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2.4 MESSA IN POSTO DI INTRUSIONI SUPERFICIALI PER PULSI SUCCESSIVI DI MAGMA

2.4.1 MESSA IN POSTO, ASSEMBLAGGIO ED EVOLUZIONE TERMICA DEI PLUTON

I plutoni sono grandi corpi ignei con spessore variabile tra alcuni kilometri e alcune decine di km. La loro formazione e la deformazione delle rocce incassanti associata, perciò, deve essere meccanicamente compatibile nel lungo termine con il tasso medio di deformazione litosferica e la profondità di messa in posti di questi corpi riveste certamente un ruolo significativo. Infatti, la messa in posto di un plutone nei livelli superficiali della crosta superiore è facilitata dalla vicinanza della superficie terrestre, mentre la deformazione indotta dalla messa in posto di plutoni nelle zone più profonde della crosta inferiore beneficerà del flusso duttile del mantello o della crosta inferiore plastica o di entrambe (Petraske et al., 1978; Cruden, 1998; Cruden and McCaffrey, 2001). Tuttavia, lo sviluppo dei corpi ignei può non seguire un singolo processo di crescita. Misure di campagna estensive sulla geometria e dimensioni di molte intrusioni, dai più piccoli sills fino ai più grandi batoliti, sembrano indicare l’esistenza di un generico e continuo legame tra lo spessore e la superficie media di queste intrusioni, ma questa relazione di scala non sembra seguire un preciso schema (McCaffrey and Cruden, 2002;

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Cruden, 2006). I sills crescono principalmente per propagazione laterale, mentre i laccoliti per inspessimento verticale e successivamente espansione laterale, così come i plutoni e i batoliti, suggerendo quindi un diverso meccanismo di crescita in base alle dimensioni del corpo intrusivo (Pollard and Johnson, 1973; Cruden and McCaffrey, 2001). Inoltre, recenti studi hanno dimostrato che l’evoluzione termica di un corpo igneo dipende da numerosi parametri tra cui il tasso di apporto di nuovo magma e la posizione del corpo all’interno dell’ambiente geotermico. Infatti, la profondità alla quale il magma è accumulato, o immagazzinato, nella crosta è importante poiché determina la temperatura iniziale del corpo magmatico e la sua successiva evoluzione termica (Annen et al., 2006; Michaut and Jaupart, 2011; Annen, 2009). Gli aspetti meccanico e termico della formazione e crescita dei plutoni sono anche intimamente interconnessi; infatti la meccanica e gli stili associati alla formazione dei plutoni interessano direttamente la geometria di un plutone, che a sua volta controlla la sua evoluzione termica. Questo ha importanti conseguenze sulla differenziazione del magma e sull’anatessi.

A questo punto è importante introdurre la differenza tra i concetti di messa in posto e

assemblaggio di un corpo igneo. Con il termine messa in posto si intende il dislocamento

delle rocce circostanti che permettono a un plutone di conseguire la sua geometria tridimensionale (Horsman et al., 2010). Per questo motivo, i meccanismi di messa in posto coincidono con quelli che generano spazio all’interno della crosta (sollevamento del tetto, abbassamento del pavimento, stoping). Invece, per assemblaggio si intende il processo di costruzione del plutone attraverso l’aggiunta di magma. L’assemblaggio può avvenire con un singolo pulso di magma per amalgamazione di pulsi di magma successivi (Horsman et al., 2010) (fig. 2.28). Il problema principale, tuttavia, è che spesso l’assemblaggio dei corpi magmatici è criptico e l’identificazione di pulsi di magma multipli in un singolo plutone è inequivocabile soltanto quando questi hanno composizione diversa se non avviene il processo di mingling. Allo stesso modo, le strutture primarie nei plutoni possono essere il risultato di processi legati sia alla messa in posto che all’assemblaggio e la distinzione fra questi effetti è spesso difficile. Infine anche le deformazioni regionali possono influenzare marcatamente sia la geometria del plutone che la sua struttura, generando equivoci nella ricostruzione dell’assemblaggio del corpo igneo (Horsman et al., 2010). Per questi motivi non risulta semplice riconoscere i processi di assemblaggio avvenuti in una particolare intrusione e bisogna verificare che queste condizioni o la maggior parte di esse siano verificate, prima di poter affermare con certezza che un plutone si sia formato per apporti multipli di pulsi successivi di magma. Horsman et al., 2010, ad esempio, hanno studiato tre intrusioni del Terziario medio nelle Henry Mountains nello Utah meridionale (fig. 2.29). Queste risultano un caso ideale poiché, in quest’area, sono verificate tutte le suddette condizioni necessarie per la distinzione dei processi di messa in posto da quelli di assemblaggio. Per prima cosa il meccanismo di messa in posto di queste intrusioni è il sollevamento del tetto,

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secondariamente, si trovano in livelli crostali superficiali dove il raffreddamento è stato sufficientemente rapido da preservare le strutture magmatiche e l’evidenza dell’assemblaggio per pulsi successivi di magma. Terzo, le intrusioni sono eccezionalmente ben esposte, e, infine, la loro messa in posto è avvenuta in un periodo di quiescenza tettonica, mantenendo indeformate le strutture primarie. Nelle Henry Mountains sono presenti cinque centri intrusivi rappresentati da grandi e complessi corpi laccolitici costituiti da dozzine di corpi intrusivi più piccoli e con varie geometrie interconnessi tra loro, che si sono messi in posto ad una profondità di 3-4 km circa (Horsman et al., 2010). Nel lavoro di Horsman et al., 2010 sono state prese in considerazione le tre intrusioni presenti sul margine orientale del Mt. Hillers: il bismalite Black Mesa, il sill-laccolite Trachyte Mesa e il sill Maiden Creek (fig. 2.29).

Fig. 2.28: Schema illustrativo della distinzione tra messa in posto ed assemblaggio di un corpo igneo. Per un dato meccanismo di messa in posto, sono possibili diversi tipi di assemblaggio del plutone (Horsman et al., 2010).

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Fig. 2.29: a) Carta geologica semplificata della regione delle Henry Mountains. Il riquadro mostra la posizione di b) ed è anche segnato il posizionamento della sezione mostrata in c). La finestra in alto a destra indica il posizionamento di a) nel Colorado Plateau nella cordigliera occidentale degli Stati Uniti. b) Modello digitale del terreno della porzione orientale del Mt. Hillers con i contorni dei tre corpi magmatici in bianco. c) Sezione verticale del Mt. Hillers (Horsman et al., 2010).

Tutti questi corpi ignei sono preservati in un unico stato di erosione che ha consentito di mantenere visibili molti contatti superiori, inferiori e laterali con le rocce incassanti. Il sill Maiden Creek ha una geometria complessa, caratterizzata da diversi lobi periferici. La struttura magmatica, che è ben preservata, dimostra che il magma è fluito dalla porzione centrale verso le estremità del corpo producendo una lineazione a ventaglio e una foliazione arcuata che riflettono la crescita progressiva dell’intrusione (fig. 2.30). Il sill è composto da due livelli magmatici impilati che si sono messi in posto in sequenza come

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pulsi di magma separati. Il laccolite Trachyte Mesa ha una forma allungata in direzione NE-SW e si è formato in seguito all’assemblaggio di numerosi pulsi di magma che si sono messi in posto lungo un condotto cilindrico centrale e successivamente sono fluiti lateralmente. I vari livelli magmatici si possono distinguere chiaramente, in sezione verticale, ai margini dell’intrusione, mentre nella porzione centrale non sono visibili (fig. 2.31). L’intrusione Black Mesa ha una forma approssimativamente cilindrica e il margine orientale è costituito da una faglia verticale con un rigetto di 200 m. Il magma che ha formato l’intrusione è passato attraverso un condotto cilindrico centrale e successivamente è fluito lateralmente verso i margini. Anche in questo caso l’intrusione sembra essersi formata per impulsi successivi di magma anche se le evidenze sono minori. Esistono evidenze di assemblaggio per pulsi successivi di magma in ciascuna delle tre intrusioni, anche se sono inequivocabili sono nel sill Maiden Creek e nel sill-laccolite Trachyte Mesa. Nel bismalite Black Mesa, il layering sub-orizzontale e le zone cataclastiche vicino alla cima dell’intrusione suggeriscono un assemblaggio per pulsi successivi di magma nelle fasi iniziali di messa in posto. L’importanza dei pulsi di magma nelle fasi finali di assemblaggio è meno chiara, ma la variazione verticale nella geochimica implica che i pulsi di magma

Fig. 2.30: a) Carta geologica semplificata del sill Maiden Creek. b) Sezione verticale dell’intrusione. La scala della sezione E-E’ è diversa rispetto alle altre (Horsman et al., 2010).

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Fig. 2.31: Sezione verticale del laccolite Trachyte Mesa con ingrandimento di un margine, in cui si notano i vari livelli sub-orizzontali che costituiscono l’intrusione. La scala verticale è 2.5 volte maggiore di quella orizzontale (Horsman et al., 2010).

sono avvenuti durante tutto il periodo di assemblaggio dell’intrusione. Assumendo che l’assemblaggio per pulsi di magma sia continuato per tutto il periodo di crescita del plutone, ad un certo punto deve essere stata superata una certa soglia che governa il mantenimento dei contatti tra i vari livelli magmatici. I fattori che governano la conservazione delle evidenze dei pulsi di magma sono (Horsman et al., 2010):

− Differenze di composizione dei pulsi a contatto.

− Un rilevante contrasto di temperatura tra i pulsi di magma e le rocce incassanti. − Un notevole tasso di deformazione nel magma che si intrude.

− Un lungo intervallo di tempo tra i pulsi successivi.

Tutti questi processi controllano la formazione di lineazioni e layering che mettono in evidenza la presenza di più pulsi di magma. Tuffen and Dingwell (2005) hanno sottolineato che una deformazione ciclica duttile-fragile può essere conseguenza delle variazioni di temperature nel sistema magmatico causate dai nuovi apporti di magma fresco. Matzal et al. (2006) hanno presentato ulteriori prove di questo processo. Nel loro modello, quando un batch di magma si è messo in posto ed inizia a raffreddarsi, la percentuale dei cristalli nel fuso aumenta e il liquido rimanente rimane intrappolato

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all’interno di un guscio di solido costituito da cristalli. Successivamente, l’apporto di nuovo magma riscalda i margini esterni del livello magmatico precedente facendolo rifondere parzialmente e inglobandolo in una certa misura. Questo rimpasto generalmente oblitera la transizione tra i due pulsi di magma sia dal punto di vista chimico che tessiturale. Anche la deformazione delle rocce incassanti può fornire evidenze indirette dei pulsi di magma. Albertz et al. (2005), infatti, sostengono che moderati tassi deformativi di fondo nell’aureola del plutone possono essere dovuti alle alte escursioni del tasso de formativo associate alla messa in posto dei pulsi di magma. Questi pulsi possono produrre deformazioni localizzate come shear zones o faglie in vicinanza del plutone. Queste zone di intensa deformazione si sovrappongono a quella di fondo nelle rocce incassanti, generata dalla messa in posto del plutone. Per quanto riguarda la formazione dei pulsi di magma esistono alcune ipotesi che possono essere suddivise a grandi linee in meccanismi dovuti a:

1) Processi di risalita: i pulsi di magma si generano all’interno dei condotti in cui il

magma risale.

2) Processi di messa in posto: i pulsi si formano quando il magma, che ha già

attraversato il condotto in cui risale, inizia ad espandersi lateralmente.

3) Processi nella regione sorgente: i pulsi vengono generati nella zona dove si forma

il fuso.

Un'altra importante questione che riguarda l’assemblaggio e la messa in posto dell’intrusioni superficiali nella crosta superiore è l’intervallo di tempo che intercorre tra un pulso di magma e il successivo. Tutte le intrusioni delle Henry Mountains si sono generate tra 30 e 21 Ma, mentre i singoli centri intrusivi hanno impiegato non più di 3 Ma per formarsi (Horsman et al., 2010). Il modello termico monodimensionale dell’intrusione Black Mesa costruito da Harbert and Saint Blanquat (2004) e Saint Blanquat et al. (2006) fornisce una stima massima della durata dell’assemblaggio di un singolo plutone. Questo modello si basa su alcune ipotesi e osservazioni. Per primo, l’ipotesi del raffreddamento esclusivamente per conduzione fornisce una stima massima del tempo necessario al raggiungimento dello stato solido, in quanto l’avvezione del calore dovuta all’interazione con acqua di falda o con i fluidi rilasciati dall’intrusione, raffredderebbe il magma molto più rapidamente della sola conduzione. In secondo luogo, la mancanza di evidenze palesi di contatti tra i singoli pulsi di magma nel plutone limita l’intervallo di tempo tra i pulsi a non essere più lungo del tempo necessario alla solidificazione dell’ultimo di questi. I risultati di questo modello suggeriscono che la mancanza di contatti interni può essere spiegata se l’intrusione si è formata in meno di 100 anni attraverso l’amalgamazione di diversi livelli di magma. Questo esito comporta un sollevamento del tetto almeno di 2 cm/anno durante il processo di assemblaggio. Perciò, le più piccole intrusioni di Maiden Creek e Trachyte Mesa dovrebbero essersi assemblate in un tempo più breve. La durata

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della messa in posto di un singolo pulso di magma è difficile da valutare. Tuttavia, un’osservazione certa è che i singoli pulsi di magma devono avere una durata di messa in posto molto più breve rispetto a quella del plutone complessivo. Perciò, da queste asserzioni, si evince che l’assemblaggio e la messa in posto dei plutoni nella crosta superiore non è un processo continuo e graduale, ma dovuto all’amalgamazione di numerosi pulsi discreti di magma, la cui identità come singoli corpi tende ad essere non preservata anche quando sono presenti le condizioni ideali per la loro conservazione.

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