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di Massimo Proietti & Vincenzo Fortunato, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.

per precise responsabilità di alcune di esse. Nel loro intervento, gli autori ricordano il concetto di esternalità, intese come conse- guenze dell’attività d’impresa, quali l’inqui- namento o l’insorgere di costi sociali da esse prodotti, che nel “pensiero neoclassico” si ri- teneva le aziende non dovessero sostenere. Tale approccio per due secoli ha impedito che le imprese ricomprendessero tra le pro- prie strategie le dimensioni ambientale e so- ciale, creando di fatto la questione reputazionale che negli ultimi 20 anni è esplosa per molte società a livello interna- zionale.

Dal crollo della reputazione e dalle penali miliardarie per casi di illiceità dei compor- tamenti, al conseguente impatto sui conti il passo è stato breve, per cui la reazione di grandi fondi di investimento come Blac- krock è stata netta ed esplicita e ha contri- buito non poco alla nascita di indicatori cosiddetti ESG (Environmental, Social, Go- vernance), per la verifica continua della ca- pacità di un’impresa, quale sua precisa responsabilità, di produrre sviluppo soste- nibile nel lungo periodo, assieme alla sua ef- ficacia di generare valore da distribuire all’esterno del proprio perimetro di business.

2. Il ruolo delle Nazioni Unite

(SDGs)

La Conferenza delle Nazioni Unite sullo Svi- luppo Sostenibile del 2012 (Conferenza di Rio sui cambiamenti climatici) ha avviato il negoziato per la definizione dell’Agenda 2030 e degli SDGs (Sustainable Development Goals) con l’adozione del documento “Il fu-

turo che vogliamo” (The Future We Want). Per la prima volta in oltre 20 anni di media- zione da parte delle Nazioni Unite, è stato adottato da tutte le Nazioni un accordo vin- colante e universale sul clima, con una im- portante partecipazione dei governi, delle organizzazioni, delle imprese e della società civile.

Nel porre al centro dell’impegno comune lo sviluppo sostenibile e non più solo la cre- scita in termini meramente economici, l’Agenda 2030 rappresenta la conclusione del lunghissimo processo negoziale delle Nazioni Unite sul tema, iniziato nel 1987 con la pubblicazione del Rapporto della Commissione Mondiale su Ambiente e Svi- luppo (Commissione Brundtland) “Our Common Future” in cui, per la prima volta, venne introdotto il concetto di sviluppo so- stenibile.

Il 2015 è stato l’anno conclusivo di questo processo, culminato con due eventi che hanno definito diversi aspetti cruciali del- l’Agenda: la conferenza di Addis Abeba sul finanziamento allo sviluppo (luglio) e la Conferenza COP21 di Parigi sul cambia- mento climatico (dicembre). Il 25 settembre 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato l’Agenda 2030 per lo Svi- luppo Sostenibile, corredata da una lista di 17 obiettivi e 169 target che riguardano tutte le dimensioni della vita umana e del pianeta e che dovranno essere raggiunti da tutti i Paesi del mondo entro il 2030.

L’ONU esercita il controllo sull’effettiva adozione dell’Agenda 2030, grazie all’High- level Political Forum on Sustainable Develop-

ment che si riunisce annualmente a livello ministeriale presso il Comitato Economico e Sociale (ECOSOC) dell’ONU e ogni quat- tro anni presso l’Assemblea generale con la partecipazione di capi di Stato e di governo.

3. Il Piano d’azione UE per

l’affermazione di modelli di

crescita sostenibile

Come detto, le Nazioni Unite hanno dato il via a un percorso virtuoso che coinvolge Stati, istituzioni nazionali ed internazionali e imprese e che riguarda finanza, economia e politica; tuttavia anche l’Unione Europea ha giocato e gioca un ruolo di primaria im- portanza.

Il 28 novembre 2018 l’Unione, rispondendo alle richieste del parlamento e del Consiglio europeo, ha adottato una visione strategica a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutrale entro il 20504. L’obiettivo è quello

di raggiungere entro tale data un’economia a basse emissioni di carbonio, riducendo le emissioni di gas a effetto serra dell’80% ri- spetto al 1990, senza però ricorrere a crediti internazionali. Per raggiungere tale modello di economia sostenibile è necessario inve- stire su soluzioni tecnologiche innovative, ricerca e valide politiche industriali, trasfor- mando tutti i principali settori coinvolti nel cambiamento: dalla produzione di energia ai trasporti, dall’edilizia all’agricoltura. La strategia per il 2050 riguarda, in partico- lare:

- efficienza energetica; - energie rinnovabili;

- mobilità intelligente e pulita; - economia circolare;

- infrastrutture intelligenti e interconnes- sioni;

- bioeconomia;

- stoccaggio del carbonio.

L’investimento previsto è di circa 270 mi- liardi di euro entro il 2050, circa l’1,5% del PIL europeo all’anno; le imprese possono ottenere importanti incentivi in settori come economia circolare, R&D e partner- ship per l’innovazione.

L’8 marzo del 2018 la Commissione europea ha presentato il nuovo piano d’azione del- l’Unione Europea per finanziare la crescita sostenibile5, che si pone l’obiettivo di defi-

nire un framework e una tassonomia per gli investimenti sostenibili. In particolare, se- condo il piano, la finanza dovrebbe:

- riorientare i flussi di capitali verso inve- stimenti responsabili che promuovano una crescita responsabile e sostenibile; - gestire i rischi finanziari derivanti da

questioni ambientali e sociali, ad esem- pio l’esaurimento delle risorse naturali o i cambiamenti climatici;

- promuovere la trasparenza e la visione di lungo periodo nelle attività econo- mico-finanziarie.

Il perseguimento di questi obiettivi do- vrebbe far propendere gli investitori verso investimenti che garantiscano un solido ri-

4https://eur-lex.europa.eu/legal- content/EN/TXT/?uri=CELEX:52018DC077. 5 https://eur-lex.europa.eu/legal- content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52018DC0 097. 58

torno finanziario che non prescinda però dal miglioramento qualitativo di ambiente e società, incentivando una crescita sosteni- bile e di lungo periodo delle imprese.

4. L’evoluzione della

governance aziendale (dalla