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Metodi di calibrazione mono - obiettivo e multi - obiettivo

Introduzione alla calibrazione dei modelli numerici

4.6 Metodi di calibrazione mono - obiettivo e multi - obiettivo

L’applicazione di metodi automatizzati nei processi di ottimizzazione è stata tradizionalmente basata sull’impiego di una singola funzione obiettivo avente il compito di analizzare le differenze tra dati simulati e dati osservati. Questa tecnica prevede in via preliminare la definizione di uno spazio possibile dei parametri (introducendo la definizione dei limiti superiori ed inferiori per ognuno dei parametri) e successivamente la ricerca in tale spazio di un singolo punto (un set di parametri) in grado di ottimizzare il valore della funzione obiettivo ovvero il criterio matematico adottato per determinare le differenze tra valori simulati e valori osservati.

Una limitazione fornita da tale approccio risulta essere che il criterio mono - obiettivo può da un lato fornire un set di parametri in grado di soddisfare il criterio matematico ma allo stesso modo non rivelarsi realistico dal punto di vista strettamente idrologico. Inoltre sebbene tale

approccio sia particolarmente robusto nella procedura di ottimizzazione anche in presenza di forte interazione tra i parametri soffre a causa di una completa dipendenza da una singola funzione matematica. Infatti numerose esperienze nella calibrazione di modelli idrologici hanno evidenziato come l’utilizzo di una singola funzione obiettivo, per quanto possa essere adeguata al modello che si vuole calibrare, risulta essere inadeguato per comprendere ed analizzare le caratteristiche principali del bacino e quindi per attuare una corretta determinazione dei parametri che lo caratterizzano.

Per risolvere tali problematiche alcuni studiosi (Lindstrom, 1997; Liong et al., 1996 - Liong et al., 1998; Gupta et al., 1998; Yapo et al., 1998) hanno proposto algoritmi per quella che viene definita calibrazione multi obiettivo dimostrando di poter ottenere un approccio più versatile al problema della definizione del set di parametri del modello. Con questa metodologia si analizzano le differenti fasi dell’idrogramma osservato (ad es. fase di piena, fase di recessione delle portate) e si definiscono più criteri matematici (ovvero funzioni obiettivo) ognuno dei quali dovrà calcolare la differenza tra valori simulati ed osservati per le singole fasi individuate sull’idrogramma.

Appare pertanto evidente come per una calibrazione ottimale di un modello idrologico sia necessario considerare una pluralità di aspetti in modo tale da raggiungere i seguenti obiettivi, ovvero:

1. Sostanziale coincidenza tra i volumi simulati dal modello e quelli osservati nella realtà in modo tale da calcolare correttamente il bilancio idrico a scala di bacino; 2. Sostanziale coincidenza nella forma degli idrogrammi generati dal modello e quelli

osservati nella realtà;

3. Sostanziale coincidenza (in termini di portata, volume ed istante temporale) tra i picchi di piena generati dal modello e quelli osservati nella realtà;

4. Sostanziale coincidenza nella fase di recessione delle portate fra ideogrammi simulati ed idrogrammi osservati;

Al fine di poter soddisfare gli obiettivi sopra esposti risulta evidente come il problema sia ora di natura multi obiettivo e che tale approccio sia indicato per ottenere simultaneamente la minimizzazione di tutti i criteri matematici (funzioni obiettivo) utilizzati per determinare lo scarto tra valori simulati ed osservati.

In un approccio di tipo multi obiettivo la calibrazione di un modello idrologico può essere così rappresentato:

Min={F

1

(θ),F

2

(θ),...,F

p

(θ)} dove ϑ∈Ω

(4.2) dove

F

1

(θ),...,F

p

(θ)

sono le p funzioni obiettivo che devono essere simultaneamente minimizzate. Un problema di ottimizzazione di questi tipo è anche definito come condizionato nel senso che la ricerca di

θ

è da effettuarsi all’interno dello spazio dei parametri ammissibili

Ω. Lo spazio dei parametri ammissibili è solitamente definito come l’ipercubo specificando il limite inferiore e superiore di ciascun parametro.

La soluzione dell’equazione (4.2) non fornisce un unico set di parametri ma bensì un insieme di set di parametri (definito come Pareto set) che definiscono il fronte di Pareto (insieme di soluzioni non dominanti). Ogni set di parametri sul fronte di Pareto soddisfa un criterio di ottimo, ossia localmente non esiste un altro set di parametri del modello che riduca il valore di una determinata funzione obiettivo senza causare un contemporaneo peggioramento di almeno una delle altre funzioni. Formalmente ogni membro

θ

i appartenete al Pareto set possiede le seguenti proprietà (Gupta et al., 1998):

1. Per ciascun escluso

θ

jesiste almeno un membro

θ

i tale che

F

k

i

)<F

k

j

)

per

. , ... , 2 , 1 p k =

2. Non è possibile individuare un membro

θ

j nel Pareto set tale che

F

k

j

)< F

k

i

)

per k =1,2,...,p.

Lo spazio dei parametri ammissibili Ω pertanto può essere suddiviso in uno spazio “buono” (soluzioni individuate dal Pareto set) oppure “cattivo” e nessuna delle soluzioni appartenenti al Pareto set può considerarsi migliore rispetto ad altre. Il concetto di Pareto trae origine da Vilfredo Pareto, economista italo - francese vissuto tra la fine dell’ottocento ed i primi anni del novecento, che per primo definì le soluzioni di pari efficienza come quelle oltre le quali è impossibile il miglioramento di una condizione senza implicitamente provocare il peggioramento di un’altra. I problemi di ottimizzazione multi obiettivo possono essere risolti semplicemente assegnando dei pesi

w

ialle funzioni obiettivo

F

i

(θ)

e sommando insieme le funzioni pesate in modo tale da ottenere una singola funzione obiettivo

F

agg

(θ)

che risulta essere così definita:

)

(

)

(

1 =

=

n i i i agg

wF

F θ θ

(4.3)

e pertanto trasformare il problema in uno di tipo mono obiettivo risolvibile ad esempio con l’algoritmo di ottimizzazione SCE-UA.

In particolare nel codice di calcolo GSSHA la funzione obiettivo è ottenuta dal confronto tra i valori simulati ed osservati di portata al colmo e di volumi totali generati. Sia il valore assoluto della differenza tra valori simulati ed osservati relativi a ciascun evento di piena sia il valore assoluto della differenza tra valori simulati ed osservati relativi ai volumi totali generati da ogni evento di piena sono calcolati e successivamente normalizzati dividendo il valore assoluto dello scarto rispettivamente per il valore di picco di portata dell’evento di piena oppure per il valore dei volumi totali generati.

Stabilita la funzione obiettivo, successivamente è necessario definire un parametro in grado di definire la priorità nel privilegiare una calibrazione focalizzata nel fare in modo che il modello numerico cerchi di simulare al meglio il picco massimo di portata di piena oppure al contrario cerchi di privilegiare una simulazione in grado di stimare al meglio i volumi totali complessivamente generati durante l’evento meteorico che si è voluto analizzare. Tale parametro è costituito dai fattori di peso

w

iche risultano essere associati rispettivamente sia al valore di portata di picco (Peak Weight) sia ai volumi totali (Volume Weight) come riportato in Figura 4.5. La somma dei pesi deve essere necessariamente uguali all’unità.

Figura 4.5: Esempio di assegnazione dei fattori peso wi in GSSHA.

Definiti i valori da assegnare ai fattori di peso la funzione obiettivo è così costituita dalla somma delle differenze fra valori (di portata di picco e di volume) simulati ed osservati moltiplicati per i fattori di peso

w

i. A questo punto l’algoritmo SCE-UA cercherà di minimizzare la funzione obiettivo generata variando il valore dei parametri costituenti il modello. La definizione della funzione obiettivo riveste un ruolo fondamentale per la determinazione del set di parametri calcolato dall’algoritmo di ottimizzazione SCE-UA. Infatti a seconda dei valori che assumeranno i fattori di peso

w

i, l’algoritmo di ottimizzazione SCE-UA sarà in grado di generare differenti funzioni obiettivo. Pertanto appare evidente sia come

i valori assegnati ai singoli pesi

w

i assumano un ruolo fondamentale nella determinazione del set di parametri finale sia come una modifica dei valori assegnati ai pesi

w

i generi come soluzione un set di parametri completamente differente. Ad esempio se la procedura di calibrazione conduce verso risultati che non sono ritenuti sufficientemente adeguati per gli obiettivi che si stanno perseguendo è possibile perciò modificare il valore assegnato ai singoli pesi

w

ie ripetere la procedura di calibrazione.

La maggior limitazione utilizzando un approccio di questo tipo è che per ogni ottimizzazione della funzione obiettivo, definita come somma pesata, si ottiene un solo punto del fronte di Pareto. Qualora si desiderasse determinare l’intero fronte di Pareto, ovvero conoscere gli effetti generati dalla scelta di differenti valori dei pesi

w

i, sarebbero necessarie molte procedure di ottimizzazione, con un conseguente aggravio dell’onere computazionale. Per tale motivo nella pratica si preferisce assegnare a ciascuna funzione obiettivo un peso

w

i che sia identificativo del grado di importanza (funzione dell’aspetto idrologico che si vuole analizzare e quindi dell’obiettivo finale del modello idrologico) che si desidera assegnare ad ognuna di esse. Un buon compromesso è rappresentato dall’assegnazione di un ugual valore ad ogni singolo peso

w

i.

Qualora si desiderasse determinare l’intero fronte di Pareto recenti ricerche (Yapo et al., 1998) condotte dall’University of Arizona hanno permesso di sviluppare un algoritmo denominato Multi Objective Complex Evolution (MOCOM-UA) basato essenzialmente sull’algoritmo SCE-UA (sviluppato per problemi di tipo mono obiettivo) che permette di calcolare il fronte di Pareto attraverso una sola procedura di ottimizzazione senza dover attuare n processi come avviene utilizzando l’algoritmo SCE-UA presente in GSSHA.

Ricerche condotte da Senarath (Senarath et al., 2000) hanno evidenziato come il metodo SCE-UA abbia fornito buoni risultati per la calibrazione automatica di modelli idrologici adottando un numero di parametri oggetto di taratura inferiore a sedici.

A tal proposito risulta essere fondamentale effettuare in via preliminare rispetto la fase di calibrazione un’analisi di sensitività del modello numerico al fine di comprendere quali siano i parametri più significativi e più influenti sui risultati forniti dalle simulazioni. Infatti può accadere come variazioni anche significative dei valori di alcuni parametri di input producano al contrario soltanto modeste differenze nei risultati di output e pertanto, al fine di minimizzare il numero di parametri da coinvolgere nella procedura di calibrazione, è necessario individuare esclusivamente quelli più significativi per i quali anche variazioni sensibili dei valori associati generano consistenti variazioni nei risultati di output.