• Non ci sono risultati.

In questo acquarello del XVIII sec. (opera di Giovanni Gravenboch), si notano l’abito strava- gante, il cestino o il grembiule per contenere le uova e la fionda per lanciarle: da quest’ultimo particolare, il nome di Frambolatore - com’era altrimenti noto il Mattacino

Fig.5 - Mattachine Review

A dieci anni dalla nascita della Mattachine Society, il numero dell’Aprile 1960 porta in co- pertina la figura del Mattacino in versione giulla- re - impegnato a discorrere con un bastone il cui pomolo è a sua volta mascherato da testa di Mattacino. Nell'angolo, il logo: un ritaglio di stof- fa colorata su cui spicca la lettera maiuscola M.

Fig.6 - Gnaga

Nella maschera del Carnevale di Zoldo (noto come Carneval de'a Gnaga) spiccano l'abito da popolana con la gerla e la doppia figura umana - la vecchia ricurva dal busto di cartapesta e il giovane ridanciano che le pesa sulle spalle.

2.b

«

B

AMBOLE, NON C'È UNA LIRA!»

«Ma sai: in realtà (adesso che mi viene in mente) la Drag sì, è derivata un po' dal- l'America - ok. Però, se noi andiamo a vedere anche un po' tutto l'avanspettacolo italiano; tutti i gagà, i ragazzini efebici e tutto quanto; poi ci sono queste parti fem- minili, propri dell'avanspettacolo italiano; e poi ci sono stati i capocomici dell'avan- spettacolo, che avevano fatto anche questo tipo di esperienza, e tutto il resto»1

L'avanspettacolo è una delle infinite forma di quell'arte di arrangiarsi che hanno fatto la storia, se non la fortuna dell'Italia. Negli anni '30, il regime fascista scoprì lo straordinario potere propagandistico del cinema: in senso stretto, per artisti produttori e manifestazioni; in senso lato, per l'abbinamento cinematografo-cinegiornale; e nell'economia del cinema come industria vera e propria, indotto compreso. L'introduzione di una forte defiscalizza- zione a favore dei teatri che venissero convertiti in cinematografi convinse più di qualche gestore a rinnovare ambienti spettacoli e spettatori - e costrinse attori e impresari a ricon- vertire la rivista nella sua versione necessariamente povera e ancillare: l'avanspettacolo.

Pensato per introdurre la proiezione del filmo (traduzione autarchica dell'inglese film), l'avanspettacolo concentrava in meno di un'ora balletti canzoni e sketch infarciti di doppi sensi: nella luce sfolgorante dalla primadonna, sotto la guida del capocomico, e con l'eco del proverbiale «Bambole, non c'è una lira!» a ricordare quanto fosse difficile l'arte di fare arte. Senza entrare nello specifico dell'avanspettacolo come genere teatrale, ma ricordan- do sempre la dimensione artistica che le Drag Queen rivendicano per distinguersi dai co- muni travestiti, sono due le figure intorno alle quali (in Italia) sembra dipanarsi la tradizione della performance en travesti: la soubrette e il gagà.

Tecnicamente parlando, la soubrette (che l'autarchia fascista ribattezzerà «brillante») era l'attrice specializzata in ruolo maliziosi - sostenuti da una voce da soprano leggero ed una forte vis espressiva e comunicativa, prima ancora che estetica. Per chiunque sia nato dopo gli anni '60, è quindi probabile che la figura della soubrette dell'avanspettacolo italia- no si sovrapponga a quella di Dea Dani - la Monica Vitti agrodolce che riassume le due ore e lo spirito di Polvere di Stelle nel numero del Ma 'ndo Hawaii? (fig.7)2.

Se però si passa dal grande schermo al palcoscenico, quasi certamente la figura di- venta quella di Wanda Osiris - prototipo della primadonna italiana dello spettacolo e, di conseguenza, dell'artista e attore en travesti. Wanda Osiris era una vedette:

1 Intervista a Leo (25.08.2012)

2 «Quando Mariangela Melato fece... "Ma ‘ndo vai, se la banana non ce l’hai?" (…) la Vitti quando fece

«non propriamente attrice o comica, né ballerina o cantante, ma in senso etimolo- gico una «presenza» che, facendo un po’ di tutto, forse non a livello di eccellenza però sempre in modo eclatante, suscitava sensazione e riempiva la scena»3

Non quindi un'attrice che il talento artistico faceva brillare di luce propria, ma un'intrat- tenitrice che doveva saper riempire la scena lasciando impresari e spettatori senza parole. E cosa volesse dire riempire la scena in modo eclatante, lo racconta la stessa Osiris:

«A sedici, diciotto anni, ero certo la donna più truccata d’Italia. Sono stata fra le prime, ecco, a diventare un tipo, una vamp (…) Avevo una forma d’indolenza stra- na, camminavo col ventre in fuori e un accentuato dondolio dei fianchi (…)»4

Inoltre «fu la prima ragazza italiana tanto audace da platinarsi i capelli [ed usare] me- morabili vestiti da scena, piume sfrangiate e accecanti lustrini». Il suo corpo divenne così il manifesto di una femminilità mai vista prima: i capelli color platino esageravano il biondo della semplice soubrette modello Dea Dani; il viso assumeva linee e volumi del tutto inediti (tanto più in una donna dotata di «un dente piuttosto maschile, molto forte»); mentre il cor- po ondeggiava pericolosamente su tacchi vertiginosi che la Osiris indossava anche fuori scena. Un corpo incapsulato in una scatola cinese che si estendeva ai costumi, coperti di piume e lustrini; ai carillon o porta-profumo a fare da scenografia; ed alle decine di boys e ballerine che decoravano la scala, futuro marchio di fabbrica della stessa Osiris.

Complessivamente, e grazie all'artificiosità dei corpi portati e narrati sul palcoscenico, Wanda Osiris non rappresentava né una donna reale né la donna ideale bensì l'esagera- zione dell'una e dell'altra - diventando così un modello per le prime generazioni di showgirl e Drag Queen italiane. Per quanto importante sia stata per gli artisti en travesti del Bel Paese, Wanda Osiris aveva però un limite che nessun trucco abito o accessorio avrebbe mai potuto farle superare: Wanda Osiris era una donna di sesso femminile - e questo ci porta alla seconda figura fondamentale dell'avanspettacolo. Il gagà.

Nel 1915 arriva sui palcoscenici italiani Venite a sentire, commedia musicale di e con Ettore Petrolini in lode di Arturo - giovane di acume inversamente proporzionale al narcisi- smo, sedicente seduttore ma dai gusti sessuali se non sospetti quanto meno poco chiari:

(…) Per me le donne vanno in frenesia / Si struggono d'amore e fanno pazzie Sebben io le maltratto e le trascuro / Le donne stanno a dir: Arturo! (...)

Le donne le maltratto e le torturo / e loro mi stanno a dir: "Arturo (...)

Vorrebbero adescarmi, io sempre duro, / le donne stanno a dir: "Arturo, Arturo, (…)" 5

3 “MENZIO, Anna (Wanda Osiris)” in www.treccani.it/enciclopedia/anna-menzio_(Dizionario-Biografico)

4 La citazione e le successive due sono tratte da: Camilla Cederna, “Ritratti - Wanda Osiris”, pubblicato il 17.10.2004 su www.ilfoglio.it,

Fosse questo, il rapporto fra Arturo e le donne, ne uscirebbe il ritratto di un tombeur- des-femmes cinico e spregiudicato - e invece:

Discendo dalla prima nobiltà / Il beniamino io son della città Mi voglion tutti bene e trovano in me / Dello chic del galante e del bebè! (...)

Guardate per le feste in società / Io sono atteso e presto o tardi arrivo là Appena entrato faccio un figurone: / Arturo! E qua e là che confusione!

"Ci regalate, Arturo, una romanza?"

"Ma sì, che diavolo!" "E dirigete voi serata e danza?" (...)

"Ah! Come cantate bene, siete un tesoro!" / Le signorine mi van dicendo in coro E spesso con pensieri maliziosetti / Mi danno guardate languide e bacetti (…)

Non un maschio alfa, dunque, bensì un gagà: elegante fuori e straccione dentro, pie- no di sé e privo di sostanza, instancabile parlatore ma perennemente stanco. Arturo e il suo erede Gastone sono quanto di più lontano dall'uomo che la Grande Guerra e più an- cora il fascismo vorranno virile donnaiolo e, all'occorrenza, violento. In parallelo e per con- trasto con la fisicità inedita di una Wanda Osiris, il corpo del gagà diventa manifesto di una mascolinità che non si voleva vedere: i lineamenti infantili da bebè, quindi non ancora da maschio eterosessualmente adulto; la voce da café chantant, che ispira sguardi languidi e baci mignon (e non le pazzia e frenesie vantate pochi versi prima); e tutto il suo essere ir- rigidito dal terrore d’essere adescato (e quindi reso preda) che dalla tensione sadico-eroti- ca dell’uomo-cacciatore che gioca con le donne come il gatto col topo. E non solo.

Come per la Osiris, anche per Gastone trucco e postura fanno del personaggio un manichino cui far indossare vestiti e accessori. Un manichino dagli occhi bistrati di nero, ad approfondire uno sguardo altrimenti vuoto («Bello, non ho niente nel cervello!»6) e l’an- datura tutt’altro che normativamente maschile («Questa camminata l'ho inventata io» - canta mentre avanza a ritmo di danza) - imbustato in frac nero e scarpe di vernice («Sono sempre ricercato / per le filme più bislacche / perché sono ben calzato / perché porto bene il fracche / con la riga al pantalone») e completato dall'immancabile paio di guanti:

«Anche questa è una cosuccia mia. E' una cosuccia senza pretensioni, ma è mia. Non l'ho fatta neanche registrare. E' di pubblico dominio. Altri, avrebbe precisato: "Made in Gastone…" E' una mia trovata e me la scimmiottano tutti i comiciattoli del varietà. I miei guanti bianco latte elegantissimi: guardateli! Però il guanto bian- co latte è pericoloso… Una volta, sorbendo una tazza di latte, distrattamente mi sono bevuto un guanto…»

Un vanto che è in realtà una summa di contraddizioni: perché le scarpe erano lucide, ma solo sulla punta, e i guanti da gran signore stavano in mano a guitti di terz'ordine - ed erano così bianchi che un adulto poteva berseli in una tazza di latte per bambini.

Tutto considerato, il gagà utilizza quindi gli oggetti materiali e relazionali dell'uomo viri- le per rovesciarne la funzione sociale, di genere ed orientamento sessuale. E così l'abito elegante dice «distinzione» ma significa «meschinità» («Io quando sono nato, mia madre mica mi ha messo le fasce, macché… mi ha messo un fracchettino… camminavo per casa sembravo una cornacchia»); la caccia seriale alle donne, abbandono alla dipenden- za («Raro, io mi faccio pagar caro / specialmente alla pensione»); e soprattutto gli acces- sori della mascolinità esibita diventano simboli di una virilità pericolosamente al limite: col bastone e cappello a cilindro, rigidi ed eretti, a fungere da marcatori fallici, e i guanti a con- traddire sia gli uni che se stessi - il guanto sinistro ben calzato, riflesso letteralmente mal- destro della virilità normalizzata, e il guanto destro penzolante, sostituto simbolico della proverbiale mano moscia dell'uomo se non omosessuale, quanto meno effeminato.

Riassumendo. Wanda Osiris impersonava la vedette che giocava all'esagerazione della donna, e in questo ha fornito alla Drag Queen un primo modello di femminilità non- reale33: ma Wanda Osiris era comunque una donna di sesso femminile. Per contro Ettore Petrolini dava corpo al gagà che prendeva in giro la mascolinità imperante, e così facendo ha portato sul palcoscenico una contestazione al genere come prodotto culturale imposto oltre che scelto: ma Ettore Petrolini vestiva sempre e solo abiti maschili. Per quanto evi- dente possa dunque apparire il debito formale e relazionale che il personaggio drag ha contratto con entrambi, resta il fatto che né Osiris né Petrolini erano delle Drag Queen.

Tutt'altro discorso merita invece Vinicio Diamanti - che attraversò l'avanspettacolo de- gli anni '50 e il cinema degli anni '80 quasi sempre en travesti; che, almeno a teatro, usò il nome d'arte di Diamonds; e che, proprio per questo, si può considerare una Regina:

«Ero un tenore corto. Cantavo in farsetto (…) Amavo Wanda Osiris e ogni tanto pure la imitavo. Linda Johnson organizzò una festa, c'erano veri capocomici che cercavano persone per le loro compagnie. Un capocomico, non mi ricordo il nome, amico dei fratelli De Regge, questo me lo ricordo bene, mi assunse. Feci un po' di avanspettacolo, anche se l'avanspettacolo era ormai alla fine (…)»7

Diamanti è stato un artista sui generis: anzi, alius generis, nel senso che, sul palco- scenico come sullo schermo, si è proposto come prototipo di performer en travesti - che mutua la propria forma espressiva da un genere sessuale che non è il suo. Prima come imitatore di Wanda Osiris, a conferma del ruolo di quest'ultima come icona gay e primo modello drag; poi come Diamonds, la vedette dal corpo di maschio e il nome di donna sul-

33 Durante la presentazione dello spettacolo del 13.07.2012, Leo paragona Mizzy a Calamity Jane (al seco- lo Martha Jane Cannary, 1852-1903) e Mizzy si ridefinisce «Eh, la grande Wanda in persona». Vedi: Se- zione Etnografica, cap.2 “Buona Sera, Village!”, ritratto di Mizzy Collant.

le locandine; quindi come Diamanti, l'attore che porterà sul grande schermo la ballerina di flamenco, il re travestito, la Drag Queen vera a propria8. In mezzo a tutto ciò, come Vini- cio, l'attivista per i diritti della nascente comunità omosessuale italiana - perché «una Drag Queen dovrebbe essere Testimonial permanente dei diritti e dei doveri lgbt!!»34

Ma soprattutto Diamanti racconta cosa voleva dire lavorare in drag prima che in Italia si iniziasse a fare e parlare di Drag Queen:

«A un'altra festa ero vestita e truccata come una mulatta. Cantai alcuni blues. Fu un gran successo. Era presente Gino Latilla, che da allora mi portava alle feste di piazza come supporter. Ricordo un episodio particolarmente interessante e diver- tente a Porto Empedocle, in Sicilia. Cantavo Edith Piaf. Grande successo. Dopo gli applausi mi tolgo la parrucca, come mi aveva consigliato il mio capocomico; panico nel pubblico che urla “C'ha fregato. Brava, però, brava!”»

Diamonds era specializzata in imitazioni - e proprio per questo veniva ingaggiata e ap- plaudita negli spettacoli propri o altrui. E tuttavia l'aneddoto siciliano spiega come la sua abilità stesse non tanto nell'impersonare l'una o l'altra artista, quanto nel ricostruire il fem- minile che quelle artiste, in quanto donne, avevano a loro volta scelto di impersonare.

Non risulta infatti che nessuno si sentisse fregato dalle infinite femminilità presentate da Holiday, Piaf o Osiris: in quanto donne di sesso femminile, non sembrava stessero reci- tando una variazione personale su un copione comunque condiviso. Scoprire che l'imitatri- ce era in realtà un imitatore, generava invece la sequenza «panico» (lo stravolgimento della natura così improvviso e totale da annichilire la ragione) → «fregatura» (l'imbroglio nell'immaginario erotico, tramite l'imbroglio del genere) → «concessione» (l'arte - «Brava, però, brava!» - come salvacondotto per attraversare confini culturali altrimenti inviolabili).

E poiché lo svelamento di Diamanti passa attraverso lo sparruccamento di Diamonds, va infine ricordato che, negli stessi anni '70 in cui Diamanti si divideva tra avanspettacolo e varietà, la parrucca si divideva tra la protesi verosimile (incrocio di capelli veri e colori naturali) e la versione fantasia (sempre più artificiale per tinte e materiali): quest'ultima ri- lanciata anche dalle mode Anglosassoni del punk, del glam-rock e della nascente scena Drag - la cui connotazione iniziale punta non sull'imitazione realistica delle donne ma sul- l'impersonazione iperbolica di un modello ideale di femminilità. Ma a quel punto l'avan- spettacolo si era ormai spostato sul piccolo schermo, la soubrette era diventata una show- girl, e le Drag Queen iniziavano ad occupare lo spazio lasciato libero dall'uno e dall'altra.

8 Rispettivamente in: Gay Salomé (Italia, 1980), Il Vizietto (Francia / Italia, 1978) e Delitto al Blue Gay (Ita- lia / Germania Ovest, 1984)

34 Intervista concessa a DragMagazine dalla Drag Queen Kelly Minogue (pubblicata su www.likepage.it il 07.10.2011)

SCHEDA FOTOGRAFICA 3 - Avanspettacolo

Fig.7 - Monica Vitti / “Dea Dani” 35

Nel film Polvere di Stelle (Italia 1973), la soubrette Dea Dani sfoggia un guardaroba di abiti tanto appariscenti quanto improbabili. La canzone Ma 'ndò Hawaii riassume lo spirito malinconicamente scanzonato dell'avanspetta- colo nell'Italia della Seconda Guerra Mondiale.

Fig.8 - Wanda Osiris

La soubrette Wanda Osiris nella locandina di uno dei suoi spettacoli: da notare il costume e gli accessori, volutamente eccessivi per foggia e proporzioni; il trucco e la postura, innovativi e provocanti; il nome, più esotico dell'originale “Anna” e completato dall'orientaleggiante co- gnome Osiris.

Fig.9 - Venanzio Diamanti

La locandina dello spettacolo in ricordo di Venanzio Diamanti, regina dell'avanspettacolo che si esibiva en travesti e con lo pseudonimo di “Diamonds” - ma che fu anche un paladino dei diritti civili in ambito lgbt.

35 Le immagini sono tratte rispettivamente da: www.images.movieplayer.it, www.tonykospan21.wordpress e

3.a

M

INERVA E I FIAMMIFERI1

C'era una volta una Drag Queen che non aveva un nome perché nessuno gliel'aveva dato. Un giorno la Drag Queen senza nome cambiò città, dove iniziò una nuova vita con gli amici, un lavoro e una scuola - ma ancora senza un nome, perché nessuno gliel'aveva dato. Alla fine qualcuno ebbe un'idea, nel senso che la Drag Queen senza nome si accese nella sua mente come una lampadina: anzi, come un fiammifero - per via di quel corpo lungo lungo e quella testa di capelli rosso fiamma. E da allora la Drag Queen senza nome si chiamò Minerva: di cognome, Lowenthal - ma questa è tutta un'altra storia2...

«Sweet Transvestite: Rocky Horror Picture Show. Quello è il mio pezzo!» (15.08)

«Sono un dolce travestito - di TransseXual, Transylvania!»3 Chi parla è Frank-N-Fur- ter, sedicente scienziato impegnato a replicare l'esperimento del suo quasi omonimo dot- tor Frankenstein - pur con una significativa variabile: «Sto costruendo un uomo biondo e abbronzato | Perfetto per farmi... rilassare!» Letteralmente lontano anni luce dal suo colle- ga svizzero, Frank è infatti un extraterrestre en travesti e bisessuale: «Non fatevi inganna- re dal mio aspetto | non giudicate il libro dalla copertina | Di giorno, e come uomo, non sono un granché | Ma di notte sono un diavolo di amante!» Destinatari della sua sulfurea auto-presentazione sono Brad e Janet, una coppia di ingenui fidanzati di provincia casual- mente approdata al castello di Frank-N-Furter in una notte buia e tempestosa: rassicuran- te e politicamente corretto lui, romantica e virginale lei - con un cognome (Weiss) che in tedesco vuol dire bianco, letto in inglese (wise) diventa saggio, ma, traslitterato dal tede- sco (vice), si trasforma in vizio. «Vi siete ritrovati con una gomma a terra? | Be', ragazzi: niente panico! | [...] | Vi troverò un diavolo di meccanico...» A suo modo cortese e ospitale («Permettetemi di mostrarvi la casa, o magari suonarvi una canzone | […] | Perché non vi fermate per la notte, o magari per un boccone?»), Frank conosce benissimo sia i propri desideri («Mi sembrate tutti e due uno schianto [...] Vi potrei mostrare la mia ultima osses- sione») che le loro paure («Vi vedo fremere di antici-passione...») - ed è a quelle che si ri- promette di inchiodarli: «Bene, eliminerò la causa | Ma non il sintomo!»

1 Salvo diversa indicazione, i riferimenti relativi a Minerva Lowenthal sono tratti dalla corrispondente sche- da etnografica: la fonte è indicata con indicazione sintetica della data di rilevazione.

2 «[Minerva] nasce nel '99 (…) era un locale abbastanza rinomato, il FarMagia, e lì (...) tutto il servizio ai

tavoli era fatto da Drag. Il primo anno ho fatto solo il servizio ai tavoli, il secondo anno mi hanno chiesto di fare spettacoli - e da là è stato tutto praticamente un crescendo (…) quando arrivai a Bologna, ero magrissimo e avevo i capelli rosso fuoco (…) Per cui c’era questa mia amica che (...) aveva un lapsus e non si ricordava il mio nome. Così dice: "Ma dov’è... dov’è... dov’è... dov’è la Minerva?"» (15.08)

Il resto della storia è una vertiginosa parabola onirica - con Frank che dà vita al suo amante ideale e trasforma in statua chi lo osteggia; seduce sia Brad che Janet, iniziandoli alla vita dei sensi; ma viene tradito dal suo maggiordomo, che lo uccide a colpi di laser. Tutto in un delirio cromatico (il laboratorio rosa confetto con la vasca per gli esperimenti ir- rorata con i colori dell'iride) e musica rock (il cantante Meat Loaf è Eddie, l'ex-amante di Frank trasformato in un meatloaf - il cosciotto arrosto servito per la cena), sfacciato eroti- smo («Abbandonatevi al piacere assoluto | Nuotate nella calde acque dei peccati della carne | Incubi erotici oltre ogni misura | E sensuali sogni ad occhi aperti di cui far tesoro per una vita intera») e moralismo di facciata (American Gothic, icona pittorica del puritane- simo statunitense ritorna lungo tutto il film - ora in effige, ora in carne ed ossa, ora per me- tonimia4). Un delirio da cui, nell’economia di questo lavoro, emergono il ruolo del travesti-