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Materialismo storico? No, indeterminismo storico

Tra il Croce che nel 1893 scrive La storia ridotta sotto il concetto generale dell’arte e il Croce che agli inizi del Novecento si confronta con Hegel e getta le basi del suo sistema filosofico, sta nel mezzo il Croce che sotto l’egida di Arturo Labriola si appassiona al marxismo, che negli ultimi anni dell’Ottocento ebbe una grande influenza nel dibattito culturale italiano. Per ben cinque anni, dal 1895 al 1900, Croce studiò i testi principali di Marx e compose una serie di saggi che successivamente verranno raccolti in un’unica opera dal titolo Materialismo storico ed economia marxistica. Questo periodo non fu una semplice parentesi, ma una tappa fondamentale della formazione intellettuale di Croce, che per la prima volta si avvicinò all’economia e soprattutto alla politica, che fino ad allora non avevano destato un particolare interesse nella sua mente.

Varie ragioni concorrono a farci puntare i riflettori sul Croce “socialista”. Innanzitutto – può sembrare un’osservazione banale, ma è sempre bene specificarla – cinque anni non sono un arco di tempo trascurabile, soprattutto se si pensa che tra i ventinove e i trentaquattro anni si è generalmente all’apice della propria maturità intellettuale. In secondo luogo, occorre tener presente che a introdurre Croce al socialismo e a mediare i suoi studi in questo campo fu Antonio Labriola, che in questi anni vestì i panni dell’amico, del mentore e del collaboratore: la sua l’influenza, testimoniata da alcuni passi del Contributo alla critica di me stesso, nonché dal saggio Come nacque e come morì il marxismo teorico in Italia (1895-1900) e dall’epistolario tra i due, certificano

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l’enorme importanza che questo sodalizio ebbe per la formazione culturale di Croce.35

Un’altra ragione è che attraverso Marx si ricollegò alla grande filosofia storica del periodo romantico e conobbe un hegelismo spurio ma assai «più concreto e vivo di quello che ero solito incontrare presso scolari ed espositori, che riducevano Hegel a una sorta di teologo o di metafisico platonizzante»36. In maniera del tutto singolare,

potremmo dire con un movimento inverso rispetto all’andamento cronologico della storia della filosofia, Croce partì dal marxismo e risalì fino a Hegel, che in giovinezza non aveva destato in lui particolare interesse.

C’è infine un problema politico di fondo che ogni studioso finisce inevitabilmente per porsi: che rapporto c’è tra questi cinque anni in cui Croce studia e si appassiona alle vicende del socialismo, e il Croce che a metà degli anni venti del Novecento si dichiara

35 Non possiamo soffermarci sul complicato rapporto che intercorse tra Benedetto Croce e

Antonio Labriola, sia per la complessità del tema sia perché non è di primaria importanza ai fini di questo lavoro. Ci sono un paio di punti che però è bene mettere in evidenza, per meglio comprendere i testi che andremo ad esaminare. In primo luogo il rapporto tra Croce e Labriola fu ambiguo, in quanto per certi versi il Labriola vedeva Croce come un discepolo, ma non lo considerò mai un semplice scolaro e anzi il più delle volte lo trattava come un interlocutore alla pari, mentre Croce era disposto a riconoscere Labriola come suo maestro, ma pur mostrando segni di riconoscenza e di ammirazione, mantenne sempre la propria indipendenza intellettuale e il proprio abituale senso critico. Questa ambiguità era probabilmente il frutto di un’intesa intellettuale che non si nutriva soltanto di idee, ma anche di un vicendevole affetto che affondava le sue radici in questioni autobiografiche prima ancora che intellettuali. Labriola, dal canto suo, era riconoscente a Croce perché aveva finanziato economicamente la pubblicazione dei suoi saggi e perché mostrava vivo interesse per le sue idee. Quanto l’affetto personale abbia condizionato le recensioni di Croce agli scritti del Labriola è difficile dirlo, anche se l’impressione è che questo condizionamento riguardasse più i toni, spesso morbidi e comprensivi più del dovuto, che la sostanza delle idee, che invece apparvero sin da subito molto distanti. Croce, come si evince facilmente dalla lettura del saggio Sulla forma scientifica

del materialismo storico, attribuiva a Labriola delle interpretazioni che in realtà erano farina

del proprio sacco: atteggiamento forse non dei più corretti, ma indubbiamente indice di indipendenza intellettuale.

36 BENEDETTO CROCE, Materialismo storico ed economia marxistica, Prefazione settembre

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apertamente liberale? Come possono coesistere lo studioso di Marx, l’estimatore di Labriola e di Sorel, con il liberalismo? Come interpretare le ultime righe della prefazione del 1917 di Materialismo storico ed economia marxistica, dove Croce elogia Marx per averlo reso insensibile alle «insipidezze giusnaturalistiche» e agli ideali democratici proclamati nel 1789, così come alle «alcinesche seduzioni (Alcina, la decrepita maga sdentata, che mentiva le sembianze di florida giovane) della Dea Giustizia e della Dea Umanità»?37

Di tutti questi dubbi, suscitati dalla lettura comparata delle opere crociane, ci occuperemo approfonditamente in seguito, per il momento è opportuno concentrarsi su una questione teorica ben precisa, quella del materialismo storico. Nonostante la differenza dei problemi presi in esame, c’è un filo rosso che collega La storia ridotta sotto il concetto generale dell’arte e i saggi che Croce raccoglie nel volume Materialismo storico ed economia marxista: la convinzione che sia impossibile prevedere il corso degli eventi futuri. Che non si tratti di una presa di posizione banale, lo dimostra il fatto che il materialismo storico si presta generalmente a una lettura di tipo deterministico. In linea di massima, i suoi sostenitori più “ortodossi” affermano che ci sono dei fattori materiali, in primo luogo economici, che determinano l’assetto politico della società. Questi fattori, una volta liberati dalle ideologie dominanti imposte dalla classe che detiene il potere, le quali sono una sorta di idoli baconiani che condizionano l’osservazione, diventano del tutto evidenti ed è possibile prevedere

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“scientificamente” il loro andamento futuro con la stessa precisione ed esattezza con cui è possibile prevedere un’eclisse solare.

Contro questa accezione “forte” del materialismo storico, Croce propone una radicale revisione che lo riduce a un mero «canone di interpretazione», il cui tratto peculiare è «ch’esso non importa nessuna anticipazione di risultati, ma solamente un aiuto a cercarli, e che è di uso affatto empirico»38. Il saggio in cui Croce dedica maggiore

attenzione a questo problema è intitolato Sulla forma scientifica del materialismo storico, pubblicato per la prima volta negli Atti dell’Accademia Pontaniana di Napoli il 3 maggio 1896. Questo testo è in realtà una recensione critica di un libro del Labriola, pubblicato anch’esso nel 1896 a spese di Croce, dal titolo Del materialismo storico, delucidazioni preliminari.

La tesi principale affermata da Croce è che il materialismo storico non sia una filosofia della storia, posizione a suo dire sostenuta anche da Labriola, anche se non in maniera altrettanto chiara e limpida, visto che in alcuni passi della sua opera lo definisce impropriamente «l’ultima e definitiva filosofia della storia». Ma che cosa intende Croce per filosofia della storia? In poche parole, «la riduzione concettuale del corso della storia», ovvero l’ipostatizzazione di un concetto universale e onnicomprensivo partendo dal quale sia possibile giustificare lo svolgimento storico. La vecchia filosofia della storia credeva possibile questa riduzione perché si appoggiava all’idea di Dio e della Provvidenza, in base alle quali interpretava il susseguirsi degli eventi storici

38 BENEDETTO CROCE, Della circoscrizione della dottrina del materialismo storico, in Materialismo storico ed economia marxistica, Bari, Laterza, 1961, p. 81.

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secondo un determinato schema a priori che rendeva possibile «leggere nei fatti le intenzioni dell’intelletto divino» e quindi prevedere in qualche modo gli eventi futuri. Anche una filosofia laica come il positivismo faceva ricorso, sostanzialmente, alla stessa logica, limitandosi a sostituire il concetto di Dio con quello più vago di evoluzione. Solo il materialismo storico, «nella forma in cui ce lo presenta il Labriola, ha abbandonato di fatto ogni pretesa di stabilire la legge della storia, di ritrovare il concetto al quale si riducano i complessi fatti storici»39. Una precisazione tutt’altro che scontata, perché

Croce sapeva benissimo che il materialismo storico si prestava facilmente a letture metafisiche di ogni tipo. Ad esempio, molti epigoni del socialismo, la cui interpretazione del materialismo storico veniva etichettata da Croce come monismo o materialismo astratto, avevano preso un po’ troppo alla lettera la famosa frase di Marx che dichiarava di aver capovolto la dialettica hegeliana dalla testa ai piedi, facendo come motore dialettico della storia la materia anziché l’idea. Ma la loro interpretazione era fuorviante perché faceva leva su un banale errore semantico: Hegel e Marx attribuivano alla parola “idea” due significati molto differenti. Per il primo l’idea è un ente trascendente che coincide con la realtà stessa, mentre per il secondo l’idea, o meglio le idee non sono altro che una faccenda materiale e umana, il modo in cui il nostro cervello traduce sotto forma di pensieri e simboli gli impulsi fisici che provengono dall’ambiente circostante. Le parole di Croce non potrebbero essere più chiare nello svelare questo equivoco:

39 BENEDETTO CROCE, Sulla forma scientifica del materialismo storico, in Materialismo storico ed economia marxistica, cit., p. 4.

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«In realtà, l’Idea dello Hegel (e il Marx doveva ben saperlo) non sono le idee degli uomini; e il capovolgimento della filosofia hegeliana della storia non può consistere nell’affermare che le idee nascono come riflesso delle condizioni materiali. L’inverso sarebbe logicamente questo: la storia non è un processo dell’Idea, ossia di una trascendente realtà razionale, sibbene un sistema di forze: alla concezione trascendente si opporrebbe la concezione immanente».40

Il capovolgimento della dialettica hegeliana attuato dal materialismo storico non conduceva a un astratto materialismo metafisico, ma a una concezione immanente e realistica della storia, risultato che Croce confermò in tutti i suoi scritti successivi dedicati al tema della storiografia. È vero, come afferma nella prefazione del 1917 che abbiamo già citato, che in maniera controcorrente risalì a Hegel tramite Marx, ma lo fece portandosi dietro una concezione della storia che non sarebbe stata la stessa senza la mediazione del filosofo di Treviri: questo significa che la rilettura di Hegel che Croce propone in Ciò che è vivo è ciò che è morto della filosofia di Hegel risente fortemente dei suoi studi sul socialismo.

Comunque, il succo del discorso è che i così detti “materialisti astratti” riproposero lo stesso schema metafisico hegeliano limitandosi a sostituire il concetto di idea con quello di materia, allo stesso modo con cui Hegel aveva sostituito il concetto di Dio con quello di idea: come dire, cambiando l’ordine degli addendi, il risultato non cambia. Dio, idea, materia sono tutti concetti universali con i quali i filosofi della storia

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cercavano di semplificare la complessità dei fatti e in tal modo di azzardare delle vere e proprie profezie storiche. La stessa idea di progresso, che a molti pareva l’unica legge storica immune dalle trappole della metafisica, non andava intesa come una legge ineluttabile, ma come una nozione «empirica» e «circostanziale»: «La storia c’insegna che gli uomini sono capaci di progredire; e noi possiamo guardare le svariate serie dei fatti sotto quest’angolo visuale: non altro».41 Insomma, se si voleva parlare del

progresso come di una legge, era il caso di precisare che si trattava di una legge di tendenza o al massimo di generalizzazione empirica. Il che voleva dire che la storia non è soggetta a schemi a priori che ne condizionano l’andamento, che si tratti di concetti trascendenti come Dio, idea e materia, o di leggi universali o presunte tali come quella del progresso o dell’evoluzione. Questo, agli occhi di Croce, significava che non esistono processi storici ineluttabili e di conseguenza previsioni sociali che abbiano un carattere certo e definitivo. Le stesse previsioni del socialismo erano da rigettare nella misura in cui assumevano un carattere deterministico. Come affermava Labriola, le previsioni del socialismo sono soltanto di «indole morfologica» e «né il Marx né l’Engels avrebbero mai astrattamente affermato che il comunismo debba accadere per una necessità ineluttabile nel modo che essi designavano».42 Se infatti la storia è sempre

«circostanziale», perché «l’avvento del comunismo non potrebbe essere reso superfluo o affrettato da taluna di quelle scoperte tecniche, che hanno finora prodotto, come il Marx stesso ha mostrato, i maggiori rivolgimenti storici?».43 Notevole il fatto

41 Ivi, p.8. 42 Ivi, p.9. 43 Ibidem.

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che Croce usi proprio questo esempio per relativizzare le previsioni dei marxisti, dato che le innovazione tecniche e i loro effetti sociali sono imprevedibili per principio. Ma come mai gli intellettuali socialisti sono caduti in questo errore? A detta di Croce, principalmente a causa di tre ragioni: a)- perché l’apparato teorico su cui si basano le previsioni del socialismo, il materialismo storico, è stato inteso metafisicamente come una filosofia della storia; b)- perché Marx amava «civettare» con la terminologia hegeliana, creando dei pericolosi fraintendimenti circa la reale natura e la reale portata del materialismo storico; c)- perché essendo il materialismo storico una teoria che si applica alla prassi politica, essa si riveste di «credenze ed aspettazioni che non sempre vanno d’accordo col cauto pensiero critico e scientifico».44 La conclusione di Croce era

che il materialismo storico non è una filosofia della storia. Ma se non era una filosofia della storia, allora che cos’era? Un nuovo metodo, come sosteneva Engels? In realtà no, perché gli storici della scuola materialista utilizzano lo stesso metodo degli altri storici e dei filologi. Il vero contributo del materialismo storico riguardava semmai il contenuto della ricerca, in quanto presentava «una somma di nuovi dati, di nuove esperienze, che entrano nella coscienza dello storico»45. Non è un caso che Croce

parlasse di «coscienza dello storico»: fin dal saggio La storia ridotta sotto il concetto generale dell’arte dava per acquisito che lo storico non è colui che si limita a registrare dei fatti neutri, cristallini, oggettivi, ma è più simile a un’artista che partendo dalla realtà interpreta gli eventi facendo ricorso a tutta una serie di conoscenze pregresse

44 Ibidem. 45 Ivi, p.10.

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sull’uomo, sulla cultura, sugli avvenimenti storici che sono frutto della propria elaborazione interiore. La difficoltà dello storico consiste allora nel saper bilanciare intuito, idee, genialità interpretativa con la realtà dei fatti, che non deve essere distorta dall’immaginazione: tutto questo richiede un temperamento artistico. Seguendo queste coordinate, Croce vedeva nel materialismo storico una sorta di nuova “materia” (dati, esperienze, interpretazioni) che lo storico doveva plasmare avendo come modello la realtà.

Un altro errore in cui cadono molti intellettuali socialisti è il così detto economicismo, secondo cui i rapporti di produzione economici determinano la divisione delle classi, l’assetto dello Stato e del diritto, le ideologie dominanti e i sentimenti morali, fino a contaminare l’arte, la religione e la scienza, le quali obbediscono ai rapporti di forza imposti dalla classe dominante: «Parecchi hanno immaginato che il materialismo storico voglia dire: la storia non essere altro che la storia economica, e tutto il resto una semplice maschera, un’apparenza senza sostanza».46 Anche in questo caso,

l’errore consiste nell’aver scambiato un canone di interpretazione empirico per una teoria rigorosa e deduttiva, con la conseguenza di aver dato vita a sterili e astratte discussioni sul rapporto tra struttura e sovrastruttura, anziché guardare alla realtà dei fatti e ai risultati concreti prodotti dal nuovo approccio materialista. Dopotutto il materialismo storico non nacque come una teoria universale da cui dedurre tutti i fatti storici, ma dal bisogno politico di comprendere una nuova configurazione sociale, nata

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in seguito a quel grande esperimento che fu la rivoluzione francese; non a caso «si formò nella testa di politici e rivoluzionari e non già nei freddi e compassati scienziati di biblioteca». Croce era convinto che alcune lettere di Engels47 confermassero questa

sua esegesi, poiché in esse «si scusava di quel tanto di esagerazione che potevano, egli e il Marx, aver messo nell’affermazione polemica delle loro idee, e raccomandava di badar piuttosto alle interpretazioni storiche da loro date, che non alle adoperate espressioni teoriche»; e poi proseguiva: «Bella cosa (esclamava Engels), se si potesse dar la formula per intendere tutti i fatti storici! Applicando quella formola, l’intelligenza di qualsiasi periodo storico diventerebbe tanto facile quanto la soluzione di una equazione di primo grado».48 Comunque, lo scopo di Croce non era quello di mostrare

che le reali intenzioni di Marx e di Engels erano state fraintese, come se la deviazione dall’ortodossia fosse di per sé un errore, ma semmai di denunciare gli effetti negativi che derivavano dall’interpretazione economicistica del marxismo.

Tra questi, il più insidioso era sicuramente la riduzione della morale a una sorta di «vana imaginatio». Ricercare le condizioni materiali che influenzano la formazione delle ideologie religiose e dei costumi non significa, per Croce, ridurre ogni principio morale a semplice illusione o impostura. I motivi per cui gli intellettuali socialisti cadevano in questo errore erano sostanzialmente quattro: a) l’interiorizzazione della dura battaglia che Marx intraprese contro gli utopisti, i quali pensavano di risolvere la

47 Croce fa riferimento a due lettere, una del 21 settembre 1890 e l’altra del 25 gennaio 1894,

pubblicate per la prima volta nella rivista Der socialistische Akademiker di Berlino nell’ottobre del 1895.

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questione sociale a suon di «predicozzi» e vuote parole, senza intraprendere azioni politiche degne di nota; b) le pretese scientifiche del materialismo storico, che facevano apparire il socialismo come un evento naturale e ineluttabile, indipendentemente dalla forza e dalla morale dei suoi sostenitori c) l’influenza di Hegel sul pensiero di Marx ed Engels, «essendo noto che nella filosofia hegeliana l’etica perde la rigidezza datale dal Kant e serbatale dallo Herbart»;49 d) infine, l’utilizzo del termine

«materialismo», che nella sua accezione deteriore evoca una sorta di edonismo cinico e contrario a qualsiasi morale normativa. Tra l’altro, questo indifferentismo etico produceva un evidente paradosso, poiché svuotando la morale di ogni valore e di ogni contenuto normativo, di fatto i marxisti negavano implicitamente che la propria dottrina avesse un qualche fondamento morale. Eppure, come poteva il socialismo avere una volontà politica senza una fede assoluta nella giustizia sociale? Come giustificare la richiesta di migliori condizioni per i lavoratori, se non credeva fermamente nell’uguaglianza e nella dignità umana? Il socialismo, così come ogni altro movimento politico, se voleva accampare delle pretese, doveva poggiare su dei principi morali oggettivi, i quali potevano anche rimanere impliciti, ma di certo non potevano essere negati. Conviene riportare uno dei passi finali del saggio, dove Croce esprime questo concetto con grande capacità di sintesi:

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«Ma è evidente che l’idealità o l’assolutezza della morale, nel senso filosofico di tali parole, sono presupposto necessario del socialismo. L’interesse, che ci muove a costruire un concetto di sopravalore, non è forse un interesse morale, o sociale che si voglia dire? In pura economia, si può parlare di sopravalore? Non vende il proletario la sua forza di lavoro proprio per quel che vale, data la sua situazione nella presente società? E, senza quel presupposto morale, come si spiegherebbe, nonché l’azione politica del Marx, il tono di violenta indignazione e di satira amara, che si avverte in ogni pagina del Capitale?»50

In base a quanto appena sostenuto, possiamo dire due cose importanti circa il quinquennio che Croce dedica allo studio del socialismo. La prima è che la sua revisione del materialismo storico, il cui risultato fu la negazione della validità teorica di qualsiasi filosofia della storia che avesse la pretesa di anticipare in maniera deterministica gli eventi futuri, nonché la sua critica dell’economicismo e l’enfasi posta sulla morale come principio dell’azione pratica, rivelavano una concezione della storia compatibile con gli assiomi portanti del liberalismo. La seconda, è che l’infatuazione di Croce per il socialismo non fu dettata da motivi teorici, altrimenti non si spiegherebbe come mai