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Farmaci anticoncezionali: basi farmacologiche dell'associazione nomegestrolo acetato / 17 β-estradiolo

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

TESI DI LAUREA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

FARMACI ANTICONCEZIONALI: BASI

FARMACOLOGICHE DELL’ASSOCIAZIONE

NOMEGESTROLO ACETATO / 17 β-ESTRADIOLO

Relatore:

Prof. Vincenzo Calderone

Candidata:

Corinna Zannini

Anno Accademico 2015/2016

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A coloro che mi hanno indicato la strada….. i miei nonni Luli e Gigi

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Sommario

1. Ciclo mestruale, uterino ed ovulatorio femminile ... 2

2. Storia della contraccezione ... 13

3. Meccanismo d’azione dei contraccettivi orali ... 28

4. Inquadramento generale degli anticoncezionali contenenti Nomegestrolo acetato e 17β-estradiolo ... 36

4.1 Principio attivo e farmacodinamica ... 38

4.2 Regime ... 47

4.3 Profilo lipidico ... 56

4.4 Parametri emostatici ... 60

4.5 Pearl Index, sanguinamento vaginale, acne, peso corporeo e tollerabilità ... 68

4.6 Densità minerale ossea ... 80

4.7 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione ... 81

5. Conclusioni ... 82

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1. Ciclo mestruale, uterino ed ovulatorio femminile

L’apparato genitale femminile è sottoposto ad una complessa regolazione delle sue funzioni che risente dell’attività ciclica dell’ipotalamo, il quale produce i fattori di rilascio fondamentali per l’avviarsi dei processi che portano all’avviarsi di tutto il ciclo, e dell’ipofisi che libera due gonadotropine che sono l’ FSH e l’LH.

Questi influssi ormonali agiscono prima di tutto sulla funzionalità delle ovaie determinando la ciclica maturazione e liberazione della cellula uovo e, contemporaneamente la produzione degli ormoni sessuali femminili che sono estrogeni e progestinici; questi ultimi poi, determinano delle modificazioni cliniche della mucosa uterina, l’endometrio, per prepararla all’impianto della cellula uovo fecondata.

L’insieme delle modificazioni cui vanno incontro, ciclicamente, l’endometrio e l’ovaio, prende il nome di ciclo mestruale; questo si rende evidente con una perdita di sangue di circa 70 ml e detriti tissutali di origine endometriale, detta mestruazione, che dura da 4 a 7 giorni.

Le modificazioni cicliche degli organi genitali femminili come ovaio ed utero, cominciano a manifestarsi con la comparsa della prima mestruazione, detta menarca, tra i 10 e i 14 anni che corrisponde all’epoca della pubertà nella donna e terminano con la menopausa intorno ai 45-50 anni .

Nel ciclo mestruale, della durata di circa 28 giorni, si verificano delle modificazioni a carico dell’ovaio (ciclo ovarico) sotto l’influenza delle gonadotropine ipofisarie. Parallelamente si hanno delle modificazioni a carico dell’endometrio (ciclo uterino), indotte dagli ormoni sessuali femminili secreti dall’ovaio; a questo punto possiamo affermare che ciclo uterino e ciclo ovarico sono strettamente collegati.

Per convenzione, si considera come primo giorno del ciclo mestruale il giorno in cui compare la mestruazione.

Le modificazione a cui va incontro la mucosa dell’utero (endometrio) e che costituiscono il ciclo uterino vengono suddivise in tre fasi:

1) Fase mestruale caratterizzata da una perdita ematica costituita da sangue (circa 70 ml) e da detriti cellulari dell’endometrio che si sta sfaldando; questa fase dura in genere 4-5 giorni.

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2) Fase proliferativa caratterizzata dalla proliferazione delle cellule e delle ghiandole dell’endometrio, che aumenta notevolmente di spessore, sotto lo stimolo degli ormoni estrogeni prodotti in questa fase dall’ovaio; questo corrisponde alla fase estrogenica del ciclo ovarico e dura 10-11 giorni.

3) Fase secretiva caratterizzata da un’intensa attività secretiva delle ghiandole endometriali, sotto lo stimolo del progesterone, in corrispondenza quindi della fase progestinica del ciclo ovarico. L’endometrio si arricchisce di sostanze nutritive ed è così pronto ad accogliere la cellula uovo fecondata. Al termine di questa fase, che dura 14 giorni, se la cellula uovo non è stata fecondata, l’ovaio cessa la produzione di progesterone e la diminuzione del tasso ematico di quest’ormone provoca la degenerazione dell’endometrio, che si distacca, dando origine ad una nuova mestruazione. La presenza della mestruazione indica quindi che la cellula uovo non è stata fecondata.

Le modificazioni cicliche dell’endometrio che portano periodicamente al suo distacco (mestruazioni) sono determinate dalle variazioni cicliche della produzione di ormoni nell’ovaio, a loro volta determinate dall’attività ciclica dell’ipofisi e dell’ipotalamo a partire dalla pubertà. (Candiani GB et al., 1996)

I livelli di LH ed FSH sono elevati alla nascita, ma nel corso di pochi mesi vanno incontro a una notevole riduzione e si mantengono su valori bassi per tutto il periodo prepuberale con l’FSH generalmente di poco più elevato dell’LH.

I livelli degli androgeni surrenalici del deidroepiandrosterone (DHEA) e del DHEA solfato cominciano ad aumentare diversi anni prima della pubertà.

Questi aumenti possono essere importanti per l’inizio della crescita dei peli pubici ed ascellari (cioè l’adrenarca) e per gli altri eventi della pubertà.

Poiché i valori di ACTH (ormone adrenocorticotropo) e di cortisolo non aumentano in questa fase, l’inizio della secrezione degli androgeni surrenalici potrebbe essere stimolato da un peptide ipofisario non identificato.

I meccanismi responsabili dell’inizio della pubertà sono poco chiari in quanto influenze centrali potrebbero inibire il rilascio pulsante del GnRH durante l’infanzia e poi stimolare la sua dismissione per indurre la pubertà nella fase precoce dell’adolescenza.

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All’inizio della pubertà, una ridotta sensibilità dell’ipotalamo agli ormoni sessuali provoca un aumento della secrezione di LH e di FSH, che stimolano la secrezione degli ormoni sessuali (principalmente estrogeni) e lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari.

La secrezione di LH e FSH aumenta, inizialmente, solo durante il sonno e successivamente durante tutto l’arco delle 24h.

Le caratteristiche degli aumentati livelli basali di LH ed FSH sono differenti nei ragazzi e nelle ragazze, ma in entrambi, l’LH aumenta più dell’ FSH. (Genazzani AD et al., 1993)

Le modificazioni fisiche della pubertà si verificano in modo sequenziale durante l’adolescenza.

Lo sviluppo iniziale del seno è, in genere, la prima modificazione evidente nel sesso femminile, seguito a breve distanza dalla comparsa di peli pubici ed ascellari.

Il menarca si presenta circa due anni dopo l’inizio dello sviluppo delle mammelle. Il rapido accrescimento puberale inizia, solitamente, prima dello sviluppo mammario ma viene riconosciuto di rado. Le ragazze raggiungono la massima velocità di accrescimento staturale in una fase precoce della pubertà, prima del menarca; dopo il menarca invece, il potenziale della crescita è limitato. Si modifica l’aspetto fisico ed aumenta la percentuale di grasso corporeo.

Per quanto riguarda lo sviluppo del follicolo ovarico dobbiamo tener conto che entro la sesta settimana dello sviluppo fetale, le cellule germinali primordiali (oogoni) migrano con movimenti ameboidi dal loro luogo di origine nel sacco vitellino alle creste genitali identificate come le ovaie primitive. Gli oogoni proliferano vivacemente per mitosi fino al quarto mese, dopo di che la maggior parte di essi va incontro all’atresia.

Durante il terzo mese, alcune cellule iniziano a dividersi per meiosi invece che per mitosi ed entro il settimo mese, tutte le cellule si arrestano nello stadio diplotene della profase meiotica; queste cellule rappresentano gli oociti primari.

Tra il settimo e nono mese, l’ovaio fetale è organizzato e ciascun oocita diventa parte di un follicolo primordiale, che consiste di una membrana basale, di uno strato singolo di cellule epiteliali squamose della granulosa e di un oocita. I follicoli

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primordiali costituiscono il pool dei follicoli rimanenti e che in parte va incontro a una crescita da cui si sviluppano poi tutti i follicoli maturi e in parte evolve in atresia. I meccanismi che stimolano la crescita del follicolo e dell’oocita sono poco chiari ma non necessitano di gonadotropine.

La donna nasce con un limitato numero di cellule uovo, il 99,9% delle quali andrà incontro ad atresia. Poiché ciascun oocita rimane fermo nella profase meiotica fino a quando non si verifica l’ovulazione, queste cellule sono tra quelle che vivono di più nell’organismo umano (dall’embrione a circa cinquant’anni di età).

La lunga sopravvivenza può essere responsabile dell’aumentata incidenza di gravidanze geneticamente anormali tra le madri meno giovani.

Duranti gli anni riproduttivi di una donna, vari follicoli destinati alla crescita sono reclutati durante ciascun ciclo, ma solo uno viene, di solito, selezionato per l’ovulazione.

Questo follicolo si trasforma in un follicolo pre-ovulatorio che può rispondere al picco di LH di metà ciclo. Questo follicolo contiene una cavità piena di liquido costituito dalla proliferazione delle cellule appartenenti alla granulosa che secernono fluido e mucopolisaccaridi.

L’aumento delle dimensioni del follicolo è dovuto principalmente ad un accumulo di liquido follicolare, sotto il controllo dell’ FSH che induce anche lo sviluppo di recettori per l’LH sulle cellule della granulosa .

I recettori per l’LH sono responsabili della stimolazione della secrezione di progesterone prima dell’ovulazione e della produzione continua di progesterone durante la fase luteinica.

Le cellule della granulosa all’interno del follicolo sviluppano anche dei recettori di membrana specifici per la prolattina, che diminuiscono di numero quando il follicolo va incontro a maturazione.

Per quanto riguarda l’endometrio, le sue modificazioni cicliche culminano nel sanguinamento mestruale. L’endometrio che consiste di ghiandole e stroma, ha tre strati: lo strato basale, lo strato spongioso intermedio e lo strato superficiale costituita da cellule epiteliali compatte e che va a rivestire la cavità uterina. Lo strato basale non viene eliminato durante le mestruazioni e va a rigenerare gli altri due strati che invece vengono eliminati.

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Le modificazioni istologiche durante il ciclo mestruale sono caratteristiche e le biopsie dell’endometrio possono essere utilizzate per stabilire in modo accurato la fase del ciclo ed accertare la risposta tissutale agli steroidi gonadici.

All’inizio della fase follicolare, l’endometrio è sottile infatti misura circa 2 mm con ghiandole sottili e dritte rivestite da un basso epitelio colonnare.

Lo stroma è molto compatto e quando, alla fine della fase follicolare aumentano i livelli di estradiolo, l’endometrio si accresce molto rapidamente e progressivamente, con numerose mitosi che permettono una rigenerazione dallo strato basale fino ad uno spessore di 11 mm.

A questo punto la mucosa diventa spessa e le ghiandole tubulari si allungano e diventano spiraliformi.

Durante la fase luteinica, le ghiandole tubulari, sotto l’influenza del progesterone, si dilatano, si riempiono di glicogeno e diventano secretorie provocando un aumento della vascolarizzazione dello stroma.

Alla fine della fase luteinica, con la riduzione dei livelli di estradiolo e di progesterone, lo stroma diventa edematoso e si verifica una necrosi dell’endometrio e dei suoi vasi; così si verifica l’inizio del sanguinamento mestruale.

Per quanto riguarda la cervice invece, durante la fase follicolare aumenta prima la vascolarizzazione e successivamente la congestione, l’edema e la secrezione mucosa. L’orifizio uterino esterno si apre di circa 3 mm al momento dell’ovulazione per poi tornare a 1 mm. L’aumento dei livelli di estrogeni porta ad un ulteriore aumento del muco cervicale le cui caratteristiche sono clinicamente utili per valutare lo stadio del ciclo e lo stato ormonale della donna.

La secrezione pulsatile di LH e di FSH è dovuta alla secrezione pulsatile del GnRH. La frequenza e l’ampiezza dei picchi di secrezione dei due ormoni sono modulate dagli ormoni ovarici e variano nel corso del ciclo mestruale.

Non è stato identificato un ormone di rilascio specifico per l’FSH ma vi sono delle evidenze circa il fatto che alcune cellule contengano sia LH che l’FSH e che, quindi, la secrezione differenziata di LH e di FSH deve dipendere dall’interazione di diversi fattori come il GnRH, l’estradiolo e l’inibina. (Yen SC et al., 2000) Inoltre le diverse emivite dell’LH, che corrisponde a circa venti-trenta minuti, e quella dell’FSH che a sua volta è di due-tre ore, vanno ad influenzare i livelli di ormoni circolanti.

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Tra gli ormoni ovarici, il 17β-estradiolo è il più potente inibitore della secrezione delle gonadotropine andando ad agire sull’ipotalamo e sull’ipofisi.

L’inibina è un ormone peptidico prodotto dalle cellule granulose dell’ovaio e va ad inibire in particolar modo il rilascio di FSH. (Yen SC et al., 2000)

Infatti l’asportazione chirurgica delle ovaie, porta ad un rapido incremento dei livelli circolanti di FSH e di LH; la somministrazione di estradiolo a donne per esempio con ipoestrinismo, causa una rapida diminuzione di questi livelli ma tuttavia, perché avvenga l’ovulazione, l’estradiolo deve esercitare un’influenza positiva sulla secrezione delle gonadotropine.

Gli effetti di feedback dell’estradiolo sembrano essere tempo e dose dipendenti; infatti all’inizio della fase follicolare, le cellule basofile dell’ipofisi anteriore contengono un quantitativo relativamente ridotto di FSH e di LH, ma inibendo la secrezione.

Alla metà del ciclo, gli alti livelli di estradiolo provocano invece un effetto di feedback positivo; questi livelli, insieme al GnRH e ai bassi, ma crescenti livelli di progesterone circolante, inducono il picco di LH.

Non si sa se la secrezione pulsatile di GnRH aumenti a metà ciclo ma il picco di metà ciclo appunto potrebbe essere causato da un rapido aumento del numero di recettori per il GnRH (stimolato dagli estrogeni) sulle cellule basofile dell’ipofisi. Oltre a produrre neurotrasmettitori necessari alla trasmissione nervosa quindi, il sistema nervoso centrale produce anche alcuni ormoni che hanno un’azione regolativa sull’attività delle principali ghiandole endocrine.

Le strutture encefaliche che permettono la trasformazione degli impulsi nervosi in messaggi chimici sono l’ipotalamo e l’ipofisi conosciuta anche come ghiandola pituitaria che è profondamente immersa al centro dell’encefalo, precisamente alloggiata nella sella turcica che è una piccola depressione dell’osso sfenoide. È formata da due lobi ben distinti diversi a loro volta per origine embrionale e funzione; questi lobi sono la neuroipofisi e l’adenoipofisi.

L’ipotalamo svolge un controllo su diverse attività fisiologiche: regola i bioritmi e l’equilibrio termico, il metabolismo basale e l’accrescimento, la sintesi ed il catabolismo delle proteine, l’assunzione di cibo e acqua ed il bilancio idrico, le reazioni a situazioni di stress e di emergenza e l’attività produttiva. Le risposte

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endocrine generali sono regolate attraverso un controllo nervoso diretto, oppure attraverso la produzione di ormoni che vanno a regolare l’attività dell’adenoipofisi o della neuroipofisi. In particolare i corpi dei neuroni che formano i nuclei sopraottico e paraventricolare dell’ipotalamo sintetizzano l’ormone antidiuretico ADH o vasopressina e l’ossitocina: combinati con le neurofisine, proteine di trasporto, essi formano granuli che migrano lungo gli assoni fino a raggiungere le terminazioni del lobo posteriore dell’ipofisi e qui, secondo un processo di esocitosi vengono liberati in prossimità dei vasi sanguigni da cui vengono assorbiti.

L’ossitocina viene prodotta prevalentemente dai neuroni paraventricolari e va a stimolare l’attività contrattile del muscolo uterino e delle cellule mioepiteliali della ghiandola mammaria.

Altri neuroni che fanno parte dei nuclei paracellulari dell’ipotalamo producono neurormoni che vengono riversati nel circolo ematico e questi neurormoni vanno a regolare in modo specifico l’attività escretrice delle cellule ormonali dell’ adenoipofisi.

Altrettanti sono gli ormoni prodotti che inibiscono, in modo altrettanto specifico, la sintesi e la liberazione degli ormoni adenoipofisari; questi sono detti fattori di inibizione e anch’essi prendono il nome dell’ormone di cui vanno a bloccare la produzione.

Si può quindi dire che è l’equilibrio fra la produzione de neurormoni inibenti che va a modulare l’attività ipofisaria.

La neuroipofisi è la porzione “nervosa” di questa ghiandola e i suoi elementi cellulari più importanti sono i pituiciti che non sono altro che cellule gliali modificate che non secernono ormoni e i cui prolungamenti formano una fitta rete fibrosa. Qui arrivano le fibre nervose appartenenti ai neuroni ipotalamici che producono ADH ed ossitocina; quindi si può dire che la neuroipofisi ha una funzione di deposito poiché riceve il materiale elaborato dai neuroni ipotalamici e va a distribuirlo a tutto l’organismo attraverso il circolo sanguigno.

L’adenoipofisi è invece, la porzione dell’ipofisi ad attività ghiandolare vera e propria; infatti le cellule che formano l’adenoipofisi sono di tipo diverso da quelle della neuroipofisi e si dividono in tre tipi dal punto di vista istologico: acidofile, basofile e cromofobe.

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Ciascun tipo di cellula produce ormoni diversi; in modo particolare le acidofile producono l’ormone della crescita chiamato GH e la prolattina; le basofile producono l’ormone follicolo stimolante FSH, l’ormone luteinizzante LH, l’ormone tireotropo TSH e l’ormone adrenocorticotropo ACTH.

Di questi ormoni, tutti di natura proteica, quattro vanno ad influenzare l’attività di altre ghiandole endocrine e per questo motivo sono detti tropine ( TSH,ACTH,LH e FSH); mentre gli altri due ormoni vanno ad agire su tessuti non endocrini (GH e PRL).

L’ormone della crescita o GH va a stimolare la sintesi proteica favorendo il trasporto nelle cellule degli amminoacidi provocando una diminuzione del catabolismo proteico; poi va a favorire la mobilitazione dei grassi ed il loro catabolismo cellulare ostacolando l’uso del glucosio da parte delle cellule favorendone l’accumulo nel fegato in forma di glicogeno, ma soprattutto interviene nell’accrescimento dell’organismo stimolando la sintesi epatica di somatomedine che sono fattori di crescita molto attivi sulle cartilagini in crescita .

L’ormone tireotropo o TSH regola l’attività della tiroide provocando l’aumento delle dimensioni e del numero dei follicoli tiroidei.

L’ormone adrenocorticotropo o ACTH deriva dalla scissione proteolitica di un precursore più grande; va a stimolare lo sviluppo della corteccia surrenalica e la secrezione degli ormoni che vengono appunto elaborati dalla essa come i glicocorticoidi (cortisolo, cortisone, corticosterone) e l’aldosterone. Il cortisolo va a svolgere una funzione di feedback negativo in quanto va ad inibire la secrezione del fattore stimolante (CRF) prodotto dall’ipotalamo.

L’ormone luteinizzante LH e l’ormone follicolo-stimolante FSH sono gonadotropine o possono esser denominati anche ormoni gonadotropi.

Essi infatti agiscono sulle gonadi stimolando la secrezione degli ormoni sessuali. L’FSH va a stimolare lo sviluppo dei follicoli ovarici della donna e la maturazione degli spermatozoi nell’uomo mentre l’LH provoca nella donna l’ovulazione cioè la rottura dei follicoli ovarici maturi da cui si libera l’uovo e nell’uomo la secrezione di androgeni (testosterone e androsterone) da parte delle cellule interstiziali dei testicoli.

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FSH e LH insieme stimolano la secrezione di estrogeni da parte delle cellule follicolari dell’ovaio ed oltre a questi effetti che possiamo definire “primari” sulla riproduzione; le gonadotropine agiscono anche sui caratteri sessuali secondari.

La produzione di queste sostanze da parte dell’adenoipofisi viene stimolata dal GnRF (Gonadotropin Releasing Factor) ipotalamico ed è sottoposta ad un feedback negativo dipendente dalla concentrazione sanguigna di ormoni che vengono prodotti dalle gonadi.

L’ormone luteotropo LTH stimolerebbe la secrezione di progesterone da parte del corpo luteo che rappresenta l’organo endocrino temporaneo che si genera nell’ovaio a seguito dell’ovulazione.

Infine la prolattina PRL è un ormone che stimola la produzione di latte da parte della ghiandola mammaria dove va a stimolare la sintesi di caseina e lattosio.

Per quanto riguarda la prolattina non è stato identificato alcun fattore di rilascio ipotalamico mentre si sa che neuroni nell’area preottica producono la prolattostatina che ne va ad inibire il rilascio.

I testicoli nell’uomo e le ovaie nelle femmine sono gli organi destinati alla riproduzione sessuale e al loro interno possiamo trovare gameti, cellule necessarie a svolgere le funzione riproduttiva e poi ci sono cellule specializzate nella produzione di ormoni sessuali che esercitano un’azione specifica su organi coinvolti nello sviluppo e nella funzionalità dell’apparato riproduttivo, nella riproduzione e nella determinazione dei caratteri sessuali secondari. Una volta escreti nel circolo sanguigno, si legano alla sieroalbumina e alla β -globulina e, entrati nella cellula bersaglio, si legano ad un opportuno recettore citoplasmatico innescando una specifica sintesi proteica. Finita la loro azione vengono inattivati dal fegato, resi solubili ed escreti con la bile e l’urina.

L’attività delle gonadi viene controllata dall’adenoipofisi come detto precedentemente attraverso la produzione dell’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH) a loro volta prodotti tramite la stimolazione da parte dei fattori di rilascio specifici dell’ipotalamo. È proprio questo collegamento tra cervello ed ipotalamo che fa sì che variazioni ambientali possano influenzare il ciclo riproduttivo.

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Nella donna le cellule della teca interna producono piccole quantità di androgeni come testosterone ed androstenedione che le cellule della granulosa dei follicoli ovarici in accrescimento trasformano in estrogeni (estradiolo, estrone e estriolo) destinati a stimolare le cellule dell’utero e della vagina che sono implicati nelle trasformazioni sessuali secondarie.

Essi aumentano la ritenzione idrica, riducono la formazione di peli e vanno ad influenzare la deposizione dei grassi e lo sviluppo delle ossa e in particolar modo del bacino. A livello di tutti i tessuti hanno effetto anabolizzante stimolando la sintesi di proteine.

Subito dopo l’ovulazione, le cellule che compongono il follicolo vanno a formare il corpo luteo e cominciano a secernere progesterone o luteina ed alcuni suoi derivati che hanno azione opposta a quella degli estrogeni. È questo ormone che stimola le cellule delle tube ovariche, della vagina, delle mammelle e soprattutto dell’utero dove causa l’ipertrofia della mucosa e l’aumento della vascolarizzazione inibendo quindi la mobilità muscolare nel caso della fecondazione.

È il progesterone che, agendo sull’utero, deve accogliere l’uovo fecondato, ed agendo sulla struttura delle ghiandole mammarie per rendere possibile la lattazione preparando quindi l’organismo alla gestazione.

La regolazione del sistema riproduttivo femminile è assai complessa e dipende sia dall’attività endocrina dei singoli gruppi cellulari i quali compongono l’ovaio, che dalla produzione ormonale di ipotalamo ed ipofisi.

Le periodiche variazioni dei livelli di gonadotropine ipofisarie (FSH e LH), di estrogeni e di progestinici ovarici vanno a determinare il ciclo mestruale o ovarico che si evidenzia tramite una clinica variazione funzionale e morfologica dell’apparato sessuale femminile.

Come detto precedentemente nel ciclo ovarico si distinguono quattro fasi. La fase follicolare che ha inizio con l‘aumento dei livelli plasmatici di FSH il quale agisce come stimolante dello sviluppo di vari follicoli ovarici, delle cellule della teca interna e delle cellule della granulosa.

Il concomitante aumento di LH stimola invece le cellule della teca a produrre androgeni che, una volta trasformati in estrogeni e immessi in circolo, arrivano a superare un certo valore soglia provocando la secrezione di un picco di LH e di FSH

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che induce la maturazione del follicolo; questo processo avviene grazie ad un meccanismo a feedback positivo su ipotalamo ed ipofisi. Dopo la fase follicolare si verifica la fase ovulatoria caratterizzata dalla deiscenza, cioè lo scoppio, di un follicolo causato dall’LH.

A questo punto l’ovulo viene rilasciato nella cavità peritoneale (ovulazione);inoltre, l’aumento dei livelli sanguigni di estrogeni induce la proliferazione della mucosa uterina denominata endometrio.

Subito “catturato” dall’estremità della tuba più vicina, l’ovulo comincia la sua discesa verso l’utero sospinto dalle ciglia e dai movimenti muscolari della tuba. Poi si verifica la fase luteinica in cui l’LH stimola la formazione del corpo luteo che secerne progesterone ed alcuni estrogeni; questo provoca un feedback negativo che va ad inibire la produzione ipotalamica di fattori di rilascio per FSH ed LH .

Il progesterone agisce sull’endometrio stimolando l’ispessimento dello strato ghiandolare e vascolare preparando le condizioni ottimali per accogliere l’ovulo fecondato.

La fase finale è la fase mestruale che ha luogo nel caso in cui l’ovulo non sia fecondato e non vada ad annidarsi nell’endometrio.

Durante questa fase il corpo luteo degenera, la concentrazione plasmatica di progesterone ed estrogeni subisce un crollo dopo aver raggiunto un picco e, di conseguenza, la mucosa uterina si sfalda con la mestruazione.

La diminuzione dei livelli degli ormoni lutei sblocca il feedback negativo sulla produzione ipofisaria di FSH e di LH e il ciclo è pronto a ricominciare. (Lucisano F., 2010)

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2. Storia della contraccezione

I primi accenni all’utilizzo dei mezzi contraccettivi sono molto antichi in quanto risalgono all’era di due papiri egiziani (il papiro Petri, ca. 1850 a.C, e il papiro Ebers, ca. 1540 a.C. ) .

Nei due papiri vengono descritte miscele di sostanze che le donne avrebbero dovuto inserire all’interno della vagina per evitare gravidanze.

Anche in numerosi frammenti di origine cinese dedicati alla medicina si leggono consigli pratici di vario genere.

Quello che i paletnologi e gli antropologi si chiedono è se anche le popolazioni preistoriche facessero uso di metodi finalizzati a provocare la diminuzione del numero di figli e ciò indipendentemente dalla loro efficacia.

Molti studiosi pensano che tutte le popolazioni nelle quali si sono formati aggregati sociali di tipo familiare abbiano, per diverse ragioni, cercato di distanziare le nascite o siano più semplicemente ricorse all’infanticidio per contenere il numero dei figli. Si tratta ovviamente di ipotesi che non possono essere dimostrate, data la difficoltà di tenere nel dovuto conto una serie di parametri indipendenti, quali la breve attesa di vita delle donne, l’incidenza inevitabilmente elevata della sterilità secondaria, l’alta mortalità di parto.

Le ragioni per controllare e ridurre il numero di figli o in alternativa, quello delle persone appartenenti a una famiglia, ad una tribù o ad un paese sono numerose e sono certamente cambiate nel corso dei secoli.

È molto probabile che all’inizio si trattasse della reticenza dei capi famiglia a dividere con altri “le cose che contano” o delle difficoltà di allevare o nutrire oltre un certo numeri di figli.

Successivamente sono diventati prevalenti problemi molto concreti come quelli delle prostitute e delle schiave, che in gravidanza non potevano lavorare o lavoravano di meno, quelli collegati alla povertà di molte popolazioni e quelli relativi alla consapevolezza dei gravi rischi che alcune donne potevano correre in caso di gravidanza; si pensi per esempio alle donne di bassa statura, quasi sempre portatrici di bacini viziati e perciò destinate, per secoli, a morire a causa del parto. (Bernard E et al., 1963)

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In tempi più recenti, un forte impulso a controllare e ridurre la crescita della popolazione venne certamente da Thomas R. Malthus che era un economista inglese che nel 1978 pubblicò il saggio An essay on principles of population nel quale attirava l’attenzione sul pericolo di un’eccessiva crescita demografica, sostenendo che la popolazione tende ad aumentare secondo una proporzione geometrica, mentre i mezzi di sussistenza aumentano in progressione aritmetica.

A questa ipotesi si sono poi contrapposte visioni molto più ottimistiche riguardo alle relazioni tra popolazioni e risorse, ma i timori del “malthusianesimo” hanno sempre alimentato diverse polemiche soprattutto nel periodo del più rapido aumento della popolazione, che copre quasi tutto il XX secolo.

Nel 1968 Paul Ehrlich, un ambientalista americano, di fronte alla prospettiva di due raddoppi della popolazione mondiale in un solo secolo, usò, nel suo libro, The

population bomb, l’espressione “esplosione demografica”.

Successivamente, l’individuo, ed in modo particolare la donna, è stato messo al centro del dibattito relativo al rapporto tra la popolazione e lo sviluppo.

È stato riconosciuto così che l’assetto, la condizione ed i diritti dell’individuo sono portatori di importanti implicazioni non solo nei confronti delle famiglie, ma anche nei riguardi delle società. Il problema sociale, relativo al controllo della crescita numerica della popolazione, si è così saldato con quello della soddisfazione delle esigenze individuale di pianificazione della famiglia. Si piò dire che coscienza personale e preoccupazione sociale si incontrano in un percorso molto impegnativo; infatti la prima vera domanda sociale di contraccezione risale ad un’epoca molto recente, la cosiddetta “epoca di transizione” che, nell’Inghilterra del XIX secolo costrinse molte famiglie contadine ad inurbarsi e le mise di fronte a drammatiche modificazioni dell’assetto familiare e del valore economico, che divenne improvvisamente negativo, dei nuovi nati.

Uno dei maggiori ostacoli alla messa a punto di metodi contraccettivi sicuri, o anche soltanto minimamente utili, è stata certamente la scarsa conoscenza della biologia della riproduzione, i cui meccanismi sono stati interamente compresi solo nel corso del XX secolo.

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Persino l’esistenza di una relazione tra un rapporto sessuale e l’inizio di una gravidanza è stata compresa in modo tardivo, soprattutto per il lungo tempo che intercorre tra coito fecondante e nascita del figlio.

L’osservazione del comportamento degli animali e alcune evidenze comuni in quanto i castrati non hanno figli così come le vergini hanno eliminato molte interpretazioni metafisiche o magiche del concepimento. Era comunque comune, agli albori della civiltà, un doppio messaggio che i medici stregoni indirizzavano a chi chiedeva a loro un consiglio per la contraccezione: aulico, basato sull’intervento degli dei, o dello spirito degli antenati.

Nella classificazione della medicina moderna i contraccettivi sono divisi in ormonali e meccanici, oltre che distinti a seconda della loro natura temporanea o definitiva. Si può dire che una suddivisione analoga poteva esser fatta anche per l’era “non scientifica” della contraccezione, quella che va dalla prima epoca in cui la storia dell’uomo è stata tramandata, per iscritto, al XIX secolo. (Flamigni et al., 1996) Nei tempi più remoti, i metodi più comunemente usati erano meccanici e si basavano su particolari modalità di consumazione del rapporto: nelle diverse epoche e nelle varie culture sono stati perciò popolari il coitus interruptus, il coitus inter femora, il

coitus reservatus e quello “sassonico” oltre che l’impiego di varianti sessuali come la

sodomizzazione e la fellatio.

Se alcune di queste metodologie sono tuttora in uso, coito reservatus e sassonico sono praticamente caduti in disuso in quanto entrambi i metodi largamente utilizzati in Cina ed India , consistevano il primo in un rapporto volutamente aneiaculatorio, il secondo in una compressione del perineo che costringeva il seme a refluire in vescica.

Solo molto tardivamente, tra il XVIII e il XIX sec., sono descritti metodi basati sul ritmo, tutti caratterizzati dal fatto che si riteneva che il momento della massima fertilità femminile coincidesse con le mestruazioni.

Altre metodologie meccaniche utilizzate nell’antichità consistevano nell’introduzione di diversi tipi di pessari vaginali e nell’uso di unguenti a protezione del pene.

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Alcuni metodi particolarmente traumatici erano usati in Australia ed in alcune isole del Pacifico e questi consistevano in aperture permanenti dell’uretra ed in interventi deformanti sull’apparato genitale interno femminile.

Possono essere considerati analoghi agli attuali metodi contraccettivi ormonali tutti i sistemi basati sull’utilizzo di erbe o di estratti di varie parti di piante, descritti dagli erboristi a partire da Dioscuride fino ai più recenti cultori di fitoterapia.

L’efficacia di alcune di queste erbe è stata confermata, mentre di altre non ci è dato sapere ancora molto e alcune come il silfio sono addirittura scomparse.

L’uso di queste erbe era indicato prevalentemente per abortire, ma spesso aborti e contraccezione venivano confusi e l’indicazione era genericamente quella di “sostanze emmenagoghe”.

Con la comparsa di una condanna morale sempre più severa dell’aborto, scomparvero dagli erbari le indicazioni più utili, l’uso delle piante divenne privilegio delle ostetriche e si ridusse in modo drammatico dopo che l’Inquisizione ebbe mandato al rogo un grande numero di donne.

Per quanto riguarda la contraccezione moderna, in questo ambito si sono mantenute alcune delle antiche metodiche andando a migliorarle apportandovi delle modifiche. Nel campo della contraccezione meccanica sono stati suggeriti spermicidi sempre più efficaci, a partire dalle pillole intravaginali di Rendel che contengono chinino e che vennero utilizzate in Inghilterra a partire dal 1880. Sempre a partire dalla seconda metà del XIX sec. sono stati proposti diaframmi vaginali e cappucci cervicali, che hanno raggiunto la loro massima popolarità negli Stati Uniti dopo la Prima guerra mondiale e che comportavano l’uso associato di spermicidi.

Questi metodi contraccettivi sono stati, per molti anni, una sorta di simbolo dei movimenti di liberazione della donna e del femminismo radicale. (Quartararo P., 2001)

Proposto inizialmente come strumento utile per evitare malattie sessualmente trasmesse, il preservativo ha cominciato ad essere largamente utilizzato dal momento in cui è stata scoperta la vulcanizzazione della gomma; infatti dati della fine del XX secolo ne confermano la grande diffusione poiché vengono registrati più di sei miliardi di preservativi utilizzati in un solo anno.

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La proposta di inserire nella cavità uterina piccoli strumenti, definiti come “spirali”, risale alla fine del XIX secolo ed è venuta inizialmente dai ginecologi tedeschi. Abbandonato per molti decenni, questo strumento anticoncezionale, che ha molto probabilmente anche la capacità di inibire l’impianto degli embrioni di indurre aborti precocissimi, è stato ripreso dopo il 1960, facendo seguito alla necessità di trovare un’alternativa alla pillola anticoncezionale che fosse meno costosa e più adatta a popolazioni che godevano di scarsa assistenza sanitaria.

La storia della contraccezione ormonale è relativamente recente infatti è stata resa possibile dall’acquisizione della chimica organica in merito alla sintesi di steroidi sia progestinici che estrogenici, essa viene fatta risalire alle esperienze di Gregory Pincus e dei ricercatori della Worcester Foundation for Experimental Biology . Nel 1951 Pincus fu incaricato da Margaret Sanger, presidente della International Planned Prenthood Federation, di eseguire ricerche sul controllo della fertilità.

Pincus, che aveva effettuato molti studi sugli animali ma non aveva esperienza clinica, utilizzò inizialmente il progesterone, poi un progestinico che, per cattiva purificazione, conteneva quantità significative di un estrogeno, il mestranolo. Fu la scoperta di questa contaminazione che orientò Pincus verso l’impiego di estroprogestinici di sintesi.

Fu dunque con questi ormoni ed in particolare con due differenti progestinici come noretinodrel e noretisterone acetato, ed un estrogeno che era l’etinilestradiolo, che Pincus cominciò le sue esperienze cliniche prima a Puerto Rico poi ad Haiti, che portarono alla realizzazione della pillola anticoncezionale.

È bene ricordare che le leggi allora vigenti negli Stati Uniti non permettevano una sperimentazione di questo tipo nei territori americani.

Le prime pillole si dimostrarono immediatamente molto efficaci nell’inibire l’ovulazione ma, molto probabilmente a causa degli alti dosaggi impiegati, si caratterizzarono per la grande quantità di effetti collaterali.

Da quei primi momenti la storia della pillola è contraddistinta da molte polemiche. Da un lato, l’industria farmaceutica proponeva continuamente nuove pillole, con dosi di ormoni sempre più basse; dall’altro lato invece, i medici trovavano sempre più difficile discutere dei più importanti effetti collaterali. Inizialmente soprattutto, furono le trombo-embolie gli effetti collaterali più importanti registrati, in seguito

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furono i possibili effetti oncogeni, per la reticenza delle riviste scientifiche ad accettare articoli e lettere che riguardassero questi temi.

Fu addirittura necessario un prolungato dibattito presso una sottocommissione senatoriale degli Stati Uniti perché la Food and Drug Administration (l’ente che sovrintende alla sicurezza farmaceutica ed alimentare) americana imponesse alle case farmaceutiche di inserire un foglietto illustrativo con un elenco delle possibili controindicazioni e dei rischi.

La ricerca farmacologica ha in parte risolto questi problemi, proponendo nuove formulazioni con dosaggi sempre più bassi, cosicché oggi la pillola, pur non essendo completamente libera da possibili rischi, rappresenta il mezzo anticoncezionale più sicuro, e probabilmente anche quello più indicato, soprattutto per le giovani donne. L’uso degli ormoni per inibire la fertilità è andato molto oltre l’impiego della pillola. Gli estroprogestinici possono essere introdotti nell’organismo per via percutanea o transvaginale.

Esiste poi una contraccezione ormonale basata sull’assunzione dei soli progestinici, utilizzati con diverse modalità; per bocca a basso dosaggio nel caso della minipillola, per deposito, per via intramuscolare o mediante serbatoi sottocutanei, per cessione da anelli vaginali o da spirali.

I progestinici come gli estroprogestinici, sono utilizzati anche per una forma particolare di contraccezione, definita “di emergenza” o “postcoitale”.

Assumendo ormoni steroidei in una o due somministrazioni dopo un rapporto sessuale a rischio, si riesce quasi sempre ad evitare la gravidanza, probabilmente per un effetto di inibizione dell’ovulazione o di alterazione della biologia dell’ovocita, che non si lascia più fertilizzare.

Malgrado l’assoluta assenza di prove, esiste una opposizione all’uso di queste pillole, accusate di inibire l’impianto degli embrioni.

I metodi anticoncezionali cosiddetti “definitivi” consistono nell’interruzione della pervietà dei dotti deferenti nell’uomo e delle tube nelle donne.

In entrambi i casi è ovviamente necessario un piccolo intervento chirurgico, che nell’uomo viene eseguito in anestesia locale e nella donna in anestesia generale . In teoria gli interventi sono reversibili, soprattutto se possono essere utilizzate tecniche microchirurgiche.

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Si tratta di scelte molto discusse, in considerazione del grande numero di pentiti ugualmente diffusi tra gli uomini e le donne e delle reazioni psicologiche negative che possono esser dovute all’intervento.

Non viene naturalmente inserito tra i mezzi contraccettivi l’aborto procurato, ma molti libri di testo fanno riferimento al controllo mestruale .

Sono in corso studi che riguardano l’anticoncezionale ormonale dell’uomo dove gli ormoni sperimentali sono soprattutto i progestinici e gli androgeni usati insieme. Le previsioni sul possibile utilizzo di questa metodologia sono però molto pessimistiche a causa delle resistenze culturali e psicologiche legate alla diffusione nella popolazione maschile.

Molti metodi contraccettivi attualmente allo studio sono da considerarsi sperimentali e non è ancora chiaro se potranno mai trovare applicazione clinica.

Appaiono particolarmente interessanti le ricerche immunologiche che sono indirizzate a costituire anticorpi specifici per i siti recettoriali dei gameti, indispensabili per permettere il riconoscimento specifico e l’incontro.

Sembra invece molto rallentata la ricerca di steroidi ormonali, certamente a causa dei costi elevatissimi per la sperimentazione.

Da ricordare è che circa cinquant’anni fa veniva approvata la commercializzazione del primo farmaco contraccettivo e questo rappresentò una vittoria per Margaret Sanger la cui madre morì dopo ben diciotto gravidanze ed undici parti.

La diffusione della pillola anticoncezionale cominciò infatti come detto precedentemente, negli Stati Uniti il 9 maggio 1960, quando la Food and Drug Administration ne approvò la commercializzazione.

La madre di Margaret Sanger come appena detto, devota cattolica, affrontò diciotto gravidanze ed 11 parti prima di morire per sfinimento a causa di tubercolosi e cancro alla cervice.

Margaret, sesta di undici figli, aveva passato la giovinezza ad accudire la casa ed i fratelli minori, ed era stata costretta ad abbandonare il college per occuparsi dell’anziana madre durante i suoi ultimi giorni.

Alla giovane, l’idea di ripercorrere lo stesso destino della madre non le andava per niente e questa convinzione si era accresciuta negli anni in cui aveva fatto

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l’infermiera a White Plans, alla periferia di New York, osservando le donne morte di parto ed aborto clandestino.

Questi eventi fecero maturare in lei la convinzione che la gravidanza dovesse essere una libera scelta e così cominciò ad impegnarsi sulla diffusione delle informazioni riguardanti la contraccezione, attività che a quel tempo era illegale negli Stati Uniti. Nel 1913 lanciò The woman rebel che era un mensile di otto pagine con il fine di promuovere la contraccezione. (www.dianedew.com/sanger10.htm)

Lo slogan era: No Gods and No Masters. Nel 1916 fu la volta del What Every Girl

Should Know nel quale forniva informazioni su mestruazioni e sessualità nelle

adolescenti per poi finire con altri due periodici: The Birth Control Review e Birth

Control News.

Nel 1916 la donna aprì a Brooklyn la prima clinica per la pianificazioni familiare e questo diede fastidio a molte persone infatti nove giorni dopo l’apertura la clinica fu vittima di un raid della polizia e Margaret Sander venne arrestata.

Comunque questa esperienza ebbe un importante risvolto positivo in quanto portò ad una serie di udienze ad appelli che terminarono nel 1918 con la decisione della Corte di Appello di New York di autorizzare i medici a prescrivere misure anticoncezionali.

A questo punto, nel 1921, Margaret fondò l’American Birth Control League e nel 1923 il Birth Control Clinical Research Bureau.

In questo periodo strinse amicizia con Katherine McCormick, filantropa e attivista per i diritti delle donne di Chicago.

Nel 1947, Katherine decise di impiegare i suoi averi per finanziare la ricerca per lo sviluppo di un contraccettivo orale grazie anche all’aiuto di un ginecologo austriaco che ipotizzò la possibilità di usare gli ormoni per evitare gravidanze indesiderate. Nel 1953 le due donne affidarono le loro speranze a Gregory Pincus, medico e biologo impiegato nella casa farmaceutica Searle, famoso per essere riuscito a fecondare artificialmente un coniglio.

Il medico, pur essendo cattolico credente, accettò la proposta delle due donne e lasciò la sua azienda mettendosi al lavoro per loro.

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Partì dagli studi di Frank Colton, chimico della Searle che aveva, del tutto accidentalmente, realizzato un contraccettivo orale, e dagli studi di Carl Djerassi, che nel 1951 aveva prodotto il progesterone sintetico.

Grazie a questi due studi Pincus quindi riuscì a realizzare la prima pillola anticoncezionale.

Nel 1957 il farmaco entrò in commercio per il trattamento di “disturbi ginecologici”, di cui “improvvisamente” cominciarono a soffrire migliaia di donne. (www.wired.it/topics)

Tre anni dopo, la FDA ne approvò la vendita come anticoncezionale e dopo altri tre anni l’Envid, questo era il nome commerciale dell’anticoncezionale con composizione di 0.15 mg di mestranolo e 9.85 mg di noretinodrel, era negli armadietti di un milione e duecentomila abitazioni in tutti gli Stati Uniti.

Queste prime pillole anticoncezionali contenevano ormoni estrogeni e progestinici per imitare gli ormoni naturali del corpo.

Le dosi inizialmente furono piuttosto alte e le donne cominciarono ad avere non pochi effetti collaterali come nausea, aumento di peso, gonfiore, visione doppia, coaguli di sangue ed ictus.

Con la ricerca poi siamo riusciti ad ottenere dosi molto inferiori o ormoni che hanno comportato pochi effetti collaterali.

Oltre a moltissime tipologie di pillole ormonali, una nuova forma di anticoncezionale fu la “minipillola” che conteneva solo un derivato con la stessa azione del progesterone finalizzato quindi ad ottenere l’ ispessimento della parete dell’utero per impedire la fecondazione della cellula uovo.

Anche se non efficace come le pillole a ormone doppio, questa pillola è un’ottima alternativa per le donne che soffrono di effetti collaterali da farmaci più tradizionali. La ricerca nel 1980 ha suggerito un legame tra le pillole contraccettive e ictus, coaguli di sangue, attacchi di cuore e cancro ed è per questo che i livelli di ormoni presenti nelle formulazioni sono stati abbassati garantendo una maggiore sicurezza alla forma farmaceutica; infatti si è visto che utilizzando contraccettivi orale abbiamo ottenuto una notevole riduzione dell’insorgenza del cancro ovarico.

In Europa la prima pillola anticoncezionale fu messa in vendita nel 1961 sotto il nome di Anovlar con composizione di 5 mg di etinil-estradiolo e 4 mg di

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noretisterone acetato ed in Italia fu autorizzata nel 1967 per fini terapeutici e solo nel 1976 il ministro della Sanità abrogò le norme che ne vietavano la vendita.(Pescetto et al., Ginecologie e ostetricia seconda ristampa, 2004)

L’efficacia della pillola oscilla tra il 92% ed il 98% ed il nostro paese risulta il fanalino di coda in Europa per l’utilizzo della contraccezione orale con una percentuale del 14,2% ferma agli stessi livelli di Tunisia (14,5%) e Iraq (14,6%). L’atteggiamento delle donne italiane è il frutto di resistenze culturali ma è anche il risultato di informazioni scientificamente piuttosto superficiali sugli effetti a breve o a lungo termine del farmaco.

In realtà la ricerca medica, come già accennato, ha cambiato profondamente il contenuto della pillola rispetto a quelle commercializzate i primi anni con la sintesi di nuovi progestinici ed il progressivo ridursi dei dosaggi efficaci e la diminuzione degli effetti collaterali.

La pillola anticoncezionale agisce grazie alla combinazione tra piccole quantità di un estrogeno che solitamente era l’etinilestradiolo, e di un progestinico; l’assunzione quotidiana di questi due ormoni porta ad inibire gli eventi ormonali che inducono l’ovulazione.

Dopo la sua introduzione, la pillola anticoncezionale ebbe un grande impatto sociale infatti, in primo luogo, era molto più efficace di qualsiasi precedente metodo di controllo delle nascite, dando alle donne il controllo sulla propria fertilità.

L’utilizzo non richiedeva particolari accorgimenti al momento dell’attività sessuale che potessero interferire con la spontaneità della situazione.

Questa combinazione di fattori rese la pillola immensamente popolare in pochi anni dalla sua produzione.

Poiché la pillola era così efficace, e presto fu anche così diffusa, in breve tempo si sollevò il dibattito riguardante la morale e le conseguenze per la salute della donna che la assumeva.

La diffusione di un contraccettivo orale portò molte figure religiose ed istituzioni a dibattere attorno al tema della sessualità e della relazione con la procreazione.

La Chiesa cattolica in particolare mise in evidenza l’insegnamento tradizionale cattolico circa il controllo delle nascite e nel 1968 papa Paolo VI pubblicò l’enciclica

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L’enciclica reiterò l’insegnamento tradizionale cattolico secondo il quale la contraccezione artificiale distorcerebbe la natura e gli obiettivi dell’atto sessuale. Nella stessa enciclica è però ribadita la liceità dell’utilizzo della pillola anticoncezionale, come ogni farmaco con questo effetto, se usata per il trattamento di patologie, quindi considerando l’effetto anticoncezionale solo come collaterale. Allo stesso tempo la società stava cominciando a prendere coscienza dell’impatto della pillola sui tradizionali ruoli di genere in quanto secondo studi di economia politica, la diffusione della pillola ebbe effetti significativi sulla rimodulazione dei rapporti socio-economici di genere, aumentando in breve tempo ed in maniera strutturale il numero di donne che, tramite scelte più autonome relative alla propria vita familiare, potevano raggiungere livelli più elevati di studio e carriera (Gldin, C., Katz, L.F., 2002).

Negli anni ottanta e novanta, nuovi studi ed una progressiva riduzione del contenuto ormonale delle pillole contraccettive in commercio (ne esistono diverse tipologie con differenti indicazioni di utilizzo ed effetti collaterali variamente significativi) , scongiurarono le principali preoccupazioni per la salute della donna sollevate negli anni precedenti.

Oggi si ritiene l’uso corretto della pillola come il più efficace metodo contraccettivo esistente, il cui utilizzo può essere protratto anche a lungo senza rischi, se non per alcune particolari categorie di donne (come quelle affette da malattie cardiovascolari), e con alcuni vantaggi in relazione alla significativa riduzione dell’incidenza di alcuni tipi di tumore (Hannaford PC et al., 2010).

Esistono diverse tipologie di pillole anticoncezionali classificabili in base al contenuto ormonale (progestinico e/o estrogeno) e, nel caso di un’associazione estro-progestinica (estrogeno con progestinico, la più frequente), in base al dosaggio delle due sostanze.

Tale dosaggio può essere fisso per l’intero ciclo ed in tal caso tutte le compresse contenute nella confezione avranno identica composizione, oppure variare di settimana in settimana.

Nel primo caso si parla di associazione monofasica; diversamente si possono avere associazioni bifasiche con un dosaggio per i giorni da uno a dieci ed un altro per i

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giorni da undici a ventuno, o trifasiche con tre dosaggi diversi nel corso dei ventuno giorni di terapia.(Bertram G. Katzung, 2006)

Le pillole contraccettive che hanno come principio attivo l’associazione estro-progestinica sono detti anche COC (Combined Oral Contraceptive), le pillole contraccettive che hanno come principio attivo il solo progestinico (pillola progestinica) sono dette POP (Progestin Only Pill).

In ogni caso, dopo ventuno giorni di assunzione (in alcuni casi come nelle pillole contenenti Gestodene ed etinilestradiolo dopo ventiquattro), la pillola estroprogestinica viene sospesa o alle volte sostituita con un placebo per sette giorni e per quattro giorni per le pillole da ventiquattro giorni.

Durante questo intervallo dovrebbe manifestarsi il cosiddetto “sanguinamento da sospensione” che è simile alla mestruazione.

Terminati i sette o quattro giorni, l’assunzione della pillola riprende per un nuovo ciclo.

Ad oggi è utilizzata da più di cento milioni di donne nel mondo e questo uso varia in base all’età, all’educazione, allo stato civile, alle tradizioni culturali ed alla nazione di appartenenza.

Un quarto delle donne tra i sedici ed i quarantanove anni nel Regno Unito usa correttamente la pillola, mentre in Giappone ne fa uso solo l’1%. (Le rilevazioni UN considerano le donne in età fertile tra i 15 e i 49 anni sposate o unite stabilmente) Secondo i dati delle Nazioni Unite, nei paesi sviluppati la prevalenza d’uso è di circa il 18% delle donne rispetto ad un 7% delle donne nei paesi in via di sviluppo.

In Italia il 16.2% delle donne tra i quindici e i quarantaquattro anni utilizza la pillola ed il maggior uso in Italia si ha in Sardegna dove il 30% delle donne la utilizza. La pillola anticoncezionale non è utilizzata solo ai fini contraccettivi; infatti può essere prescritta per il trattamento di alcune patologie come la sindrome dell’ovaio policistico, l’endometriosi, l’adenomiosi, l’anemia causata dalle mestruazioni e le mestruazioni dolorose riconosciute come dismenorrea.

I contraccettivi orali spesso sono prescritti per curare forme di acne lievi o moderate. (Huber et al., 2005)

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La pillola può anche indurre le mestruazioni ad intervalli regolari nelle donne disturbate da cicli mestruali irregolari e da alcune patologie caratterizzate da sanguinamento uterino disfunzionale.

L’uso della pillola in generale comporta i seguenti vantaggi: (Di Renzo, 2009) • Elevata efficacia contraccettiva;

• Facilità di utilizzo;

• Nessuna interferenza con l’atto sessuale;

• Modulazione del ciclo mestruale regolarizzandolo e riducendo la dismenorrea ed il dolore pelvico;

• Riduzione della perdita di sangue mestruale e per questo motivi si può utilizzare nella terapia dell’anemia dovuta a mancanza di ferro associata alla menorragia;

• Riduzione degli episodi acuti di infiammazione pelvica con conseguente riduzione del rischio globale di infertilità;

• Riduzione della patologia cistica dell’ovaio; • Riduzione di miomi uterini;

• Le recenti formulazioni con progestinici aventi proprietà anti-androgenizzanti possono essere usati per ridurre acne ed irsutismo; (ESHRE Capri Workshop Group, 2005)

• Significativa riduzione del rischio di sviluppare carcinoma ovarico e l’effetto protettivo è proporzionalmente presente anche a lungo termine (20-30 anni) dopo la cessazione dell’assunzione. Si calcola che la diffusione dei contraccettivi orali abbia evitato circa 200.000 casi di tumore ovarico e 100.000 decessi, riducendone l’incidenza in percentuali variabili tra il 38% e l’80%. (ESHRE Capri Workshop Group, 2005) (Di Renzo, 2009) (Collaborative Group on Epidemiological Studies of Ovarian Cancer, 2008) (Tworoger SS. Et al., 2007) (Kumle M. et al., 2004)

• Importante diminuzione del rischio di sviluppare carcinoma dell’endometrio. Si parla di numeri fino al 50% in meno di incidenza rispetto alle donne che non usano contraccettivi orali; (ESHRE Capri Workshop Group, 2005) (Di Renzo, 2009) (Mueck AO et al.,2010)

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• Diminuzione del rischio relativo di sviluppare tumori del colon o del retto e dei tumori del corpo uterino.

• Diminuzione del rischio di mortalità correlata ad ischemia miocardica o ad altre patologie circolatorie. (Hannaford PC, et al.,2010)

• Protezione da patologie dell’apparato riproduttivo femminile ed in particolare sono stati dimostrati per i contraccettivi orali effetti benefici nelle donne affette da endometriosi sintomatica e adenomiosi; anche i disturbi mestruali come dolore e perdite ematiche eccessive possono essere allievati dall’uso della pillola. (ESHRE Capri Workshop Group, 2005)

Invece gli svantaggi che l’uso della pillola può comportare sono:

• L’assunzione obbligata con regolarità e precisione, altrimenti la sua efficacia anticoncezionale rischia di essere persa;

• L’uso della pillola può favorire o peggiorare, in persone predisposte, ipertensione e malattie cardiocircolatorie. Le nuove formulazioni però hanno un dosaggio minore di estrogeni che porta alla diminuzione del rischio rispetto alle vecchie pillole (Epidemiology of oral contraceptives, Pubmed, 1998) ( Controversies in contraception, curr Opin Pediatr.2008)

• Può dare alcuni effetti collaterali spiacevoli, soprattutto all’inizio dell’assunzione: fra questi, nausea, tensione mammaria che può esser correggibile adottando pillole con un clima estrogenico minore, sensazione di gonfiore, lieve aumento di peso contrastabile assumendo pillole contenenti particolari progestinici come il drosperidone, (Krattenmacher R, 2000) leggere perdite di sangue al di fuori delle mestruazioni, prive di qualsiasi significa psicologico e spesso associate con irregolarità di assunzione, depressione e calo della libido;

• Pillole con elevato tenore estrogenico possono aumentare la frequenza degli episodi emicranici; (C.Loeb, E.Favale, 2003) (Bruton et al., 2006)

• Particolari agenti progestinici con azione adrogenizzante (raramente utilizzati), possono peggiorare o indurre seborrea ed acne; (Bruton et al,. 2006)

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• Interferisce con alcuni farmaci, come antibiotici ed antivirali, che possono ridurre l’efficacia;

• La sua funzione è anticoncezionale, e non di protezione delle malattie sessualmente trasmissibili, il cui contagio può essere scongiurato solamente con l’uso del preservativo;

In passato, alcuni studi evidenziarono un aumento del rischio relativo di contrarre cancro al seno, all’utero e alle ovaie in donne che assumevano estrogeni, rischio che era proporzionale alla durata del trattamento, (Pubmed, J Epidemiol Biostat, 1999) altri studi relativi all’uso della pillola con le vecchie formulazioni ad alto contenuto di estrogeni, avevano evidenziato un modesto e transitorio aumento del rischio relativo di sviluppare un carcinoma alla mammella. (Collaborative Group on Hormonal Factors in Breast Cancer, 1996) Tale minima differenza nel rischio relativo, rispetto alle donne che non usavano la pillola, riguardava soprattutto le donne che avevano cominciato ad assumere la pillola ad alto contenuto di estrogeni prima dei venti anni di età, ed inoltre diminuiva dopo la sospensione del farmaco, fino a divenire nulla dopo i dieci anni dalla sospensione dello stesso. L’uso della pillola ad alto contenuto di estrogeni aveva comunque un’influenza trascurabile sull’incidenza complessiva di questo tipo di tumore nelle donne che è stimabile in circa 0.5 casi su 10.000 (ESHRE Capri Workshop Group, 2004). Studi più recenti (Petra M.Casey, 2008), relativi anche alle formulazioni più recenti a ridotto contenuto di estrogeni, hanno invece evidenziato come siano rilevabili solo modesti e non significativi incrementi dell’incidenza di tumore mammario associato all’uso dei contraccettivi orali (PA Marchbanks et al., 2002) (PA Wingo et al., 2007).

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3. Meccanismo d’azione dei contraccettivi orali

I contraccettivi ormonali combinati prevengono la gravidanza attraverso differenti meccanismi, primo fra tutti l’inibizione dell’ovulazione ovvero l’espulsione dell’ovocita dalle ovaie, che avviene di norma intorno al quattordicesimo giorno del ciclo mestruale in corrispondenza di un picco di ormone luteinizzante (LH) e di estrogeni. Quest’azione avviene attraverso l’effetto combinato del progestinico e dell’estrogeno. In particolare il progestinico inibisce l’ovulazione bloccando il rilascio ciclico di ormone luteinizzante (LH) da parte dell’ipofisi, modifica la densità del muco cervicale, rallenta il trasporto degli spermatozoi e inibisce la capacitazione (ovvero l’attivazione degli enzimi che permettono allo sperma di penetrare nell’ovocita). Gli estrogeni, invece, contribuiscono all’inibizione dell’ovulazione sopprimendo il rilascio di ormone follicolo-stimolante (FSH) dall’ipofisi, accelerando il trasporto dell’ovocita, riducendo il tempo di fertilizzazione e alterando le secrezioni della mucosa uterina e comportando di conseguenza la creazione di un ambiente sfavorevole all’impianto dell’ovocita. (Quartararo P., 2005).

Le pillole anticoncezionali attualmente disponibili sul mercato contengono ormoni sintetici ed utilizzano il cosiddetto progesterone di quarta generazione definito così proprio per sottolineare quanto sia avanzato il settore della contraccezione nelle industrie farmaceutiche. Se utilizzate in maniera corretta, le moderne pillole contraccettive arrivano ad offrire una protezione contro le gravidanze indesiderate garantita quasi al 100% ed inoltre i rischi dello sviluppo di effetti collaterali sono quasi nulli. (Trussel J., 2004)

I contraccettivi orali combinati, denominati COC, tengono conto delle variazioni ormonali tipiche dell’organismo femminile, per cui pillole diverse possono contenere diverse quantità di ormoni e vengono assunte nel corso di ventuno giorni dopo i quali si verifica un periodo di pausa di sette giorni.

Le pillole contenenti progesterone, ad ingrediente singolo, contengono una dose ormonale costante e vanno assunte quotidianamente anche durante il ciclo mestruale. Le nomenclature concernenti gli ormoni utilizzati possono variare ma il funzionamento rimane lo stesso poiché assumendo ormoni sintetici, si va a

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modificare le condizioni dell’apparato produttivo rendendo la fecondazione quasi impossibile.

Oltre all’effetto contraccettivo, principalmente ricercato, i contraccettivi ormonali possono avere effetti favorevoli o esercitare una azione preventiva su alcune condizioni.

Per quanto riguarda il piano terapeutico sono utilizzati nel trattamento di: dismenorrea, irregolarità mestruali, amenorrea, acne, irsutismo, metrorragie, endometriosi e sintomi premestruali.

L’uso nell’ acne vulgaris dovrebbe essere limitato ai soli casi di acne grave qualora il trattamento antibiotico orale non abbia dato i risultati desiderati.

Come già anticipato i contraccettivi ormonali sembrano essere in grado di ridurre l’incidenza di cisti ovariche e tumori benigni dell’ovaio.

Sono descritti anche effetti favorevoli sulla sindrome premestruale con una riduzione di circa il 30% dei sintomi che la caratterizzano come la cefalea, l’irritabilità, la tensione mammaria e la depressione.

Ci sono anche prove secondo cui i contraccettivi ormonali combinati (COC) riducono il rischio di gravidanze ectopiche ed il rischio di malattia pelvica infiammatoria. (La contraccezione, 2008)

Gli estrogeni sintetici contenuti nelle pillole anticoncezionali possono provocare alcuni effetti collaterali tra cui nausea, sanguinamento fuori dal ciclo ed alterata sensibilità al seno; in certi soggetti possono provocare il verificarsi di eventi trombotici e per questo motivo è fondamentale che le donne che assumono pillole anticoncezionali si prestino a controlli dei valori sanguigni almeno una volta all’anno.

L’assunzione della pillola anticoncezionale è inoltre sconsigliata in combinazione con determinati altri farmaci, poichè si può incorrere nel verificarsi di reazioni tra diverse sostanze attive che potrebbero causare effetti collaterali o anche andare a compromettere l’effetto contraccettivo della pillola come avviene con l’assunzione di antibiotici macrolidi, con alcuni antagonisti dei recettori H2 (alcuni antistaminici) e con gli anticoagulanti orali in quanto si può verificare una diminuzione dell’effetto coagulante.

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Altre interazioni si verificano con l’assunzione di antidepressivi triciclici dovute ad una possibile tossicità da parte dell’antidepressivo, si può verificare una ridotta attività anticoncezionale in seguito ad assunzione di antifungini come fluconazolo, itraconazolo e ketoconazolo anche se questa possibilità non è ancora stata confermata dalle case produttrici.

Si verifica una riduzione dell’attività anticoncezionale anche con l’assunzione di griseofulvina, con i barbiturici, con l’etosuccimide usato come antiepilettico, con il felbamato e la fenitoina usati come anticonvulsivanti, con la tizanidina usata come antispastico e le tetracicline con attività antibiotica.

Si può verificare una riduzione del metabolismo che porta al verificarsi di tossicità ma non comporta una diminuzione dell’effetto contraccettivo con l’assunzione di ansiolitici come le benzodiazepine.

Il ridotto effetto contraccettivo si verifica anche in seguito all’assunzione di carbamazepina utilizzata come anticonvulsivante, con l’assunzione di cefalosporine e con l’assunzione di Efavirenz che ha attività antivirale mentre la ciclosporina che ha attività anti-rigetto può determinare il verificarsi di tossicità epatica.

Si può invece verificare una ridotta efficacia del farmaco assunto in concomitanza all’anticoncezionale come nel caso del clorfibrato che subisce appunto una diminuzione del suo effetto anti colesterolo e nel caso della guanetidina usata come antipertensivo.

Si può inoltre presentare una riduzione dell’assorbimento dell’anticoncezionale in seguito all’assunzione di lassativi.

Per quanto riguarda le pillole ad ingrediente singolo, la quantità ridotta di ormoni può anche andare ad inibire l’ovulazione ma questo avviene solo nel 70% delle donne.

Per questo motivo queste pillole, sono molto meno efficaci rispetto alle pillole a due ingredienti.

In caso di fecondazione, gli ormoni presenti in queste pillole rendono molto più difficile l’impianto dell’uovo andando così ad impedire la progressione della gravidanza.

Le pillole anticoncezionali a più ingredienti invece contengono dosi varie di ormoni che vengono tipicamente segnalati da indicatori colorati.

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Gli ormoni utilizzati in queste pillole portano a cambiamenti più significativi nel corpo della donna in quanto le pillole ad ingredienti multipli vanno ad inibire il rilascio dell’ormone FSH provocando un blocco della maturazione dei follicoli di Graaf e di conseguenza anche la maturazione delle cellule ovariche.

Gli ormoni impediscono inoltre l’ovulazione modificando la mucosa della cervice e impediscono così l’impianto dell’uovo fecondato; quindi possiamo affermare che le pillole anticoncezionali ad ingredienti multipli hanno un’efficacia contro le gravidanze indesiderate di quasi il 100%.

Per andare a quantificare l’efficacia contraccettiva delle pillole in generale viene usato l’indice di Pearl che non è altro che un numero che esprime il rischio di incorrere in gravidanze per cento donne in un anno.

Attualmente, la maggioranza delle pillole sono di tipo combinato, ossia contenenti una quota di estrogeno ed una di progestinico, e vengono somministrate con il classico schema di ventuno giorni di assunzione e di sette di sospensione riconosciuti come placebo.

Sono dette monofasiche perché ogni confetto contiene la stessa quantità di estrogeni e progestinici.

Nella pillola estroprogestinica trifasica ci sono invece tre diversi tipi o dosi di compresse da assumersi in successione; le quote di estrogeni e progestinici somministrate variano nelle tre fasi.

Ad oggi sono commercializzate anche forme di pillola estroprogestinica che viene utilizzata in modo continuo fino a tre mesi andando a causare solo quattro mestruazioni in un anno; fa parte di questi anticoncezionali per esempio la pillola contenete levonorgestrel/etinilestradiolo ed estradiolo (150 µg/30 µg + 10 µg).

L’efficacia della pillola è assoluta a condizione che si assuma regolarmente e l’incidenza di gravidanze per ogni tipo di pillola combinata corrisponde allo 0.1 su 100 donne alla fine di un anno di utilizzo.

Per quanto riguarda gli effetti terapeutici indipendentemente dalla sua azione contraccettiva, la pillola estroprogestinica ha altri effetti positivi come la regolarizzazione del ciclo mestruale e la riduzione dell’incidenza di alcune patologie ginecologiche.

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