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CAPITOLO V STUDIO CLINICO

5.1 Materiali e metod

Sono stati selezionati otto pazienti con insufficienza respiratoria a diversa eziopatogenesi. I criteri di inclusione sono stati l’età > 18 anni ed

un’ipercapnia conseguente alla terapia ventilatoria protettiva o refrattaria alla risoluzione nonostante l’utilizzo della NIV (questo, in particolare nei pazienti con BPCO).

In tutti i soggetti è stato utilizzato un dispositivo per la rimozione extracorporea della CO2 (ProLung, Estor), dotato di un ossigenatore a fibre cave di 1.35 m2, un emofiltro posto in serie e volume di primig di 300 mL. È stato posizionato un accesso venoso con catetere bilume di 14 F. L’anticoagulazione del sistema è avvenuta con eparina a dosi comprese tra 6- 12 UI/Kg, impostando flussi ematici compresi tra 200-400 ml/Kg. La durata del trattamento è stata compresa tra le 6-24 ore a seconda delle necessità e del quadro clinico.

Per la valutazione dei risultati, visto il numero dei pazienti, è stato utilizzato un test t di Student per dati appaiati, con il quale si è studiata l’esistenza di differenze statisticamente significative della PaCO2 e del pH pre e post- trattamento.

Inoltre, per la stratificazione del rischio, si sono utilizzati tre indici importanti: • il sistema SOFA (Sequential Organ Failure Assessment, valutazione sequenziale di insufficienza d’organo), finalizzato a fornire una stima oggettiva della gravità dei pazienti in UTI considerando la funzionalità dei sei principali sistemi d’organo (cardiovascolare, respiratorio, renale, epatico, nervoso centrale e coagulativo).

• il sistema SAPS II (Simplified Acute Physiology Score) , che valuta alcune variabili fisiologiche (tipo d’ammissione, malattie croniche pre- esistenti, Glasgow Coma Scale, età, pressione arteriosa sistolica, frequenza cardiaca, temperatura rettale, PaO2/FiO2, volume urinario, urea plasmatica, sodiemia, potassiemia, bicarbonatemia, bilirubinemia, conta leucocitaria), registrando i peggior valori nelle prime 24 ore di degenza. Questo score prevede, sulla base del punteggio, la mortalità

ospedaliera (per esempio, 163 punti corrispondono ad una mortalità del 100%)

• il Murray Score, utlizzato in alcuni studi per sottoporre i pazienti alla circolazione extracoporea (in particolare l’ECMO). Si considerano il rapporto PaO2/FiO2, il numero di quadranti con infiltrati (alle indagini radiografiche), la PEEP e la compliance: solitamente, con un Murray Score ≥ 3 i pazienti sono trattati con ECMO.

5.2 Risultati

Nella tabella seguente sono stati riportate le caratteristiche all’ingresso nell’Unità di Terapia Intensiva dei pazienti inclusi nello studio.

N Sesso Età Ph PaCO2

(mmHg)

PaO2

(mmHg)

SAPS II SOFA Murray

Score 1 M 79 7.16 85.4 75 70 13 3.6 2 F 72 7.24 56 71 54 11 3.3 3 M 40 7.43 35 83 38 5 2.5 4 M 79 7.13 85 98 66 13 2 5 M 77 7.25 89.3 60.7 45 9 2 6 M 72 7.46 52 135 48 10 3 7 F 65 7.24 83.8 98.5 35 5 2 8 F 69 7.27 81 83 39 7 2 69.1±12 7.27±0.12 72.6±16.7 88±21.4 49.4±12.2 9±3 2.5±0.6

Nell’ultima riga si riportano medie±DS

Il paziente n. 1, dopo 12 ore di ventilazione protettiva (FiO2 80%, VT 6 ml/Kg, PEEP 14 cm H2O), viene sottoposto a ventilazione in modalità HFOV (FiO2 90%, ΔP 70 cm H2O, FR 5 Hz) e rimozione extracorporea della CO2. I valori EGA prima del trattamento sono: pH 7.28, PaO2 60.7 mmHg, PaCO2

61.5 mmHg. Inoltre l’emodinamica è sostenuta con noradrenalina (0.25 γ/Kg/min) e dobutamina (3 γ/Kg/min). Dopo 12 ore si osserva un netto miglioramento dei valori di PaCO2 (39.8 mmHg) e di pH (7.42), la riduzione delle amine (Noradrenalina 0.125 γ/Kg/min), con un peggioramento però dell’ ossigenazione (PaO2 45.1 mmHg). Dopo 24 ore dall’inizio del trattamento con HFOV e rimozione extracorporea della CO2, resta stabile l’ ossigenazione, mentre peggiorano l’ipercapnia e il pH e l’emodinamica diventa instabile fino all’exitus nelle 24 ore successive.

La paziente n. 2 viene ventilata con modalità protettiva (VT 6 ml/Kg, FiO2 70% e PEEP 14 cm H2O) per 24 ore e l’ EGA risulta: pH 7.21, PaO2 74 mmHg, PaCO2 63 mmHg. Viene pertanto cambiata la modalità ventilatoria in HFOV con mPaw 30 cm H2O e, dopo 12 ore, si osserva un netto miglioramento dei valori dell’ EGA: pH 7.38, PaO2 88 mmHg, PaCO2 49 mmHg; si riduce la FiO2 al 60%.

A 24 ore dall’inizio della ventilazione oscillatoria, l’ossigenazione risulta accettabile (PaO2 92 mmHg), ma peggiora l’ ipercapnia (PaCO2 61 mmHg), quindi la paziente viene sottoposta a rimozione extracorporea della CO2. Dopo 12 ore, il miglioramento degli scambi gassosi è netto: pH 7.41, PaO2 125 mmHg, PaCO2 40.9 mmHg.

A 24 ore dall’inizio della rimozione della CO2, vista la stabilità dei parametri, viene ripristinata la ventilazione protettiva al posto dell’oscillatoria e si continua la decapneizzazione per ancora 24 ore. Progressivamente si procede

al weaning dalla ventilazione e in 18a giornata la paziente viene dimessa dalla Terapia Intensiva con pH 7.41, PaO2 130 mmHg, PaCO2 35 mmHg.

Il paziente n. 3 all’ ingresso in Terapia Intensiva non presenta caratteristiche compatibili con diagnosi di ARDS, infatti i valori EGA sono solo lievemente patologici; le immagini radiografiche e TC non rilevano infiltrati polmonari, ma uno pneumotorace su base infettiva. E’ dunque evidente un danno polmonare grave. Dopo sei giorni, lo pneumotorace si è esteso bilateralmente e sono peggiorati gli scambi respiratori, pertanto il paziente è stato intubato e ventilato in modalità protettiva (FiO2 50%, VT 6 ml/Kg, FR 30 atti/ min, PEEP 7 cm H2O). Il miglioramento dell’ ossigenazione e dei valori di CO2 è stato immediato, però non è avvenuto lo stesso per le lesioni polmonari.

Infatti, nei dieci giorni successivi, si è osservato un peggioramento del danno polmonare, con la formazione di una fistola broncopleurica resistente e l’ estensione dello pneumotorace nonostante il mantenimento di adeguati scambi respiratori. Per questi motivi, si è passati a una ventilazione ultraprotettiva con FiO2 45%, VT 3 ml/Kg, FR 30 atti/min, PEEP 5 cm H2O,

associata a supporto extracorporeo di rimozione della CO2. In questo modo sono migliorati i valori emogasanalitici, ma è stato soprattutto possibile perseguire l’obiettivo di mettere a riposo il polmone, consentendo la guarigione delle lesioni persistenti.

Questo trattamento ha quindi consentito il miglioramento del quadro refrattario di pneumotorace bilaterale e la guarigione della fistola broncopleurica; inoltre, grazie anche alla successiva terapia antiretrovirale, a distanza di una settimana dal trattamento di rimozione extracorporea della CO2, il paziente è stato dimesso dalla Terapia Intensiva.

Il paziente n. 4 è inizialmente in respiro spontaneo con 5 L/min di O2 e meccanica respiratoria fortemente dispnoica. Dopo 48 ore, i valori emogasanalitici risultano essere: pH 7.24, PaO2 100.2 mmHg, PaCO2 63.9 mmHg. Si procede pertanto alla rimozione extracorporea della CO2, con immediato miglioramento (dopo 1 ora) dei parametri EGA: pH 7.28, PaO2 73.7 mmHg, PaCO2 48.5 mmHg. Dopo 6 ore, i valori risultano essere: pH

7.24, PaO2 102 mmHg, PaCO2 56 mmHg; la decapneizzazione viene interrotta per clotting del filtro.

Dopo 10 ore, il paziente è posto in modalità CPAP e presenta valori EGA di: pH 7.18, PaO2 102.2 mmHg, PaCO2 67 mmHg. Viene pertanto sottoposto nuovamente a decapneizzazione, che dopo 6 ore consente di registrare valori EGA di: pH 7.3, PaO2 67.1 mmHg, PaCO2 46.3 mmHg.

Successivamente a un episodio di improvvisa perdita di coscienza (GCS 5), si procede a intubazione oro-tracheale (dopo aver sedato il paziente) e si inizia

una ventilazione ultraprotettiva, con FiO2 40%, PEEP 5 cm H2O, VT 4 ml/Kg e FR 16 atti/min. I valori EGA risultano essere: pH 7.32, PaO2 153.6 mmHg, PaCO2 37.4 mmHg. Il paziente continua la decapneizzazione, con valori a 12 ore dall’ intubazione OT di: pH 7.31, PaO2 170.6 mmHg, PaCO2 43.2 mmHg.

Dopo ulteriori 24 ore di trattamento con Decap, questo viene sospeso per eseguire trattamento dialitico, con valori EGA di: pH 7.33, PaO2 82.3 mmHg, PaCO2 40.4 mmHg.

Nei giorni a seguire, il paziente alterna cicli di respirazione tramite tubo a T e ventilazione meccanica, mantenendo dei buoni valori emogasanalitici. Si iniziano cicli di respiro spontaneo. Nei giorni successivi si passa ad una ventilazione in modalità CPAP, sempre alternando cicli di respiro spontaneo. In 16a giornata, il paziente viene dimesso dal reparto di Terapia Intensiva di Cisanello, per essere trasferito presso la Terapia Intensiva del CNR: il paziente è vigile, cosciente e collaborante, tracheotomizzato e ventilato in modalità CPAP (FiO2 30%, PEEP 7 cm H2O); gli scambi respiratori appaiono buoni, con valori EGA di: pH 7.33, PaO2 157.2 mmHg, PaCO2 46 mmHg. Il paziente n.5, proveniente dal pronto soccorso, è ammesso in UTI con dispnea ed in stato soporoso: questo quadro è in probabile associazione con

un’insufficienza epatica acuta. Una volta sottoposto a BiPAP (FiO2 35%, Psupp 18 mmHg, PEEP 8 mmHg), i valori dell’EGA mostrano un pH 7.25, PaO2 60.7 mmHg, PaCO2 89.3 mmHg. Per questo motivo, il paziente è trattato con decapneizzazione che ha ridotto il valore della PaCO2 a 63.3 mmHg dopo 3 ore di trattamento; inoltre, si associa anche una normalizzazione del pH a 7.34. Dopo 6 ore di trattamento, l’EGA mostra: pH 7.3, PaO2 98.9 mmHg, PaCO2 75.9 mmHg. Alla 24a ora di trattamento, l’EGA risulta essere: pH 7.32, PaO2 60.1 mmHg e PaCO2 73 mmHg. La decapneizzazione è sospesa, anche se il paziente continua la BiPAP.

È stata eseguita un’ecografia toracica che ha mostrato un versamento pleurico a livello del lato destro, confermato dalla radiografia del torace. Per questo motivo, è stata eseguito un drenaggio, grazie al quale si sono rimossi 2200 ml di liquido, con conseguente miglioramento della funzionalità respiratoria. Nei giorni seguenti, il paziente è rimasto in respiro spontaneo con maschera di Venturi (FiO2 al 30%); gli scambi gassosi rimangono accettabili con pH 7.33, PaO2 75.2 mmHg, PaCO2 57.3 mmHg. Il paziente si mostra cosciente, collaborante e dopo una settimana dal trattamento con rimozione extracorporea della CO2, sono state posizionate le cannule nasali (O2 2

L/min). I valori EGA mostrano: pH 7.45, PaO2 51.9 mmHg, PaCO2 44.2 mmHg; visto il quadro clinico, il paziente è stato dimesso e trasferito in Pneumologia con le cannule nasali (O2 1 L/min).

Il paziente n. 6 accede in UTI, in seguito ad un intervento di segmentectomia epatica, dopo aver sviluppato (alla quarta giornata di decorso post-operatorio) un episodio di insufficienza respiratoria acuta con ipotensione ed acidosi lattica. Si esegue una TC, per ricercare una sospetta embolia polmonare, che viene confermata dalla presenza di due trombi nell’arteria polmonare. Il paziente si presenta sedato, intubato e ventilato meccanicamente in modalità protettiva con VT 5.5 ml/Kg, PEEP 10 cm H2O e FiO2 50%; i valori EGA presentano un pH 7.46, PaO2 135 mmHg e PaCO2 43 mmHg. Dopo circa 6 ore, gli scambi gassosi si mostrano peggiorati, in quanto l’EGA mostra: pH 7.39, PaO2 121 mmHg e PaCO2 52 mmHg. In seguito a ciò, si decide di sottoporre il paziente a decapneizzazione, in associazione ad una ventilazione meccanica ultraprotettiva con VT 4.2 ml/Kg, PEEP 9 cm H2O e FiO2 40%. Già dopo un’ora, mantenendo lo stesso setting ventilatorio, i valori emogasanalitici sono migliorati con pH 7.45, PaO2 108.2 mmHg e PaCO2 42.6 mmHg. Dopo 24 ore di trattamento, viene interrotta la decapneizzazione, visto che gli scambi respiratori si mostrano in miglioramento. Il giorno stesso si tenta, con successo, lo svezzamento del paziente dalla ventilazione; a distanza di 10 giorni dall’utilizzo della rimozione extracorporea della CO2, è avvenuta la dimissione.

La paziente n.7, proveniente dal pronto soccorso, è ammessa in UTI con dispnea ed in stato soporoso. Dall’anamnesi patologica remota si rileva una BPCO, diagnosticata da ormai 12 anni; i valori EGA all’ingresso mostrano pH 7.21, PaO2 98.5 mmHg e PaCO2 83.8 mmHg (la paziente è in respiro spontaneo con 3 L/min di O2). Si decide di utilizzare la CPAP (FiO2 40% e PEEP 8 cm H2O) e dopo tre ore gli scambi respiratori sono lievemente migliorati; infatti, i valori emogasanalitici mostrano un pH 7.24, PaO2 100.2 mmHg e PaCO2 63.9 mmHg. Di conseguenza, si sottopone la paziente alla decapneizzazione e già dopo 2 ore di trattamento, si ha un notevole miglioramento (pH 7.34, PaO2 98.9 mmHg e PaCO2 44.6 mmHg). Alla sesta ora di trattamento, la rimozione extracorporea della CO2 è interrotta (pH 7.33, PaO2 103.4 mmHg e PaCO2 53.1 mmHg) poiché si rileva un valore di emoglobina ridotto (6.1 g/dl). Viene eseguita un’ecografia toracica, nella quale si evidenzia la presenza di un versamento pericardico di natura ematica; la TC, richiesta per ulteriori accertamenti, mostra la presenza di fibrina nel contesto del versamento, facendo pensare che quest’ultimo non sia di recente

insorgenza e che non sia associato all’utilizzo dell’eparina nel circuito della decapneizzazione.

Nei giorni successivi, la paziente rimane in respiro spontaneo con maschera di Venturi (FiO2 35%) e mantenendo dei buoni scambi respiratori. Viene dimessa quattro giorni dopo l’utilizzo della decapneizzazione e inviata in Pneumologia con le cannule nasali (O2 3L/min).

La paziente n.8 ha una storia clinica simile alla precedente. Viene ammessa in UTI,in seguito ad un’improvvisa alterazione dello stato di coscienza (proviene dal pronto soccorso). Anche in questo caso, all’anamnesi patologica remota risulta una diagnosi di BPCO da circa 10 anni. La paziente è in respiro spontaneo con 2 L/min di O2 e presenta dei valori emogasanalitici con pH 7.27, PaO2 83 mmHg e PaCO2 81 mmHg. Di conseguenza, si decide di iniziare una NIV, cui segue l’utilizzo della decapneizzazione, poiché gli scambi respiratori non mostrano miglioramenti. Alla terza ora di trattamento, i valori EGA mostrano: pH 7.36, PaO2 93.7 mmHg e PaCO2 49 mmHg; la rimozione extracorporea della CO2 è sospesa dopo 6 ore di trattamento, visto

l’esito positivo degli scambi gassosi. La paziente è stata dimessa tre giorni dopo l’accesso in terapia intensiva e inviata in Pneumologia.

5.3 Discussione

L’osservazione di questi pazienti ha permesso di estrapolare alcuni informazioni importanti sull’efficacia e la sicurezza della decapneizzazione, riferendoci a due diverse patologie: ARDS e BPCO (in particolare, utilizzando tale metodica nelle riacutizzazioni). Nella prima, l’uso delle tecniche di rimozione extracorporea della CO2 è oramai consolidato; per quanto riguarda la BPCO, come già affermato precedentemente, gli studi in letteratura sono pochi e piuttosto recenti (i primi sono stati pubblicati nel 2009).

Il trattamento di rimozione extracorporea della CO2, introdotto a partire dagli anni Ottanta, ha subito delle modificazioni tecniche, grazie alle quali si è ridotta l’invasività della metodica. Infatti, fino alla metà degli anni Novanta, si utilizzavano due cannule da 21 F, mentre attualmente si utilizzano cateteri coassiali di 13-14 F. Si è ridotta anche la superficie della membrana di

scambio dei gas, che da 9 m2 è passata a 1.35 m2; nel circuito si è aumentata la capacità di estrazione della CO2 grazie alla presenza di un sistema di prediluizione dato dal passaggio di sangue attraverso un emofiltro, il quale separa la fase liquida del sangue immettendola a monte dell’ossigenatore. Tutte queste modifiche hanno reso il dispositivo più maneggevole e più semplice, garantendo una gestione con meno problematiche (rispetto all’ECMO), anche per la ridotta incidenza di effetti collaterali, vista la necessità di un’anticoagulazione minima.

In letteratura, gli studi che mostrano i numeri maggiori riguardo l’utilizzo della rimozione extracorporea della CO2, fanno riferimento principalmente a pazienti con ARDS [106][107][111][122]. Applicando la più recente definizione della sindrome da distress respiratorio (Berlino, 2011), risulta che i primi due pazienti osservati appartengono alla forma di ARDS grave. Il primo (n.1) è deceduto anche perché già all’ingresso in terapia intensiva presentava una MOF ed inoltre all’anamnesi risultavano delle comorbidità gravi, come la BPCO, la vasculopatia sistemica ed il lungo periodo di ventilazione meccanica prima dell’osservazione. Inoltre, bisogna anche specificare che la BPCO costituisce un criterio di esclusione all’utilizzo della decapneizzazione in pazienti con ARDS, come si evince da alcuni studi presenti in letteratura (tabella)

Studio Criteri di esclusione Brunet 1993 Età < 15 anni e > 60 anni;

immunodepressione (neoplasie, AIDS, leucemie); BPCO grave; scompenso cardiaco; ustioni maggiori; malattie emorragiche

Terragni 2009 Età < 18 anni; esordio > 3 giorni; PCWP >18 mmHg; FV; tachiaritmia; angina instabile; IMA entro 1 mese; BPCO; anomalie gabbia toracica; drenaggio toracico; distensione addominale; BMI > 30; gravidanza; anomalie intracraniche

Sia il paziente n.1 che il n.2 sono stati sottoposti a ventilazione oscillatoria, in seguito al fallimento della ventilazione convenzionale. Come già detto in precedenza, gli studi sull’utilizzo della HFOV danno risultati contrastanti; in generale, è importante sottolineare che questa particolare tecnica ventilatoria necessita di una profonda sedazione e della curarizzazione del paziente. Più nello specifico, i dati della mortalità a 30 giorni variano dal 43% [97] al 66% [94]; nonostante ciò, si assiste ad un miglioramento dell’ossigenazione. Anche nei due pazienti osservati si è determinato un aumento della PaO2, mentre il peggioramento dell’ipercapnia può essere gestito in maniera efficace con la rimozione extracorporea della CO2, garantendo, nel complesso, l’adeguatezza degli scambi respiratori. Questi risultati sono in linea con quanto mostrato da uno studio risalente al mese di ottobre del 2012 (presentato al 25o congresso annuale dell’ESICM), nel quale si evidenzia che, nei pazienti con ARDS grave, l’utilizzo della HFOV come terapia di salvataggio può migliorare gli scambi gassosi, permettendo l’utilizzo di una ventilazione protettiva. Questo studio mostra anche che in conseguenza dell’uso di piccoli volumi, si possono determinare degli episodi di acidosi respiratoria opportunamente gestiti con la decapneizzazione; il miglioramento dell’ipercapnia e dei valori di pH a 1 e 3 ore sono mostrati nella tabella seguente.

Anche i risultati di questo studio sono confortanti, permettendo di ipotizzare l’eventuale utilizzo della ventilazione oscillatoria in quelle situazioni in cui la normale ventilazione protettiva non sia efficace, anche in associazione alla rimozione extracorporea della CO2.

Il paziente n.3 non rientra nei criteri classificativi dell’ARDS e ha delle caratteristiche cliniche che per i principali lavori rappresentano dei criteri di esclusione al trattamento: in particolare si fa riferimento alla grave immunodepressione da HIV [111][122]. L’uso della decapneizzazione ha rappresentato comunque un successo, poiché ha permesso l’utilizzo di una ventilazione ultraprotettiva (VT 3 ml/Kg), garantendo il riposo polmonare necessario alla risoluzione della fistola bronco-pleurica.

I pazienti n. 4, 5, 6, 7, 8 possono essere considerati assieme, poiché in tutti si è richiesto il ricovero in UTI in seguito ad un episodio di riacutizzazione della BPCO. Gli studi, presenti in letteratura, che hanno mostrato l’efficacia della rimozione extracorporea della CO2 in questa condizione clinica, non sono numerosi; inoltre, sono anche recenti, a testimoniare la novità dell’utilizzo della decapneizzazione in questo ambito, che potenzialmente potrebbe diventare il principale, considerando l’elevata prevalenza della BPCO nella

popolazione. La logica con la quale è stata proposta questa opzione terapeutica, sarebbe la ricerca di un trattamento meno invasivo ed efficace in quei pazienti che non rispondono alla NIV. Infatti, secondo le strategie più tradizionali, questi soggetti richiederebbero l’intubazione e la ventilazione meccanica, cosa che comporta non pochi problemi gestionali e che può determinare complicanze. Visto ciò, proporre la rimozione extracorporea della CO2, soprattutto in considerazione del fatto che al giorno d’oggi si dimostra una tecnica più sicura che in passato, è ragionevole.

I dati di questo studio dimostrano l’efficacia della decapneizzazione nei pazienti n. 5, 7 e 8 nei quali non è stato necessario il ricorso all’intubazione ed alla ventilazione meccanica; inoltre, il decorso si è dimostrato positivo in tutti i pazienti, senza che l’utilizzo di questa tecnica comportasse degli effetti collaterali. Tra l’altro il ricovero in UTI è stato breve in tutti i casi, con un buon recupero della funzionalità respiratoria e degli scambi gassosi.

Il paziente n.4 è un caso particolare, poiché è un soggetto con un solo polmone; è stata inizialmente sostenuta la funzionalità respiratoria con l’utilizzo della NIV in associazione con la rimozione extracorporea della CO2. In seguito ad un episodio di perdita di coscienza, si è necessariamente passati ad una ventilazione meccanica, utilizzando sempre il supporto extracorporeo che ha consentito l’utilizzo di una ventilazione ultraprotettiva: questo ha permesso anche un più precoce svezzamento del paziente.

Per quanto riguarda la sicurezza, in questo studio non si sono verificati degli effetti collaterali che possano essere collegati all’utilizzo della metodica. Più nello specifico, si è osservato un episodio di clotting dell’emofiltro nel paziente n.4; oltre a ciò, l’emopericardio che ha contraddistinto la paziente n.7 non sembra essere correlabile con l’utilizzo dell’eparina nel circuito della decapneizzazione, in quanto dalla TC il sanguinamento risulta essere di vecchia data.

In generale, si può dire che il rischio di emorragia risulta essere più basso che in passato, per il basso dosaggio di eparina utilizzata. Anche l’utilizzo di cateteri di dimensioni accettabili (13-14 F), ha ridotto l’incidenza dei sanguinamenti locali.

In base ai dati sopra esposti, la valutazione statistica (con test t di Student per dati appaiati) ha evidenziato cambiamenti significativi (p < 0,01) sia della

PaCO2 che del pH, confrontati prima e dopo il trattamento; la riduzione media della PaCO2 è stata di 24.2 mmHg e la variazione media del pH risulta di 0,11

5.4 Conclusioni

La rimozione extracorporea della CO2 oggi dimostra avere degli standard di sicurezza ed efficacia ottimali ed il suo utilizzo in ambito terapeutico si sta diffondendo sempre di più.

L’ARDS costituisce la patologia nella quale le conoscenze sono molto più specifiche, anche per il numero maggiore di studi che si trovano in letteratura; l’utilizzo della decapneizzazione in questa patologia è importante, considerando sia la sua efficacia, sia la sua sicurezza.

Per quanto riguarda la BPCO, gli studi presenti fin’ora sono preliminari, ma tutti concordano nel sottolineare l’efficacia e la sicurezza della tecnica. Considerando gli svantaggi della decapneizzazione (principalmente gli effetti collaterali) ed i vantaggi (il fatto che permette di evitare l’intubazione), possiamo dire che la rimozione extracorporea della CO2, utilizzata nelle riacutizzazioni della BPCO, può rivestire un ruolo terapeutico; infatti, il progresso tecnologico ha permesso di ridurre l’incidenza delle complicanze e ha reso la tecnica più maneggevole. Sarebbe comunque necessario uno studio con un campione di pazienti più numeroso del tipo caso-controlli, che garantisca un confronto sul reale miglioramento dell’outcome di questa

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