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In termini tecnici il Decreto ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano l’ob- bligo per gli enti di interesse pubblico di grandi dimensioni1di redigere e pubblicare

una Dichiarazione di carattere Non Finan- ziario (di seguito anche “DNF”) che deve contenere, per ogni esercizio finanziario, in- formazioni relative ai temi ambientali, so- ciali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corru- zione attiva e passiva, volte ad assicurare la comprensione dell’attività di impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’im- patto dalla stessa prodotto.

Pertanto, la rendicontazione prevista dal Decreto non include solo le informazioni ri- guardanti il modello organizzativo e le per- formance socio-ambientali (come fino ad oggi richiesto dagli standard di rendiconta- zione volontari ESG più diffusi), ma im- pone l’obbligo di informativa anche con riguardo ai principali rischi e alle relative politiche adottate dall’impresa in campo ambientale, sociale, del personale, del ri- spetto dei diritti umani e della lotta alla cor- ruzione e non ultimo nei rapporti commerciali (tra gli altri, le catene di sub- fornitura e subappalto).

Le informazioni sui vari ambiti devono es-

sere rappresentate in modo che possano es- sere confrontate con quelle fornite negli esercizi precedenti e, ove opportuno, sono corredate da riferimenti alle voci e agli im- porti contenuti nel bilancio.

Ad ogni modo, la linea di fondo che ha con- traddistinto, tanto il legislatore comunitario quanto la disciplina di attuazione nazionale, è quella di un approccio flessibile al tema delle informazioni non finanziarie.

La flessibilità caratterizza contenuti e mo- dalità comunicative di tale informativa; in- fatti la legge consente alle società di scegliere se presentare la Dichiarazione di carattere non finanziario direttamente nel corpo della relazione sulla gestione (costituendone così una parte integrante), in una specifica se- zione espressamente contrassegnata come tale e nella quale inserire eventuali rinvii ad altre parti della relazione stessa o ad altri do- cumenti societari in cui sono fornite infor- mazioni non finanziarie, corredati dei riferimenti per reperirli sul sito internet della società; in alternativa, la Dichiarazione di carattere non finanziario può essere pre- sentata in un documento a sé stante (purché di pubblico dominio, ad esempio reso di- sponibile tramite il sito internet aziendale, e richiamato all’interno del bilancio). A prescindere dalla modalità comunicativa, tale Dichiarazione è soggetta a revisione le- gale ai fini dell’attestazione di conformità delle informazioni fornite rispetto alle pre- visioni del Decreto e ai principi, alle meto- dologie e alle modalità di rendicontazione dichiarate. Anche l’organo di controllo (col- legio sindacale) è tenuto a vigilare sull’os-

1Ai sensi dell’art. 16 del D. Lgs. 39/2010, rientrano nella

definizione di “ente di interesse pubblico” le società italiane emittenti quotate su mercati regolamentati italiani e del- l’Unione europea, le banche, le imprese di assicurazione, le imprese di riassicurazione con sede legale in Italia e le sedi secondarie in Italia delle imprese di riassicurazione extracomunitarie. Gli enti di interesse pubblico sono sog- getti alla pubblicazione della DNF qualora abbiano avuto, in media durante l’esercizio finanziario, un numero di di- pendenti superiore a 500 e, alla data di chiusura dell’eser- cizio, abbiano superato almeno uno dei due seguenti limiti dimensionali: a) totale dello stato patrimoniale: 20 milioni di euro; b) totale dei ricavi netti delle vendite e delle pre- stazioni: 40 milioni di euro.

servanza della norma e ne riferisce nella re- lazione annuale all’Assemblea.

Anche i principi di redazione della Dichia- razione e di calcolo degli indicatori non fi- nanziari non sono rigidi: il Decreto lascia libertà alle imprese di scegliere lo standard di rendicontazione da adottare, indivi- duando le metodologie di calcolo e i KPI più significativi e maggiormente descrittivi delle attività dell’impresa rispetto agli specifici temi di rendicontazione. Al riguardo, l’arti- colo 1, comma 1 del Decreto specifica che tali standard dovranno essere quelli “ema- nati da autorevoli organismi sovranazionali, internazionali o nazionali, di natura pubblica o privata, funzionali, in tutto o in parte, ad adempiere agli obblighi di informativa non fi- nanziaria”. Tra gli standard di rendiconta- zione diffusi a livello internazionale quello che risulta essere maggiormente adottato è il Global Reporting Initiative (GRI). Esso si caratterizza per due elementi rilevanti: è uno standard specifico per il reporting ed è ormai considerato un suitable criteria dalle società di revisione. Tuttavia, il Decreto con- sente anche alla società di adottare una me- todologia autonoma di rendicontazione, fornendo in tal caso una “chiara ed artico- lata descrizione della stessa e delle motiva- zioni per la sua adozione” (art. 3, comma 4). Con riferimento all’ambito di applicazione, il regime di trasparenza sulle informazioni non finanziarie si incentra sull’obbligo di redazione e pubblicazione di una Dichiara- zione che può essere individuale, cioè rela- tiva alla singola società, oppure consolidata, cioè relativa a un gruppo di società, la quale

è destinata a contenere una serie di infor- mazioni di natura non finanziaria.

In base all’art. 4 del Decreto, infatti, la Di- chiarazione consolidata deve comprendere i dati della società madre (rectius control- lante) e delle sue società figlie (rectius con- trollate) consolidate integralmente, “nella misura necessaria ad assicurare la compren- sione dell’attività del gruppo, del suo anda- mento, dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa prodotta”. Al riguardo, ancorché in ter- mini tecnici il perimetro definito dalla norma farebbe riferimento alle sole control- late consolidate con il metodo integrale, considerata la ratio della norma, rappresen- tata dalla necessità di “assicurare la compren- sione dell’attività del gruppo”, appare percorribile, in via volontaria, l’amplia- mento del perimetro di società considerate inserendo, a titolo di esempio, i joint arran- gement ed in particolare le joint operation oggetto di consolidamento proporzionale ovvero joint venture o collegate che risultano essere rilevanti anche nell’ambito degli obiettivi di sostenibilità che il Gruppo per- segue.

Questa scelta basata sulla significatività dell’informativa appare del tutto in linea con l’approccio tipico delle più qualificate esperienze internazionali in tema di rendi- contazione non finanziaria che si fondano sull’analisi di materialità quale regola prin- cipale per identificare le informazioni rile- vanti da fornire in relazione al profilo operativo dell’impresa, alle sue strategie, alle aspettative degli stakeholder, al contesto in cui opera, etc. In tal modo, questi obblighi

informativi assolvono al ruolo che gli è pro- prio e congeniale: fornire le informazioni si- gnificative sull’impatto dell’attività dell’impresa di natura diversa da quella fi- nanziaria.

A questo proposito vale la pena ricordare come il concetto della materialità dell’infor- mativa anche ai fini della definizione del pe- rimetro di intervento sia stato considerato dalla stessa Consob che ha ribadito come nella definizione del perimetro di consoli- damento le società madri possano utilizzare il principio di materialità per selezionare, tra quelle consolidate integralmente, le società da escludere dalla DNF; se pertanto vale il concetto di materialità ai fini dell’esclusione lo stesso appare valere ai fini dell’estensione volontaria del perimetro di intervento. In sintesi, è evidente come la rendiconta- zione non sia solo un semplice esercizio di compliance, bensì rappresenti l’ultimo e più recente tassello di un processo più ampio e organico che, partendo dalla raccolta e vali- dazione dei dati aziendali, permette di iden- tificare e gestire, con una visione omnicomprensiva, i principali rischi con- nessi all’attività aziendale. In questo modo, la sostenibilità entra a tutti gli effetti nel pe- rimetro di competenza della Direzione aziendale, determinando ricadute positive su una visione di sviluppo dell’impresa sem- pre più attenta ai temi ESG.

Pertanto, tutte le precedenti indicazioni sembrano delineare un percorso in cui vi è un superamento dell’ottica meramente vo- lontaristica che ha finora contraddistinto nel nostro ordinamento i temi della respon-

sabilità sociale d’impresa, per terminare in un ambito giuridicamente rilevante, seppur con i rilevanti profili di flessibilità indivi- duati dal legislatore nazionale.

Le esperienze in termini di