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La psicologia di massa nell analisi del totalitarismo

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Academic year: 2022

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA

TOR VERGATA

FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA

Corso di laurea in Scienze della comunicazione

Tesi di laurea in

Storia del pensiero politico contemporaneo

La psicologia di massa nell’analisi del

totalitarismo

Relatore: Laureanda:

Chiar.mo prof. Gianni Dessì Bianca Maratea

Anno Accademico 2006/2007

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Indice

Introduzione 4

Capitolo primo: Psicologia delle folle di Le Bon

1 Introduzione 7

2 Psicologia delle folle 8

2.1 Caratteristiche della folla psicologica 9

2.2 I fattori che determinano le opinioni e le credenze delle folle 11

2.3 Classificazione delle folle 14

2.4 I capi delle folle 17

3 Considerazioni 21

Capitolo secondo: la psicologia di massa nell’ascesa del fascismo

1 Primo dopoguerra 23

2 Analisi di Freud 23 2.1 Cenni biografici 23 2.2 Psicologia delle masse e analisi dell’io 24

3 La figura dell’uomo massa 27

3.1 Ortega y Gasset:cenni biografici 27

3.2 La ribellione delle masse 28

4 La psicologia di massa nel fascismo 31

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3

4.1 Cenni biografici 31

4.2 Psicologia di massa del fascismo 32

4.3 Il ceto medio 34

4.4 L’importanza della psicologia collettiva 37

Capitolo terzo: Dall’avvento delle masse allo stato totalitario

1 L’età dei totalitarismi 39

2 Lo stato totalitario come stato delle masse e le analogie con le folle dell’800 40

2.1 Emil Lederer 40

2.2 Lo stato delle masse 41

2.3 Hannah Arendt 45

2.4 Le masse, la propaganda ed il legame con Le Bon 47

3 Le masse moderne: l’Italia e gli insegnamenti di Le Bon 49

3.1 I miti e le immagini del fascismo 51

4 Le masse moderne: la Germania e gli insegnamenti di Le Bon 56

4.1 La religione laica 58

4.2 I simboli 60

Bibliografia

63

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4

Introduzione

Risulta ancora attuale lo studio di una folla e le dinamiche che spingono un individuo a cambiare nel momento in cui si trova in alcuni contesti. Si possono citare numerosi casi in cui gruppi di persone riunite insieme compiono gesti che individualmente non avrebbero mai compiuto. Possiamo fare l’esempio di una partita di calcio, dove i tifosi riempiono gli stadi, creando episodi di violenza o di disordine che lasciano sbigottita l’opinione pubblica. Possiamo citare un episodio limite, ma che rende l’idea di come, lo studio delle folle sia ancora un tema molto interessante da trattare. Il 21 marzo 2004, il derby Lazio-Roma è stato sospeso per un’informazione sbagliata, qualcosa che non era accaduto ha provocato un’interruzione di una partita. Infatti, si era diffusa tra i tifosi la notizia della morte di un bambino per opera delle forze di polizia all’esterno dello stadio. Nonostante le smentite ufficiali, la folla di tifosi ha continuato a protestare fino ad ottenere la sospensione della stracittadina ed il rifiuto dei giocatori di continuare la partita. Non era importante se la notizia fosse vera o falsa, ma il “contagio” 1 tramite passa-parola ha raggiunto spettatori, addetti ai lavori, e giocatori. E l’unione di tutte queste persone in una sorta di “unica anima collettiva” ha avuto come effetto un risultato inaspettato ed imprevisto.

La folla “trascende” e questo accadeva nell’800 come oggi. E più si cerca di controllare queste esplosioni di violenza improvvisa più essa sembra esplodere.

Proprio l’attualità dell’argomento spinge a chiedersi perché un individuo si trasforma quando fa parte di una folla? Qual è il filo conduttore, il legame tra le folle di oggi e quelle di ieri? Se esse rimangono così facilmente influenzabili, allora dobbiamo temere gli effetti di questa influenza. Non sono troppo lontani gli errori storici compiuti per la supina accettazione della volontà delle masse.

1 Espressione utilizzata da Le Bon per indicare la diffusione di un’idea nella folla

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Perché folla vuol dire anche questo: conformismo. E allora è evidente come sia necessario saperne di più.

Lo studio della folla è uno studio multidisciplinare, che interessa in primis la psicologia, ma anche la giurisprudenza, le scienze sociali, la politica.

Per prima cosa, bisogna operare una distinzione tra i termini folla e massa, anche se per quanto riguarda la psicologia sociale sono spesso utilizzati come sinonimi.

Il concetto di folla indica propriamente “un raggruppamento di individui in uno spazio ristretto, un insieme reso omogeneo da un identico sentire e da una reattività elementare; nella folla l’individuo perde i tratti più personali e gli aspetti più evoluti mentre mantiene gli istinti primitivi. La folla è un’entità fisica, occasionale dinamica, la massa è un modo di essere un’attitudine stabile e statica.”2

L’utilizzo del termine massa per indicare gli studi della psicologia collettiva compare in epoca più recente, dal momento in cui viene tradotto in tedesco il libro di Le Bon e viene utilizzata la parola massa al posto di folla. Ciò causerà una sovrapposizione dei due termini in tutte le lingue.

Nonostante l’interscambiabilità dei due termini nella psicologia collettiva, gli studiosi si sono ritenuti d’accordo nell’operare una distinzione linguistica fra i due termini: la folla, rappresenta un insieme di individui presenti in un determinato momento ed in un determinato luogo, la massa, indica un modo di essere della società, che prescinde dalle differenze interne ed è considerata un insieme omogeneo che concettualmente viene contrapposto al concetto di élite.

Ciò non significa che siano state sottovalutate le profonde connessioni che esistono tra i due termini. La massa, infatti, per manifestare un dissenso si esprime attraverso la folla, la quale può rappresentare la “concretizzazione della presenza delle masse sulla scena della storia.”3

2 Marchese, Mancini, Greco, Assini, Stato e società, Firenze, La Nuova Italia, 1992, pp.246-247

3 Geremek, Masse in Enciclopedia Einaudi, vol 8, Torino, Einaudi, p. 830

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L’origine della psicologia collettiva la possiamo collocare alla fine del diciottesimo secolo con gli studi di Le Bon. Verrà esaminato nel primo capitolo della trattazione il suo testo più noto: la Psicologia delle folle, il quale ancora oggi rimane un testo attuale, sia per il poco sviluppo negli ultimi anni dello studio di questi fenomeni, sia per la natura delle folle che essenzialmente è proprio quella descritta da Le Bon. Nel secondo capitolo, si proseguirà con quelli che possiamo definire i suoi successori, Freud, Ortega y Gasset e Reich, i quali hanno trattato il tema della psicologia collettiva, in un’epoca storica diversa nella quale il processo di trasformazione in massa dell’individuo si stava attuando. Un’epoca dove la guerra aveva inciso e trasformato la società, rendendola sempre meno differenziata.

Nel terzo capitolo invece si cercherà di stabilire in che modo abbia inciso per i totalitarismi la presenza degli uomini- massa e in che modo i dittatori abbiano sfruttato questa presenza e quali tecniche abbiano desunto dal libro di Le Bon. Si cercherà quindi di delineare il profilo della folla dall’800 alla seconda guerra mondiale, analizzando i differenti contesti storici ed i comportamenti che essi hanno originato.

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CAPITOLO PRIMO: LA PSICOLOGIA DELLE FOLLE DI GUSTAVE LE BON

1 Introduzione

L'interesse per la psicologia delle folle in Francia deriva da una serie di fermenti sociali che vive in gran parte tutta l'Europa. Il progressivo processo di industrializzazione che spinge ad un massiccio spostamento della manodopera, dalla campagna alla città, fa nascere una nuova classe sociale: il proletariato industriale urbano. I salari molto bassi e le difficoltà nelle condizioni di vita, spingono questa classe

alla ricerca di un riscatto che spesso si tenta di attuare tramite sommosse o tumulti. Queste folle incontrollate che cercano di imporsi con la violenza sono oggetto di interesse da parte di numerosi

studiosi. Anche se priva di una vera impostazione metodologica la Psicologia delle folle di Le Bon fu l'opera più nota e più diffusa sul tema della psicologia collettiva. Pubblicata nel 1895, cerca di delineare i caratteri peculiari delle folle e ciò che occorre per guidarle. Proprio per questo, l'opera di Le Bon suscitò l'interesse dei dittatori totalitari del novecento. “Forniva loro delle formule ed è di questo che i politici vivono, come i cuochi di ricette.”4Così commenta il suo libro, la principessa Bibesco che ci fornisce numerose informazioni biografiche su Le Bon. Nato nel 1841 a Nogent – Le - Retrou, cittadina a sud-ovest di

4 P. Bibesco, Images d’Epinal, Parigi, Librairie Plon, 1937, pp.49-50

Figura 1 Il quarto stato

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Parigi, studiò al liceo di Tours, dove fu fra gli allievi mediocri. Si diplomò dottore in medicina, anche se la sua laurea fu spesso messa in discussione. Tra il 1866 ed il 1873 pubblicò numerosi lavori sull'anatomia, la fisiologia e l'igiene.

Compì numerosi viaggi tra Africa, Asia ed Europa di cui abbiamo testimonianza grazie alla dozzina di libri che descrivono queste esperienze. Pubblicò il primo libro di argomento psico - sociologico nel 1842 Les lois psychologiques de l'evolution des peuples. La sua strana aria da negromante, i toni autoritari ed una casa che assomigliava ad un “polveroso santuario”, lo rendevano un personaggio molto stravagante di cui il mondo scientifico dubitava. Il mercoledì sera soleva riunire filosofi, diplomatici e politici per una cena, in cui il padrone di casa imponeva argomenti di conversazione o addirittura procedeva con un vero e proprio interrogatorio agli ospiti presenti. “Il posto occupato da Le Bon nel mondo scientifico”scrive sempre la Bibesco “ era paradossalmente difficile da definire”.5 Negli ultimi anni della sua vita fu al centro della vita culturale e politica parigina. Ogni anno pubblicava una nuova opera che veniva subito tradotta in diciotto lingue. Morì a 91 anni, il 15 dicembre 1931, nella sua tenuta di campagna presso Parigi.

2 Psicologia delle folle

Il suo lavoro sulla psicologia delle folle accolse in parte le tesi dell'intuizionismo di Bergson, sulla scia di un movimento che affermava il primato del sentimento sulla logica razionale: “ La scienza” -egli dice- “ci ha promesso la verità, o almeno la conoscenza di quelle relazioni tra le cose che la nostra intelligenza è capace di affermare. Ma non ci ha promesso né la pace né la felicità.

Sovranamente indifferente ai sentimenti, non ode le nostre lagnanze: nulla potrebbe far risorgere le illusioni che essa ha distrutto”.6 La Psicologia delle

5 Ibidem

6 Le Bon, Psicologia delle Folle, trad. It., Milano, edizione Tea, 2004 (titolo originale Psychologie des Foules, 1895), pp. 35-36.

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folle ebbe un successo straordinario, rimanendo il libro a cui si fa più riferimento per ciò che riguarda la psicologia collettiva, sia per la novità del tema affrontato, sia per l'estrema semplicità e chiarezza del linguaggio, ancora oggi rimane un testo letto e pubblicato in tutto il mondo. Le Bon inizia il suo libro con un’analisi dettagliata dell'epoca attuale, era che definisce “delle folle”.7. Infatti, numerosi cambiamenti hanno contribuito a far sì che la voce della folla nell'epoca moderna sia divenuta “preponderante”.8 Le credenze religiose, politiche e sociali su cui si formava la vecchia civiltà stanno lasciando il posto a nuove idee, fondate sulla scienza e sull'industria. La potenza delle folle nasce dal progressivo peso che hanno assunto le classi popolari nella vita politica e dal graduale associarsi degli individui che permette la libera circolazione di pensieri fino ad allora puramente teorici. Ciò genera confusione in quanto le folle non sono portate al ragionamento ma propendono per le azioni violente. La storia insegna che le civiltà sono sopravvissute quando sono state governate da una piccola élite intellettuale e che il governo delle masse non ha mai prodotto buoni risultati. Proprio per cercare di evitare la dissoluzione che folle abbandonate a se stesse, senza dubbio porterebbero, Le Bon vede nel governo delle folle “l'unica risorsa dell'uomo di Stato che voglia non dico governarle (cosa divenuta ormai ben difficile) ma almeno non essere da esse interamente governato”.9. Il suo libro mira proprio a dare i primi ragguagli sull'argomento visto che i pochi psicologi che si sono occupati di ciò hanno approfondito solamente le folle di tipo criminale.

2.1 Le caratteristiche della folla psicologica

La folla psicologica non si forma semplicemente con la presenza di numerosi individui raggruppati simultaneamente nello stesso luogo. Solo l’influenza di

“emozioni violente” permette l'annullarsi della personalità dell'individuo e la

7 Ivi, p.33

8 Ibidem

9 Ivi, p.38

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fusione in una sorta di “anima collettiva”. Ciò porta la formazione di sentimenti ed istinti nuovi, che fanno agire l'individuo singolo in modo diverso da come agirebbe e penserebbe se non fosse parte di un aggregato. Le nuove caratteristiche psicologiche assunte dalla folla derivano da diverse cause.

Innanzitutto l'individuo, solo per il fatto di appartenere ad una folla acquista un

“sentimento di potenza invincibile”, che spesso mette a tacere il senso di responsabilità che solitamente frena alcuni istinti. Inoltre si propagano sentimenti ed emozioni tramite contagio, ma la causa principale del radicale mutamento dei caratteri peculiari di un individuo immerso in una folla è la suggestionabilità, che influenzerà l'individuo a compiere certi atti e che essendo identica per tutti viene aumentata reciprocamente, fino a rendere l'individuo

“non più consapevole” delle proprie azioni.

La folla risulterà sempre intellettualmente inferiore alla singola persona, ma ci si può solamente soffermare sulla criminalità che è solo una delle espressioni delle anime collettive. Infatti, si possono citare numerosi esempi dove l'appartenenza ad una folla ha reso gli individui più generosi o addirittura eroici. Non si può prevedere l'azione della folla, essa è guidata dall'inconscio, è “schiava degli impulsi ricevuti”10: non ammette ostacoli sulla propria strada.

Le Bon opera un’importante distinzione per ciò che riguarda l'intensità di impulsività e irritabilità delle folle; infatti, nelle folle Latine riscontra una passionalità più esplosiva rispetto a quelle Anglosassoni. Così come sono più sviluppati l'autoritarismo e l'intolleranza al punto che spesso viene distrutto nelle folle latine “quel sentimento di indipendenza individuale che è invece tanto potente presso gli anglosassoni.”11

Allo stesso modo entrambe però sono soggette ad un ragionamento che passa attraverso le immagini e le suggestioni più elementari. E così anche per le

10 Ivi, p.60

11 Ivi, p.79

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differenze sociali e culturali che vengono annullate, infatti “anche se si trattasse di scienziati illustri assumerebbero tutti i caratteri della folle”.12. Compresa la stessa esagerazione e semplicità nei sentimenti che possono rendere la folla

“capace di uccidere, di incendiare e di commettere ogni sorta di crimini”13, ma anche “di atti di sacrificio e di disinteresse molto più elevati di quelli che son di solito compiuti dall'individuo isolato.”14

Agiscono sulla base delle idee più contraddittorie o di immagini impressionanti e precise: non sono, infatti, i fatti ad impressionare la folla ma il modo in cui si presentano.

“Conoscere l'arte di impressionare l'immaginazione delle folle” -scrive Le Bon- ” vuol dire conoscere l'arte di governare”.15

Le folle suggestionate arrivano ad avere caratteri di convinzione che possono essere paragonati ai sentimenti religiosi, i quali portano all'adorazione dell'eroe o del capo politico, quasi esso fosse un dio. E' possibile citare molti eventi storici che si sono compiuti sulla scia di questa “forza religiosa”, ed in primis Le Bon, uomo del suo tempo, non può non menzionare la Rivoluzione. “Le violenze della Rivoluzione, i suoi massacri, il suo bisogno di propaganda, si spiegano solo se si considera che la Rivoluzione segnò il diffondersi di una nuova credenza religiosa nell'anima delle folle”.16

2.2 I fattori che determinano le opinioni e le credenze delle folle

Innanzitutto Le Bon distingue tra fattori remoti, in altre parole quelli che inducono delle trasformazioni nelle credenze e nelle convinzioni di una folla, e fattori immediati, i quali sono fautori di tutti i principali cambiamenti storici.

12 Ivi, p.67

13 Ivi, p.83

14 Ibidem

15 Ivi, p.98

16 Ivi, p.105

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Fra i fattori remoti alcuni sono comuni e generali per tutte le folle:

 La razza: viene considerato primario in quanto gli elementi di una civiltà sono propri di un determinato popolo e non possono essere trasferiti ad un altro.

 Le tradizioni: rappresentano tutto il passato di un popolo, la sua anima nazionale, e spesso mutano solo nella loro forma esteriore.

 Il tempo: ha la funzione di preparare le opinioni e le credenze delle folle.

 Le istituzioni: rappresentano il prodotto della razza, i popoli possono modificare il nome delle proprie istituzioni, ma non l'essenza.

 L'istruzione e l'educazione: citando Taine17, Le Bon opera nella descrizione di questo fattore una lunga dissertazione dove evidenzia la profonda differenza fra l'educazione latina e quella anglosassone. Infatti, mentre la prima è basata su “pappagallesca recitazione dei manuali”, la seconda predilige la pratica alla teoria con risultati, secondo Le Bon nettamente migliori. L'importanza dell'educazione deriva dal fatto che l'insegnamento dato ai giovani incide sul futuro del paese. L'anima delle folle quindi diventa migliore o peggiore a seconda dell'istruzione od educazione ricevuta.

I fattori che invece sono in grado di esercitare un'azione immediata nelle folle sono quelli che producono effetti istantanei sull'anima collettiva:

1. Immagini, parole, formule: utilizzare delle parole per arringare una folla, vuol dire creare una suggestione che passa attraverso le immagini. Infatti, più che sul significato della parola bisogna concentrarsi nel cercare di

17 Nel libro Le règime moderne, volume 2, 1894, Taine osserva come l’educazione nei paesi anglosassoni si basi sull’esperienza pratica e queste permette ai giovani di sviluppare idee che i francesi, chiusi nelle loro scuole e frenati da un’istruzione classica non potranno mai avere. Le nozioni sono troppe e troppo nozionistiche, per cui dopo qualche mese vengono facilmente dimenticate. L’allievo inglese o americano invece si forma grazie al tirocinio all’interno della fabbrica e ciò permette di sviluppare capacità tecniche e di diventare un individuo dotato di iniziativa. L’insegnamento risulta fondamentale per l’educazione di un popolo per questo vi si dovrebbe prestare più attenzione.

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capire le immagini che essa evoca. La stessa parola può trovarsi ad avere ruoli diversi a seconda dell'epoca in cui viene utilizzata.

2. Illusioni: un tempo prevalevano nell'anima della folla le illusioni religiose in nome delle quali si combattevano guerre ed innalzavano tempi; ora sono quelle sociali e filosofiche ad avere un ruolo preminente nell'azione pratica. Ciò non ha però spodestato dal loro ruolo quelle religiose a cui la filosofia non è stata in grado, per ora, di contrapporre un ideale altrettanto saldo come alternativa.

3. Esperienza: non basta una generazione affinché la successiva abbia imparato dalle esperienze della precedente ad essere più saggia e non commettere gli stessi identici errori. Per poter avere influenza essa deve essere ripetuta in più epoche.

4. Ragione: è sufficiente pensare ai secoli che si sono susseguiti pieni di superstizioni religiose per avere testimonianza di come i popoli spesso operino attraverso “grossolane associazioni di idee” più che per sillogismi corretti. Il bravo oratore, infatti, non cerca di far ragionare la folla, ma di suscitare sentimenti ed istinti.

Bisogna però operare una distinzione fra le credenze fisse, le quali come il fatto di appartenere alla stessa razza, sono determinanti per il comportamento di una folla, e le opinioni mutevoli, passeggere e derivanti dall'epoca in cui si vive.

Le credenze fisse presenti nell'epoca di Le Bon possono riscontrarsi nel principio di nazionalità e nelle nuove idee democratiche e sociali. Esse non sono state imposte dalla rivoluzione, infatti, le rivoluzioni possono solo eliminare credenze già quasi respinte e l'imporsi di nuove credenze genera cambiamenti importanti in quella folla. Infatti, al cambiare delle credenze fisse corrisponde un cambiamento nelle istituzioni e nel comportamento di un determinato popolo.

Nell'epoca moderna il socialismo sta cercando di soppiantare le credenze fisse della religione, ma dimostrerà in breve la propria illusorietà perché ciò che le ha

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permesso di sopravvivere per così lunghi anni è il fatto di prospettare una felicità ultraterrena e quindi l'impossibilità che ne derivava di dimostrare vero il contrario.

Facile è invece l'instaurarsi nella folla di opinioni mutevoli derivate dai concetti generali di ogni epoca. Esse hanno una durata brevissima ed anche le più importanti difficilmente superano lo spazio di una generazione.

Ci sono fondamentalmente tre ragioni per l'improvviso diffondersi di opinioni non durature:

Le antiche credenze si stanno indebolendo sempre di più e lasciano campo libero ad opinioni effimere;

Le folle possono manifestare liberamente e ciò le rende soggette ad un'estrema mobilità di idee;

La diffusione della stampa diffonde opinioni molto diverse fra loro. La stampa inoltre si è dovuta inchinare a subire tutti i mutamenti imposti dalla folla, da ciò deriva la straordinaria attenzione dei governi ai pensieri che si diffondono tramite l'opinione pubblica.

Questo diffondersi di idee diverse genera nella folla un'indifferenza ai concetti che prima venivano reputati fondanti di una generazione, infatti, si diffonde sempre di più l'estrema attenzione per quel che riguarda gli interessi immediati degli individui.

2.3 La classificazione delle folle

La classificazione delle folle operata negli ultimi capitoli della Psicologia delle folle, si sofferma principalmente sulla fondamentale differenza tra folle eterogenee ed omogenee. Le prime possono essere composte da individui qualsiasi che occupano ogni ceto sociale e di ogni professione.

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Il fattore che influenza la differenza fra questi tipi di folla è senza dubbio in primo luogo la razza, infatti secondo Le Bon, “l’anima della razza domina del tutto l’anima della folla”.18 Possono essere anonime, come le folle di piazza, o non anonime come le giurie, le assemblee parlamentari.

Le folle omogenee invece comprendono tre tipi di classificazioni:

1. Le sette: rappresenta il primo grado di organizzazione, possono essere religiose o politiche.

2. La casta: rappresenta il più alto grado di organizzazione di una folla, è formata, infatti, da individui di identica professione, che condividono quindi ambienti ed educazione. Può essere militare o sacerdotale.

3. La classe: composta da individui che hanno origini diverse che sono accumunati dalle medesime abitudini, interessi, educazione.

Nel parlare delle folle eterogenee, Le Bon si sofferma su diversi tipi cercando di applicare i parametri che precedentemente ha enunciato a dei casi specifici.

Inizia la sua rassegna con le folle “cosiddette criminali”19, delle quali giustifica le azioni considerandole guidate dalle suggestioni che alterano i sentimenti e la ragione degli individui. Nella Comune del 1871 sono numerosi gli esempi che si possono citare per osservare e studiare la crudeltà di questo tipo di folla.

Un altro esempio concreto di folla eterogenea sono le giurie nelle quali possono essere ritrovate tutte le caratteristiche di una folla, “suggestionabilità, predominio dei sentimenti inconsci, scarsa attitudine al ragionamento, influenze dei capi,…”.20

Per prima cosa, grazie a questo esempio risulta chiaro come il livello intellettivo dei membri di una folla sia assolutamente irrilevante quando deve essere presa

18 Ivi p. 198

19 Ivi p.201

20 Ivi p.207

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una decisione. Infatti, molteplici statistiche dimostrano che, nonostante la composizione diversa, le decisioni restano le stesse e sono basate più sui sentimenti che sui ragionamenti.

I giurati si fanno impressionare, in primo luogo, dal prestigio dell’avvocato, inoltre anche dal tipo di delitto commesso. I delitti passionali vengono giudicati meno severamente, probabilmente perché ritenuti meno dannosi per la società.

L’abilità dell’avvocato viene stabilita dalla sua capacità ad individuare i membri della giuria che poi guideranno gli altri nella decisione da prendere, e nel convertire le opinioni di quest’ultimi alla causa del proprio assistito.

Si possono poi portare ad esempio le folle elettorali, facilmente seducibili tramite il prestigio del candidato e le promesse esagerate. Metodi di persuasione basati soprattutto su immagini e formule, che permettono all’oratore di guidare le folle “come gli garba”.21

Viene affrontato il tema del suffragio universale, il quale è descritto come l’espressione dell’anima della razza della collettività, e come uno dei nuovi dogmi.

Allo stesso modo, si faranno guidare dal prestigio e dalla suggestione le assemblee parlamentari, le quali però sono esposte ad una suggestione duplice ed a volte contraria. Infatti, nelle decisioni di carattere generali sono influenzate sia dai capi sia dagli elettori e ciò provoca molta indecisione. Nei problemi locali, invece, le assemblee si dimostrano ben salde, non volendo contrariare gli elettori, in quanto ciò provocherebbe la perdita del voto nella legislatura successiva. Anche questo tipo di folla reagisce al prestigio di un capo che conosca l’arte di incantare la folla. Arte che non si fonda sull’intelligenza, che anzi potrebbe risultare controproducente in quanto ridurrebbe l’intensità e la semplicità delle orazioni, con spiegazioni logiche e pacate delle proprie ragioni.

Le assemblee spesso votano leggi che vengono preparate da un singolo

21 Ivi p.219

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individuo, uno specialista, e ciò permette la brillante riuscita della legge perché

“l’opera di una folla è dovunque e sempre inferiore a quella dell’individuo”.22 Esse rappresentano, nonostante ciò, la formula migliore di governo che presenta solamente due pericoli seri come gli sprechi finanziari e una restrizione progressiva delle libertà individuali. Il primo deriva dall’esigenza per i deputati di soddisfare gli interessi del popolo, anche se ciò è contro il buon senso. Ragion per cui se viene proposta una legge che graverà sul bilancio statale e quindi avrà come conseguenza l’aumento delle imposte, ma che apparentemente generi un beneficio economico, tutti i deputati si vedranno costretti ad approvarla.

Il secondo è dovuto all’aumento progressivo delle leggi e dei provvedimenti restrittivi che sembrano aumentare la libertà e l’eguaglianza, ma che in realtà limitano il cittadino proprio in ciò che prima era libero di compiere e di non compiere, a suo piacere.

Ciò genera una “casta amministrativa”23, che sfugge a tali cambiamenti.

2.4 I capi della folla

Le Bon parte dal presupposto che la folla ha sempre bisogno di qualcuno che la guidi, infatti, appena sono riuniti in gruppo gli uomini d’istinto cercano l’autorità di un trascinatore. Il compito che si assumono i capi è quello di padroni della folla,la cui “sete di obbedienza la spinge a sottomettersi per istinto a chi se ne dichiara padrone”24. Spesso il capo “non è un uomo di pensiero, ma di azione”.25Questi uomini, sono guidati da un’intensità di pensieri che si può paragonare solo ad una fede, che li può portare a sacrificare ogni cosa ed ogni affetto per le proprie convinzioni. Ed è proprio in questo che consiste l’opera dei grandi capi: creare la fede negli uomini. Sia essa una fede religiosa, politica e sociale, spingerà la folla a compiere azioni in suo nome e a sentirsi giustificata

22 Ivi p.242

23 Ivi p.246

24 Ivi p.155

25 Ivi p.152

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in ogni suo atto. Fra tutte le forze dell’uomo, infatti, proprio la fede è una delle più forti.

Per poter imporre la propria autorità, i capi utilizzano atteggiamenti dispotici che permettono loro di far valere la propria volontà con estrema semplicità. Se il capo della folla viene fermato essa si disperderà ridiventando una “collettività senza coesione”.26

Esistono due tipologie di capo della folla, l’una adatta per i colpi di mano e per trascinare le masse in determinati momenti, ma non nella vita quotidiana, con una volontà forte, requisito indispensabile, ma incostante; e l’altra con una volontà altrettanto forte, ma duratura che esercita un’influenza costante nel tempo.

Sono pochi i capi che possono appartenere alla seconda categoria, sono tali ad esempio, gli iniziatori delle grandi religioni o delle grandi imprese, come Maometto o Cristoforo Colombo, la tenace volontà che possiedono, è “una dote infinitamente rara e infinitamente potente”.27

I mezzi tramite cui i capi agiscono sono svariati. Il più semplice è senza dubbio, l’esempio, il quale però presuppone che la folla sia predisposta da circostanze precedenti.

Per diffondere idee e credenze, le quali sono più difficili da inculcare nell’animo dell’individuo, i capi agiscono seguendo principalmente tre procedimenti:

Affermazione: deve essere concisa, semplice, e priva di prove dimostrabili con un ragionamento. Tanto più essa possiede queste qualità, tanto più sarà efficace. I testi sacri, ad esempio, sono pieni di affermazioni semplici che rimangono facilmente impresse anche nell’individuo meno colto.

26 Ivi p.155

27 Ivi p.157

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Ripetizione: l’affermazione deve essere ripetuta il più spesso possibile utilizzando sempre gli stessi termini. Tale idea ha avuto una evidente conferma nella successiva diffusione della pubblicità, la quale penetrando nel nostro inconscio a seguito di numerose ripetizioni influenza le nostre azioni. Allo stesso modo, sentir ripetere sempre la stessa opinione su un individuo, su un’idea, su un ragionamento, non può non influenzare il nostro modo di pensare.

Contagio: una volta che l’idea si è inculcata nella nostra mente, essa si propaga formando una corrente di opinione. Tutte le emozioni sono suscettibili di essere propagate tramite contagio e ciò implica che idee, sentimenti, emozioni, credenze vengono facilmente trasmesse da membro all’altro della folla. Il contagio può anche verificarsi a distanza, senza la necessaria presenza di tutti gli individui nello stesso posto e nello stesso momento. “Così, per esempio, l’esplosione rivoluzionaria del 1848, partita da Parigi si estese bruscamente a gran parte dell’Europa.28L’imitazione è una diretta conseguenza del contagio. Le folle, infatti, non vengono guidate tramite argomentazioni profonde o ragionamenti, ma tramite modelli. In questo stesso modo nacquero le fedi nelle folle. Il contagio di un’idea si diffonde inizialmente fra gli strati popolari della popolazione per poi agire su quelli superiori, spesso anche contro gli interessi personali. Oggi questa idea può essere accettata se una folla è particolarmente predisposta ad essere contagiata. Prendiamo ad esempio le partite di calcio dove il contagio di un’idea si diffonde rapidamente influenzando tutta una folla. E’ un caso esemplare, forse perché oggi è uno dei pochi luoghi dove si crea aggregazione e dove gli individui si sentono parte di un tutto. 29

28 Ivi p.161

29 Esempi di come nelle folle che riempiono tutte le domeniche lo stadio si manifestino tutti quei caratteri che Le Bon attribuisce alle folle Ottocentesche, li possiamo ritrovare dal caso limite del derby Roma-Lazio sospeso per una diceria popolare di cui si è accennato nell’introduzione.

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Fondamentale per comandare ed incantare una folla è inoltre, il prestigio che i capi devono possedere.

Il prestigio può essere proprio anche di un’opinione o un’idea più volte ripetuta, la quale acquista questa misteriosa virtù, che genera negli uomini sentimenti di ammirazione e timore. “Il prestigio è una sorta di fascino che un individuo, un’opera, o una dottrina esercitano su di noi”.30

Questa qualità può essere personale, ovvero qualcosa di individuale, o acquisita, derivare quindi da un nome o da una reputazione. Il prestigio artificiale o acquisito è di gran lunga il più diffuso, infatti un individuo può acquistarne solo per il fatto di indossare un determinato abito o esibire determinati titoli, indipendentemente dal suo valore personale.

Il prestigio può inoltre essere associato ad una cosa o ad un’opinione, la sua caratteristica principale è quella di impedire all’uomo di esercitare liberamente il proprio giudizio. Ad esempio Le Bon cita l’opera di Omero che viene definita noiosa per un lettore ma assolutamente non criticabile per via del prestigio che essa esercita da secoli e secoli31.

Il prestigio personale, invece, è una facoltà assolutamente indipendente della quale sono dotati solo pochi, grandi uomini, i quali possiedono questa capacità carismatica di affascinare già da prima di acquisire potere.

Un esempio citato da Le Bon è quello di Napoleone che possedeva “una stupefacente capacità di affascinare”.32Ovviamente, oltre a possedere il prestigio, un uomo per diventare un grande capo deve essere in grado di utilizzarlo nel modo giusto, a quel punto avrà la folla ai suoi piedi e tutto gli sarà permesso.

Un’ idea dotata di prestigio sufficiente, viene immediatamente imitata dagli uomini e si impone come corrente di pensiero per un’intera generazione di

30 Ivi p.166

31 Ivi p.167

32 Ivi p,170

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individui in seguito al contagio. Nella maggior parte dei casi l’idea viene imitata in maniera inconscia, così come avviene nella maggior parte delle opere d’arte, nelle quali i pittori moderni riprendono senza rendersene conto, le idee antiche.

Molti, sono quindi i fattori che contribuiscono a creare prestigio, ma quasi sempre il più importante in assoluto è il successo.

“L’uomo che ha successo, l’idea che si impone, cessano, per questo solo fatto, di essere contestati, l’insuccesso, viceversa, distrugge sempre il prestigio.”33

Esso può essere annullato anche nel momento in cui viene messo in discussione, ma ciò non avviene se i capi conoscono la psicologia delle folle, in quanto essi sanno di dover mantenere la distanza dalla folla per poter essere da essa ammirati.

3 Considerazioni

La Psicologia delle folle termina con un’enunciazione di tipo evoluzionistico, che riprende le teorie di Spencer.

Le Bon arriva, infatti, a scrivere conoscendo le teorie di Spencer ed il passaggio da lui teorizzato da una struttura omogenea ad una eterogenea, con la consapevolezza quindi che, “quando un essere vivente o una collettività non riescono a superare un determinato gradino di complessità, all’evoluzione subentra la dissoluzione ed a una maggiore differenziazione succede una regressione a forme più elementari dello sviluppo.”34

L’origine della civiltà presentava in modo massimo tutti i caratteri psicologici della folla con un agglomerato di barbari, che diventeranno un popolo nel momento in cui acquisteranno un ideale comune, che permetterà lo sviluppo

33 Ivi p.175

34 Bodei, Destini personali. L’età della colonizzazione delle coscienze, Milano, Feltrinelli editore, 2002, p. 190

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della civiltà. Seguirà la perdita dell’ideale che riporterà gli uomini allo stato di barbarie in cui erano all’origine, facendoli ridiventare nient’altro che una folla.

“Passare dalla barbarie alla civiltà inseguendo un sogno, poi declinare e morire quando il sogno è finito, tale è il ciclo della vita di un popolo.”35

L’enunciato fatalistico con cui termina l’opera di Le Bon riassume la sua tesi dell’avvicendarsi di un periodo di inevitabile buio per tutta la civiltà.

CAPITOLO SECONDO: LA PSICOLOGIA DI MASSA NELL’ASCESA DEL

FASCISMO

35 Ivi p.251

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1 Primo dopoguerra

L’opera di Le Bon conobbe un rinnovato interesse negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale. Infatti, la guerra era stata la più “grande esperienza di massa”36 che la civiltà avesse fino ad allora vissuto. Circa 65 milioni di persone avevano cambiato la propria vita ed erano stati coinvolti in

“un’esperienza collettiva senza precedenti.”37Per questo la prima guerra mondiale viene definita “ il grande spartiacque comportamentale, emotivo, psicologico, fra due epoche.”38Gli uomini si erano abituati a vivere in gruppo, ad obbedire o a comandare, le donne a sostituirli nel mondo del lavoro, e tutti i valori tradizionali erano stati scossi. La politica subì l’effetto di una

“massificazione”. Per affermare le proprie rivendicazioni o anche solo per rivivere quella sensazione che nell’esperienza bellica aveva permesso all’individuo di non sentirsi solo, ma parte di un popolo, si sentiva il bisogno di far parte di un gruppo. E la politica reagì a questo bisogno con manifestazioni pubbliche che si basavano sulla partecipazione diretta dei cittadini e che rendeva le folle non più occasionali e momentanee, come quelle descritte da Le Bon, ma una massa organizzata e disciplinata. Gli studi sulla psicologia di queste masse cercano di dare risposta alle trasformazioni di questi anni. Analizzeremo di seguito i contributi di tre fra i principali continuatori della riflessione di Le Bon.

2 L’analisi di Freud

2.1 Cenni biografici

Considerato padre della psicanalisi Sigmund Freud nasce a Freiberg, in

36 G. Sabbatucci, V. Vidotto, Il mondo contemporaneo, Bari, Edizioni Laterza, 2005 p.298

37 Ibidem

38 Ernesto Galli Della Loggia, nell’introduzione a P.Fussel, La Grande Guerra e la memoria moderna, Bologna, Il Mulino, 1984 (titolo originale The great war and Modern Memory, Oxford 1975)

CAPITOLO SECONDO: LA PSICOLOGIA DI MASSA

NELL’ASCESA DEL FASCISMO

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Moravia, da genitori ebrei, che si trasferiscono a Vienna nel 1860. Laureatosi in medicina intraprende studi di anatomia del sistema nervoso. Nel 1882, per ragioni economiche, è costretto ad abbandonare la professione medica, dedicandosi alla psichiatria. Nel 1885, grazie ad una borsa di studio, si reca a Parigi, alla leggendaria scuola di neuropatologia della Salpetrière, diretta dal celebre Charcot. Questa esperienza assai intensa e l'incontro-conoscenza con il grande scienziato, lascia una profonda impressione sul giovane studioso. Grazie alla ricerca sull’isteria arriva alla scoperta dell’inconscio e quindi alla fondazione della teoria psicanalitica, che si configura infatti come psicologia abissale o del profondo.

Il suo lento e contrastato successo porta alla nascita della Società Internazionale di Psicoanalisi. Nel 1933 a Berlino i nazisti ormai al potere bruciano, in un rogo libresco tristemente famoso, anche le opere dell'ebreo Freud, complice oltretutto di una strenua resistenza all'avanzare della barbarie nazista. Nel 1938 lascia Vienna e si reca come esule a Londra, dove muore nel 1939 per un cancro alla mascella.

2.2 Psicologia delle masse e analisi dell’io

Sigmund Freud, secondo Moscovici, fu influenzato da almeno tre ragioni nell’occuparsi della psicologia di massa. L’ascesa dei partiti totalitari e antisemiti; la persistenza con cui in campo scientifico i fenomeni più diversi venivano interpretati in termini di suggestionabilità ed il risorgere dei suoi interessi per i problemi culturali che lo avevano affascinato nel periodo dell’adolescenza.39Freud partì da Le Bon per avviare una riflessione sulla psicologia collettiva. Nel suo saggio del 1921 Psicologia delle masse e analisi dell’io, egli dedica un intero capitolo alla Psicologia delle folle ed accetta le tesi principali della sua opera. Il suo scopo però è non tanto la descrizione delle

39 S.Moscovici , L’age des foules, Paris, Fayard, 1981, p.286

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masse40, quanto il ricercare una spiegazione del perché l’individuo soggiaccia alla massa. Freud non crede che sia la suggestione l’unica colpevole della profonda modificazione che l’individuo subisce all’interno di una massa. Egli propone una spiegazione basata sul concetto di “libido”41, sia perché ritiene l’Eros la forza più potente del mondo, l’unica quindi in grado di tenere insieme una massa, sia perché “se nella massa il singolo rinuncia al proprio modo di essere personale e si lascia suggestionare da altri,sembra farlo perché vi è in lui un bisogno di concordare con gli altri anziché di contrapporsi a essi, e quindi forse lo fa per amor loro.”42

Critica Le Bon per aver sottovalutato l’importanza della figura del capo, per non essersi soffermato sul particolare legame emotivo con i suoi seguaci e per aver attribuito troppa attenzione solamente al prestigio. Per Freud il capo è fondamentale nella creazione di una massa, e quando manca questa figura è sostituita da un’idea o da un desiderio comune condiviso da una molteplicità di individui. A sostegno di questa tesi, prende in considerazione due masse artificiali e permanenti nelle quali esiste un capo supremo e la convinzione che

“ami di amore uguale tutti i singoli componenti”43: la Chiesa e l’esercito. In entrambe, vige la medesima illusione: il Cristo nei riguardi dei credenti sostituisce il padre ed è indubbio che ogni legame che unisce il singolo al

Cristo è anche la causa del legame che unisce gli uni agli altri singoli. La stessa cosa vale per l’esercito: “il comandante in capo è il padre che ama in misura uguale tutti i suoi soldati ed è per questo che essi si chiamano camerati”44. La perdita del capo, provocherà la scomparsa dei legami che hanno fra di loro i

40 Il termine folla ha una connotazione dispregiativa che manca nel tedesco Masse. Freud nel suo Massenpsychologie und Ich-Analyse fa riferimento alla traduzione eseguita da Eisler, sebbene in un punto della sua opera effettui una distinzione che evidenzia il carattere di transitorietà e breve durata delle masse descritte da Le Bon e Sighele.

41 Per libido si intende l’energia di tutte le pulsioni attinenti a tutto ciò che può essere compendiato con la parola amore.

42 Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’io, tr.it., Torino, Boringhieri,1971 (titolo originale Massenpsychologie und Ich-Analyse,1921), p.88

43 Ivi, p.90

44 Ibidem

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seguaci. La formazione della massa per Freud è dovuta all’assunzione dell’Ideale dell’Io, nel momento in cui il singolo rinuncia al proprio ideale dell’Io per sostituirlo con l’ideale collettivo incarnato dal capo che genera una sensazione di trionfo ed onnipotenza. L’ideale dell’Io del singolo quindi perde di efficacia perché l’individuo aspira all’affermazione di un ideale che venga condiviso da tutti. Inoltre, il fatto di appartenere ad una massa e di avere un legame di tipo libidico sia con il capo che con i componenti, appaga nel singolo quel sentimento di giustizia sociale che si applica fra i membri di una folla. Non consentiamo infatti, a noi stessi molte cose, non tanto per non toglierle agli altri, ma per far sì che tutti possano ad esse rinunciare. Ovviamente il capo è fuori dall’aggregato e ciò gli consente di poter godere di tutti i privilegi e di non essere soggetto a nessuna “regola”.Tanto più si dimostrerà carismatico ed in grado di guidare la folla, tanto più gli si permetterà di poter agire indisturbato.

Ed oggi, con circa 90 anni che ci separano dal saggio di Freud, possiamo riconoscere l’attualità delle sue osservazioni anche nella politica odierna.

Freud mostra di non dare particolare importanza alla differenza fra masse organizzate e non, ritenendo anzi che nelle masse organizzate i legami interni siano anche più espliciti: varia solamente il livello di regressione che nelle masse artificiali può essere prevista ed impedita.

Nell’ultima parte del suo saggio Freud associa la massa ad un’orda primordiale , ovvero una società già anticamente sottoposta al dominio di un maschio forte.

In tale orda primordiale tutti i figli si sentivano ugualmente perseguitati dal padre primigenio, lo temevano ma sentivano il bisogno di essere dominati da una potenza illimitata.

“Il capo della massa è ancora sempre il temuto padre primogenio, la massa vuole ancora sempre venir dominata da una violenza illimitata, è sempre in misura estrema avida di autorità”.45

45 Ivi,p.125

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3. La figura dell’uomo-massa

3.1 Ortega y Gasset cenni biografici

Nato a Madrid nel 1883, Josè Ortega y Gasset può essere considerato uno dei protagonisti della storia intellettuale del ventesimo secolo. Nasce in un ambiente ricco di stimoli letterali, dal padre giornalista, la madre proprietaria di un giornale “El Imparcial”. Dopo studi classici si laurea a soli diciannove anni in Lettere e Filosofia a Madrid. Grazie ad una borsa di studio si trasferisce prima a Lipsia e poi a Berlino. Nel 1907 torna nella sua città natale per insegnare presso la Scuola Superiore del Magistero e si sposa con Rosa Spottorno, una giovane di buona famiglia. Il 1910 è l'anno della sua nomina di professore di metafisica all'Università Complutense di Madrid. Da questi anni inizia la sua intensa attività intellettuale divisa tra le sue aule e il periodico del padre. Scrittore appassionato e dalla forte inclinazione, subirà una grossa delusione con l'avvento di Franco e del suo regime dittatoriale. Allo scoppio della guerra civile del 1936, Ortega va, come molti altri, in esilio: dapprima a Parigi e nei Paesi Bassi e in seguito, constatando che la guerra civile non si avviava ad una rapida soluzione, in Argentina e quindi in Portogallo. Il suo nome e il suo enorme prestigio sono accolti ovunque con benevolenza, e questo gli permette di intervenire a favore del suo Paese e contro la dittatura, con conferenze e quant'altro, nelle sedi appropriate sperse un po' in tutto il mondo. Nel 1946 il governo franchista gli permette di tornare in patria. Ortega accetta, anche se ormai le sue condizioni di salute sono molto gravi. Dopo un intervento chirurgico non riuscito, muore a Madrid il 18 ottobre 1955.

3.2 La ribellione delle masse

Nel 1930, alcuni anni dopo il saggio di Freud, momento in cui il fenomeno dello sviluppo e del potere delle masse diviene estremamente evidente,Ortega y Gasset, constatava come l’uomo-massa stesse prendendo il sopravvento

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sostituendo al governo le minoranze, e quindi l’Europa stesse vivendo un periodo di profonda crisi con una fase che da il nome al suo saggio: La ribellione delle masse.

La società è sempre stata composta da due tipi di individui, qualificati e non:

minoranze e masse. La minoranza, è formata da individui i quali si separano dalla moltitudine per ragioni speciali; per massa invece il filosofo madrileno intende anche una sola persona, che però “sente come tutti”46. Questo tipo di massa non è come caratterizzata dall’effervescenza momentanea di cui parlava Le Bon, essa piuttosto è un modo di essere che ormai ha contagiato tutti gli individui:

“chi non è come tutti, chi non pensa come tutti corre il rischio di essere eliminato. Ed è chiaro che questo tutti non è tutti. Tutti era normalmente l’unità complessa di massa e minoranza. Adesso tutti è solo la massa.”47

Il tempo in cui vivono queste masse può essere considerato di maggior sviluppo rispetto a quelli passati, ma questa pienezza comporta anche una soppressione del desiderio che non può esistere se si possiede già tutto. Inoltre è un’epoca che non rimpiange nulla del passato e non riconosce in nessun momento un possibile modello. Una pericolosa epoca senza coscienza storica, nella quale si è perso il desiderio e l’interesse per tutto quello che è il passato.

La popolazione europea, con un’eccezionale crescita demografica, era passata dal 1800 al 1914 da 180 a 460 milioni di individui: solamente questo fenomeno basterebbe a evidenziare l’accresciuto benessere economico e la formazione di questa sorta di “pasta umana”.48

Sono tre i fattori che hanno permesso l’esistenza di questo nuovo mondo:

 La democrazia liberale

46 Ortega y Gasset, La ribellione delle masse, tr.it., Milano, Tea, 1988 (titolo originale La rebeliòn de las masas)

47 Ivi p.41

48 Ivi p.64

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 La scienza sperimentale

 L’industrialismo

L’uomo medio grazie a questi fattori si trova di fronte ad un benessere che gli permette di ottenere tutto ciò che desidera senza che questo gli comporti alcuno sforzo materiale. Da qui la sindrome del bimbo viziato49 e del signorino soddisfatto e la convinzione dell’origine naturale di tutto ciò che circonda le masse.50 Infatti, si è perso l’interesse per i principi che rendono possibile l’esistenza di alcuni strumenti,” l’uomo nuovo desidera l’automobile e ne gode però crede che è un frutto spontaneo di un albero edenico”51. Per questa assurda convinzione rimangono vuoti i laboratori di scienze, e gli scienziati che li popolano sono il prototipo dell’uomo medio. Specializzati in un unico argomento, hanno però tutta la petulanza di chi pensa di sapere, ma allo stesso tempo la competenza solo in un determinato ambito e ciò non li preserva da esprimere le proprie opinioni, con la convinzione di un sapiente e non di un ignorante. Non si riesce più ad interessare i più giovani alla ricerca, tesi solo verso un interesse consumistico si accontentano di vivere una vita uguale e ripetitiva.

L’uomo massa, inoltre, si sente perfetto e non sente il bisogno di paragonarsi con gli altri, preferendo crogiolarsi nella convinzione della propria completezza.

Si è perso il ricorrere alla discussione come strumento di intervento, lasciando spazio all’unico modo che questo tipo di uomo conosce per intervenire:

l’azione diretta, la violenza, l’ultima ratio52.

Movimenti tipici dell’uomo massa sono bolscevismo e fascismo, che rappresentano due “pseudo-aurore”53, che non hanno coscienza storica tale da

49 Ivi p.70

50 Si utilizza il termine “massa” per indicare un uomo inerte e non solamente come espressione di moltitudine.

51 Ivi p.87

52 Ivi p.82

53 Ivi p.96

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permettere la nascita di un movimento nuovo, non fanno i conti con il passato, condizione necessaria per superarlo.

Tipica di questi movimenti è la presenza forte dello Stato, il quale in un’erronea credenza viene identificato dall’uomo-massa con se stesso e ciò lo spinge a farlo funzionare con ogni pretesto: “la società dovrà vivere per lo Stato, l’uomo per la macchina del governo”54. Un esempio concreto si può ritrovare nell’enorme aumento in molti paesi delle forze di polizia, escludendo l’Inghilterra, che preferisce che lo Stato abbia dei limiti.

Spesso il saggio di Ortega è stato assimilato a quello di Le Bon, infatti sono numerose le affinità fra le due opere. Nello stesso modo i due autori difendono il valore dell’individuo, della persona, valore che vedono soccombere di fronte all’incalzare di un’età, e di una società in cui il collettivo predomina e soffoca il singolo55. Entrambi, ritengono che questo modo di essere dell’uomo lo spinga a diventare massa informe che un capo può governare. Le Bon vede in questo la fine della civiltà occidentale, mentre Ortega documenta una crisi che non è però sintomo di qualcosa di inevitabile. La salvezza si può ottenere grazie al governo delle minoranze, delle èlites, mentre il capo leboniano, è per Ortega solamente un altro uomo-massa che appunto sulla massa fonda il proprio potere. Il filosofo spagnolo ha un progetto, crede che una cultura collettiva possa aiutare la civiltà a salvarsi, per Le Bon la massa non è altro che un gregge che chiede di essere governato.

La riflessione di Ortega, che possiamo considerare ancora tristemente attuale, soprattutto per ciò che riguarda la perdita di originalità e lo sradicamento di tutto ciò che è anticonformista, ha suscitato un grande interesse ed ha influenzato in misura considerevole alcuni tra i maggiori studiosi contemporanei. Ed è ancora su questi tipi di riflessione che si basano le strategie, che noi oggi conosciamo bene, del marketing televisivo, elettorale, pubblicitario. Sulla convinzione di avere per pubblico una massa amorfa di individui uguali, privi di interessi

54 Ivi p.117

55 A.Mucchi Faina, L’abbraccio della folla:cento anni di psicologia collettiva, Bologna, Il Mulino, 1983

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particolari e di memoria storica. E quindi risulta evidente come sia impossibile una vera partecipazione dei cittadini sia alla politica, sia alla società se essi si accontentano di vivere la vita dell’“uomo-massa”. Oltre che per l’estrema lucidità della sua analisi è opportuno considerare come il linguaggio usato dal poliedrico filosofo madrileno sia assolutamente semplice e in grado di avvicinare anche il lettore meno colto alla lettura delle sue opere.

4 Psicologia di massa nel fascismo

4.1 Cenni Biografici

Wilhelm Reich (WR) nacque il 24 marzo 1897 a Dobrzcynica in Bukovina (attualmente in Romania) in una famiglia di agricoltori di lingua tedesca; quando nel 1920 era ancora studente di medicina, già era socio attivo nella Società psicoanalitica di Vienna.

Nel 1922 fu nominato Assistente della Clinica Psicoanalitica appena costituita dallo stesso Freud e nel 1924 divenne direttore del Seminario Tecnico.

Questo primo periodo fu contrassegnato, da un lato, dalla considerazione crescente da parte dello stesso Freud e di altri psicoanalisti per le capacità cliniche ed organizzative dimostrate da Wilhelm Reich, ma dall'altro dall'insorgere, graduale, di un'ostilità e di una divergenza di vedute fra quest'ultimo e l'establishment psicoanalitico per i suoi interessi politici. Nel 1930 Reich si trasferisce a Berlino per sottrarsi alla diffidenza e ai sospetti che su di lui gravavano da parte dei freudiani ortodossi: a Berlino milita in prima linea nel partito comunista tedesco. In rotta con il partito fin dal 1932 a causa della sua propaganda tra i giovani iscritti e per le posizioni propugnate nel saggio Psicologia di massa del fascismo Reich è anche bandito – nel 1934 –

Figura 2 WILHELM REICH

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dalla "Società psicoanalitica internazionale", mentre già si trova a vagabondare per l’Europa per sottrarsi al nazismo oramai dilagante. Nel 1939 si trasferisce negli Stati Uniti, dove inaugura una nuova fase della sua vita e della sua riflessione. In sintonia con Freud per quel che concerne l’eziologia sessuale dei disturbi nevrotici, ed in particolar modo con gli orientamenti del primo Freud Reich esprime il suo totale dissenso nei confronti della svolta operata da Freud in Al di là del principio di piacere e Il disagio della civiltà. Il periodo americano di Reich segna il suo distacco dal marxismo e soprattutto la ricerca dell’orgone, l’ipotetica energia cosmica bioelettrica primordiale imprigionabile in speciali accumulatori organici, di cui una manifestazione sarebbe anche l’energia sessuale. Si tratta di aspetti deliranti che contrassegneranno sempre più queste fantasiose e suggestive (nonché bizzarre) ricerche, fino alla morte di Reich – avvenuta nel 1957 in carcere, dopo esser stato condannato per ciarlataneria da un tribunale degli Stati Uniti (presunti) liberali e democratici.

4.2 Psicologia di massa del fascismo

Nel 1933 sulla scia della psicanalisi, Wilhem Reich tenta di superare nell’analisi della psicologia di massa il maestro Freud. La sua opera è importante perché rappresenta il primo tentativo sistematico di collegare la psicoanalisi alla critica socio-politica del capitalismo. Di conseguenza, egli si configura come il primo esponente della “sinistra freudiana”. Dopo aver perseguito l’ideale di un possibile connubio tra Freud e Marx, fu duramente attaccato dal maestro e messo al bando sia dalla socialdemocrazia austriaca che dal partito comunista tedesco (che giudicò borghesi - decadenti, nonché contro-rivoluzionarie le sue teorie).

Nel libro Psicologia di massa del fascismo pubblicato nel 1933, sostiene che un miglioramento della società è possibile solo se si affrontano i temi della psicologia di massa.

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Egli nella prima parte del suo testo costata come il fascismo fosse ormai divenuto fenomeno internazionale, superando in molti paesi il socialismo- rivoluzionario.

Ne evidenzia alcune carenze, soprattutto per non avere curato abbastanza la propaganda, e non aver quindi compreso la nuova realtà politica delle masse.

Il fascismo in quanto rivolto alla masse riusciva ad affascinare anche quella piccola borghesia che prima di Hitler aveva occupato un ruolo del tutto marginale. Le masse di lavoratori “economicamente caduti in miseria”56 presenti nella società tedesca tra il 1928 e il 1933, secondo Reich, mancavano di coscienza sociale. Infatti, sono state “proprio le masse impoverite a contribuire alla presa del potere da parte del fascismo, cioè della estrema reazione politica.”57Dalla crisi economica quindi, non è derivata una rivoluzione sociale, ma sono scaturite ideologie contrarie.

Reich compie un’attenta analisi delle elezioni del ’32 che conferivano il ruolo di primo partito tedesco al Partito nazionalsocialista che fino a pochi anni prima occupava un ruolo marginale nella vita politica tedesca. Egli spiega questa ascesa con il ruolo da protagonista ideologico occupato dal ceto medio piccolo- borghese. E rimprovera al marxismo il non essersi accorto della discrepanza esistente tra l’economia e l’ideologia degli uomini.

Per capire come un’ideologia o un fatto agisca sulla massa, si ha bisogno di spiegarlo attraverso la psicologia collettiva. L’ideologia sociale modifica nel profondo la struttura dell’uomo, diventandone parte, forza attiva. Ma ciò avviene con tempi molto più lunghi di quelli delle trasformazioni economiche, e da ciò si spiega come “la condizione economica non si trasformi immediatamente e direttamente in coscienza politica”.58

56 W.Reich, Psicologia di massa del Fascismo, Tr.it., Milano,Mondadori, 1977 (Titolo originale Die massenpsychologie des Faschismus, 1933) p.28

57 ibidem

58 Ivi p.34

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Le domande che si pone la psicologia sociale non sono nella ricerca di una spiegazione per un fatto isolato, non si chiede perché un affamato rubi o un operaio scioperi, ma perché la maggior parte di essi non compia nessuna delle due azioni.

Per dare risposte concrete si deve necessariamente tener conto di come siano state modificate le strutture mentali degli individui e preparate per avere una base su cui poter impiantare un’ideologia imperialista dopo la guerra mondiale.

Non si può semplicemente cadere nell’usurato cliché dell’offuscamento delle masse.

Per spiegare le azioni irrazionali compiute da individui in una massa, Reich introduce il tema della sessuo-economia sociale, basata sul fondamento sociologico di Marx e su quello psicologico del maestro, Freud. Questa scienza viene definita come un scienza essenzialmente psicologica di massa e quindi essenziale per la comprensione del fenomeno.

La repressione sessuale in alcuni casi porta, secondo Reich i membri di una famiglia ad orientarsi verso la destra fascista. Infatti, la repressione che avviene in quei casi in cui viene inibito un bambino, lo rende educabile in senso autoritario e quindi risponderà a stimoli che provengano da quel tipo di espressione.

4.3 Il ceto medio

La propaganda di Hitler negli anni 1928-1933 poggiava sul fatto che si possono infiammare le masse anche con una sola idea. I discorsi nazional-socialisti si distinguevano proprio per l’abilità con cui sfruttavano i sentimenti degli individui ed evitavano ogni possibile argomentazione obiettiva. L’effetto psicologico di massa ottenuto con questa concezione deve comunque basarsi sulla personalità degli individui che in quel momento compongono la massa.

Infatti, “solo quando la struttura della personalità di un capo coincide con le strutture individuali a livello di massa di vasti strati della popolazione un Fuhrer

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riesce a fare la storia”.59 Il fatto che milioni di persone non si opponessero all’oppressione ed anzi sostennero idee che andavano contro il proprio interesse si può spiegare solo psicologicamente a livello di massa e non politicamente o economicamente.

L’organizzazione di massa voluta da Hitler ha ottenuto successo non grazie alla sua figura, ma grazie alla struttura predisposta alla sottomissione all’autorità degli uomini a cui egli si rivolgeva, per questo Reich ritiene opportuno cercare la spiegazione di cosa fosse successo affinché le masse seguissero un partito “i cui obiettivi erano diametralmente opposti, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo, agli interessi delle masse lavoratrici”.60

Per quanto riguarda la base sociale in tutti i paesi in cui si manifestarono movimenti nazional-socialisti si basavano sulla piccola borghesia, il ceto medio rappresentava il nucleo centrale.

La psicologia di massa del ceto medio si caratterizza per la sua assoluta dipendenza dall’autorità, per la sua identificazione con il potere dello stato. Il rappresentante principale di questo strato della popolazione è il funzionario che si trova in una posizione intermedia tra i rappresentanti dell’autorità e coloro che svolgono un lavoro manuale.

“ Verso l’alto egli è sottomesso, ma verso il basso egli è il rappresentante di questa autorità e gode come tale di una particolare posizione di protezione morale”.61

Il carattere della piccola borghesia si origina dalla concezione che quest’ultima ha della famiglia, la quale riflette un sistema sociale di tipo autoritario. Essa, per Reich si basa sulla repressione e rimozione della sessualità, infatti, al suo interno il padre assumendo un ruolo autoritario trasmette ai figli la sottomissione

59 Ivi p.50

60 Ibidem

61 Ivi p.54

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