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I contraccettivi ormonali combinati prevengono la gravidanza attraverso differenti meccanismi, primo fra tutti l’inibizione dell’ovulazione ovvero l’espulsione dell’ovocita dalle ovaie, che avviene di norma intorno al quattordicesimo giorno del ciclo mestruale in corrispondenza di un picco di ormone luteinizzante (LH) e di estrogeni. Quest’azione avviene attraverso l’effetto combinato del progestinico e dell’estrogeno. In particolare il progestinico inibisce l’ovulazione bloccando il rilascio ciclico di ormone luteinizzante (LH) da parte dell’ipofisi, modifica la densità del muco cervicale, rallenta il trasporto degli spermatozoi e inibisce la capacitazione (ovvero l’attivazione degli enzimi che permettono allo sperma di penetrare nell’ovocita). Gli estrogeni, invece, contribuiscono all’inibizione dell’ovulazione sopprimendo il rilascio di ormone follicolo-stimolante (FSH) dall’ipofisi, accelerando il trasporto dell’ovocita, riducendo il tempo di fertilizzazione e alterando le secrezioni della mucosa uterina e comportando di conseguenza la creazione di un ambiente sfavorevole all’impianto dell’ovocita. (Quartararo P., 2005).

Le pillole anticoncezionali attualmente disponibili sul mercato contengono ormoni sintetici ed utilizzano il cosiddetto progesterone di quarta generazione definito così proprio per sottolineare quanto sia avanzato il settore della contraccezione nelle industrie farmaceutiche. Se utilizzate in maniera corretta, le moderne pillole contraccettive arrivano ad offrire una protezione contro le gravidanze indesiderate garantita quasi al 100% ed inoltre i rischi dello sviluppo di effetti collaterali sono quasi nulli. (Trussel J., 2004)

I contraccettivi orali combinati, denominati COC, tengono conto delle variazioni ormonali tipiche dell’organismo femminile, per cui pillole diverse possono contenere diverse quantità di ormoni e vengono assunte nel corso di ventuno giorni dopo i quali si verifica un periodo di pausa di sette giorni.

Le pillole contenenti progesterone, ad ingrediente singolo, contengono una dose ormonale costante e vanno assunte quotidianamente anche durante il ciclo mestruale. Le nomenclature concernenti gli ormoni utilizzati possono variare ma il funzionamento rimane lo stesso poiché assumendo ormoni sintetici, si va a

modificare le condizioni dell’apparato produttivo rendendo la fecondazione quasi impossibile.

Oltre all’effetto contraccettivo, principalmente ricercato, i contraccettivi ormonali possono avere effetti favorevoli o esercitare una azione preventiva su alcune condizioni.

Per quanto riguarda il piano terapeutico sono utilizzati nel trattamento di: dismenorrea, irregolarità mestruali, amenorrea, acne, irsutismo, metrorragie, endometriosi e sintomi premestruali.

L’uso nell’ acne vulgaris dovrebbe essere limitato ai soli casi di acne grave qualora il trattamento antibiotico orale non abbia dato i risultati desiderati.

Come già anticipato i contraccettivi ormonali sembrano essere in grado di ridurre l’incidenza di cisti ovariche e tumori benigni dell’ovaio.

Sono descritti anche effetti favorevoli sulla sindrome premestruale con una riduzione di circa il 30% dei sintomi che la caratterizzano come la cefalea, l’irritabilità, la tensione mammaria e la depressione.

Ci sono anche prove secondo cui i contraccettivi ormonali combinati (COC) riducono il rischio di gravidanze ectopiche ed il rischio di malattia pelvica infiammatoria. (La contraccezione, 2008)

Gli estrogeni sintetici contenuti nelle pillole anticoncezionali possono provocare alcuni effetti collaterali tra cui nausea, sanguinamento fuori dal ciclo ed alterata sensibilità al seno; in certi soggetti possono provocare il verificarsi di eventi trombotici e per questo motivo è fondamentale che le donne che assumono pillole anticoncezionali si prestino a controlli dei valori sanguigni almeno una volta all’anno.

L’assunzione della pillola anticoncezionale è inoltre sconsigliata in combinazione con determinati altri farmaci, poichè si può incorrere nel verificarsi di reazioni tra diverse sostanze attive che potrebbero causare effetti collaterali o anche andare a compromettere l’effetto contraccettivo della pillola come avviene con l’assunzione di antibiotici macrolidi, con alcuni antagonisti dei recettori H2 (alcuni antistaminici) e con gli anticoagulanti orali in quanto si può verificare una diminuzione dell’effetto coagulante.

Altre interazioni si verificano con l’assunzione di antidepressivi triciclici dovute ad una possibile tossicità da parte dell’antidepressivo, si può verificare una ridotta attività anticoncezionale in seguito ad assunzione di antifungini come fluconazolo, itraconazolo e ketoconazolo anche se questa possibilità non è ancora stata confermata dalle case produttrici.

Si verifica una riduzione dell’attività anticoncezionale anche con l’assunzione di griseofulvina, con i barbiturici, con l’etosuccimide usato come antiepilettico, con il felbamato e la fenitoina usati come anticonvulsivanti, con la tizanidina usata come antispastico e le tetracicline con attività antibiotica.

Si può verificare una riduzione del metabolismo che porta al verificarsi di tossicità ma non comporta una diminuzione dell’effetto contraccettivo con l’assunzione di ansiolitici come le benzodiazepine.

Il ridotto effetto contraccettivo si verifica anche in seguito all’assunzione di carbamazepina utilizzata come anticonvulsivante, con l’assunzione di cefalosporine e con l’assunzione di Efavirenz che ha attività antivirale mentre la ciclosporina che ha attività anti-rigetto può determinare il verificarsi di tossicità epatica.

Si può invece verificare una ridotta efficacia del farmaco assunto in concomitanza all’anticoncezionale come nel caso del clorfibrato che subisce appunto una diminuzione del suo effetto anti colesterolo e nel caso della guanetidina usata come antipertensivo.

Si può inoltre presentare una riduzione dell’assorbimento dell’anticoncezionale in seguito all’assunzione di lassativi.

Per quanto riguarda le pillole ad ingrediente singolo, la quantità ridotta di ormoni può anche andare ad inibire l’ovulazione ma questo avviene solo nel 70% delle donne.

Per questo motivo queste pillole, sono molto meno efficaci rispetto alle pillole a due ingredienti.

In caso di fecondazione, gli ormoni presenti in queste pillole rendono molto più difficile l’impianto dell’uovo andando così ad impedire la progressione della gravidanza.

Le pillole anticoncezionali a più ingredienti invece contengono dosi varie di ormoni che vengono tipicamente segnalati da indicatori colorati.

Gli ormoni utilizzati in queste pillole portano a cambiamenti più significativi nel corpo della donna in quanto le pillole ad ingredienti multipli vanno ad inibire il rilascio dell’ormone FSH provocando un blocco della maturazione dei follicoli di Graaf e di conseguenza anche la maturazione delle cellule ovariche.

Gli ormoni impediscono inoltre l’ovulazione modificando la mucosa della cervice e impediscono così l’impianto dell’uovo fecondato; quindi possiamo affermare che le pillole anticoncezionali ad ingredienti multipli hanno un’efficacia contro le gravidanze indesiderate di quasi il 100%.

Per andare a quantificare l’efficacia contraccettiva delle pillole in generale viene usato l’indice di Pearl che non è altro che un numero che esprime il rischio di incorrere in gravidanze per cento donne in un anno.

Attualmente, la maggioranza delle pillole sono di tipo combinato, ossia contenenti una quota di estrogeno ed una di progestinico, e vengono somministrate con il classico schema di ventuno giorni di assunzione e di sette di sospensione riconosciuti come placebo.

Sono dette monofasiche perché ogni confetto contiene la stessa quantità di estrogeni e progestinici.

Nella pillola estroprogestinica trifasica ci sono invece tre diversi tipi o dosi di compresse da assumersi in successione; le quote di estrogeni e progestinici somministrate variano nelle tre fasi.

Ad oggi sono commercializzate anche forme di pillola estroprogestinica che viene utilizzata in modo continuo fino a tre mesi andando a causare solo quattro mestruazioni in un anno; fa parte di questi anticoncezionali per esempio la pillola contenete levonorgestrel/etinilestradiolo ed estradiolo (150 µg/30 µg + 10 µg).

L’efficacia della pillola è assoluta a condizione che si assuma regolarmente e l’incidenza di gravidanze per ogni tipo di pillola combinata corrisponde allo 0.1 su 100 donne alla fine di un anno di utilizzo.

Per quanto riguarda gli effetti terapeutici indipendentemente dalla sua azione contraccettiva, la pillola estroprogestinica ha altri effetti positivi come la regolarizzazione del ciclo mestruale e la riduzione dell’incidenza di alcune patologie ginecologiche.

L’incidenza degli effetti collaterali o indesiderati della pillola estroprogestinica è bassa ma nemmeno trascurabile difatti gli effetti collaterali minori sono rappresentati da nausea, tensione mammaria, modeste perdite ematiche intermestruali, variazioni dell’umore e della libido ed infine da un incremento del peso corporeo. (Amy JJ, Tripathi V., 2009)

Il minor dosaggio di steroidi nelle pillole di ultima generazione ha diminuito in maniera notevole l’incidenza di questi eventi.

Gli effetti collaterali maggiori sono vascolari: la componente estroprogestinica sembra più legata al rischio di trombosi venosa, mentre quella progestinica è più collegata al rischio arterioso.

Le pillole in questione non dovrebbero essere assunte da donne fumatrici, da donne affette da obesità o ipertensione e da donne con trombosi in famiglia. Per coloro che rientrano in una delle categorie elencate, il medico potrà comunque prescrivere delle “mini pillole” che contengono esclusivamente progestogeni.

Queste complicanze sono più comuni nelle fumatrici di età superiore a trentacinque anni, per ogni fascia di età, nelle donne con preesistenti fattori di rischio, come la familiarità per le patologie cardiovascolari, diabete, ipertensione arteriosa, alterazione del profilo lipidico ed il sovrappeso.

Le principali controindicazioni all’utilizzo della pillola combinata sono quindi la patologia cardiovascolare, la patologia epatica, l’allattamento ed il carcinoma della mammella.

La scienza ha provato che nella stragrande maggioranza dei casi la contraccezione ormonale va ad evitare la gravidanza tramite l’inibizione dell’ovulazione e questo risulta vero al 100% per la pillola, il cerotto, l’anello vaginale ed i dispositivi sottocutanei che vengono usati come profilassi.

Inizialmente, si pensava di ricercare, per mezzo della somministrazione di sostanze simili al progesterone, la situazione ormonale caratteristica della seconda parte del ciclo mestruale che è la fase luteale e della gravidanza: in entrambi questi casi infatti, l’ovulazione è praticamente impossibile.

Uno dei problemi maggiori, a proposito dei contraccettivi orali, è proprio quello della loro innocuità.

Risulta ormai accertato che, dopo l’interruzione del trattamento , le ovaie riprendono la loro attività normale nel giro di pochi giorni.

Prima di prescrivere un tipo di medicazione estroprogestinica finalizzata al controllo della fertilità, è importante che il medico, tramite un’accurata anamnesi ed un esame generale accompagnato da indagini di laboratorio, escluda quei disturbi come appunto possibilità di trombosi venose ed embolie anche in assenza di manifestazioni cliniche che possano subire un aggravamento dell’assunzione del farmaco proprio per permettere anche l’individuazione del tipo di contraccettivo più affine al tipo di persona che ne richiede l’utilizzo.

Una cosa certa è che i contraccettivi orali possono essere utilizzati senza apparenti pericoli per periodi di almeno quattro anni e questo è anche il limite posto dalla Food

and Drug Administration degli Stati Uniti.

Un parametro importante che serve a determinare l’efficacia del principio attivo è quello della cosiddetta biodisponibilità che indica la percentuale di farmaco presente nel sangue rispetto alla quantità assunta.

La biodisponibilità dei contraccettivi orali può subire modificazioni in seguito a diversi fattori che derivano soprattutto dalla capacità del farmaco di passare dal sistema digerente al sangue.

È probabile che il fallimento della terapia di prevenzione della contraccezione possa esser resa inefficace dal sistema di trasporto degli ormoni e dalla loro secrezione come avviene in seguito all’assunzione di antibiotici.

Un’interazione, a livello di qualsiasi tipo di trasporto, va ad abbattere la percentuale di biodisponibilità e, di conseguenza, rende inefficace l’azione del contraccettivo. Il citocromo P450 è uno dei principali sistemi enzimatici di detossificazione dei farmaci, presente negli epatociti del fegato e l’aumento dell’attività del citocromo porta ad un aumento dell’inattivazione dei farmaci anche attraverso la secrezione di urina.

Alcuni farmaci, aumentano l’attività del citocromo e quindi possono portare ad una minore disponibilità dei principi attivi.

Tra questi farmaci c’è la rifampicina che è un antibiotico che provoca un aumento notevole dell’attività del citocromo e, per questo motivo, può determinare una

maggiore escrezione degli ormoni sessuali ed una mancata funzionalità dei contraccettivi.

La rifampicina è l’unico antibiotico che sicuramente annulla gli effetti dei contraccettivi orali poiché è certa la sua azione nei confronti del citocromo P450. È probabile che i batteri normalmente presenti nella flora intestinale possano andare ad aumentare la biodisponibilità del farmaco poiché sono capaci di rimuovere dei gruppi chimici aggiunti nel fegato, quali il gruppo solfato e l’acido glucuronico. È certo che l’attività degli antibiotici vada a decimare la popolazione intestinale dei batteri simbionti e, di conseguenza, provoca un’alterazione del sistema di recircolo. Comunque questa ipotesi sembra non bastare per spiegare un’ipotetica interazione antibiotico-contraccettivo poiché, anche in semi-assenza di flora intestinale, un minimo di principio attivo dovrebbe essere disponibile.

Il trasporto degli ormoni che fanno parte del mix contraccettivo avviene in forma “legata” cioè l’estradiolo si lega all’albumina mentre i progestinici si legano ad una particolare globulina.

Anche in questo caso, non si riesce a dimostrare che la presenza di una terapia antibiotica modifichi l’interazione tra ormone e proteina trasportatrice.

Nella letteratura scientifica non sono pochi i casi di fallimento della terapia contraccettiva in concomitanza con l’assunzione di antibiotici.

Come per qualsiasi farmaco anche i contraccettivi orali possono essere assunti in un modo errato in quanto una dimenticanza, una cattiva assunzione oppure episodi che, clinicamente , non vengono descritti poiché ritenuti secondari dal paziente, possono portare all’inefficacia del trattamento ormonali.

Riassumendo le diverse situazioni che possono compromettere l’efficacia dell’anticoncezionale, possiamo far riferimento a: vomito e diarrea perché nel caso in cui si verifichino nelle ore successive all’assunzione della pillola, possono provocare un mancato assorbimento della stessa; l’assunzione di antibiotici come già detto precedentemente; l’assunzione di principi omeopatici in quanto alcune preparazioni fitoterapiche ed omeopatiche a base di Hypericum perforatum possono provocare un minore assorbimento della sostanza attraverso l’intestino; l’assunzione di induttori enzimatici perché questi farmaci agiscono a livello epatico aumentando il metabolismo e quindi si verifica una precoce eliminazione per via epatica

dell’anticoncezionale; la celiachia perché chi ne soffre può non assorbire completamente i principi attivi contenuti nella pillola a causa delle condizioni dell’intestino e può provocare un minore effetto contraccettivo. (www.medicina360.com) (Angerano V. e Mazzola M.)

L’efficacia si misura con l’Indice di Pearl, che indica il numero di gravidanze che si verificano in 100 donne che utilizzano un determinato metodo nell’arco di un anno. Più è basso questo indice più il metodo risulta sicuro. (Lopez LM et al., 2008)

Si valuta che il rischio di gravidanza per una donna che non assume nessun anticoncezionale sia del 2-4% in qualsiasi momento del ciclo e del 20-30% se il rapporto non protetto avviene in fase ovulatoria.

In genere l’efficacia di un trattamento è strettamente correlata alla sua tollerabilità e al grado di aderenza alla terapia. (Lopez LM et al., 2008)(Trussel J., 2004)

Andremo a trattare in questa tesi, un anticoncezionale contenente 2.5 mg di Nomegestrolo acetato e 1.5 mg di 17β-estradiolo (NOMAC/E2) contenuti all’interno di ogni compressa rivestita con un film di lattosio monoidrato.

Gli studi che vedremo nel capitolo seguente indicano che NOMAC/E2 fornisce una contraccezione efficace, con un tasso accettabilmente basso di gravidanza che è comparabile con quello degli altri contraccettivi orali.

L’effetto contraccettivo di NOMAC/E2 deriva principalmente dal componente progestinico mentre la componente derivante dall’estrogeno contribuisce al controllo del ciclo e va a potenziare l’efficacia contraccettiva.

NOMAC fa parte dei contraccettivi che includono un’attività anti-gonadotropinica in quanto si verifica la soppressione dei livelli di ormone luteinizzante (LH) e dell’ormone follicolo-stimolante (FSH) che altrimenti porterebbero allo sviluppo del follicolo e all’ovulazione.

Inoltre si verifica l’ispessimento del muco cervicale e il diradamento dell’endometrio. (Duijkers IJ. et al., 2010) (Chretien e Dubois, 1991)

Nomac/E2 appartiene alla classe dei contraccettivi di nuova generazione appunto per la sua composizione che vede la combinazione di un progestinico e di un estrogeno.

4. Inquadramento generale degli anticoncezionali contenenti

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