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mEDIaZIONE cULTURaLE E DELLE LEaDERshIp

DELLa DIaspORa

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DEI gENITaLI fEmmINILI /

DI ANNALISA BUTTICCI

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TO godere dei diritti. La loro posizione rimane tuttavia a sostegno dei diritti umani e dei diritti delle donne, evidenziando soprattutto nel contesto familiare il nodo nel quale si articolano maggiormente le tensioni tra conservazione e cambiamento.

V.: Però la domanda che dobbiamo fare a noi stesse, che io mi sono sempre fatta e che faccio alle mie connazionali nigeriane che sono a Verona, è: “Noi donne vogliamo i diritti? Li cerchiamo?” La domanda fondamentale sarebbe questa. (V., Nigeria)

A.: Volevo dire a questo proposito che questa domanda me la sono posta anche io. Io sono del Nord del Mali, confiniamo con la Costa d’Avorio. Comunque la condizione della donna è uguale quasi dappertutto, l’uomo può picchiare la donna quando vuole e quando tu vai a casa dei tuoi e dici: “Mi hanno picchiato” devi stare attenta che non te le dia anche tuo papà perché probabilmente ti dice: “Torna lì”. Lì i matrimoni non si fanno perché ci si ama, si fanno tra famiglie, la famiglia del ragazzo viene a chiedere la mano della figlia di un’altra coppia.

Se il matrimonio va male poi…. In Mali è entrato in testa alle donne un certo concetto: se tu, donna, non rispetti tuo marito, i tuoi figli non saranno nessuno, non saranno benedetti. Loro hanno questa mentalità: devi obbedire a tuo marito come obbedisci a tuo padre. In Mali sei lì ad obbedire e subire. Lì quando l’uomo arriva a casa si siede, la donna gli porta l’acqua, gli porta tutto. Quando siamo andati in vacanza coi bambini e questi hanno rovesciato delle cose per terra, mio marito ha preso la scopa per raccogliere tutto: dovevi vedere i miei cugini che facce…. Gli dicevano: “Ma cosa fai? Questa è una cosa che fanno le donne. Non venire mica qui a svegliare queste donne”. Io dico, da noi siamo concentrati lì in Mali, non si parla di diritti perché non si sa, lì ti insegnano i doveri prima dei diritti. Io sono andata avanti tanto prima di capire i miei diritti. Poi, mi chiedo anche,

in Africa non conosciamo i nostri diritti o non li vogliamo riconoscere?

(A., Mali)

V.: Una donna sicuramente vuole i suoi diritti, ma giustamente bisogna vedere anche cosa aveva imparato da piccola. Parliamo delle donne africane in Europa che hanno gli stessi diritti delle donne europee, ma non li usano. La legge c’è. (V., Nigeria)

S.: Ma questo è perché noi, già da piccole, abbiamo in testa certi concetti.

(S., Camerun)

A.: Sì, a volte sei convinta di andare avanti, poi ti fermi e ti viene il dubbio: “Forse sto uscendo dai miei limiti qui”. (A., Mali)

S.: In Camerun c’è troppa confusione. Tra sud e nord c’è troppa differenza: se io, che vengo dal sud, vado al nord, sono considerata una straniera perché mi vesto diversamente, lì le donne sono come le donne arabe. Dipende dal posto in cui ti trovi. Cerco di adeguarmi ad ogni contesto, ma non so alla fine cosa sia il diritto. (S., Camerun)

A.: Secondo me il diritto è la libertà di vivere la propria vita come si vuole, non con qualcuno che te lo impone. Se partiamo proprio dalle cose di base, ad esempio il diritto di avere acqua potabile, lì in Africa non c’è neanche quella, non parliamo del resto! Non tutti i villaggi hanno l’acqua. Oppure il mangiare: il diritto di mangiare tre volte al giorno non c’è. Finché la gente continua a subire, finché i figli non possono nemmeno rispondere al padre: “Magari si potrebbe fare così…” e finché la moglie non può dire niente al marito, finché tutti subiscono, non ci sarà nessun diritto. Anche perché non li conoscono nemmeno i loro diritti. Sanno solo che devono obbedire. (A., Mali)

S.: Ma non accetteranno mai di cambiare. (S., Camerun)

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A.: Sì, perché siamo cresciuti senza sapere i nostri diritti. Perché ti fanno crescere dicendoti che la donna deve essere sottomessa, che non serve che studi. In Mali, in alcune zone, le donne non vanno ancora a scuola. Lì ci sono cristiani, musulmani e anche gli animisti, lì i mariti possono ancora prendere fino a tre o quattro mogli. Adesso hanno iniziato, sulla televisione del Mali, a sensibilizzare le famiglie per passare il messaggio che la donna e l’uomo hanno entrambi uguali diritti, per far sì che le ragazze vengano mandate a scuola. Io sono andata a scuola quando avevo nove anni, non volevano mandarmi. Mandano i maschi perché loro dicono: “Quello che poi guadagna il maschio resta per la famiglia, invece la donna parte, va a costituire una nuova famiglia”. (A., Mali)

V.: Sì perché hai imparato quei doveri da quando sei nata e quando sei diventata grande non riesci a uscirne fuori.

In Africa, in Nigeria, lì c’è tanta confusione. (V., Nigeria)

Questo breve stralcio di interazione avvenuta nel focus group evidenzia quanto la globalità e l’universalità dei diritti umani possa trovare degli ostacoli nelle dimensioni locali dell’Africa. Appare importante sottolineare inoltre come tale eterogeneità si riproduca inevitabilmente nella diaspora, riproponendo anche nei contesti di arrivo, in questo caso il Veneto, una spiccata diversità tra le popolazioni africane pur provenienti dallo stesso Stato, come hanno sottolineato le donne nigeriana, camerunense e maliana. Tuttavia, le difficoltà legate alla scarsa effettività dei diritti umani e il profondo scetticismo sulla volontà degli uomini africani di voler cambiare e condividere i loro privilegi non impediscono alle donne intervistate di auspicare un cambiamento, da conseguire prima di tutto attraverso l’educazione e l’istruzione delle donne. Riportiamo ora quanto emerso nella prima

parte del focus group, al quale hanno partecipato i mediatori e i rappresentanti di associazioni africane. In questo caso ci riferiamo al focus group composto da soli uomini. Si osserva quanto l’approccio storico e il discorso anticoloniale sia uno dei nodi centrali della discussione. In questa prospettiva, la specificità dei diritti delle donne è infatti sfumata tra le innumerevoli alterazioni sociali, culturali e tradizionali causate dal colonialismo. I diritti delle donne, così come quelli di tutti gli africani schiacciati dalle strutture coloniali, non appaiono dunque sproporzionatamente violati rispetto agli altri diritti dei popoli africani. diversi sono stati i commenti rispetto al cambiamento dell’Africa in seguito alla modernizzazione: “la modernizzazione, la secolarizzazione, la cultura sono arrivati anche da noi!”, afferma con decisione A., somalo. con molta fatica si è riusciti a portare il dibattito sulla specificità di genere. Inoltre, decisivi sono stati anche gli interventi tesi alla distinzione tra approccio occidentale e africano ai diritti e al ruolo delle donne. In particolare è emerso quanto nelle diverse realtà africane la donna abbia sempre avuto, secondo gli intervistati, un ruolo centrale che ha avuto la sua maggiore espressione nel contesto domestico e familiare. non mancano tuttavia riferimenti al ruolo delle donne in politica, come nel caso dell’intervistato del Burkina Faso il quale cita il caso della Liberia che ha una donna come presidente23. Uno degli aspetti interessanti rilevati in questa sequenza è la chiara opposizione all’approccio occidentale ai diritti delle donne, che nella versione degli intervistati, in particolare dell’intervistato maliano, vengono intesi come ruoli nei quali si deposita l’equilibrio e il benessere stesso delle donne. evidente dunque la contrapposizione al pensiero occidentale

23 Nel novembre 2005 Ellen Johnson-Sirleaf è stata eletta alla guida dello Stato della Liberia. È la prima donna presidente di uno stato africano.

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TO che se erroneamente acquisito dalle donne diventa, a suo avviso, fallimentare. Inevitabile il confronto con le donne italiane che esercitano diverse professioni ma alle quali, in fondo, secondo gli intervistati, non viene riconosciuta la parità.

C.: Per quanto riguarda il fatto di non mandare le donne a scuola, cito l’esempio del mio paese dove il mio gruppo etnico è molto importante. Ad esempio mandare i figli di sangue blu era quasi un peccato, perché non dovevano essere sottoposti alla tortura degli insegnanti, perché loro sono sudditi. Non soltanto quindi le donne non andavano a scuola, ma anche questi qui. (C., Nigeria)

G.: Il diritto alla vita per l’Africa è sacrosanto. Tra l’altro il diritto alla vita è il diritto fondamentale dei diritti umani e prima della modernizzazione o dell’occidentalizzazione o della colonizzazione, l’Africa ha avuto la sua organizzazione sociale ben costruita, che rispettava la vita e le leggi, anche quelle non scritte. Vi era tutta un’organizzazione, direi perfetta. C’era il consenso che si riusciva a raggiungere di fronte ai problemi che si ponevano. Tutto cambia nel momento in cui in una civilizzazione si intromette il problema degli interessi. Purtroppo donne, bambini e anziani sono coloro che subiscono maggiormente gli effetti della guerra a causa della loro debolezza. (G., Costa d’Avorio)

M.: Quello che abbiamo visto nel filmato24

fa parte del passato. Bisogna distinguere due tipi di Africa, quella di ieri e di oggi.

L’Africa di ieri non ha acquisito un minimo di coscienza per poter uguagliare l’occidente, perché? Per esempio per la scuola, i nostri antenati non volevano mandare i bambini e le donne a scuola, per paura di perdere le tradizioni. (M., Burkina Faso)

24 Nel focus group si è mostrato un filmato sulle campagne di promozione dei diritti umani in Sierra Leone. Il filmato mostrava una realtà molto povera nella quale l’accesso ai diritti umani è praticamente negato.

Ma perché le donne non potevano andare a scuola?

M.: Perché secondo la loro filosofia il ruolo della donna è quello di fare da mangiare al marito, questo è lo scopo finale. Ieri l’occidente ci ha abbandonati, l’Africa all’Africa, la Francia alla Francia e l’Italia agli italiani. Invece nessun popolo moderno può essere felice da solo, ci vuole il confronto. Se quello che abbiamo visto esiste, è perché l’uomo bianco ne approfitta, perché per difendere i propri interessi ci manda le armi mettendoci l’uno contro l’altro.

(M., Burkina Faso)

B.: Come lui diceva ci sono queste due scuole. L’Africa è divisa in classi e in ruoli. Quindi anche il ruolo tra uomo e donna era basato su questa cosa. L’occidentale è venuto, ci ha combattuto, schiavizzato, ha imposto delle sue regole, vietando tantissime cose della vita sociale tradizionale. Queste cose non bisogna dimenticarle. Gli occidentali sono arrivati da conquistatori e ci hanno sottomesso contro la nostra volontà. Sono venuti, hanno interrotto una cultura e hanno voluto impiantare una loro cultura. È ovvio che dopo questo aspetto, quando tutto è ufficialmente finito, ma non ufficiosamente, nell’africano è nata la volontà di non voler accettare la cultura dell’oppressore.

Quindi non era solo la donna a non andare a scuola. Mi ricordo che da piccolo i coltivatori si rifiutavano di mandare i figli a scuola, in quanto scuola dei bianchi. Se la società era divisa in ruoli, bisogna capire anche il concetto della famiglia. Da noi la famiglia in riferimento ai matrimoni forzati non era basata sull’amore occidentale, tanto è vero che da noi ci si sposava a 13 anni. Sin dalla nascita c’era la prenotazione attraverso una collanina che ti mettono al collo.

La società era basata su ruoli e la donna aveva dei ruoli ben precisi. La scuola tradizionale che la donna seguiva, così come anche tutti gli insegnamenti, era quella delle donne, e quella dei maschi era quella dei nonni. Avevano due scuole diverse,

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perché dovevano imparare due cose diverse, perché vivevano per quelle cose.

Anche rispetto al concetto di poligamia, era la donna che diceva all’uomo: “Guarda non ce la faccio più, prenditi un’altra, così dividiamo i lavori!”. Questo perché le donne avevano tanto lavoro: occuparsi dei bambini, cucinare e lavorare nei campi. Qui si tratta di vedere l’impatto che l’Occidente vuole trapiantare in una tradizione che già, dove e ognuno rispettava il suo ruolo che ad ognuno andava bene. (B., Mali)

D.: È una realtà tra tante realtà.

Questo rappresenta soltanto un pezzettino dell’Africa. Se, poi, noi andiamo a vedere la società moderna, ad esempio parlo del Senegal che conosco meglio, ultimamente abbiamo avuto un capo del governo femmina, che neanche l’Italia ha ancora avuto. Quindi non è che le cose stanno così. Da noi quando c’è stato il processo di modernizzazione, donne e uomini andavano a votare, quindi non è la realtà, può essere parte della realtà nella società moderna. Poi quando si vogliono capire le cose, bisogna andare a capire come era impostata la società tradizionale prima che arrivasse l’occidentalizzazione e la mondializzazione, perché nelle società tradizionali dove c’era il re c’era anche la regina, che aveva la capacità di poter anche distruggere il re. Però nella società moderna attuale, le donne, dottoresse, avvocati, ministri, occupano tutti i ruoli che un uomo può occupare. Però quando vai a chiedere della parità ti rispondono che è un falso discorso, perché non è parità. Però si riconosce per ognuno il suo ruolo. (D., Senegal)

B.: La domanda che bisogna porsi forse è questa: parlare di pari opportunità nel senso occidentale come si intende. Va bene se con le pari opportunità porta a più litigi in famiglia, a più divorzi. È questo il problema, perché non si rientra più nel ruolo. Le donne africane al governo sono forse al 50 %, cosa che qui si verifica in Svezia, ma di fatto quando ritornano nella loro famiglia fanno

esattamente il ruolo di donna alla stregua di tutte le altre. (B., Mali)

F.: Per potersi confrontare bisogna distinguere tra occhi occidentali e occhi africani. Qual è il problema in questa discussione? Il problema è come l’Europa vede il ruolo delle donne e come, a sua volta, questo ruolo viene visto dall’Africa. Il problema sta negli occhi occidentali per i quali in Africa mancano i diritti umani. Ma affinché si esca da questa ottica, l’Africa deve confrontarsi, dobbiamo dire la nostra. La suddivisione dei ruoli tra uomo e donna sta nella cultura.Il ruolo è lo stesso di quello che hanno gli occidentali. Anzi, io posso dire che le donne africane votavano da anni, hanno incarichi molto importanti, nonostante in occidente le donne siano emancipate, hanno preso atto della realtà. Ma il problema esiste, perché io laureato nelle stesse discipline in cui tu sei laureato, e lavorando negli stessi posti, perché devo guadagnare meno di te? Dov’è il diritto? Non è un diritto. La fortuna dell’Europa sta nella base economica, politica, democratica. Se gli africani guardassero cosa vuol dire democrazia e quali sono i ruolidelle donne, essi sanno. Con l’occidentale, le nostre donne vogliono saltare la cultura di base e saltando la cultura di base, pensando occidentale, allora fallisci, diventi una cosa indefinibile. Per esempio, quando io avevo dieci anni andavo a lavorare. Non erano i nostri genitori a mandarci a lavorare. Noi andavamo a lavorare in un orto di canne da zucchero per essere

indipendenti. Se in quel caso fosse venuto un occidentale, cosa avrebbe scritto? Lavoro forzato. L’impostazione della mentalità è completamente diversa. È importante allora che i nostri governi comincino a scrivere su cos’è la cultura africana, che è completamente diversa, bella e complicata. (F., Guinea Bissau)

M.: Sui diritti delle donne in Africa, scommetto che qui, ma anche in passato, non si può parlare di diritti delle donne.

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TO La donna in Africa ha un solo ruolo: occuparsi del marito, dei figli e fare da mangiare al marito. Con il tempo, con la democrazia, adesso si può dire che la donna ha un posto, ha un ruolo nella società. Vediamo le donne che sono presidenti, come per esempio in Liberia. Prima non si poteva parlare di diritti della donna, essa aveva come ruolo quello di stare a casa, occuparsi dei bambini e del marito. Adesso con il tempo si può parlare di diritti delle donne perché la democrazia sta andando un po’ verso l’Africa. (M., Burkina Faso)

G.: Volevo soltanto rilevare una cosa. Nella mia tribù, la fondatrice, nonché la prima regina, è una donna. Da noi la donna è impegnata a un punto tale che nel sistema ereditario è la donna che eredita dalla famiglia. In Costa d’Avorio, il diritto della donna, sin dall’inizio dell’indipendenza, nel 1960, è stato tenuto in considerazione. Hanno diritto all’istruzione come i maschi, ad andare all’università, a partecipare a tutti i settori della vita attiva. Nel lavoro hanno un trattamento pari a quello degli uomini. Inoltre, in tema di infibulazione, c’è stata una legge per vietarla in tutto il territorio. (G., Costa d’Avorio)

B.: Anziché parlare di diritto preferisco parlare di ruolo: ruolo che si è allargato o ruolo che si è fermato. Quando poi si parla di diritti internazionali, ancora peggio, perché mi chiedo: “Che cosa sono i diritti internazionali?”. Penso caso mai al diritto universale più che a quello internazionale. Il diritto universale è dettato proprio dalla natura, partiamo da quello e poi lo allarghiamo in politica. Nel senso che nella nostra società del Mali c’era un ruolo ben determinato non solo tra uomo e donna, ma anche tra uomini. Per esempio non tutti potevano cantare, lavorare il ferro, coltivare. Quindi ognuno aveva il suo ruolo che poi tramandava ai suoi discendenti. (B., Mali)

Altrettanto critici rispetto all’approccio nei confronti dei diritti sono stati anche altri

rappresentanti intervistati singolarmente. di fronte all’opportunità di accostare i diritti umani alla realtà africana e in particolare alle MGF si sono infatti rilevate diverse perplessità. Abbiamo ritenuto significativi i riferimenti ai diritti dei bambini elaborati da un rappresentante dell’associazione maliana e da un mediatore culturale senegalese. entrambi evidenziano le disparità nel rispetto dei diritti dei bambini stranieri e dei bambini italiani. Uno fa riferimento al diritto di essere circonciso e l’altro al diritto di andare all’asilo. I casi sono evidentemente molto diversi, ma crediamo che siano uniti da un filo conduttore che guarda con sospetto non i diritti in quanto tali, ma la diversità con la quale questi diritti vengono applicati e fatti rispettare.

Quando dico diritti umani, cosa ti viene in mente?

B.: Mi viene da ridere prima di tutto perché oggi come oggi, nel nuovo millennio, e parlo del territorio qui, occidentale, dove c’è democrazia, nel gran parlare che si fa di diritti umani non ci si accorge delle persone che non hanno nessun diritto. Innanzitutto bisogna pensare che ogni persona è un essere umano, quindi non si può parlare di immigrati o stranieri come una cosa che si può usare e buttare via. Io ad esempio vivo qui da vent’anni: oggi per avere il permesso di soggiorno o per avere un piccolo documento devo aspettare un anno la questura, o devo fare la fila fuori dalle tre di mattina a mezzogiorno per sentirmi dire delle cose allucinanti. È da ridere. Un’altra cosa è che quando sono stati dati i permessi per i ricongiungimenti familiari, gli immigrati hanno fatto figli che nascono e crescono qui. Poco tempo fa a Treviso c’è stato il caso di quell’uomo che ha circonciso suo figlio in casa e il bambino è morto. Dov’è la tutela dei bambini stranieri? Se ci fosse la possibilità per gli immigrati di pagare un ticket e portare i loro figli in ospedale per fare la circoncisione, questo non sarebbe successo. Eppure lo fanno per gli italiani:

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se tu hai un figlio e vai all’ospedale e dici: “Voglio fare questo”, loro te lo fanno e paghi il ticket. Quasi tutti in Africa fanno la circoncisione, ma non sono tutti musulmani in Africa. I nostri bambini non sono tutelati al massimo. I diritti umani partono solo da alcuni punti di vista, ma da altri no. Vedo che vanno a casa degli immigrati, magari li maltrattano senza ragione, alcuni sono stati bastonati da italiani che hanno detto loro che non possono venire qui e praticare la loro religione.Io sono contro i musulmani