contropropaganda” che possa mettere in pericolo i movimenti dei fascismi.

Così secondo Lederer accade sia in Italia che in Germania.82

Allo stesso modo, Hannah Arendt sottolinea l’importanza della propaganda per attrarre e conquistare la massa. Con essa si propugna l’ideologia, per mezzo del

81 Lederer, Lo Stato delle masse,cit., p.116

82 Ivi p.118

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terrore, una volta raggiunto il potere la propaganda viene sostituita dall’indottrinamento. Essa viene usata per rendere noti al mondo scopi e ideologie del movimento, ovviamente infarcendo tutti i discorsi di menzogne. La necessità della propaganda è data quindi, sia dalla pressione che il mondo esterno esercita sul movimento, sia dalla necessità di renderlo più forte. La Arendt la definisce parte della “ guerra psicologica”83, e sottolinea la sua connessione con il terrore, vera essenza del regime totalitario.

Come molti anni prima aveva sottolineato Le Bon, ”Così si spiega la forza straordinaria della pubblicità. Quando abbiamo letto cento volte che il miglior cioccolato è il cioccolato X… ci immaginiamo di averlo sentito dire spesso e finiamo con l’averne la certezza. L’affermazione e la ripetizione sono da sole abbastanza potenti per potersi fra loro combattere”84; anche la Arendt definisce la propaganda simile alla pubblicità: “l’insistenza della propaganda totalitaria sulla natura scientifica delle sue affermazioni è stata paragonata a certe tecniche pubblicitarie che pure si rivolgono alle masse. In entrambi i casi, nella pubblicità commerciale come nella propaganda pubblicitaria, la scienza è ovviamente soltanto un surrogato del potere monopolistico.”85

Il fatto che la propaganda abbia avuto un riscontro nelle masse è riconducibile alla volontà di queste di quest’ultime di evadere dalla realtà e rivoltarsi al buon senso.

La più efficace delle menzogne propagandistiche della Germania nazista fu la storia della cospirazione ebraica mondiale, teoria già esistente e che faceva presa sulla massa.

83 Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, op. cit., p.474

84 Gustave Le Bon, Psicologia delle folle, op. cit., p. 160

85 Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, op. cit., pp.476-477

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Nella storia europea quelle che venivano chiamate masse erano soltanto un

“casuale e provvisorio radunarsi di abitanti di città”86, non appena l’eccitazione veniva meno esse si disperdevano.

La novità apportata dal fascismo fu appunto nel suo basarsi sulle masse. I partiti fascisti non ammettevano una lotta contro gli altri partiti, ma si proponevano come partiti totalitari e insistevano sulla distruzione di tutti gli altri gruppi che professavano idee indipendenti, miravano, inoltre, alla distruzione della società e alla dissoluzione in una folla.

Per trasformare uomini e donne in individui massificati, esso deve appropriarsi di tutti i momenti privati della persona, controllare ogni idea ed ogni decisione, influenzare la vita in ogni suo aspetto.

In Italia, Mussolini aveva perfettamente intuito su quali punti basarsi per esercitare la propria influenza. Egli aveva accolto in pieno le lezioni di Le Bon e non aveva tardato a mettere in pratica i consigli di quello che potremmo anche definire “moderno Machiavelli”.

Mussolini disse in un’intervista di aver letto tutto le opere di Le Bon e aver riletto spesso il suo libro sulla folla. Scrisse pure nella sua autobiografia che si era interessato alla psicologia delle folle fin da primi giorni di scuola e che il libro che lo aveva maggiormente interessato era stato la Psicologia delle folle di Le Bon.

“Ho letto tutta l’opera di Le Bon e non so quante volte abbia riletto la sua Psicologia delle folle . E’ un’opera capitale alla quale ancora oggi spesso ritorno.”87

Mussolini fu quindi lusingato quando, preso il potere, Le Bon gli inviò delle lettere di felicitazioni e copie firmate dei suoi libri, e gli chiese pure una definizione di democrazia.88

86 Emil Lederer, Lo Stato delle masse,cit., p. 34

87 B. Mussolini, Opera Omnia, a cura di E. D. Summel, Firenze, 1954, vol. 22, p.156

3 Le masse moderne: l’Italia e gli insegnamenti di Le Bon

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“Rispondendo ad un inchiesta del grande sociologo Gustave Le Bon” asserisce durante un discorso scritto per l’Universal Service e venne pubblicato dal Popolo d’Italia del 29 luglio 1933 , “io ho un'altra volta definito la democrazia come la dottrina e il regime nel quale si dà l’illusione intermittente al popolo di essere sovrano. La democrazia in fondo non può che parlare, ma in questi tempi di crisi i popoli vogliono invece essere comandati.”89

La concezione estetica della politica Mussoliniana fu senza dubbio influenzata dall’opera di Le Bon, in particolare egli fu influenzato nel suo rapporto con le masse dalla concettualizzazione della folla e il suo appello per un leader forte.

Mussolini identificava le masse come il materiale di lavoro dell’artista che doveva necessariamente modellare e plasmarle. Negli anni della politica di massa, pur disprezzando le masse, Mussolini non sottovalutava l’importanza del rapporto che doveva stabilire con esse, tuttavia riteneva che il ruolo che ricoprivano fosse limitato a far emergere il politico-artista che le aveva modellate. Assimilava gli atteggiamenti della massa a quelli delle donne, e in base a questo si costruì un tipo di rapporto che viene definito “paternalistico”90, Mussolini era infatti il padre, il leader,il duce di ciò che le teorie definivano donna irrazionale, volubile ed incostante: la massa.

Anche in questo caso ritroviamo perfetta aderenza alle teorie di Le Bon: “ Le folle sono, dunque, femminili.” 91

Sempre sulla scia degli insegnamenti di Le Bon, Mussolini definisce la massa come un gregge che ha necessariamente bisogno di un leader per organizzarsi,e proprio per la sua natura femminea la massa aveva bisogno di un leader forte, tale appunto egli si definisce.

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Le Bon, Bases scientifiques d’una philosophil de l’histoire, Flammerion, Paris, 1931, p.291,cit. in Ginneken Jaap Ivan, Folla, psicologia e politica, Pieraldo studio, 1991, Roma

89 B.Mussolini, Scritti e discorsi, volume sette, Milano, Hoepli editore, 1934, p. 226

90 Simonetta Falasca Zamponi, Lo spettacolo del fascismo, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2003, p.47, tit.

orig, Fascist Spectacle: The Aesthetics of Power in Mussolini’s Italy, University of California Press, 1997

91 Le Bon, Psicologia delle folle, op.cit. p. 63

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Anche la composizione del movimento mostrava il suo carattere di massa: il primo censimento degli iscritti, evidenziò come tutti gli strati della società erano fusi insieme in una folla, “sindacalisti rivoluzionari, arditi, ufficiali smobilitati, soldati, giovani, fannulloni, criminali, ricchi e poveri intellettuali, agrari, artigiani, e tanti altri gruppi ancora.”92

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