• Non ci sono risultati.

Memoriale per gli italiani caduti nei campi di sterminio nazisti Blocco 21, Auschwitz

Nel documento La costruzione della memoria (pagine 80-83)

BBPR (Luigi Banfi , Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Na- than Rogers) con la collaborazione di Giuseppe Lanzani; aff resco di Mario Samonà su un testo di Primo Levi, musiche di Luigi Nono, coordinamento di Nelo Risi 1979-1980

L’idea del progetto di un memoriale ad Auschwitz in ricordo degli ita- liani caduti nei campi di sterminio nazisti, nasce agli inizi degli anni Settanta per volontà dell’Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti1, con l’intento di rappresentare le vicende della depor- tazione subita dagli italiani. Il progetto, inaugurato il 13 aprile 1980, viene affi dato al gruppo BBPR grazie all’amicizia che lega Lodovico Belgiojoso a Gianfranco Maris2 (presidente dell’Aned), nata durante la prigionia prima a San Vittore e poi a Mauthausen.

Per questa occasione vengono chiamati alcuni personaggi di spicco della cultura italiana, testimoni più o meno diretti dello sterminio nazista: Mario Samonà è incaricato della rappresentazione su tela di un testo di Primo Levi3, il quale gli indicherà le frasi da inserire all’in- terno del dipinto; Luigi Nono concede l’utilizzo del brano Ricorda cosa ti hanno fatto ad Auschwitz, composto per L’Istruttoria, opera teatrale di Peter Weiss sullo storico processo di Francoforte (1963-1965) che coinvolse un gruppo di uffi ciali delle SS e di funzionari di Auschwitz; a Nelo Risi, regista, scrittore e redattore di «Domus», spetta di coordi- nare l’allestimento.

Inserito all’interno di due sale (lunghe 50 m e larghe 5 m) al piano terra del Blocco 21 del campo di Auschwitz, l’allestimento è composto da una pedana di circa 80 m avvolta da una spirale elicoidale, costitu- ita da una tela dipinta sostenuta da un’intelaiatura metallica. L’opera pittorica continua è composta dall’accostamento di 23 strisce (ognu- na 2,40 m di altezza e 12 m di lunghezza) che rappresentano la dit- tatura fascista, l’occupazione nazista, la Resistenza e la deportazione nell’arco temporale che va dal 1922 al 1945. Ogni colore corrisponde

160

a un pezzo di quella storia: il nero è il fascismo, il rosso il socialismo, il bianco il movimento cattolico, il giallo il popolo ebraico. Come nella sequenza di una pellicola, i colori si avvicendano secondo l’ordine cronologico degli eventi.

La passerella, realizzata con traversine ferroviarie in legno accostate tra loro, diventa il simbolo della deportazione, del viaggio senza ritor- no. Il percorso corre lungo le due sale e viene scandito dalla luce che fi ltra tra le spire dipinte. Un bagliore proveniente da una fi nestra po- sta al termine dell’istallazione, indica non solo l’uscita dal memoriale, ma anche, simbolicamente, la via verso la salvezza.

La passerella e la spirale sono staccate di circa 30 cm dalle pareti, dal soffi tto e dal pavimento, cosicché muovendosi su questo percorso si abbia la percezione di una distanza e al tempo stesso di una prossi- mità ad una dimensione sconosciuta, di cui l’allestimento amplifi ca l’eco: “un’atmosfera di incubo, l’incubo del deportato straziato fra la quasi certezza della morte e la tenue speranza della sopravvivenza”4. Tra gli squarci delle tele, in “uno spazio unitario, ossessivo, realizzato con un ritmo di zone di luce e in ombra che si alternano equidistanti fra loro”5, in una visione sfocata come si ha dal fi nestrino di un treno, il visitatore vede il susseguirsi ossessivo delle pareti interne della baracca e più lontano, oltre le fi nestre, le altre baracche del campo di sterminio. All’interno del tunnel si è risucchiati nel vortice della storia e accom- pagnati da un turbine di sensazioni: si perde l’orientamento, le parole di Levi risuonano nella mente, la straziante musica di Nono riecheg- gia tra le pareti del blocco graffi ando i timpani; i passi scricchiolano sulla passerella lignea, lo sguardo è rapito dai colori e dai volti “diafa- ni” dipinti sulle tele6.

Il memoriale è un percorso emozionale-performativo in cui luogo e tempo strutturano l’esperienza: nel tempo e nello spazio di uno spostamento da un capo all’altro della spirale, non si apprendono nozioni. ma si provano sensazioni. In risposta al timore spesso ma- nifestato dai sopravvissuti di non riuscire a trasmettere la propria esperienza, l’istallazione vuole off rire brani percepiti di quel dram- ma, affi dandosi alla collaborazione delle arti.

Nella relazione di progetto Belgiojoso spiega che la sua personale espe-

Il percorso nella spirale (foto di Armando Romeo Tomagra) e un dettaglio della tela (foto di Armando Romeo Tomagra).

162 163

rienza di prigionia nel campo di Mauthausen, pur agevolando in parte l’impostazione del memoriale, dall’altra ha richiewsto uno sfozo peno- so per “spersonalizzare certi aspetti individuali del cumulo di ricordi per raggiungere una visione di sintesi, più effi cacemente comunicabile alle nuove generazioni appartenenti a paesi tanto diversi dal nostro”7. Nel memoriale ognuno è chiamato a costruire la propria memoria. Oggi il memoriale non esiste più, la sala dell’installazione è sta- ta defi nitivamente chiusa il 31 luglio 2011. Nel 2016 l’Istituto di Conservazione e Restauro di Roma, insieme all’Opifi cio delle Pietre dure di Firenze, è stato incaricato dal Ministero dei Beni Culturali di smontare dell’allestimento e di trasferirlo a Firenze, dove è ancora in attesa di una ricollocazione.

(L. C.)

Note

1 Per una descrizione dettagliata degli eventi che hanno portato alla realizzazio-

ne del Memorial si veda Elisabetta Ruffi ni, Auschwitz. L’eredità di un memoriale da difendere, in www.deportati.it, febbraio 2008.

2 Gianfranco Maris scrive: “Lodovico, dopo la guerra, è diventato per noi dell’Aned,

cantore e custode della storia e della memoria della deportazione politica. Non perché architetto, ma perché la sua anima limpida portava con sé la memoria dell’off esa, del delitto, della luce di una epopea di lotta di un popolo per la propria libertà e la propria dignità”. Gianfranco Maris, L’uomo Lodovico e le fonti della sua cultura, in Guya Bertelli, Marco Ghilotti (a cura di), Lodovico Belgiojoso. Architetto 1909-2004. La ricerca di un’Italia ‘altra’, Skira, Ginevra-Milano 2013, p. 94.

3 Un pannello posto all’ingresso del memoriale reca l’epigrafe di Primo Levi: “Visi-

tatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi fi gli, le ceneri di Auschwitz valgano di am- monimento: fa che il frutto orrendo dell’odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, né domani né mai”. Per un approfondimento, cfr. Primo Levi, Bozza di testo per l’interno del Block italiano ad Auschwitz, in Idem, Leonardo De Benedetti, Cosí fu Auschwitz. Testimonianze 1945-1986, Einaudi, Torino 2015, pp. 229-233 e Claudio Rosati, L’onestà delle parole, in Alessandro Andreini (a cura di), La parola scritta dei musei. Lingua, accesso, democrazia, Atti del convegno, 17 Ottobre 2008, Regione Toscana, Firenze 2009, pp. 103-108.

4 Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Il progetto, in «Triangolo Rosso», numero spe-

ciale su Auschwitz, 1980, p. 11.

5 Ibidem.

6 Scrive Mario Samonà: “Scelsi colori di sicura resistenza, ma di nessuna preziosi-

tà, così che il gioco delle luci positive e negative fosse il più schematico e povero possibile. Il disegno delle fi gure accennato e presente solo nello spazio comune all’insieme e non al personaggio. Quindi cancellato, ma non annullato: fi gura più cancellazione più fi gura più cancellazione ecc. I corpi e i volti divennero diafani e incorporei per lasciar intravedere la loro intima soff erenza ma anche la loro gran- dezza morale. Le loro fedi e le loro convinzioni divennero colori contrastanti i cupi colori della negatività che li opprimeva: dalla forza delle loro fedi e convinzioni, unica arma di cui disponevano, sarebbe dipesa la sorte di tutta l’umanità”. Mario Samonà, L’aff resco, in Aned (a cura di), Mai più, Aned, Milano 1980 (fascicolo re- alizzato per l’inaugurazione del Memorial in onore degli italiani caduti nei campi di sterminio nazisti).

165 I nomi in acciaio Cor-ten (foto di Alberto Piovano).

Immagine seguente: vista d’insieme del monumento (foto di Alberto Piovano).

Memoriale della Deportazione

Nel documento La costruzione della memoria (pagine 80-83)