Nacqui negli agi in grembo e de’ piaceri: E quando il mondo mi credea beato
Volgendo a miglior loco i miei pensieri Fu sol mia gloria il claustro desiato: E spesso amplessi di Cristo il traviato Suo gregge addussi; presentendo il core, Quel che operato avrei Padre Pastore.
La famiglia Domenicana conta nel novero de’ suoi illustri figli anche questo Orvietano il quale cresciuto in fama di eccellente Oratore e sostenute varie distinte cariche nella sua Religione venne da Bonifacio VIII. proclamato Vescovo di Chiusi nel 1299. Non dimenticando l’austerità della vita alla quale fin da giovinetto si era consacrato, visse sempre con molta parsimonia, ponendo ogni cura a pascere il gregge affidatogli e a migliorare le rendite di quella Mensa. Cosicchè col di lui ultimo Testamento legò molte somme per pie opere tanto alla diletta sua Patria, quanto alla Chiusina Diocesi. La sua bell’anima volò al Cielo il giorno sacro all’Apostolo S. Tommaso del 1308. In Chianciano Castello soggetto alla Sede Vescovile di Chiusi.”
LE VARIE VERSIONI DELLE LEGGENDE SU GIACOMO VILLA
Infine vediamo le varie leggende su Giacomo Villa raccontate nei secoli
Studieremo ora la figura di Giacomo Villa come viene descritta da vari agiografi e scittori.
Il primo racconto della morte di Giacomo Villa [1270-1304] che ho potuto consultare è “Arthur du Monstier – Martyrologium francescano – 1637 – pag 20 :
“ DECIMO – OCTAVO CALENDAS FEBRUARII Apud Castrum Plebis in Hethruria Beati Jacobi, Tertiarij, Martyris ...
IANUARII XV.
§.I. Beati Iacobi, Martyr. Martyrium subiit pro defenso iure Ecclesiæ, hac die anno 1304. cùm esset sacerdos, ac tertij Ordinis alumnus: ita Marianus libr.2cap.23.et lib.4.cap.I.ex legenda MS. Marcus Vlyssiponens.2.part.chronic. minor.lib.6.cap.29. §.I.et part.I.lib.9.cap.25. Gonzaga part.2.orig.seraph.relig.in BB.viristertiariis Franciscan. Wadinghus tom.Iannal.minor.ad ann.1242. §.21.et tom.3.ad an.1304. §1.2.3.4.quidquid in contrarium dicat Ferrarius in catholog.sanctor.Ital.7.Iulij.Ex annal. Archangeli Glanij centur.3.an.1312.lib.2cap.17.cognominatus erat Lauderus, seu à Laude, enndemque esse arbitror cum B.Iacobo à Landa, Sacerdote, Tertiario; cuius meminerunt Sylvester Marulus lib.4.histor.sacræ relig. Franciscan. De Sillis in cap.I.reg.tertij ordin. De Bustis in Rosario Quadragesimali serm.27.part.2. Petrus Caluns in detensorio sacrar.relig.libr.2.cap.49.et alij, licet eum minimo martyrem recenseant.”
Poi ho consultato un testo del 1676 (372 anni dopo la presunta morte per assassinio del Beato) scritto da Mazzara Benedetto nel suo Leggendario Francescano – Tomo primo, parte prima – pag.95 :
“Vita e Martirio del Beato GIACOMO DELLA CITTA Della Pieve.
127 Il Beato Giacomo gloria de’ Sacerdoti, ed ornamento del Terzo Ordine del Nostro Padre S. Francesco nacque in Toscana in una Terra detta anticamente Casto plebe ò vero Castel della Pieve, ora per essere stata onorata dalla della dignità di Vescovo da Clemente Ottavo è chiamata Città della Pieve vicino a Chiusi sette miglia. Il di lui Padre nomavasi Luca d’Antonio di Villa, e la Madre Mestiola, la quale avendo concepito questo Santo bambino, mentre ancor il portava nel ventre, ebbe la seguente visione. Parvele partorir un pargoletto, che sù le spalle portava una Chiesa, e che per quella valorosamente combatteva. Un’altra visione ebbe nel giorno medesmo del suo nascimento sù la sera, fulle mostrato, che dal suo ventre n’usciva un bellissimo Giglio rubicondo. Raccontò la buona Donna queste visioni ad un divoto Eremita di vita esemplare, e molto accreditato appresso quel popolo desiderosa d’intenderne il significato, e quegli da chiarore Divino illuminato le predisse, che aveva da esser un’ intrepido difensore delle ragioni della Chiesa, huomo d’incontaminata virginità ombreggiata nel giglio, e che finalmente spargerebbe il sangue per la Chiesa, che questo denotava il rosso colore. Passati gl’anni dell’età balbettante, e gionto à gl’anni, in cui l’huomo dal lume della ragione illustrato incomincia à discerner degl’oggetti le differenze, si diede à frequentare i Sagri Tempij, ascoltava con ogni divozione à lui possibile le Messe, attendeva continuamente alla santa orazione. Arrivato à i dodici anni fù mandato da Genitori fuora della Padria ad apprender’umanità, ed in breve tempo fece notabilissimo profitto tanto nella grammatica, quanto nell’una, e l’altra legge. Mentre che nello studio lungi dalla paterna casa dimorava, benche dagl’occhi de’suoi maggiori non veduto si conoscesse, ed in compagnia d’altri giovani fosse astretto à trovarsi ogni giorno, non per questo lasciò tirarsi dietro à vani oggetti ne da giovanili dissolutezze trasportarsi alla servitù miserabile de’vizi, ma con somma vigilanza, ed accortezza sempre guardò il tesoro della sua purità in modo, che non permise à diabolici latri ne meno per poco accostarsi, anzi illeso serbarlo e nella giovanezza, ed in tutto il corso di sua vita.
128 Essendo già adulto, ed andando una mattina alla Chiesa, udì leggere quelle parole dell’Evangelo dette da Cristo à suoi Apostoli. Qui non renuntias omnibus quæ possidet non potest meus esse discipulus. (Luc.14) atteso lui da dovero aveva un’ardentissimo desio nel cuore di rendersi vero
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discepolo seguace del Divino Maestro, e Redentore Giesù, come un’altro Sant’Antonio Abbate pensò à se intuonata quella sentenza, e volendo adepire quanto in essa si conteneva, tornato in casa domandò quello del patrimonio à lui legittimamente spettava, ed avutala vendè, e tutto il prezzo ritratto distribuì con grandissima liberalità à mendichi. Poco distante dalla Città della Pieve fuora la porta, che Vacciana chiamavasi, era un’antico spedale con una Chiesa derelitta, la quale fù dal Santo Giacomo ristorata per uso, e servigio de’ Poveri, dove egli s’impiegò à servirli, non tralasciando però di macerar’il suo corpo con assidue mortificazioni, ed atti di penitenza per tenerlo assoggettito allo spirito; e per il medesimo fine sovente cibavasi solo con pane, ed acqua. Fù tanto studioso, e bramoso dell’umiltà, che per farsene possessore, anzi per farsi di lei amato, vassallo impiegò ogni forza nelle parole, nel caminare, e nel vestire, non indossando che vestimenta di panno grosso, e vile, di colore griscio, portando il cappuccio, secondo che i penitenti del terzo Ordine Francescano costumavano in quei tempi, cingendosi con corda di canape, e nodosa. Aveva nel cuore fiamme di carità sì ardenti verso del prossimo, che contemplando ne’poveri Cristo medesmo, e compatendo alle di loro miserie somministrava con somma diligenza le cose necessarie à necessitosi del suo Spedale, ed alle volte per prevederli conforme si conveniva andava publicamente mendicando per essi. Lavava i piedi à bisognosi, poliva le piaghe à leprosi, li applicava convenevoli medicamenti, acconciava i letti, ed in altri vilissimi ministeri colle proprie mani tutti gl’infermi serviva, perche in tutti imaginava ossequiar il suo Redentore, oltre di ciò, essendo benissimo addottrinato nella legge, difendeva, e patrocinava pupilli, vedove, e qualsivoglia povero, che d’Avvocato avesse avuto bisogno, e stipendiar non poteva i Dottori, per il che era molto amato dal popolo, e chiunque aveva possibilità concorreva volentieri ad ingrandire la magione dello Spedale, e porger sollievo alle necessità di esso.
129 Leggendo l’antiche scritture di quello à caso trovò alcune possessioni, ò territori appartenenti al suddetto Spedale, dal Vescovo di Chiusi usurpate, e deputate alla mensa Episcopale. Manifestò ciò al Vescovo, ed umilmente seco trattò, che le restituisse al luogo pio, di cui erano, e n’apparivano evidenti memorie, ma non potè arrivar all’interno colle preghiere, per il che fù costretto dedurre questa causa al loro contenzoso, facendo le giuridiche istanze appresso i Giodici di Chiusi, poi di Perugia, ed ultimamente nella Corte Romana, dove ne riportò decisione à se favorevole. Sentì grandissimo dispiacere il Vescovo vedersi in quella lite perdente, onde cominciò ad odiarlo sovra modo, e machinarli alla vita, ma dissimulava, occultando i suoi mali disegni, mostrando nell’esteriore non aver verso lui niuno mal’animo. Un giorno lo chiamò à desinar seco nel suo palagio in Chiusi, ove resideva. Vi ando il Santo nulla credendo di sinistra intenzione in un Prelato. Mangiarono assieme, e poi ad ora competente il Vescovo lo licenziò con parole amorevoli, e pacifiche. Aveva però mandati alcuni empi scherani nella strada, per la qualè si và da Chiusi alla Città della Pieve, questi facinorosi aspettatolo ivi fin che venisse, quando il viddero, che già passava per far al suo domicilio ritorno, uscirono da loro agguati, e dandoli più ferite mortali nel capo spietatamente l’uccisero. Nel mirarsi il Santo così maltrattare, percuotere, e ferire sopportò con pazienza il tutto, e ricordevole dell’istituto Cristiano, con istanti prieghi pregò Iddio à perdonar’à quei percussori, ed in questa orazione à somiglianza di S.Stefano diede lo spirito al suo Creatore. Gl’iniqui uccisori à fine d’occultar l’omicidio presero il sagro cadavero, e scostandolo alquanto dalla strada, in cui era morto lo portarono da presso un pero selvaggio, e lo misero ivi in un fosso cuoprendolo con rami d’alberi, e di spine.
130 Intanto non vedendolo le genti comparire nello Spedale, ne per la Terra, cominciarono ad andarlo ricercando con gran diligenza per il desio ch’avevano di rinvenirlo. Mirando, che per molto si affatigassero, non potevano conseguir l’intento, che pretendevano, si compiacque miracolosamente il Signore farlo manifesto. Doppo qualche giorno alcuni Pastori conducendo le sue greggie per quella campagna, dove il corpo del Martire giaceva indecentemente nascosto, quando furono ivi vicini, benche fosse nel mezzo dell’inverno, osservarono quel pero tutto fiorito ed accostandosi più da presso viddero, che i rami, e le spine sovra di quello ammucchiate erano parimenti pieni di fiori, e considerando esser questo qualche gran prodigio per la stagione, che era tutti attimorati, e tremanti per lo stupore non ardivano più approssimarsi, anzi si ritiravano, e mentre in tal guisa pure vi guardavano uscì una piacevole voce da quel fosso per mezzo del montone de’rami, il che li disse. Non abbiate timore, io che stò quì, sono il Prete Giacomo poco fà ucciso per aver difeso la ragione della Chiesa, cavatemi pur fuora da questo luogo. Allora quei Pastori fatti animosi dall’udite parole, s’avvicinarono, e scostati quei rami, che lo coprivano trovarono il Santo corpo in più parti ferito, ed incontamente diedero avviso à gl’abitanti in Città della Pieve di quanto avevano inteso trovato, e veduto. A truppe concorsero le genti d’ogni sesso, e d’età, e meravigliati dello spettacolo glorificarono Iddio nel suo Servo.
131 Non potè esser incontanente trasportato, atteso fù d’uopo pigliar informazione del corpo del delitto, e dell’altre circostanze per mano di pubblico Notaio, secondo in somiglievoli accidenti si costuma, e mentre ciò s’esseguiva nacque una grandissima contesa per il luogo di seppellirlo, conforme per i corpi d’altri famosi Santi, come di Sant’Antonio si racconta. Quei della Città di Chiusi lo pretendevano per esser della loro Diocesi, stimando come capo di essa dover’esser quella preferita. I Perugini anco tal pretendenza affacciarono ed in lor favore adducevano l’esser stato ucciso nel terreno della propria giurisdizione, e quei di Città della Pieve volevano à tutti esser preferiti ed averlo come loro Cittadino, essendo nella loro Patria nato, educato, ed abitato. Fù costituito arbitro della ragioni di tutti un Dottore di legge, ma questi intese tutte le tre parti non volle venir’ad atto di giudizio veruno in tal fatto, dicendo, che non li dava l’animo in detta controversia di sì nobili competitori pronunziare sentenza, li consultava però, che ponessero il Sagro corpo sovra d’un carro, al quale legassero due giovenchi indomiti, e li lasciassero da loro andare, che dove lo portassero, ivi si credesse esser voler di Dio, e del suo servo che si serbasse. Piacque à tutti il consiglio, e tantosto procurarono metterlo in esecuzione posto il corpo del Santo sovra del carro, i giovenchi subito s’avviarono verso Città della Pieve, e lo condussero alla Chiesa del sovradetto Spedale, per difesa di cui egli era stato ucciso. Si rallegrarono à dismisura del successo miracoloso quei di Città della Pieve, rendendo grazie all’Altissimo per il dono celeste miracolosamente concedutoli, onde facendoli un
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solennissimo funerale con gran pompa, e festa il seppellirono, e ristorarono di nuovo la Chiesa in suo onore, manifestando in tanto il Signore i meriti, e virtù del Beato Sacerdote con moltissimi miracoli. Scorsi cento settantaquattro anni fù dissotterato, e trovato intero, e si viddero chiaramente nel capo le ferite, che ricevè nel Martirio, per il che determinarono i Cittadini riporlo in luogo più onorevole, ed eminente in una cassa di legno attorniato con cerchi di ferro, secondo fù tosto esseguito.
132 Alle mani di questo Beato pervenne quella corda del Nostro Padre S. Francesco, la quale scrive S. Bonaventura, che l’ebbe un huomo divoto, e timorato di Dio di Castel della Pieve, e per mezzo di essa aver’operato molti miracoli, tal huomo dicono, che fosse Zio del Santo Martire Don Giacomo. Filippo Ferrario pone la memoria di questo Santo adì 17.di Luglio, e dice che fosse Laico, dell’Ordine de’ Servi, e Martire, e poi nell’Annotazioni riferisce, che fù Martirizzato nel 1312. Quasi in tutte le circostanze differisce dal nostro racconto [nel suo “Catalogo de’Santi d’Italia” a cui sembra riferirsi l’autore visto che parla di descrizione e di annotazioni non ho trovato tracce del Beato Giacomo, mentre l’ho trovate nel suo “Ferrario Philippo Alexandrino - Catalogus generalis sanctorum qui in martyrologio rom.non sunt” che,subito dopo questo testo, trascrivo] L’anno che fosse il 1304 lo testificano le antiche memorie manuscritte, e Mariano Fiorentino [fr. Mariano da Firenze († 1523), autore dello scomparso “Fasciculus Chronicarum Ordinis Fratrum Minorum”, manoscritto compilato nel 1486 (di cui è stato pubblicato un “Compendium Chronicarum fratrum minorum”, in Archivium Franciscanum Historicum n° II del 1909 riportato più sotto) e del “Catalogum, sive breviorem historiam, Piorum Fratrum Laicorum sui ordinis” che non ho potuto consultare]. Il giorno ed il mese l’asseriscono gl’annali dell’Ordine del medesimo Filippo mentovato, che fosse di Gennaro [Ho consultato : Giani Arcangelo – Annales Fratrum Ordinis Servarum B.Mariae Virginis”, e nel Tomo I - Centuria III Ann.JC.1468 – pag.528 vi è la storia sotto riportata], e si prova dal miracolo del Pero, che fiorì, e verdeggiò in quella occasione, il che non soria stato miracolo nel Mese di Luglio, quando tutti gl’alberi verdeggiano, e sono fronzuti, conforme vien riputato nel Mese di Gennaro, quando tutto il paese era di neve coverto. Forsi di Luglio fù fatta la Traslazione. Che fosse dell’Ordine de’Servi lo confutta Mariano sedetto cogl’atti puri ed intieri avuti nelle mani, li quali furono falsificati, quando la Chiesa, dov’era il Santo fù data in cura ad un Padre Servita, da cui fu fatto dipingere coll’abito della sua Religione, e col berrettino griscio dello Spedale di Santa Maria della Scala di Siena, e colla corda di S. Francesco, ma il Mariano fà piena fede aver’avuto nelle sue mani il cappuccio portato da esso B.Giacomo dell’istesso colore, e forma come quello de’ Frati Minori, e d’aver anco parlato con molti, li quali intervennero alla Traslazione del Santo Corpo, ed asserivano, che le sue vesti erano griscie, ben che consumate dal tempo, e che nella Città della Pieve era à suoi giorni publica voce, e fama essere stato Francescano. Che fosse Laico, ò Converso discorda affatto dal vero, dicendo la sua Legenda chiarissimamente che fù Sacerdote. Racconta Arcangelo Gianio, che Francesco Baglioni Principe nobilissimo volle trasportar’à Perugia il corpo di questo Santo, ed avendolo posto sovra d’un mulo, ed il mulattiere col mulo avendo caminato tutta una notte, al far del giorno si trovò da presso allo Spedale del Santo, dove che credeva senza fallo esser vicino alle mura di Perugia, ed il sagro deposito si trovò nell’istesso luogo, e modo che era per l’addietro. ( Cent.3.l.2.c.17.) Ciò e stata occasione che niuno ha avuto più ardire di toccarlo. Fù dunque la morte di questo Santo adì 15. di Gennaro 1304. nel quale la riferisce il nostro Annalista tom.3.”
Quindi ho consultato Archivium Franciscanum Historicum n° II del 1909 pag 627: “ Compendium Chronicarum Fratrum Minorum
Scriptum a Patre Mariano de Florentia.
... Anno Domini 1304, die 15 ianuarii, in Tuscia apud Castrum Plebis, pro defensione bonorum Ecclesie, seu quodam hospitali, interfectus est Beatus Iacobus de 3° Ordine, vita et miraculis illustris (8).... (8) Wadd. an. 1304, n. 1-3, e Mariano”
Dal “Defensorio della verità” di Mariano da Firenze (1519-1523) (gentilmente fornito da padre Iozzelli Fortunatodei Frati Minori Osservanti di Firenze) :
“COME EL BEATO IACOPO DA CASTELLO DELLA PIEVE E’ STATO ALTERATO LA SUA LEGENDA ET SUA FIGURA Ap.Vigesimo
Simil cosa ancora è achaduta del beato Iacopo da Castello della Pieve, el quale è sepolto in uno suo spedale dove si raccolse a servire Dio ne [f.26v] sua poveri. Imperò che venendo decto spedale in cura di uno certo frate Leone, de l’ordine de Servi, el quale, tirato da levità et presumptione, presumpse di corrompere la legenda di questo beato; benchè fussi publica fama che era del Tertio Ordine di sancto Francesco. Et scripse in decta sua legenda, spegnendo l’antiqua, che questo beato, per devotione della Vergine Maria si vestì l’habito nero de Servi et in capo portò la berretta grisea dello spedale di sancta Maria della Scala di Siena, et per devotione di sancto Francesco portò cinto la corda. Et così in più loci lo fece dipingere. Et permectendolo Dio, somma verità, questo poverello non considerò che li panni di questo beato contradicono a quello che ha falsamente scripto; perchè li harebbe spenti, come spense la sua antiqua legenda.
Erano li vestimenti di questo beato non neri, come scrive frate Leone, ma bigio chiaro, si come mi testificorono homini antiqui di decta terra che si trovarono presenti quando fu levato di terra el corpo di questo beato et veddolo vestito solo di una tonica bigia, cinto colla corda. Ma perchè era stato uno grande tempo sotterra; decta tonica era marcia et però non si poté conservare in testimonio della verità, contro al sopradecto offuscatore di quella, la quale verità tucta la terra [cioè la zona di Chiusi e di Città della Pieve] di uno animo confessa. Si come confessa el suo cappuccino, el quale cotidianamente si monstra a chi vole vederlo; el quale capuccio è in quella forma che portava sancto Francesco; ma non lo portava cucito alla tonaca, ma legato sotto el mento cor un nastro.”
e conseguentemente:
“Ferrario Philippo Alexandrino - Catalogus generalis sanctorum qui in martyrologio rom.non sunt – 1625 - a pag. 278 :