• Non ci sono risultati.

Tutti i paesi ospiti

Grafico 3.1- Mercato mondiale dell’ICT e PIL (2002-2006;%)

Fonte: AI-Tech Assinform (2007)

Il PIL mondiale nel 2005 è cresciuto del 4,3% mentre il mercato ICT ha segnato a livello globale una crescita del 6,1%. Molto elevata al suo interno la componente IT, cioè quella esclusivamente informatica, legata agli investimenti in sistemi e soluzioni software, nonché servizi, con un tasso a livello mondiale del 5,4% (5% negli USA e 3,5% in Europa, la Cina invece ha registrato una crescita del 20%, tipica dei mercati giovani e in forte sviluppo).

Come si vede dal grafico di seguito se si suddivide il mercato dell’ICT in 2 componenti:

l’IT e le telecomunicazioni, queste ultime rappresentano oltre il 50% dell’insieme e nel complesso dal 2002 al 2005 il valore del mercato dell’ICT è cresciuto del 16,02% (2.234 miliardi a 2.592 miliardi di dollari). La netta accelerazione che si registra nel mercato mondiale nella componente IT è dovuta soprattutto alla necessità di strutturazione e sviluppo da parte delle nuove economie emergenti.

Grafico 3.2 – Mercato mondiale dell’ICT (2002-2005, miliardi di dollari, variazioni % annue)

Fonte: AI-Tech Assinform (2007)

Va sottolineata l’effetto trainante del segmento software e servizi IT, che in Europa presenta aumenti tra il 5,5% e il 6,5% rispetto al 2006. Si prevede che dal 2006 al 2008 la quota riguardante il software crescerà del 6,5% nell’UE, dell’8,4% negli USA, del 3,9% in Giappone e del 9,8% nel resto del mondo, facendo registrare una crescita media globale del 7,4%. Secondo recenti analisi dell’OCSE la crescita mondiale del mercato ICT, pari al 6%

nel 2006, è determinata dai cosiddetti paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) che presentano crescite annuali di oltre il 20% a partire dal 2000. La Cina è diventata il principale esportatore mondiale di prodotti ICT ed il sesto mercato al mondo. Forti sviluppi hanno caratterizzato anche i nuovi paesi membri dell’Unione Europea con una crescita media del 7% e con punte fino al 12%. Nel complesso le società europee produttrici di software sono 175.000 e vengono considerate una forza chiave nel creare reddito e posti di lavoro nel continente e anche nei mercati internazionali emergenti. In Italia invece esistono

75.000 imprese di informatica, e all’interno di queste le imprese di software sono le più numerose; il settore dell’ICT occupa oltre un milioni di persone, tra domanda e offerta, principalmente impiegate nella miriade da 1 a 9 addetti. I primi 10 operatori rappresentano il 50% dell’intero mercato IT, i primi 50 ben il 90%. Le decine di migliaia di microaziende si spartiscono il rimanente 10%. Il settore appare dunque fortemente concentrato e frammentato allo stesso tempo. Negli Stati Uniti sono presenti attualmente 64.787 imprese di informatica; le prime 250 imprese al mondo ICT rappresentano oltre il 50% del valore dell’intero mercato. Non esiste invece un dato aggregato che indichi con certezza quante imprese di software esistano a livello mondiale, perché come si è detto al suo interno questo settore raggruppa realtà molto diverse tra loro, inoltre va considerato il differente stato di avanzamento della tecnologia, che risulta pervasiva nel software, tra i diversi paesi.

Il software, ad esempio, in Europa raggiunge circa il 30% del mercato totale dell’ICT, secondo stime dell’OECD a livello mondiale la percentuale dovrebbe aumentare fino al 40%. Le migliori 100 imprese di software europee non generano un fatturato pari a quello della Microsoft (20,7 contro 34,5 miliardi di euro) (EITO, 2007).

Notevoli divergenze tra USA e UE esistono anche nei metodi di utilizzo dei brevetti in questo settore, infatti in America i software sono brevettabili, mentre in Europa questa possibilità viene esclusa dall’art. 52.2 della Convenzione Europea dei Brevetti, stipulata a Monaco nel 1973 e recepita successivamente dalle varie legislazioni nazionali, che sancisce la non brevettabilità dei software (EPO, 1973). Ma negli ultimi anni l’Ufficio Europeo dei Brevetti10 ha rilasciato oltre 30.000 brevetti di software, adottando un’interpretazione restrittiva del divieto di brevettabilità del software della Convenzione Europea dei Brevetti. Negli Stati Uniti la Corte Suprema aveva sancito la non brevettabilità per i software nel 1972, ma le successive decisioni degli anni ’80 hanno progressivamente reso di fatto i software brevettabili (Arora, Fosfori, Gambardella, 2001).

Come si è detto, la maggior parte della aziende europee del settore del software sono piccole-medie imprese, mentre le grandi IMN informatiche, con rare eccezioni, sono prevalentemente nord-americane. Questo tipo di aziende hanno un grande vantaggio nei confronti delle imprese più piccole del settore, in quanto riescono a sfruttare macro-accordi d’interscambio di portafogli brevetti, questa possibilità rimane quasi sempre preclusa alle piccole imprese, proprio per la loro dimensione. Il rilascio di brevetti software rimuove, inoltre, l’asimmetria esistente tra software e hardware e presenta diversi svantaggi, come

10 L’Ufficio Europeo dei brevetti non è un organismo della Commissione Europea, ma un organo amministrativo, autonomo, esterno e indipendente e senza un diretta controllo pubblico.

ad esempio la creazione di monopoli su idee astratte; essi ostacolano anche l’innovazione potendo essere rilasciati senza aver prodotto alcuna implementazione, impedendo però di fatto la ricerca, creano squilibri alla concorrenza di mercato e garantiscono un potere di mercato spropositato ai soggetti dominanti. Inoltre si rischia di compromettere la rivelazione delle idee che è la motivazione originaria per l’introduzione del sistema brevettale, riducendo così la competitività europea, ostacolando l’interoperabilità e aumentando la dipendenza da un singolo fornitore.

La Commissione Europea ha più volte dichiarato la volontà di armonizzare i sistemi nazionali sulle brevettabilità delle innovazioni perché la libertà di ogni stato di gestire il proprio sistema di brevetti è un ostacolo alla creazione di un mercato unico disciplinato da normative comuni. Come si è visto i brevetti software presentano diversi svantaggi, tuttavia hanno anche alcuni aspetti positivi quali la tutela dell’inventore, l’armonizzazione della legislazione europea, l’aumento della competitività e l’attrazione di capitali che comporta la necessaria crescita di dimensione delle aziende del settore europeo (Sissa, 2006).

Il grafico 3.3 mostra il tasso medio di crescita annua dal 1955 al 2003 dei brevetti registrati all’EPO. Come si vede la Cina e l’India sono notevolmente distaccate dal resto dei paesi (rispettivamente 75,3% e 63,9%) e anche dalla media mondiale dell’8,7%; l’Italia è appena al di sotto di questa soglia. Questo grafico dà una visione europea della situazione, ma emerge comunque la forza innovativa dei 2 paesi asiatici (OECD, 2007).

Nel 2005 l’EPO aveva già concesso oltre 30.000 brevetti in ambito software, in violazione alla normativa vigente.

Si stima che nei prossimi anni la Cina sia destinata a raggiungere e superare le industrie IT inglesi che producono software. L’India è riuscita a trasformarsi in una potente rivale e ha trovato le imprese inglesi impreparate. Consapevoli dell’esperienza passata, le industrie IT del Regno Unito stanno ora focalizzando la propria attenzione verso l’emergente mercato cinese. La forza della Cina risiede nello sviluppo di industrie nazionali di software molto più rapido e a dover sopportare la sfida maggiore sono le imprese inglesi di piccole e medie dimensioni che hanno risorse limitate e non possono permettersi di utilizzare il proprio budget in percorsi formativi.

Il settore del software che risulta essere allo stesso tempo concentrato da un lato e frammentato dall’altro, interessa allo stato attuale moltissimi settori differenti ed essere competitivi risulta quindi di interesse cruciale per l’intera economia.

Grafico 3.3 – Tasso annuo medio di crescita di brevetti ICT dell’EPO (1999-2005; %)

Fonte: OECD (2007)

3.3 – Le multinazionali del software

Il mercato dei software sta registrando un crescente numero di acquisizioni, fusioni, collaborazioni e intese che si dirigono tutte verso un’unica direzioni: intendere il software come un servizio. Alla base dei cambiamenti in corso c’è infatti una trasformazione anzitutto concettuale che vede le nuove soluzioni sempre più come semplici prodotti da usare tramite web, anziché come veri e propri software da installare sul proprio PC.

La forte competizione innescata dalle imprese potrebbe risolversi in un settore più efficiente per i consumatori, che potrebbero usufruire di un abbassamento dei prezzi e di

soluzioni più rispondenti alle loro esigenze, sempre più incentrate su una maggiore flessibilità. Nella tabella di seguito vengono presentate le prime 5 imprese nel settore dell’ICT, ordinate per fatturato, crescita, ritorno per gli investitori e profitti. Molte di queste solo qualche anno prima erano delle semplici start-up. Va considerato che molte delle imprese presenti nelle classifiche sono anche produttrici di software oltre ad operare nel campo più generale dell’informatica.

Il loro successo è basato sull’applicazione di un numero ridotto di strategie che possono essere sintetizzate in:

- diventare il dominatore, cioè individuare una nicchia di mercato e tentare di controllarla completamente (strategia seguita da Amazon.com e da Cisco);

- crescere attraverso le acquisizioni, che si sostanzia nel crescere il più rapidamente possibile acquisendo attività complementari;

- creare portali, con l’obiettivo di diventare un passaggio obbligato per l’accesso ad internet (ad esempio Yahoo o Kataweb);

- offrire servizi gratuiti, per creare valore di mercato acquisendo milioni di abbonati grazie all’offerta di questi servizi (come è stato fatto da Hormail o da Dixon’s FreeServe) (Serazzi, Treleaven, 2001).

La tabella 3.2 presenta le prime 10 imprese ordinate come sopra per ricavi, crescita, ritorno degli investimenti e profitti ma con dati aggiornati a luglio 2007. E’ interessante vedere

come l’IBM che era al primo posto nel 1998 nella graduatoria dei ricavi, nel 2007 scende al terzo posto, preceduta dalla Siemens e dall’HP che continua a mantenere la seconda posizione. Le prime 5 imprese che nel 1998 crescevano maggiormente, avevano il più alto ritorno negli investimenti e i maggiori profitti nel 2007 non sono più presenti in questo tipo di graduatorie a dimostrazione di come il settore sia in forte evoluzione.

Tabella 3.2 – Le prime 10 imprese IT nel mondo (2007) RICAVI

(milioni di dollari)

CRESCITA (%)

1 Siemens (Germania) 113.473 1 Softbank (Giappone) 129

2 HP (USA) 97.061 2 Elpidia Memory (Giappone) 103

6 Telefonica 68.741 6 TD Ameritrade Holding

(USA)

67 7 Toshiba (Giappone) 60.388 7 Lam Research (USA) 64

8 Nokia (Finlandia) 53.434 8 Qimonda (Germania) 63

9 Microsoft (USA) 49.555 9 Cognizant Tech. Solution (USA) 62 10 Hon Hai Precision (Taiwan) 40.133 10 Asustek Computer (Taiwan) 57

RITORNO DEGLI INVESTIMENTI

6 Cosmote Mobile Telecom (Grecia) 61,1 6 Varian Semiconductor (USA)

104,3 7 High Tech Computer (Taiwan) 59,3 7 Apple (USA) 102,8 8 Millicom Intl. Cellular

(Lussemburgo)

53,6 8 Amazon.com (USA) 99,8

9 Tata Consultancy Svcs. (India) 46,1 9 D-Link (USA) 99,6 10 Vtech Holdinghs (USA) 42,1 10 Priceline.com (USA) 98,6 Fonte: Elaborazione su Business Week (2007)

La caratteristica che contraddistingue tutte le imprese presenti nella classifica è la capacità di rinnovarsi e di innovare, un esempio può essere la Nintendo che ha indirizzato i propri videogames ad un target molto diverso da quello ricercato dai propri concorrenti e questo gli ha permesso di crescere notevolmente.

La classifica generale elaborata dal settimanale Business Week è basata sulla ponderazione dei vari risultati registrati e vede al primo posto la America Mòvil, gruppo messicano impegnato in ambito WiFi. Tra le prime 100 imprese classificate non