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Capitolo II. La tecnica del ritratto in Ammiano e in Tacito

1. La Struttura del ritratto

1.1. Metodi indiretti di caratterizzazione

Come è stato in precedenza notato, la descrizione della personalità di un individuo può anche emergere a poco a poco anche nel corso della narrazione degli eventi attraverso la tecnica del ritratto indiretto. L’analisi del metodo indiretto di descrizione è stata scomposta e suddivisa nelle sue principali sfaccettature per farne apprezzare la complessità e la profondità. Si tratta della tecnica maggiormente utilizzata sia da Ammiano che da Tacito124.

1.1.1. I discorsi

L’intento principale dei discorsi, delle parole e delle lettere riportati nella storiografia non è certo quello di caratterizzare un personaggio, bensì di conferire un aspetto di attendibilità e di mimesis alla narrazione125. Non è questa la sede in cui discutere del ruolo, della natura e della storicità o meno di tali elementi; ci si soffermerà invece ad analizzare tale modalità di espressione dell’individuo, poiché da essa emerge comunque in parte la sua personalità.

I discorsi hanno ricoperto un ruolo importante nelle opere storiche a partire da Erodoto e Tucidide e lo hanno mantenuto nella letteratura latina. Anche nell’opera di

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Cfr. Bernard (2000), pp. 15 ss. cfr. anche Daitz (1960), p. 35: “Yet, it is Tacitus’ constant emphasis on personality which in large measure gives such vivacity to his characters.”

123 È stato osservato che nelle Historiae e negli Annales, così come nelle opere dei grandi storiografi latini precedenti ad Ammiano, non si riscontrano epitheta ornantia. La loro presenza nelle Res gestae ammianee si può spiegare tenendo conto delle tendenze letterarie del IV secolo in cui la biografia, ma soprattutto il panegirico, avevano un ruolo importante (cfr. supra Cap. I, pp. 11 ss.).

124 Pauw (1972), pp. 13 ss., spec. p. 18 fa notare che in Ammiano ricorre 436 volte su 904. Kennedy (1912) comincia a far presente il fatto che in Tacito si trovino anche situazioni in cui compare la tecnica della descrizione indiretta e Neumann (1987), p. 113, lo dimostra con effettivi esempi, applicando a Tacito lo schema di Pauw.

125 Cfr. Ullmann (1927); Laistner (1963); Miller (1975), pp. 45-57; Fornara (1983); Laird (1999); Marincola (2007). Per studi su Livio cfr. Gries (1949), pp. 118-141; Bernard (2000), pp. 87-12. Per studi sul discorso in Tacito cfr. Syme (1958a), pp. 317-321; Daitz (1960), pp. 44-45; Miller (1964), pp. 279-296; Adams (1973), pp. 120-144; Keitel (1991), pp. 2772-2794; Dangel (1991), pp. 2454- 2538; Aubrion (1991), pp. 2597-2688; Levene pp. 211-224 in J. Woodman (2009). Per i discorsi in Ammiano cfr. Pighi (1936b) (l’unica monografia sull’argomento); Sabbah (1978), pp. 430-432; Pauw (1972), pp. 37-43 e id. (1977), pp. 190-191; O’Brien (2002); Colombo (2007). Mi è stato invece impossibile reperire Bravo, A. J., An examination of the speeches of Julian in Ammianus Marcellinus, Brown 2007 e Vastola, V., I discorsi nelle Res Gestae di Ammiano Marcellino, Tesi di Dottorato

41 Ammiano seguono tale comprovata tradizione pur non essendo mai stati oggetto di uno studio approfondito in ragione della loro presunta inferiorità rispetto a quelli dei grandi storiografi latini126.

In effetti ciò che maggiormente differenzia Ammiano dagli scrittori della grande storiografia è probabilmente il minore rilievo che i discorsi formali hanno nella narrazione e la riduzione degli elementi presenti nella tipologia di discorso utilizzata. Mentre infatti da una parte si rispettano le convenzioni storiografiche di rappresentazione in oratio recta, dall’altra si limitano drasticamente i discorsi in relazione alla figura dell’oratore, alle occasioni in cui i discorsi sono pronunciati, alla sostanza e al numero degli stessi nell’opera.

In generale discorsi formali sono attribuiti da Sallustio, Livio, Tacito a figure di personaggi che hanno un certo ruolo nell’azione. Essi possono essere individui che hanno attualmente in mano il potere, oppure rivali che esprimono concezioni contrapposte e hanno luogo in una grande varietà di scenari privati e pubblici127. Ammiano invece concede unicamente alle personalità imperiali di esprimersi verbalmente nella sua opera128. I discorsi riportati si presentano inoltre soltanto nella tipologia dell’adlocutio alle truppe129 e del discorso di un imperatore in occasione della propria nomina e sono ridotti in numero130 e lunghezza rispetto a quelli presenti nelle opere storiografiche precedenti.

126 Elaborati discorsi formali sono considerati uno degli elementi di maggiore rilievo nell’Ab Urbe

condita di Livio già dall’epoca di Quintiliano (Inst. Or. X,1,101 Titum Livium…tum in contionibus supra quam enarrari potest eloquentem). I discorsi di Tacito possono essere considerati una

variazione concentrata e intensificata su un calibro stabilito in precedenza da Livio.

127 Cfr. Fornara (1983), p. 142: “They provide history with ist innate intellectual dimension”. Cfr. anche Levene (2009), pp. 211-224.

128 L’assenza di discorsi potrebbe anche avere altre cause come la volontà di distinguere i legittimi imperatori dagli usurpatori (Procopio cfr. Res gestae XXVI,6,14-18) o suggerire che lo storico non disponeva di documenti storici a proposito (ad esempio non riporta nessun discorso di Gioviano quando questi viene nominato Augusto alla morte di Giuliano ibid. XXV,5). Cfr. Sabbah (1978), pp. 113-240 che dedica un intero capitolo alla discussione del grado di veridicità delle fonti.

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Riguardo all’adlocutio cfr. in particolare Abbamonte, Miletti, Buongiovanni (2009), pp. 27-80 (spec. pp. 63-80 dedicate alle allocuzioni alle truppe in Sallustio, Tacito e Ammiano Marcellino). 130 Dodici discorsi: Res gestae XIV,10,11; XV,8,5; XVI,12,9; XVII,13,26; XX,5,3; XXI,5,2; XXI,13,10; XXIII,5,16; XXIV,3,4; XXV,3,15; XXVI,2,6; XXVII,6,12; il discorso prima della morte di Giuliano (XXV,3,15) è un’eccezione. C’è inoltre un discorso narrativo pronunciato dal funzionario di corte Ilario nell’aula di tribunale durante i processi per magia e tradimento in Antiochia sotto Valente negli anni 371-72 (ibid. XXIX,1,29-32). Il discorso serviva probabilmente ad Ammiano per spiegare meglio i riti magici che Ilario stava confessando. Non rientra nei discorsi che prendiamo in analisi qui, così come non hanno significato i dicta che Ammiano inserisce qua e là nella narrazione dato che nessuno diessi seppur in oratio recta ha l’aspetto di un discorso preparato. Tutti questi brevi brani sono catalogati da Pighi (1936b), pp. 30-31. Lo stesso Pighi riconobbe quindici discorsi maggiori nelle Res Gestae; essi sono in realtà dodici in senso stretto (discorsi pronunciati in pubblico)

42 Una diminuzione del numero e della lunghezza dei discorsi si riscontra già in Tacito nel passaggio dalla stesura delle Historiae a quella degli Annales131 ed è dovuta al ridimensionamento del ruolo dell’eloquenza e alla sua relazione con la libertas in epoca imperiale. La questione viene messa in luce negli stessi termini in cui l’autore l’aveva presentata nel Dialogus de Oratoribus132. Il fatto che in Ammiano solo le personalità imperiali possano fare discorsi è in continuità con tale processo (storico e concettuale) e non rappresenta per se un’innovazione storiografica. Ciò è invece dovuto alla convinzione, ormai stabile nell’epoca tardoantica, della centralità pressoché assoluta dell’imperatore all’interno dell’ordine cosmico così come nelle vicende politiche e sociali. Gli imperatori, figure il cui primo dovere è la sicurezza del corpo politico, si collocano su un piano più elevato del resto dell’umanità e la loro posizione rispetto ai sottomessi è confermata dal favore divino133.

Ultimamente si è cercato di dimostrare che i discorsi delle Res gestae hanno una funzione significativa all’interno della narrazione: Ammiano avrebbe inventato la “scena del discorso” (Speech-scene) che ha luogo all’interno di sequenze cerimoniali stereotipate, sia che si tratti di adlocutiones prima della battaglia che dell’elevazione

ma Pighi aggiunse anche tre lettere (una di Shapur II a costanzo II, la relativa risposta di Costanzo II e una di Giuliano Augusto a Costanzo II). Quasi tutti sono contiones e adlocutiones imperiali alle truppe, tranne il discorso di Giuliano morente agli amici (ibid. XXIV,3,15-20); il maggior numero di discorsi, cioè sei, è pronunciato appunto da Giuliano, due più di Costanzo II, il triplo di Valentiniano I (l’ultimo agli amici, più di cinque ai soldati: ibid. XVI,12,9-12, in qualità di Caesar prima di Strasburgo; ibid. XX,5,3-7; XXI,5, 2-8; XXIII,5,16-23; XXIV,3,3-7). Costanzo II di cui Ammiano Marcellino riferisce quattro discorsi, tutti ai soldati (ibid. XIV,10,11-16; XV,8,5-8, 10, 12-14; XVII,13,26-33; XXI,13,10-15) e Valentiniano I, di cui sono riportate soltanto le due principali orazioni alle truppe (ibid. XXVI,2,6-10; XXVII,6,6-9 e 12-13), risultano subordinati a Giuliano anche su questo piano della narrazione storiografica, secondo una progressione discendente in misura costante, che pone in ombra Valentiniano I anche rispetto al ruolo oratorio di Costanzo II (come ha fatto notare e motivato Pighi (1936b), pp. 41-47). Allo stesso modo le qualità del personaggio possono essere rivelate da commenti o reazioni verbali immediate che rientrano nell’ambito dei dicta (Gallo

ibid. XIV,7,14; Tertullo ibid. XIX,10,3; Ursicino ibid. XX,2,4; Procopio ibid. XXVI,7,16) o lettere

come quella di Giuliano a Costanzo (ibid. XX,8,5-17). (Gries (1949), Miller (1964) e id. (1975) non menzionano Ammiano).

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Cfr. Miller, (1964) e id. (1975). I discorsi si riducono negli Annales, e Tacito non usa più neanche la tecnica della corrispondenza a coppie dei discorsi (come notarono già Fabia (1893); Ullmann (1927); Syme (1958a), App. 40-41 e Keitel (1991), Tacito mira anche ad una certa simmetria tra i discorsi; Laird (1999), pp. 116-152, spec. pp. 138-143, ha individuato, ad esempio, coppie di discorsi nel contrasto tra Barbari e Romani e richiami intertestuali tra loro).

132 Cfr. Blockley (1975), pp. 137-156 (spec. p. 153). Il concetto di libertas in Tacito è da una parte sicurezza e libertà dall’ingiustizia, dall’altra libertà di pensare e dire ciò che si vuole. Una convinzione simile si ritrova in Ammiano nella disapprovazione dei processi e delle punizioni eccessive inflitte dagli imperatori (cfr. infra Cap IV sui processi) e nell’esplicito rifiuto del panegirico (ibid. XXXI,10,5).

133 Su questo argomento cfr. Blockley (1975), pp. 150-151; Matthews (1989), pp. 244-49; Kelly (2008), pp. 39-150.

43 del Cesare al rango di Augusto134. La caratterizzazione dell’imperatore che emerge da queste situazioni non è un ritratto psicologico in senso moderno, bensì è espressione di una persona (nel significato latino del termine) che, pur essendo limitata dalla propria condizione umana, nondimeno costituisce un elemento fondamentale nel meccanismo dell’ordine cosmico. Elementi che costituiscono la cornice cerimoniale di un discorso (quali menzione della Fortuna personale del personaggio, supporto dei soldati, programma politico e strategia militare) possono in questo senso essere compresi sotto la rubrica di “caratterizzazione”135.

La questione di dove collocare Ammiano nella tradizione storiografica che riporta i discorsi invece non è in ultima analisi risolvibile136: per la quasi totalità dei discorsi non ci sono riferimenti a fonti che ne provino la metodologia137. Il modo in cui Ammiano presenta i discorsi contribuisce tuttavia a inserirlo in un contesto metodologico che tiene conto della scelta delle persone cui dare un’orazione, i modi di introdurre un discorso, etc.

In termini di costruzione formale e tropi retorici, i discorsi di Ammiano sembrano anche limitati nella varietà. Eppure un esame più accurato sia del loro interagire con un cerimoniale di introduzione e conclusione, sia del contenuto (con riguardo per la dizione e l’argomentazione) rivela chiare relazioni tra loro e con le parti narrative. Tali connessioni offrono la possibilità di analizzare la proiezione del carattere

134 Cfr. O’Brien (2002), pp. 14-18.

135 Cfr. ibid. In generale tutti i discorsi, senza riguardo per occasione, richiamerebbero un certo tipo di

topoi cerimoniali. Tali “ceremonial topoi”, nella parte che precede i discorsi (cerimonial introduction), contengono riferimenti all’ora del giorno, al radunarsi dell’uditorio in gruppi militari al

suono di trombe, alla processione dell’imperatore e del suo seguito, alla descrizione della piattaforma su cui si tiene il discorso, alla sistemazione dell’imperatore e del suo seguito su di essa, alla descrizione dell’attitudine mentale e fisica dell’oratore prima di parlare e ad una breve caratterizzazione delle sue parole. I topoi che si trovano nel paragrafo che chiude la “speech-scene” (cerimonial conclusion) si focalizzano sulla reazione dell’assemblea al discorso appena tenuto (di solito espressa con acclamazioni di approvazione e sbattere di armi, ma anche con grida, mormorii acclamazioni digrignamento di denti o altre proteste ritualizzate o segni di approvazione).Cfr. ibid.

App. I, pp. 361-365 per un prospetto incrociato delle ricorrenze di tali elementi.

136 Cfr. O’Brien (2002), pp. 21 ss.

137 I discorsi di Giuliano nel libro XX delle Res gestae sono menzionati da alcune fonti contemporanee, così come il suo discorso ibid. XXIII,5,15 ma per la maggior parte si tratta di casi in cui, come afferma O’Brien (2002), p. 24: “no pattern or methodology that can be backed up with independent sources or versions – nothing, that is to say, that could help verify Ammianus’ actual process of composition in one way or another.”

44 dell’imperatore da parte di Ammiano. È inoltre possibile riscontrare la presenza di stili retorici idiosincratici nei discorsi dei diversi imperatori138.

Se è vero che le qualità del personaggio che si evincono dai discorsi che Ammiano fa loro pronunciare sono soltanto un prodotto secondario, bisogna anche notare con quanta sottigliezza lo scrittore utilizza il contesto per influenzare l’opinione del lettore. I discorsi presenti nelle Res gestae sono per la maggior parte autorappresentativi e quindi esprimono soltanto le qualità positive del personaggio che li pronuncia. Tale espressione tuttavia viene spesso a trovarsi contrapposta all’opinione generale percepita dal lettore e dagli altri personaggi e quindi anche dal lettore. Rimane comunque chiaro il fatto che Ammiano non caratterizza principalmente o intenzionalmente i propri personaggi attraverso i discorsi139.

Un altro tipo di ritratto dinamico si ricava anche dalle azioni e reazioni di un personaggio in determinate circostanze. I riferimenti a tali situazioni possono comprendere da poche parole a un episodio intero. Quest’ultimo, ad esempio, è il caso della visita di Costanzo a Bisanzio e della descrizione dell’atteggiamento di Giuliano alla nomina imperiale in Res gestae XV,8,11 e 17).

Altre volte il carattere è manifestato dall’irascibilità, l’impazienza, le simpatie e le antipatie dell’individuo. Tali qualità sono rivelate nel caso di Valentiniano e Costanzo prevalentemente dai loro scoppi d’ira (il Senato aegre imperatoris

138 Cfr. Ullmann (1927), p. 6: “les discourses sont avant tout des études de caractères sous une forme empruntée à la rhétorique”. Cfr. Fornara (1983); Colombo (2007); Syme (1958a), pp. 191-192 e 317- 321. Tacito e Ammiano si assomigliano nella resa del contrasto tra parole e fatti. Lo scrittore non si limita ad abbreviare e stilizzare, ma omette traspone, aggiunge e mette in evidenza la personalità dell’oratore (come avviene nel trattamento di Claudio e Tiberio).

La caratterizzazione del personaggio in Ammiano attraverso i discorsi che pronuncia è stata negata in passato; cfr. Laistner (1963), p. 150 (cfr. invece O’Brien (2002), p. 431 n. 96, il quale porta argomenti contrari specialmente in merito al contrasto tra le due personalità di Costanzo e Giuliano). In particolare è stata messa in evidenza da diversi studi la povertà dell’ornatus e dell’elocuzione dello stile di Ammiano: i suoi discorsi sono stati definiti “middle way between raw transcription and pastiche” (cfr. Fontaine, (1992), pp. 33-34), mentre la loro semplicità è stata attribuita a un desiderio dell’autore di riprodurre discorsi il più possibile fedeli – almeno nella sostanza – alla verità (cfr. Fornara (1983), p. 154). Secondo O’Brien (2002), pp. 26-28 non ci sarebbe dubbio riguardo l’intervento della mano di Ammiano nei discorsi, nei rimandi stilistici e clausolae che identificano il suo stile e paralleli verbali con il testo narrativo. D’altra parte è anche vero che le sue dichiarazioni sulla concezione della storia (Res gestae XV,1,1; XXVI,1) rendono impossibile credere che possa avere completamente inventato tali discorsi.

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Non sembra del tutto convincente la tesi di Aubrion (1991), p. 2654 secondo la quale Ammiano si limiterebbe ad adattare scrupolosamente gli argomenti dei discorsi alle circostanze attribuendo ai suoi personaggi parole mirate soltanto a supportare l’immagine che vogliono dare di loro stessi e non a confermare l’opinione che l’autore ha su di loro. Cfr. Pauw (1977) e O’Brien (2002), pp. 21 ss.

45 iracundiam tulit, perciti vehementer a causa di un provvedimento preso senza l’approvazione di quest’ultimo, ibid. XXVIII,1,23; ira vehementer perculsus, ibid. XXX,6,3; ita acriter inflammavit, ibid. XV,3,9, etc.). Altrove invece Giuliano è mosso ad indignationem iustam (ibid. XVII,10,8; XXV,1,8).

Un’analisi approfondita di questa tecnica non sarebbe utile anche perché essa non è peculiare ed esclusiva di Tacito. Si riscontra tuttavia nella letteratura precedente, specialmente in Livio140 ed è molto utilizzata in generale nel genere storiografico141. Si può comunque notare che la predilezione per l’aneddoto e per episodi di maggiore lunghezza è maggiore in Ammiano rispetto a Tacito142.

Il ritratto indiretto del personaggio che emerge attraverso le opinioni dei contemporanei e le voci che circolano sul suo conto fa parte della storiografia dall’epoca di Tucidide: far esprimere osservazioni a terzi svincola infatti lo storiografo dalla responsabilità di ciò che afferma e conferisce una parvenza di oggettività alla descrizione dell’individuo. L’elemento soggettivo non può tuttavia essere escluso poiché lo scrittore entra in gioco nella scelta del materiale da esporre143.

Il giudizio dei contemporanei può essere espresso tramite le opinioni di individui o gruppi, ostili o favorevoli e può essere presentato nella forma di critica o di ammirazione. Sebbene in generale questo metodo non sia utilizzato molto frequentemente da Ammiano, esso tuttavia appare relativamente spesso nella rappresentazione di Costanzo e di Giuliano144. In questa categoria è compresa anche la rappresentazione del personaggio attraverso i pensieri e le parole di chi lo circonda. Così il gran ciambellano Euterio rimprovera Giuliano che, educato in Asia,

140 Cfr. Bernard (2000), pp. 54 ss. 141

Cfr. Pauw (1972), p. 191.

142 Episodi di questo tipo in Tacito sono utilizzati per descrivere soprattutto la figura di Tiberio che più di altre riceve una descrizione indiretta (cfr. infra le osservazioni sulla tecnica dell’innuendo): quando Aterio rischia la vita per averlo fatto inciampare, Tiberio si rivela neque tamen periculo talis

viri mitigatus est (Ann. I,13,6); sempre Tiberio quando viene mossa un’accusa a Granio Marcello exarsit adeo ut, rupta taciturnitate, proclamaret se quoque in ea causa laturum palam et iuratum

(ibid. I,74,5). Uno dei pochi episodi di maggiore ampiezza si ritrova in Hist. IV,81 in cui si narra che Vespasiano, ritenuto un taumaturgo dalla popolazione di Alessandria a causa di una sua azione prodigiosa, decide alla fine di sfruttare l’occasione a beneficio della propria immagine.

143 Cfr. Pauw (1972), p. 192.

144 Nel caso del primo sono rivelate praticamente solo qualità negative (17 negative; 2 positive), con Giuliano l’opposto (4 negative; 27 positive). Cfr. Pauw (1979) per l’analisi statistica delle ricorrenze.

46 si rivelava incostante (Res gestae XVI,7,6), oppure un ritratto di questo imperatore emerge anche dalle parole con le quali Costanzo lo presenta ai soldati (ibid. XV,8,5- 8; 10, 12-14)145. Lo stesso fenomeno lo si osserva anche in Tacito146, tuttavia non si tratta di un elemento di originalità nello stile di un autore, anche se prevede una certa logica da parte di chi se ne serve per rendere ancora più completo e reale il ritratto di un personaggio.

Tacito invece è maestro nel riportare le voci che corrono su eventi che riguardano un individuo. Su questo punto emerge il contrasto con l’opera di Ammiano, che utilizza questo metodo in maniera assai meno frequente e meno sottile dello scrittore delle Historiae e degli Annales147.

Un altro metodo di caratterizzazione indiretta in Ammiano avviene tramite paragoni e associazioni. Nel primo caso l’individuo è paragonato ad esempi simili di virtù, valore o vizi (nella maggio parte dei casi) che riguardano famose personalità del passato. L’utilizzo degli exempla è tipico dell’oratoria e del discorso storiografico e serve a dare maggiore credibilità e forza all’argomentazione. Ammiano ne fa largo uso e dimostra di possedere una conoscenza enciclopedica della letteratura greco- romana. Un’analisi approfondita su questo punto tuttavia non avrebbe senso ai fini del presente lavoro poiché non aiuterebbe nell’individuazione di elementi di diretto rapporto tra Ammiano e Tacito.

Si può paragonare il personaggio anche ad una figura storica che nella mentalità collettiva dei lettori ha sviluppato una determinata tipizzazione e quindi richiama immediatamente una determinata qualità. Ammiano descrive Gallo come una reincarnazione della figura di Domiziano148, ma è la descrizione di Giuliano in

145 Lo presenta come un giovane modesto (verecundia, ibid. 8,8), forte e sereno (adulescens vigoris

tranquilli, ibid. 8,10), di carattere equilibrato (temperati mores, ibid.) e indole eccellente (praeclaram indolem, ibid.).

146 Ad esempio nel ritratto di Otone così come emerge dalle parole di Pisone in Hist. I,30.

147 Cfr. Syme (1958a), p. 315; Daitz (1960), pp. 42-44; Demandt (1965), p. 33; Pauw (1972), p. 50. Ammiano riprende da Tacito poco di quella che Demandt chiama “Allwissenschaft”, ovvero il metodo attraverso il quale (Tacito) introducendo dicerie non supportate da prove cerca di rendere il lettore prevenuto nei confronti di ciò che l’autore scrive. Là dove Ammiano introduce rumori o dicerie, si tratta tuttavia di voci storicamente comprovate, per questo, ad esempio, non riesce ad eguagliare la sottigliezza del necrologio tacitiano di Augusto (Ann. I,8-9). Si tralascia in questa sede l’analisi stilistica, perché superflua: nel caso delle opinioni dei contemporanei si fa uso di oratio recta o

obliqua a seconda dei casi; nel riportare le dicerie invece trova impiego solo l’oratio obliqua.

148 Res gestae XV,5,35 eo more, quo semper oderat fortiter facientes, ut quondam Domitianus,

47 particolare che abbonda di paragoni con i grandi uomini del passato: era acuto come Tito, guerriero come Traiano, moderato come Antonino e somigliava a Marco Aurelio149. Allo stesso modo in Tacito Germanico corrisponde alla figura di Alessandro Magno150.

L’associazione di due o più individui, compresi in uno stesso brano è una forma di paragone meno esplicita, poiché è il lettore che deve dedurre dal contesto la sottintesa somiglianza o connessione tra le personalità. Ammiano associa la persona di Valente al malefico zio Petronio (Res gestae XXVI,6,7-9) al fine di gettare un’ombra non dichiarata, ma non per questo meno percettibile, sulla reputazione

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