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Il Meccanismo di spinta

2. I motori a effetto Hall

2.3 Il Meccanismo di spinta

La semplicità dell’architettura di un HET, priva di griglie e di superfici di controllo, rende difficile l’identificazione di tutti i meccanismi coinvolti nella generazione della spinta e delle zone del propulsore in cui i diversi fenomeni fisici del plasma hanno luogo. In un’analisi macroscopica, il canale della camera è suddiviso in tre zone principali, una zona di diffusione a monte, in prossimità dell’anodo dove il propellente è immesso nella camera, una zona di ionizzazione in prossimità dell’uscita del canale, dove avviene l’intensa ionizzazione del propellente e una zona di accelerazione interna, che è soltanto una frazione della zona di accelerazione in cui avviene la maggiore caduta di potenziale del propulsore e che si estende anche al di fuori della camera a valle nel getto.

Il sistema di distribuzione del propellente somministra il gas dai serbatoi in due flussi: uno principale alla base della camera (𝑚̇𝑎) e uno molto meno intenso attraverso il catodo cavo neutralizzatore (𝑚̇𝑐). La portata totale di gas (𝑚̇) è quindi:

𝑚̇ = 𝑚̇𝑎 + 𝑚̇𝑐

La portata del catodo dipende dal particolare disegno utilizzato e dalle condizioni di funzionamento, ma risulta essere circa:

𝑚̇𝑐 ≅ (0.05~0.1) 𝑚̇𝑎

Per cui in prima approssimazione è possibile trascurare la portata catodica rispetto a quella anodica o riferirsi soltanto alla portata anodica e scrivere:

𝑚̇𝑎 ≅ 𝑚̇

Il flusso di propellente anodico deve essere immesso nella camera con la più bassa velocità assiale (𝑣𝑛) possibile per minimizzare la distanza percorsa prima di un evento di ionizzazione.

Nella zona di diffusione, la temperatura degli elettroni del plasma è molto bassa (2-3 eV) così come il campo elettrico (Δ𝜙 ≈ 1 𝑉), ma si istaura un gradiente di pressione quasi-lineare che risulta la forzante della diffusione degli elettroni e che dà origine al nome della zona. In questa zona il plasma è debolmente ionizzato e la velocità degli ioni è molto bassa, nella modellazione

36 quasi-unidimensionale il flusso di ioni in questa zona ha una lenta deriva in direzione dell’anodo. L’estensione della zona di diffusione (𝐿𝐷) è dell’ordine del 50-60% del canale. A monte della zona di diffusione si istaura la pre-guaina, che è molto sottile (~1 𝑚𝑚) ed è la regione di transizione tra la zona di diffusione e la guaina, in cui gli ioni sono accelerati per raggiungere la velocità di Bohm per l’ingresso nella guaina. La guaina anodica ha una lunghezza dell’ordine della lunghezza di Debye del plasma e in essa si istaura un salto di potenziale (𝑉𝑎) per garantire la continuità della

corrente e far sì che il flusso di elettroni che arriva per diffusione dal plasma quasi neutrale nel canale, sia il medesimo che raggiunge l’anodo.

A valle della zona di diffusione, l’energia o temperatura degli elettroni risulta sufficiente a produrre l’eccitazione e la ionizzazione degli atomi di xeno (12,12 𝑒𝑉), per mezzo delle collisioni tra le due specie. La marcata transizione dalla zona di diffusione a quella di ionizzazione è collegata alla dipendenza esponenziale della sezione trasversale di ionizzazione dalla temperatura elettronica. Nella zona di ionizzazione compaiono i valori massimi della distribuzione assiale della temperatura elettronica e della densità numerica (e quindi anche della pressione). La zona inizia circa quando il potenziale inizia a decrescere e finisce nel punto in cui la temperatura degli elettroni è massima. La lunghezza della zona di ionizzazione (𝐿𝐼) è di circa il 15-18% della lunghezza totale

del canale e dipende fortemente dalla distribuzione del campo magnetico. Negli SPT ottimizzati esiste un valore del specifico campo magnetico radiale che massimizza il rapporto tra la corrente ionica (𝐼𝑖) e la corrente di scarica (𝐼), che equivale al massimo del rapporto tra la corrente ionica e quella elettronica in direzione assiale (𝐼𝑒𝑧). Queste distribuzioni sono mostrate nella Figura 2.15, nella quale è evidenziato il valore ottimale del campo magnetico radiale (𝐵𝑟𝑜𝑝𝑡), l’operazione del propulsore con un intensità del campo magnetico inferiore a quella ottimale può comportare delle instabilità nel plasma. L’intensità massima del campo magnetico è calibrata in maniera tale da avere effetti significativi sulle traiettorie del fluido elettronico ma non su quello ionico e questo può essere ottenuto sfruttando l’elevata differenza tra le masse delle specie cariche.

In un sistema di riferimento in moto con la velocità di deriva complessiva di ciascun fluido di particelle cariche, il loro moto segue un orbita circolare attorno alle linee di campo magnetico nota come orbita di Larmor. Le caratteristiche di quest’orbita sono il raggio, noto come raggio di Larmor (𝑟𝐿) e la frequenza di rivoluzione, nota come frequenza di ciclotrone (𝜔𝑐), che dipende

37 del moto in direzione parallela (pedice ∥) e perpendicolare (pedice ⊥) al vettore di campo magnetico permette di scrivere:

𝑢𝑖⊥ = 𝑟𝐿𝑖 𝜔𝑐𝑖 𝑢𝑒⊥ = 𝑟𝐿𝑒 𝜔𝑐𝑒 𝜔𝑐𝑖 = 𝑍 𝑒 𝐵 𝑀 𝜔𝑐𝑒 = 𝑒 𝐵 𝑚

Figura 2.15 Corrente di scarica e rendimento di corrente (ɳ𝑖= 𝐼𝑖⁄ ) in funzione del valore massimo dell’induzione 𝐼 magnetica radiale [4].

Ipotizzando che il fluido ionico abbia un numero di carica (𝑍) unitario, dato che nel suddetto sistema di riferimento la velocità in direzione ortogonale al vettore di campo deve essere la stessa per entrambe le specie, ne consegue che il raggio di Larmor del fluido ionico deve essere molto maggiore di quello del fluido elettronico. Il parametro che controlla gli effetti complessivi del

38 campo magnetico sul moto delle particelle è il rapporto tra la frequenza di ciclotrone e la frequenza di collisione. Siccome nel fluido ionico la frequenza di ciclotrone è molto minore della frequenza di collisione, il loro rapporto è trascurabile entro la lunghezza della camera (𝐿) e quindi anche l’effetto del campo magnetico su di loro, per cui la velocità del flusso ionico si sviluppa in direzione pressoché assiale nella direzione del campo elettrico e si dice non magnetizzato. Nel fluido elettronico succede una situazione complementare: il campo magnetico radiale ha un forte effetto su di esso e crea un’anisotropia nelle caratteristiche del moto degli elettroni che tentano di attraversarlo, per cui il fluido elettronico si dice magnetizzato entro la lunghezza della camera. In queste condizioni il plasma nella camera risulta parzialmente magnetizzato, condizione che può essere riassunta nella relazione:

𝑟𝐿𝑒 ≪ 𝐿 ≪ 𝑟𝐿𝑖

Siccome sono gli elettroni ad alta energia i principali portatori della corrente nel plasma, il rapporto tra la loro frequenza di ciclotrone (𝜔𝑐𝑒) e quella di collisione (𝜈𝑒) è noto come parametro di Hall (𝛽𝑒) ed è riferito sia al fluido elettronico che al plasma. A causa dell’elevata frequenza di ciclotrone degli elettroni, il parametro di Hall risulta essere molto maggiore dell’unità:

𝛽𝑒 =

𝜔𝑐𝑒 𝜈𝑒 ≫ 1

Da una parte, i coefficienti di trasporto del fluido elettronico in direzione assiale sono inibite per un fattore inversamente proporzionale al quadrato del parametro di Hall (in un’approssimazione lineare) rispetto a quelle in direzione parallela al vettore di campo magnetico:

µ𝑒⊥ = µ𝑒∥ 1 + 𝛽𝑒2 ≈ µ𝑒∥ 𝛽𝑒2 = 𝑒 𝜈𝑒 𝑚 𝜔𝑐𝑒2 = 𝑚 𝜈𝑒 𝑒 𝐵2 𝐷𝑒⊥ = µ𝑒⊥ 𝐾 𝑇𝑒 𝑒

Dall’altra parte, l’elevato valore del parametro di Hall mette in luce le componenti della velocità di deriva elettronica che scaturiscono dalla componente magnetica della forza di Lorentz. La prima è la velocità di deriva 𝑬 × 𝑩 indicata con 𝑢𝐸, che risulta:

𝒖𝐸 =

𝑬 × 𝑩 𝐵2

39 La seconda è la velocità di deriva diamagnetica (𝒖𝐷):

𝒖𝐷 =𝛁𝑝𝑒× 𝑩 𝑒 𝑛 𝐵2

Ipotizzando per semplicità (Figura 2.16) che il campo magnetico sia disposto in direzione radiale (𝑩 = −𝐵 𝒆̂𝑟) e il campo elettrico, perpendicolare a quello magnetico, sia diretto secondo la

direzione assiale (𝑬 = 𝐸 𝒆̂𝑧 = −𝛁𝜙) così come il gradiente di pressione elettronica (𝛁𝑝𝑒 =

|𝜵𝑝𝑒|𝒆̂𝑧), allora entrambe le derive magnetiche degli elettroni sono dirette in direzione azimutale

nel propulsore e insieme danno origine alla densità di corrente di Hall (𝑗𝐻), il cui nome deriva

dall’analogia con la corrente chiusa che circola in un magnetron: 𝑗𝐻 ≅ 𝑗𝑒𝜃 = 𝑒 𝑛 𝑢𝑒𝜃 ≅ 𝑒 𝑛 (𝑢𝐸+ 𝑢𝐷)

La deriva degli elettroni si sviluppa quindi in direzione prevalentemente azimutale e la lenta deriva verso l’anodo è prodotta dalle collisioni con gli ioni, con gli atomi neutri e con le pareti della camera. A livello cinetico, le collisioni degli elettroni in deriva azimutale trasformano la loro velocità di deriva (direzionata) in quella (non direzionata) termica. Quindi le collisioni causano la dissipazione della velocità di deriva che il campo elettrico deve compensare aggiungendo altra energia agli elettroni. Questo meccanismo di trasporto assiale, dominato dalle collisioni, rende gli HET degli ottimi dispositivi ionizzanti e alla fine del sottile strato di ionizzazione quasi la totalità del propellente è stata ionizzata.

Le distribuzioni assiali tipiche del potenziale, dell’intensità massima del campo magnetico e del campo elettrico lungo il canale del propulsore sono mostrate nella Figura 2.17 in cui la sezione di uscita del canale “Exit 1” è da preferire alla sezione “Exit 2” per evitare un eccessivo danneggiamento delle superfici della camera e dei poli del circuito magnetico come verrà discusso nel capitolo 4, a proposito della topologia del campo magnetico.

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Figura 2.16 Schema della sezione di un motore a effetto Hall [5].

Figura 2.17 Schema della distribuzione assiale del potenziale elettrico, dell'intensità del campo magnetico e del campo elettrico tipici di un HET [4].

41 Gli ioni prodotti alla fine della zona di ionizzazione sono accelerati dal campo elettrico che si istaura tra il plasma nella scarica a valle con potenziale vicino a quello catodico e il plasma alla base del canale con potenziale anodico, nella zona dove il campo magnetico è massimo (intorno alla sezione “Exit 1” in Figura 2.17). L’accelerazione degli ioni avviene in parte all’interno del propulsore nella zona finale del canale (𝐿𝐴) e in parte all’esterno di essa. L’energia cinetica degli

ioni deriva in parte dall’energia fornita direttamente dal campo elettrico ma soprattutto dall’interazione con gli elettroni. Dato che l’effetto del campo elettrico è della stessa intensità ma di segno opposto per gli ioni e gli elettroni, nel plasma gli effetti si bilanciano e la spinta (𝑻), che è la forza di reazione alla variazione della quantità di moto degli ioni, è vincolata magneticamente al corpo del propulsore tramite la forza elettromotrice di Hall.

𝑻 = −2𝜋 ∭ 𝒋 × 𝑩 𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝜃 𝑑𝑧 = −2𝜋 ∭ 𝑀 𝑛 𝑑𝑡𝒖𝑖 𝑟 𝑑𝑟 𝑑𝜃 𝑑𝑧 ≈ −𝐴 𝐿𝐴 𝒋𝐻× 𝑩

I risultati sperimentali mostrano che l’energia cinetica degli ioni nel getto è proporzionale alla differenza di potenziale (𝑉) applicata tra gli elettrodi e per questo motivo la spinta è definita quasi- elettrostatica. La velocità di deriva del flusso ionico risulta proporzionale alla velocità ideale di scarica elettrostatica (𝑣∗), che è ottenuta nelle ipotesi di flusso unidimensionale in cui il numero

di carica (𝑍) degli ioni è unitario:

𝑢𝑖 ~ √2 𝑒 𝑉 𝑀 = 𝑣∗

Il flusso di elettroni emesso dal catodo cavo si fraziona in due, una parte, detta primaria, si dirige verso la camera del propulsore per innescare il meccanismo di ionizzazione durante la lenta deriva verso l’anodo, mentre la restante frazione incrocia il flusso di ioni ad alta velocità, neutralizzando la carica del getto.

Nel paragrafo seguente ci occuperemo di come ottenere l’espressione della spinta attraverso parametri di rendimento, per modellare macroscopicamente i fenomeni che comportano un discostamento dalla situazione ideale.

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