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Ammiano lettore di Tacito. Percorsi di confronto intertestuale, tematico e compositivo.

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DIPARTIMENTO DI CIVILTÀ E FORME DEL SAPERE

DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA E

Corso di Laurea Magistrale in Filologia e Storia dell’Antichità

Ammiano lettore di Tacito.

Percorsi di confronto intertestuale

Relatrice: Candidato:

Dott.ssa Chiara Ombretta

Tommasi

Anno accademico 2012/2013

DIPARTIMENTO DI CIVILTÀ E FORME DEL SAPERE

DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA E

LINGUISTICA

Corso di Laurea Magistrale in Filologia e Storia dell’Antichità

Tesi di Laurea

Ammiano lettore di Tacito.

Percorsi di confronto intertestuale, tematico e compositivo

Relatrice: Candidato:

Dott.ssa Chiara Ombretta Agnese

Bargagna

Anno accademico 2012/2013

DIPARTIMENTO DI CIVILTÀ E FORME DEL SAPERE

DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA E

Corso di Laurea Magistrale in Filologia e Storia dell’Antichità

tematico e compositivo

Relatrice: Candidato:

Agnese

Bargagna

(2)

3

Sommario

Introduzione ... 6

Capitolo I. Circoscrivendo la questione ... 9

1. Definendo il problema: ricostruire il contesto ... 9

1.1. Ut miles quondam et Graecus: Ammiano Marcellino, ricostruzione parziale di un ritratto ... 9

1.2. Le Res Gestae e la storiografia precedente e contemporanea ... 11

1.3. La tradizione tacitiana nel IV secolo... 14

2. Da Tacito ad Ammiano: somiglianze, differenze e linee generali degli studi 16 3. Alla ricerca dell’approccio migliore: definendo intertestualità, tradizione e allusione ... 22

3.1. Proponimenti e prospettive ... 25

Capitolo II. La tecnica del ritratto in Ammiano e in Tacito ... 28

1. La Struttura del ritratto ... 31

1.1. Metodi indiretti di caratterizzazione ... 40

2. Personaggi, Significati e Reminiscenze ... 52

3. Conclusioni ... 59

Capitolo III. Rappresentazione della collettività: popolo, soldati, senatori ... 61

1. Plebs ... 62

(3)

4

3. Senatus ... 76

4. Gruppi di Personaggi... 78

Capitolo IV. “Dei Delitti e delle Pene”: la descrizione dei processi in Tacito e in Ammiano ... 82

1. L’esposizione: le forme della scansione cronologica, fenomenologica e sintattica e le considerazioni dell’autore ... 83

2. Piano retorico: i topoi, le figure, lo stile e le finalità insite nel loro utilizzo94 2.1. Alcuni topoi e figure ... 95

2.2. Lo stile... 98

2.3. Le finalità ... 99

3. I meccanismi della composizione: ... 101

3.1. La lunghezza del brano e la sua collocazione all’interno dell’opera .... 101

3.2. Alcuni accorgimenti compositivi volti a stimolare l’attenzione del lettore ... 103

3.3. Alcuni meccanismi di manipolazione e distorsione dei fatti storici ... 105

4. Conclusioni sui processi ... 109

Capitolo V. Confronti tra alcune descrizioni di battaglie in Tacito e Ammiano ... 111

1. Ammiano e Tacito sulle battaglie ... 111

2. La verità e le convenzioni letterarie della storiografia ... 114

3. La battaglia di Strasburgo (Res gestae XVIII,12,1-66) e il secondo scontro a Bedriacum (Hist. III,18-34) ... 118

3.1. Lo scontro ... 129

3.2. Il Buon Comandante ... 132

(4)

5

3.4. Conclusioni sulle due scene di battaglia ... 137

4. Il biancore delle ossa nel campo di battaglia: Varo e la località Ad Salices ...138

Conclusioni ... 143

1. Ut miles quondam et Graecus: un soldato greco che scrive in latino ... 144

2. A principatu Caesaris Nervae exorsus: la scelta di cominciare con l’anno 96 d.C. ...146

3. Punti di confronto: alcune osservazioni sulla struttura delle Res gestae .. 148

4. Conclusioni sulla tecnica ammianea ... 149

5. Considerazioni generali sullo stile ammianeo e discussione dei rimandi tacitiani individuati nelle Res gestae ... 150

6. Summae ... 157

Bibliografia primaria ... 160

(5)

6

Introduzione

Nel periodo che si estende dalla metà del II secolo alla metà del IV secolo d.C. si colloca uno iato difficile da colmare per quanto riguarda la letteratura storiografica latina. Si rivela pertanto problematico parlare delle trasformazioni del genere storiografico in questo frangente proprio perché poco sopravvive tra due grandi nomi come Tacito e Ammiano Marcellino.

Il confronto tra questi ultimi due autori diviene inevitabile: entrambi scrivono storia recente in larga scala; la portata e la qualità delle loro opere li differenzia dalle preferenze della loro epoca; il fatto infine che trattino una storia di argomento imperiale li distanzia nettamente dai predecessori Livio e Sallustio1. Non meraviglia pertanto che tutto un indirizzo di studi abbia proclamato rapporti di parentela certi fra i due scrittori2.

I procedimenti di confronto hanno di solito inizio con l’analisi dell’opera di Ammiano e delle sue dichiarazioni programmatiche. La prefazione e i primi tredici libri delle Res gestae risultano, come è noto, perduti, mentre è il paragrafo finale, con la breve sphragìs o sigillo autoriale ad offrire alcune compensazioni3.

Haec ut miles quondam et Graecus, a principatu Caesaris Nervae exorsus ad usque Valentis interitum pro virium explicavi mensura: opus veritatem professum numquam, ut arbitror, sciens silentio ausus corrumpere vel mendacio.

1 Ammiano Marcellino è l’unica o primaria fonte disponibile per molti avvenimenti del periodo che narra (ad esempio per la spedizione di Teodosio il Vecchio contro gli Alamanni del 370 e la guerra danubiana del 374-375 e in generale per gli anni 353-378).

2 Si può dire che il problema ha affascinato generazioni di studiosi a partire dall’affermazione di Iustus Lipsius nel 1607 a p. 306 (ristampa (1831), p. 3) della sua edizione commentata di Tacito: “Ubi Tacitus desierat, consilium ordiri Ammiano fuit: qui vestigia eius legit, sed pede non tam fausto. Ipse de se Ammianus: Ut miles quondam et Graecus....”

3 Cfr. Res Gestae XXXI,16,9. In questo brano si ritrovano in miniatura molti aspetti che sono convenzionali nelle prefazioni storiografiche quali le origini dello storiografo, l’estensione dell’opera, la dichiarazione di riportare il vero e la rivendicazione di un posto nel canone del genere. Alcune di queste informazioni si rivelano molto utili in particolare per stabilire i termini della ricezione di Ammiano nella storia della letteratura e anche al fine di sollevare questioni focali nell’interpretazione di questo autore, come il proponimento dei libri perduti, se e in che senso si può affermare che sia l’erede di Tacito, l’impatto del greco sulla sua latinità, e della tradizione greca sulla sua storiografia, se i suoi silenzi deformano le sue rivendicazioni di veridicità, etc., tanto che si può affermare che le ricerche e gli studi cominciano là dove l’opera di Ammiano termina (Kelly (2007), p. 219). Cfr. Sabbah (1999), p. 293 n. 588 con un riassunto delle diverse posizioni e Kelly (2007), pp. 219-220, n. 1 con una panoramica esauriente della bibliografia più recente sull’argomento.

(6)

7 Le vicende storiche di cui Ammiano si occupa ricoprono un periodo assai lungo, ovvero, secondo quanto dichiarato nella conclusione delle Res gestae, a principatu Caesaris Nervae exorsus. Tacito aveva terminato le sue Historiae – nella parte che non ci è pervenuta – con la narrazione delle imprese della dinastia Flavia fino al 96 d.C.4 e, pur avendo dichiarato di volersi occupare dei successivi principati di Nerva e di Traiano, non aveva mai potuto attuare il proprio intento5. Si ritiene pertanto che tale dato possa avvalorare l’ipotesi di un ambizioso titolo generale per l’opera ammianea come “a fine Cornelii Taciti rerum gestarum libri” e di Ammiano come continuatore ed erede di Tacito6.

Se le Res gestae di Ammiano hanno effettivamente il loro inizio là dove terminano le Historiae di Tacito, la questione si presenta complessa poiché Tacito non viene mai nominato nelle Res gestae e proprio la scarsa o nulla informazione sulle opere storiografiche scritte tra il II e il IV secolo d.C. rende difficile stabilire con sicurezza se Ammiano lo considerasse un modello. Tuttavia, il fatto che Ammiano abbia scritto una continuazione di Tacito può significare anche soltanto che volesse reagire al modo di scrivere Storie adottato nella sua epoca, non che tali Storie non esistessero. Un’analisi che desideri essere precisa deve interpretare e contestualizzare innanzitutto l’affermazione ammianea di essere miles quondam et Graecus. Non si tratta infatti soltanto della dichiarazione di aver sempre utilizzato i criteri di autopsia e di buona informazione (che gli derivavano dal suo essere miles), combinata con l’affermazione di possedere una vasta cultura (Graecus). In termini letterari quella delle Res gestae è una fine aperta che concede la possibilità di interrogarsi anche circa il motivo per cui Ammiano pur dichiarandosi Graecus abbia scelto come strumento espressivo il latino e come sede di lavoro Roma, che non si rivela, se non in senso molto vago, il centro ideale delle sue Res gestae. Il fatto è culturalmente di un’importanza grandissima e non sembra una spiegazione sufficiente il fascino e l’influsso dell’ambiente dell’Urbe7.

4 Cfr. Lenaz (1996), pp. 5-39.

5 Cfr. Agr. 3,3 in cui Tacito dichiara di voler tracciare un quadro del felice regno di Nerva (testimonium praesentium bonorum); cfr. anche Hist. I,1: quod si vita suppeditet, principatum divi

Nervae et imperium Traiani, uberiorem securioremque materiam, senectuti seposui...

6 Cfr. Seeck (1894), p. 1897; Viansino (2004), p. 109.

7 Molti studenti si recavano a Roma in quegli anni per la necessità pratica di imparare la lingua del governo imperiale e della sua legislazione. La presenza di importanti biblioteche e archivi rendeva

(7)

8 Si rende inoltre necessario approfondire alcune questioni che sorgono spontanee ad un primo approccio con l’opera di Ammiano: quale motivo ha spinto lo storico ad andare indietro nel tempo fino all’anno 96 d.C., quando il punto di inizio più ovvio per il tipo di materia che trattava sembrerebbe essere la morte di Costantino nel 337 d.C.? Costituiva ancora l’opera di Tacito un punto di riferimento di importanza nella letteratura e nella cultura del IV secolo? In che rapporto si pone lo stile dell’opera di Ammiano con la letteratura delle epoche precedenti e contemporanee, e in particolar modo in relazione a Tacito8?

In sostanza ci si deve chiedere se il fatto di cedere al fascino insito nell’associare Ammiano ad un grande scrittore come Tacito possa portare ad una visione distorta delle Res gestae o, al contrario, contribuire ad una migliore comprensione del loro spessore9.

inoltre l’Urbe un punto di riferimento importante per chiunque desiderasse fare ricerche approfondite (Res gestae XXVIII,1,15).

8 Cfr. Thompson (1969), pp. 130-131: “We now come to the central point of our discussion. No historian is entitled to write the history of the Roman Empire from 98 to 378 without attempting to explain the enormous decline in Roman power and prosperity which took place between these two dates”.

9 Per una storia approfondita degli studi si rimanda a Roselle (1976), pp. 5; Neumann (1987), pp. 3-14 e Kelly (2008), pp. 175-177.

(8)

9

Capitolo I.

Circoscrivendo la questione

Sono contrario alla tendenza attuale della critica, con il suo eccessivo interesse per i dettagli delle vite degli autori e degli artisti. Questi non fanno altro che distogliere l’attenzione dalle opere di un autore (se le opere sono degne di attenzione), e finiscono, come si può spesso constatare, per costituire il motivo principale di interesse. Ma solo l’angelo custode di ognuno di noi, oppure Dio stesso, è in grado di svelare la relazione che c’è tra i fatti personali e le opere di un autore.

[J.R.R. Tolkien, Da una lettera a Deborah Webster. 25 Ottobre 1958]

1.

Definendo il problema: ricostruire il contesto

1.1. Ut miles quondam et Graecus: Ammiano Marcellino, ricostruzione parziale di un ritratto

“Both reticent and literary”, come lo ha definito G. Kelly10, Ammiano Marcellino si pone come figura controversa e sfuggente nella storia della letteratura latina. A causa, infatti, dell’insufficienza documentaria11, le notizie più attendibili riguardo la sua personalità e le sue caratteristiche e convinzioni sono da ricercarsi quasi esclusivamente nella sua opera12. L’interpretazione dei passi con riferimenti autobiografici nelle Res Gestae ammianee ha purtroppo provocato la proliferazione di teorie e opinioni differenti. Recentemente tuttavia si è unanimemente riconosciuto che una lettura più puntuale e approfondita dell’opera porti ad una comprensione più precisa dell’autore come individuo. Tale comprensione deve a sua volta mirare ad illuminare meglio lo studio dell’opera stessa, rinunciando alla pretesa di ricostruire l’esatta figura storica dell’autore.

10G. Kelly (2008), p. 109. Cfr. anche Barnes (1998), pp. 50-64, 65-78 e 187-198; Alvarez (2006), pp. 45-85 e 267-69 con una buona bibliografia e un riassunto dei termini della questione; Sabbah (1999), p. 294 n. 590 riguardo al dibattito sull’anno 395 come terminus ante quem.

11 L’unico autore antico che lo ricordi è Prisciano (Inst.Gramm. in Keil, H., Grammatici latini II, 9, Hildesheim 1961, p.486) il quale riferisce come titolo dell'opera Rerum gestarum [sc. libri]. Kelly (2008), p. 114 sostiene che sia comunque possibile che il successo di Ammiano sia testimoniato dalle menzioni della sua opera in Gerolamo, Claudiano e negli Scriptores Historiae Augustae.

12

Kelly (2008), p. 157 riassume tale concetto: “I suggest that the time has come for the scholarship. on Ammianus to move away from the author…because the work obscures the author, because his portrait is for the most part intolerably conjectural, and because ideas as to his character tend to prejudice interpretation”. Cfr. anche Sabbah (2003), pp. 43-84 e 43-53.

(9)

10 Dagli indizi interni all’opera storica di Ammiano è possibile ricostruire il ritratto di un antiocheno (di nascita o di adozione)13, probabilmente figlio di un soldato o amministratore influente nella parte orientale dell’impero romano. Entrò nell’esercito poco dopo il 350 divenendo già in giovane età protector domesticus e pertanto parte di un corpo d’élite14. La sua carriera proseguì almeno fino al 363, anno in cui partecipò alla spedizione in Persia – e forse anche più a lungo – sebbene non si sappia che ruolo abbia ricoperto.

La sua presenza nell’Urbe può essere datata agli anni ottanta del secolo IV. Fu allora che questo intellettuale proveniente dal territorio romano orientale, che aveva prestato servizio come protector domesticus, che aveva vissuto in prima persona molti eventi determinanti e aveva visto buona parte dell’impero con i propri occhi, decise di comporre e pubblicare in latino un’opera storiografica di ampio respiro per la quale la sua permanenza a Roma si rivelò cruciale15. È difficile stabilire con precisione la cronologia della composizione e della pubblicazione dell’opera, ma si può comunque collocare all’interno di un periodo di dieci o quindici anni. In base ai

13

La questione della provenienza di Ammiano da Antiochia sull’Oronte è controversa. Particolarmente discussa è l’identità di quel Marcellino destinatario di un’epistola del retore Libanio (Ep. 1603 Förster=188 Norman (1996), pp. 428-433); si veda anche Fornara (1992a), pp. 328-44 e 420-38 cui risponde Sabbah (1997), pp. 89-116. Cfr. anche Lizzi Testa (2004), pp. 52-53 per un riassunto del dibattito recente e Kelly (2008), pp. 154-158. Si può concordare con l’affermazione di Sabbah (2003), p. 45 “Why ask the question “Greek or Roman?”, when Ammianus declares himself Greek and Roman? Or the question “Antiochian or non-Antiochian by origin and in effect?”, when it

is more relevant to consider what his work owes to Antioch?” e pp. 50-54.

14

Non si hanno notizie del tutto confermate dopo tale data. Ammiano era ancora adulescens nel 357 ma domesticus al più tardi nel 353. Tale prestigio giustificherebbe il bilinguismo dell’autore delle Res

gestae. L’ampiezza della sua conoscenza della letteratura latina è impressionante, ma non è possibile

dire se risalga alla sua educazione. L’evidenza della conoscenza della letteratura greca risulta, dalla lettura delle Res gestae, naturalmente meno chiara. Cfr. Jones (1964), pp. 636-40; Matthews (1989), pp. 74-79, che questiona sul termine adulescens (spec. pp. 76-77); Alvarez (2006), che dedica la sua dissertazione esclusivamente a questo tema, con un buon riassunto degli studi precedenti spec. pp. 8-44 e 182-234; Kelly (2008), pp. 119-122.

15

Anche se attualmente si tende a distanziarlo dall’aristocrazia romana dell’epoca, nei confronti della quale avrebbe assunto un atteggiamento distaccato e autonomo (a partire da Cameron (1964)). Si fa riferimento soprattutto al tono irriverente con il quale l’autore si pronuncia contro i costumi dell’aristocrazia dell’Urbe nel corso delle due digressioni sulla città di Roma (in Res gestae XIV, 6 e XXVIII, 4). In generale ci si è resi conto che Ammiano non è in nessun modo un portavoce della classe senatoria romana e che in ogni caso l’immagine di una classe senatoria unita (addirittura di un “partito senatorio pagano”) in divergenza con l’imperatore e la corte è semplicistica e anacronistica, cfr. in particolare Cameron (1976), pp. 15-28 e Neumann (1987), pp. 25-26.

Sull’aristocrazia senatoria occidentale: Forlin Patrucco, Roda (1986), pp. 260-272; Roda, (1996); Marcone (1998) pp. 354 ss.; Matthews (1989), pp. 414 ss. Sulla presunta esistenza del “Circolo di Simmaco” – e di una Resistenza Pagana in particolare – si veda Cameron (2011), pp. 353-366, che contiene anche una buona sintesi degli studi precedenti.

(10)

11 fatti narrati e ai riferimenti interni si ritiene che all’incirca negli anni 390-95 le Res gestae fossero concluse16.

1.2. Le Res Gestae e la storiografia precedente e contemporanea

Quale significato aveva il fatto di scrivere storiografia in latino nell’Occidente del IV secolo? Quali erano le caratteristiche dell’opera di Ammiano? In quale tipo di rapporto si ponevano le Res gestae con la tradizione storiografica precedente e contemporanea?

A causa della scarsità documentaria riguardo al periodo che va dal II al IV secolo d.C. non è facile ricostruire il contesto letterario e storiografico in cui situare Ammiano e la sua opera. Tale difficoltà ha portato per molto tempo gli studiosi a semplificare eccessivamente la questione ritenendo che l’autore delle Res gestae prendesse a proprio esclusivo modello lo stile e la struttura letteraria dell’opera di Tacito, l’ultimo autore di storiografia latina di cui si avessero notizie esaurienti e certe prima del IV secolo17. In particolare non è possibile né cauto definire l’opera di Ammiano una continuazione dichiarata di quella di Tacito a partire dall’anno 96 d.C. o sostenere l’ipotesi che nei circa duecentosettanta anni che separano i due autori non fosse stata scritta alcuna storia latina18.

Si cercherà a tale proposito di effettuare un ragionamento il più possibile accurato a partire dai dati posseduti sulla tradizione storiografica romana del II secolo d.C. in cui si colloca Tacito, le poche informazioni sul periodo che intercorre tra Tacito e Ammiano, l’osservazione delle tendenze storiografiche e letterarie ai tempi di Ammiano e le modalità in cui l’autore delle Res gestae all’occasione ne è influenzato o le rifiuta. Si desidera in questo modo cercare almeno in parte di rispondere alla questione della definizione del tipo di storia che Ammiano vuole scrivere e vedere quanto essa corrisponda alle caratteristiche del modello tacitiano19.

16 Cfr. Sabbah (2003), p. 54 e Kelly (2008), p. 155. 17 Cfr. infra, p. 16 ss. per la discussione bibliografia.

18 Cfr. Kelly (2008), pp. 175-176: “it beggars belief that nobody had made the attempt”.

19 In questa sezione si prendono in considerazione i contributi di Momigliano (1963); id. (1974); Fontaine (1998), pp. 114-115; Jones (1998), pp. 684 ss.; Cameron (1998), pp. 665-707, spec. 684-91; Sabbah (1978), pp. 11-29 (sulle convinzioni e dichiarazioni di Ammiano) e pp. 31-111 (sul suo rapporto con gli storici a lui contemporanei e precedenti); idem (2003), pp. 58-66; Marasco (2003); Burgess (2004); Alvarez (2006); pp. 8-32 (per il contesto storico) e 452-72 (per il contesto letterario).

(11)

12 Le Res gestae superano opere di storiografia loro contemporanee sia per la mole che per l’ambizione di intenti. La prefazione e le affermazioni metodologiche che pervadono tutta l’opera – ovunque lo storico desideri giustificare il suo metodo o spiegare le proprie intenzioni – esprimono un concetto di storia che è allo stesso tempo nobile e coerente20.

Ammiano articola chiaramente alcuni dei principi più importanti del genere: dichiara la veridicità del suo resoconto, sottolineando in particolar modo il ruolo dell’autopsia e dell’informazione ottenuta da testimoni oculari21; rigetta esplicitamente l’uso di dettagli accidentali (minutiae)22; dichiara invece di volersi attenere alle grandi linee degli eventi (celsitudines/summitates rerum)23, riconoscendo il diritto del lettore alla scientia/cognitio plena24. Tali scelte tracciano le linee di una storiografia seria nella scia di Tucidide e Polibio25, nonché nella tradizione romana di Sallustio, Livio e Tacito26.

In relazione al periodo che intercorre tra le Res Gestae ammianee e Tacito, ciò che si conosce è relativo solo al successo della biografia sul modello Svetonio e all’esistenza, postulata da Enmann27 e ad oggi comunemente accettata, della Kaisergeschichte, mentre non si hanno notizie di opere storiografiche che corrispondano alle intenzioni ammianee.

Il successo intellettuale dell’autore sembra ancora di più un caso isolato se si guardano le opere storiografiche della sua epoca: è perfino difficile ritrovare un autore la cui formazione possa in qualche modo assomigliare a quella di Ammiano. Non ci si deve tuttavia lasciar confondere dall’acuta, ma ellittica definizione “the

20 Cfr. Sabbah (1978), pp. 11-29.

21 Cfr. Res gestae XV,1,1; XVI,1,3; XXIII,6,1;XXVI,1,1. Cfr. anche Sabbah (1978), pp. 24 ss. 22 Cfr. ibid. XXIII,1,1; 6,74; XXV,5,15; XXVI,1,1; XXVII,2,11; XXVIII,2,12; XXIX,5,1. 23

Cfr. ibid. XXIII,1,1; XXXI,5,10.

24 Cfr. ibid. XV,1,1 Tunc enim est laudanda brevitas, cum moras rumpens intempestivas nihil

subtrahit cognitioni gestorum (si segue qui l’emendamento del Valesius a fronte della lezione iustorum tradita dal Vat. Lat. 1873); XXIII,6,1 paulo prolixior textus ad scientiam proficiet plenam.

25 Cfr. Sabbah (1978), pp. 91-92.

26 D’altra parte è vero anche che la professione classica di verità era comune anche a tutte le opere storiografiche coeve alle Res gestae. Bisogna tenere infatti conto del fatto che i principi della dottrina classica erano vivi nel IV secolo d.C. e continuavano a costituire i riferimenti nella cui scia la maggioranza degli storici dell’epoca, con maggiore o minore coerenza, si situava. Cfr. Sabbah (1978), pp. 24 ss.

27 Cfr. Enmann (1884); Chastagnol (1994), pp. LXIX-LXXI. Per una bibliografia del dibattito cfr. Liebeschutz (2003), p. 190 n. 66.

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13 lonely historian” che Momigliano ha dato di questo autore28, perché il fatto che Ammiano possa essere stato isolato socialmente nell’ambiente specifico della città di Roma29 non implica necessariamente che non fosse in dialogo con la cultura del proprio tempo.

È pur vero che nella loro qualità di resoconto lungo e dettagliato che ambisce alla completezza le Res gestae ammianee hanno il proprio equivalente contemporaneo – tenendo conto delle opportune differenze – solo nei testi di produzione cristiana30, tuttavia non sfuggono all’influenza delle tendenze letterarie più diffuse che avvicinano sempre più la storiografia a generi come la biografia, – influenzata dall’encomio, dal panegirico e dal pamphlet – , l’epitome e, in ambito cristiano, la cronaca31. In particolare i breviari storici come quelli di Aurelio Vittore, Eutropio e Festo, concepiti con lo scopo di educare la nuova classe dirigente nel IV secolo nei fatti principali della storia romana, erano assai diffusi e utilizzati all’epoca di Ammiano32. Anche le biografie imperiali come l’Epitome de Caesaribus, una serie di brevi vite da Augusto a Teodosio, erano popolari.

D’altra parte Ammiano si mostra pienamente consapevole dei generi, sottogeneri e delle tendenze storiche e parastoriche del proprio tempo ed è all’interno e in opposizione a queste influenze che egli dà forma al proprio originale progetto che accoglie e rielabora con intelligenza gli spunti della letteratura coeva. Si distacca

28 Cfr. Momigliano (1974). 29 Cfr. supra, p. 10 e n. 15.

30 La Historia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea anticipa le Res gestae di più di sessant’anni e le storie di Socrate e Sozomeno sono scritte circa cinquant’anni dopo; se inoltre si considera che le

Historiae adversus paganos di Orosio, più prossime nel tempo (ca. 417/418), e l’opera di Salviano di

Marsiglia De gubernatione Dei (ca. 445) sono prodotti di una corrente più polemica che storica, così come i primi cinque libri del De Civitate Dei (413), le Storie ammianee risultano un monumento eccezionalmente isolato nel panorama letterario loro contemporaneo.

31 Cfr. Res gestae. XXXI,10,5 in cui Ammiano critica – senza nominarli – gli autori di panegirici d’età passata e presente ut quidam laudes extollendo principis iactitarunt. Sono ipotizzabili relazioni con i successori di Svetonio: Ammiano nomina alcuni suoi contemporanei come Aurelio Vittore, autore di trecentosessanta biografie di Caesares (ibid. XXI,10,6: Victorem apud Surmium uisum, scriptorem

historicum…Pannoniae secundae consularem praefecit et honoravit aenea statua), Eutropio, magister memoriae dell’imperatore Valente e assai probabile fonte di Ammiano per la campagna di Persia,

nonché autore del Breviarium ab urbe condita (ibid. XXIX,2,21-28, lo considera troppo disonensto per essere uno storico), Rufio Festo e l’anonimo autore dell’Epitome de Caesaribus. È inoltre probabile che l’opera di Ammiano abbia risentito dell’influsso dei perduti Annales di Nicomaco Flaviano, anch’egli successore di Svetonio (cfr. Alvarez (2006), p. 41). Rimane dibattuta la questione della contemporaneità o meno dell’Historia Augusta, per la quale si rimanda allo studio di Syme (1968).

32 Cfr. Momigliano (1963), pp. 85-86. Simili a queste erano i riassunti conosciuti con il nome di Origo

gentis romanae e De Viris illustribus che coprivano il periodo dai tempi leggendari alla caduta della Respublica.

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14 esplicitamente, ad esempio, dal genere biografico in senso stretto, sebbene non si possa definire immune dai suoi influssi33. L’autore critica in particolare le abitudini di lettura dell’aristocrazia romana: i nobili sono solo interessati alle biografie sensazionali e ad autori come Giovenale e il biografo Mario Massimo34.

Situate nel contesto letterario loro proprio le Res gestae non sono né sintesi, né selezione di elementi preesistenti né tantomeno giustapposizione di elementi o mode legate alla storia, l’epitome, la biografia, il panegirico o il pamphlet. Grazie all’atto creativo di una mente capace di trascendere limiti e confini di tali elementi senza divenire incoerente Ammiano realizza una fusione di registri differenti mettendo insieme dettagli personali e realistici e il proprio personale ideale, ovvero una visione di più ampio respiro del destino di Roma, quella che Sabbah ha chiamato “grand history”35.

1.3. La tradizione tacitiana nel IV secolo

Da quanto esposto risulta che Res gestae si possano collocare all’interno della grande storiografia in lingua latina sulla scia dei predecessori Sallustio, Livio e Tacito. Se dunque su questo punto si può autorizzare un accostamento tra Ammiano e Tacito, bisogna tuttavia domandarsi se e in quali proporzioni fossero presenti la tradizione e lo studio tacitiano all’epoca dell’opera ammianea.

Agli inizi del IV secolo l’età costantiniana segna un rinnovato interesse per la storiografia destinato a durare per tutta l’età tardoantica36. Un indizio in tale direzione si può cogliere se si dà credito ad una notizia relativa all’imperatore Marco Claudio Tacito (275-276 d.C.), la cui biografia è compresa nella raccolta degli Scriptores Historiae Augustae. Secondo il racconto, poiché l’imperatore si vantava – senza fondamento – di discendere dallo storico Cornelio Tacito, volle che un esemplare delle opere dello storico fosse collocato in omnibus bibliothecis, inoltre, per evitare che l’opera finisse per scomparire lectorum incuria, emanò una disposizione che obbligava ad allestire a spese pubbliche ogni anno dieci copie

33 Cfr. Res gestae XXVI,1,1; XXVIII,4,14 quidam detestantes ut venena doctrinas... 34 Cfr. ibid. XXVIII,4,14.

35

Cfr. Sabbah (2003), p. 66.

36 Relativamente alla tradizione tacitiana si è tenuto conto degli studi di Cornelius (1888); Haverfield (1916), pp. 196-201; Momigliano (1963); Blockley (1973), p. 63; Reynolds (1983), pp. 91-110; Zecchini (1993), pp. 181-192; Canfora (1993), pp. 217-18.

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15 dell’opera di Tacito e a depositarle nelle biblioteche37. Non sapendo se si può fare affidamento su un resoconto del genere, si potrebbe in ogni caso ipotizzare che alla fine del III sec d.C. la diffusione del corpus tacitiano avesse subìto un incremento rispetto alla dimenticanza in cui stava scivolando38.

È interessante inoltre l’osservazione che si ritrova in un’altra opera della Historia Augusta, in cui si contrappongono autori come Sallustio, Livio, Tacito e Trogo, definiti disertissimi viri, ai modelli dell’autore che sono Svetonio e Mario Massimo (e altri nomi sospetti) qui haec et talia non tam disertissime quam vere memoriae tradiderunt (Prob. II,7). Il nome di Tacito continuava dunque ad essere associato alla tradizione storiografica latina, all’epoca della redazione della Vita Probi.

Dalla cultura cristiana del IV secolo d.C. ci si potrebbe aspettare un interesse, sia pur di segno negativo, nei confronti di Tacito sulla scia della polemica di Tertulliano, ma così non è. Gerolamo conosce una collezione tacitiana riordinata in un’unica serie di trenta libri disposti secondo l’ordine cronologico della materia trattata (Annales e Historiae in ordine contrario rispetto a quello compositivo), tuttavia non se ne serve; la sua è una notizia esclusivamente letteraria e non del tutto precisa, dato che attribuisce allo storico libri con il titolo di Vitae Caesarum, quasi fosse un biografo di tipo svetoniano39.

In particolare non è sufficiente che taluni autori del IV secolo dimostrino di conoscere Tacito40 per concludere che in età costantiniana si avvertisse l’esigenza di

37 SHA, Tac. XXVII,10,3: Cornelium Tacitum, scriptorem historiae Augustae, quod parentem suum

eumdem diceret, in omnibus bibliothecis collocari iussit; ne lectorum incuria deperiret librum per annos singulos decies scribi publicitus in †euicos archis† iussit et in bibliothecis poni.

38 Sintomatica la quasi totale mancanza di rinvii a Tacito presso i grammmatici. Nella stessa età dei Severi un biografo come Mario Massimo non ha dubbi nell’adottare Svetonio a modello delle proprie

Vitae, mentre il principale storico dell’epoca, Cassio Dione è un tucidideo e non sembra accordare a

Tacito un ruolo preminente tra le sue fonti. In generale si ritiene che Dione debba aver conosciuto Tacito, ma che l’abbia utilizzato in misura scarsa e in modo frammentario (cfr. Zecchini (1993), pp. 181-192).

39

Comm. in Zach. III, 14= Patr. Lat. XXV, col. 1522: Haec omnia plenissime Josephus, qui Judaicam

scripsit historiam, et multo maiora quam legimus in prophetis, eos sustinuisse commemorat. Cornelius quoque Tacitus, qui post Augustum usque ad mortem Domitiani Vitas Caesarum triginta voluminibus exaravit. Parziale eccezione è Sulpicio Severo, che avrebbe attinto le descrizioni

dell’incendio neroniano di Roma dagli Annales e dell’assedio di Gerusalemme dalle Historiae. Nel caso di Sulpicio Severo si tratterebbe comunque di presumibili derivazioni, non di citazioni testuali introdotte dal nome dell’autore; cfr. la discussione proposta da Zecchini (1993), p. 186 e n. 34. 40 Tracce di Tacito da citazioni quasi letterali a più labili echi stilistici, sono state di volta in volta ravvisate nei panegirici stessi, in Lattanzio, nelle Res gestae Alexandri Macedonis di Giulio Valerio e perfino nei panegirici di Eumene e in Ausonio: il complesso di indizi può apparire confortante ma non deve trarre in inganno; nel periodo preso in analisi ogni storico è un caso a sé e ogni situazione diversa dalla altre e per nulla cristallizzata. Cfr. Haverfield (1916), p. 199 e Kelly (2008), p. 219.

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16 copiarne e conservarne l’opera; bisognerebbe piuttosto dimostrare che in quest’età ci si era posti il problema della diffusione e della trasmissione di tali opere (e più in generale delle opere storiografiche). In verità in età costantiniana si colgono solo i prodromi di un processo, che giunge ai suoi sviluppi più maturi solo verso la fine del secolo41. La cultura del IV/V secolo avverte la compatibilità dell’approccio tacitiano in consonanza con i propri interessi e apprezza lo storico che se ne è servito quale precursore di una storia imperiale strutturata per biografie di imperatori: in questo hanno il loro punto di congiunzione e accordo Gerolamo e l’Historia Augusta42.

2.

Da Tacito ad Ammiano: somiglianze, differenze e linee generali

degli studi

Come si è visto la tradizione storiografica può fornire ben poche risposte e la questione della dipendenza o meno di Ammiano da Tacito è ulteriormente complicata dal fatto che il secondo non è mai nominato nelle Res gestae. Inoltre Tacito non godeva ai tempi di Ammiano della stessa popolarità degli auctores studiati in ambito scolastico (primi tra tutti Virgilio e Cicerone), anche se è verosimile che fosse conosciuto dai membri dell’aristocrazia senatoria in possesso di una vasta e approfondita educazione.

Se dunque si desidera prendere in considerazione l’ipotesi che Tacito abbia influenzato Ammiano in maniera importante, bisogna domandarsi quale sia la natura del debito di Ammiano nei suoi confronti e soprattutto quale sia il modo migliore per instaurare un paragone tra i due storici. A questo punto si ripercorreranno brevemente le tappe più importanti degli studi sull’argomento per vedere quale sia la prospettiva migliore in cui collocare la presente analisi.

Nel XIX secolo è stata effettuata molta ricerca a questo proposito; in Germania, in particolare, il Wöfflin fu il primo ad affermare la dipendenza di Ammiano da

41 Cfr. Syme (1968), p. 9 che considendo l’aneddoto narrato in SHA, Tac. XVII,10,3 inaffidabile, afferma anche: “the story reflects faithfully the preoccupations of a later age, precisely the end of the fourth century”.

42 La prima testimonianza certa in tal senso è un editto trasmesso dal Codex Theodosianus e risalente al 372 (C. Th. XIV, 9, 2 dell’8 Maggio 372); in esso si raccomanda al praefectus urbis Clearco di assumere sette antiquarios ad bibliothecae codices componendos uel pro vetustate reparandos, di cui quattro greci e tre latini. Come si vede si scende, e di parecchio, sul piano cronologico. Una delle ragioni primarie di un tale rinnovato interesse per Tacito potrebbe essere insita nell’oggettiva ambiguità dei suoi scritti. Vi si percepisce in nuce la consapevolezza che i vecchi generi e i vecchi schemi storici male si adattassero alla materia nuova, imperiale, dell’epoca.

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17 Tacito43 dando avvio a tutta una serie di studi che avevano come oggetto l’indagine dei richiami puntuali e stilistici da quest’ultimo nelle Res gestae44.

D’altra parte i contributi del XX secolo, pur approfondendo e ampliando la ricerca su questo punto45, presentano posizioni contrastanti tra coloro che senza ombra di dubbio vedono in Ammiano un continuatore di Tacito e coloro che invece vedono in tale definizione una svalutazione dell’originalità e dell’autonomia creativa dello storico.

Negli anni Settanta, in particolare, non sono mancati i contributi di coloro che volevano attaccare questa tesi di dipendenza. I contributi di Flach, Wilshire, Blockley e Borzsák46 hanno inaugurato una nuova stagione degli studi, poiché, rispetto agli studi precedenti, hanno fatto meno affidamento alle ricerche sui rimandi, la struttura e l’impostazione generale delle opere dei due storiografi.

Cercando di ridimensionare la questione che ritengono sopravvalutata, tali studiosi non hanno negato un certo influsso di Tacito su Ammiano, ma hanno rifiutato di affermare che sia superiore a quello di altri autori di opere storiografiche anteriori alle Res gestae. Innanzitutto, come Flach ha correttamente constatato, l’elezione del periodo del principato di Nerva a punto d’inizio delle Res gestae non fornisce altri indizi se non l’identità del tema storico di partenza e la scelta di Tacito come autore

43 Cfr. Wöllflin, in RE I-2 (1864), p. 860 Ammiano ha realizzato una prosecuzione dell’opera di Tacito: “der ihm überhaupt als Vorbild vorgeschwebt zu haben scheint” (derivo la citazione da Neumann (1987), p. 6). Cfr. anche Cornelius (1888), p. 17: “Ammianus Marcellinus qui omnium illorum Taciti imitatorum primus est appellandus”; cfr. anche Seeck (1894); Nella scuola viennese per la prima volta sono paragonati seriamente (cfr. Bündiger (1896)) e per la prima volta è coniato il termine “Tacitus-Nachahmung”. Cfr. anche Syme (1958a), p. 503, n. 8; Flach (1972), p. 335 n. 1. 44 Molti studi sono stati dedicati alla presenza di espressioni tacitiane in Ammiano. Nel 1870 il Wölfflin cita una lista compilata da Gerber di espressioni simili in Tacito e in Ammiano. Nel 1877 Wirz raccolse le espressioni che Ammiano aveva preso in prestito da Cicerone, Sallustio, Livio e Tacito. Altri studi rilevanti per l’uso che Ammiano fa di Tacito inclusero anche i contributi del Cornelius (1888), di Weinstein, Fesser, Fletcher (1937) e Owens (1958).

45 Già Bündiger (1894) aveva effettuato un confronto più generale a tre livelli: gli elogi dei Cesari morti, la ricerca di una economia cronologica simile e le parole di inizio e fine dei libri pervenuti. Nel 1912 Kennedy ha cercato di dimostrare la questione della dipendenza basandosi sulle somiglianze nella rappresentazione in chiaro-scuro che Tacito usa per Tiberio e Germanico e Ammiano per la descrizione di Costanzo e di Giuliano. Aveva tuttavia riscontrato che non c’era somiglianza effettiva a livello di singole riprese verbali. In tale approccio fu seguita dal Tränkle (1962) che cercò di collocare Ammiano nel panorama storico, letterario e culturale del suo tempo e di riportare la ricerca su un piano più sistematico e completo. Un po’ più a lato sta la ricerca di Arnaldi (1967), si tratta non di un’analisi sistematica, bensì di una panoramica delle Res gestae. Subito dopo Tibullo (1969/70) se ne è occupato guardando primariamente alle strutture delle opere dei due autori e affermando che i libri XIV-XXV delle Res gestae sono, a suo parere, simili nella struttura a quelli di Annales per l’approccio biografico e annalistico, mentre quelli delle Historiae sono il modello strutturale dei libri XXVI-XXXI per l’approccio topografico.

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18 di (quasi) diretto riferimento; altro da questo non si può ricavare47. Il regno di Nerva, inoltre, aveva costituito il termine o l’inizio delle opere di alcuni altri scrittori e storici precedenti o contemporanei ad Ammiano48.

Dalle indagini condotte risultano alcune somiglianze nei meccanismi di composizione e nelle concezioni dei due storici: entrambi sono provinciali e provenienti da situazioni economiche e di carriera simili, anche se non identiche; entrambi contrastano la decadenza dei loro tempi con il ricordo della virtù passata; entrambi arricchiscono le loro Storie con excursus (sebbene gli excursus di Ammiano non abbiano un parallelo effettivo in Tacito); entrambi sottolineano l’importanza della città di Roma, entrambi fanno professione di obiettività e di verità49.

Sempre su questa linea, Flach, Wilshire, Blockley e Borzsák si sono sforzati d’altra parte di sottolineare che qualsiasi possibile influenza di Tacito sulle concezioni e convinzioni di Ammiano è destinata a rimanere ad un livello superficiale proprio perché la visione del mondo espressa nelle Res gestae si può adattare solo in minima parte ai maggiori spunti filosofici e concettuali di uno storiografo del II secolo d.C. In primo luogo si sono curati di notare che durante il periodo di circa duecentosettanta anni che separa le Historiae dalle Res gestae molto era cambiato a partire dalle condizioni socio-politiche e dalle connesse esigenze del mestiere dello storiografo. Il Senato aveva già nel II secolo cessato di essere un collaboratore

47 Flach (1972), p. 334 fa notare che Sallustio aveva seguito Sisenna, Posidonio Polibio, ma come successore non aveva tenuto l’opera del maestro come modello “in every respect”. Conclude (ibid., p. 349): “daß Sisennas stilistischer Geschmack dem seinigen näher kam als das verfeinerte, durch Sallusts Sprache geschulte Stilempfinden des Tacitus”. Anche Wilshire (1972/3), p. 222 e 225 afferma che i richiami sono scarni; da parte sua per gli elementi biografici presenti nelle storie di Ammiano sarebbe meglio seguire la traccia di una dipendenza svetoniana: “There is nothing in this beginning point that would directly link Ammianus with Tacitus”.

48 Dal medesimo riferimento cronologico dell’inizio delle Res gestae termina l’opera di Svetonio e prende avvio quella di Mario Massimo (cfr. Wilshire (1972/3), p. 225-227 che comunque manca di notare che Svetonio scrive biografie e non storie); la stessa Historia Augusta nella porzione che va da Adriano a Numeriano, potrebbe aver incluso il principato di Nerva e Traiano; Aurelio Vittore nel

Liber de Caesaribus dice che Nerva inaugurò un nuovo sviluppo (Liber de Caesaribus XI, 12-13: Hactenus Romae seu per Italiam orti imperium rexere, hinc advenae quoque; nescio an ut Prisco Tarquinio longe meliores. Ac mihi quidem audienti multa legentique plane compertum urbem Romam externorum virtute atque insitivis artibus praecipue crevisse); una tale affermazione potrebbe aver

colpito Ammiano.

49 Cfr. Arnaldi (1967), pp. 317-318. Il termine un po’ abusato di storiografia “senatoria” non sembra il più adatto a una storia in cui, più che i punti di vista del senato di Roma o di Costantinopoli, sembra prevalere quello dei funzionari o degli ufficiali o forse con un termine più preciso e comprensivo quello degli intellettuali, di quegli uomini di cultura che a cominciare dal II secolo (salvo una parentesi poco chiara di parte del III) diventano una componente essenziale dell’amministrazione imperiale. Le caratteristiche di intellettuale di Ammiano sono in questo senso più evidenti che mai.

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19 fondamentale dell’amministrazione imperiale nell’esecuzione degli affari politici, sebbene fosse ancora possibile affermare che ancora tutte le strade della politica imperiale “portavano a Roma”. Le fonti senatorie cui Tacito fa riferimento non avevano ancora perso la loro utilità, anche se già a partire dal I secolo i resoconti che fornivano si presentavano in alcune parti incompleti o irregolari50. Nel III e IV secolo il centro politico e amministrativo si era talmente allontanato dal Senato che la credibilità di tali fonti si era ulteriormente incrinata provocando cambiamenti sostanziali e definitivi nelle modalità di ricerca storica documentale, nell’espressione storiografica e nello stesso pensiero storico dell’epoca51. Ammiano aveva sicuramente preso coscienza del fatto che nel IV secolo la scelta di porre Roma al centro delle vicende narrate avrebbe comportato una notevole distorsione delle proporzioni storiche, proprio perché coloro che “facevano” la storia avevano la loro sede altrove. Aveva inoltre deciso di reagire all’incompletezza di informazione delle fonti senatorie del suo tempo aggiungendo alla narrazione abbondanti dettagli derivanti dai suoi molti viaggi e dalle sue molteplici esperienze e ricerche (notevole è il suo zelo nel raccogliere le testimonianze personali non solo di amici, ma anche di persone comuni).

Ad un’analisi più attenta si può tuttavia constatare che i contributi degli anni Settanta, pur aprendosi ad una ricerca più critica di paralleli verbali e al tentativo di seguire percorsi di indagine che portino a risultati più concreti, sono tuttavia di non troppo ampio respiro e adottano una prospettiva di analisi ristretta e poco astratta. In particolare giungono a conclusioni insoddisfacenti nel sottolineare la differenza nel concetto di principato e di libertas in Tacito e in Ammiano. Se il primo faceva del problema della libertà di pensiero e di espressione – specialmente in Senato – il tema

50 Cfr. Hist. I,1: postquam...omnem potentiam ad unum conferri pacis interfudit ...veritas...infracta ...

inscitia rei publicae ut alienae.

51 Fenomeno che nota anche Cassio Dione (Historiae Romanae LIII,19), il quale afferma che la molteplicità degli attori della politica aveva portato in età repubblicana ad una ricchezza di fonti. Per questo motivo le informazioni potevano essere vagliate e soppesate da uno storico. Con l’avvento del principato si produsse invece un accentramento della decisione politica, che rese agevole la manipolazione della verità storica, poiché la segretezza di un provvedimento produceva inevitabilmente una comunicazione scorretta, priva di garanzie di verifica. Cassio Dione dichiara quindi che per la parte riguardante il principato esporrà la versione ufficiale, vera o meno, dei fatti e aggiungerà alcune opinioni personali là dove gli parrà opportuno. Sull’utilizzo della documentazione in Cassio Dione cfr. Letta (2003), pp. 597-607.

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20 centrale di tutte le proprie opere52, il secondo invece, da una parte si trovava ad operare in un tempo in cui l’autorità dell’imperatore era ormai indiscussa, dall’altra sentiva l’esigenza di trattare l’impero come un tutto unico: per lui non esistevano più, come per Tacito, soltanto la corte e la città di Roma. Il Senato stesso dell’Urbe – pur rimanendo un organo amministrativo di rilievo di quella che una volta era la città più importante dell’impero – vedeva il definitivo tramonto del proprio ruolo politico attivo53. Nell’ambito sociale le cose erano assai cambiate, basti pensare al fatto che la chiesa cristiana costituiva ormai una realtà ed esercitava una certa influenza.

In particolare è stato affermato che in Ammiano è presente una “Verdünnung der politischen Substanz des Geschichtsdenken”54 che ha portato lo storico a vedere la crescita di Roma nei secoli in linea continua55, senza minimamente considerare i disordini e gli scontri che ha comportato la sua trasformazione da Repubblica in Principato. Bisogna tuttavia tener conto del fatto che come miles quondam et Graecus Ammiano si preoccupa maggiormente per il progressivo imbarbarimento dell’impero dal punto di vista morale – nell’indebolimento dei costumi e nello sperpero delle sostanze dei cittadini romani – e dal punto di vista dei fenomeni storici e sociali in atto – nell’affermazione di elementi stranieri e la pressione sempre maggiore dei barbari ai confini – piuttosto che per la diminuzione della libertas di tradizione repubblicana. In questo senso si potrebbe parlare di una “spoliticizzazione della storia”56 nella visione dell’autore delle Res gestae, il quale tuttavia dà comunque prova di straordinaria capacità critica nella trattazione della materia storica.

52 Nelle Historiae il tema centrale è la guerra civile e la connessa corruzione dei costumi, negli

Annales viene trattata la degenerazione del principato in tirannide, con riguardo al problema della libertas e alla possibilità per un senatore di provare la propria virtus in circostanze autoritarie e

dispotiche: Tacito ha visto minacciate le virtutes dei senatori (Agricola) da parte di Domiziano, la sua stessa carriera ha subìto una battuta di arresto cui l’imperatore Nerva provvide nel 97 d.C. a rimediare. Lo stesso tema ricorre in maniera importante anche nell’Agricola, nella Germania e nel Dialogus. 53 Con conseguente svuotamento della funzione politica della classe senatoria, come lamenta il senatore Quinto Aurelio Simmaco in Ep. II,35,2: quousque enim dandae ac reddendae salutationis

verba blaterabimus, cum alia stilo materia non suppetat? At olim parentes etiam patriae negotia, quae nunc angusta vel nulla sunt, in familiares paginas conferebant. Id quia versis ad otium rebus omisimus, captanda sunt nobis plerumque intemptata scribendi semina, quae fastidium tergeant generalium litterarum. Iuvit igitur me culpa, quam dilui, et si non fallor, tibi quoque viam dedit inusitata referendi.

54

Cfr. Flach (1972), p. 338. 55 Res gestae XIV,6,4.

56 Cfr. Flach (1972), p. 339: “diese Schwerpunktverlagerung verdeutlicht aufs neue, wie sehr seine Geschichtsschreibung entpolitisiert war.”

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21 Inoltre, per quanto riguarda i richiami stilistici e letterari all’opera di Tacito trattati in questi studi, non ci si può fermare alla conclusione espressa da Blockley che Ammiano utilizzi i prestiti “for narrow stylistic purposes” e che il materiale addotto per giustificare una forte dipendenza dal modello sia per lo più un topos retorico condiviso e non imitazione57.

Un reale confronto tra Tacito e Ammiano, piuttosto che essere impossibile, richiede un’analisi più ampia del problema e una domanda metodologica di fondo. Un primo passo in questa direzione è stato effettuato grazie alla dissertazione di Roselle nel 1976, che si distingue dagli studi precedenti perché è una monografia interamente dedicata alla questione e per il fatto che si avvicina, tramite una dimostrazione più costruttiva e corretta, alla comprensione di quale tipo di relazione sussista tra Tacito e Ammiano. Le categorie dell’indagine sono le stesse utilizzate dai contributi dei primi anni Settanta con qualche variazione: somiglianze linguistiche e strutturali e comunanze nella tecnica compositiva, soprattutto nella rappresentazione dei personaggi. L’analisi è avvalorata da una ricerca puntuale di richiami letterali e dalla discussione delle strutture grammaticali e stilistiche comuni ai due autori, che occupa la porzione più importante di tutto il lavoro.

Agli stessi risultati giunge in conclusione anche la ricerca di Neumann nel 1987, primo studio che ripercorrendo dal punto di vista tecnico e stilistico le opere di Ammiano e Tacito tenga conto anche della concezione storica e ideale dei due autori58. Gli ambiti di indagine sono tuttavia ancora una volta i medesimi e probabilmente per tale motivo vengono sottolineate maggiormente le somiglianze tra i due storiografi.

Non bisogna dimenticare che sullo sfondo delle opere di Tacito e Ammiano si colloca primariamente una tradizione retorica ben definita che li accomuna in maniera forte, per tale motivo non ci si deve fermare ad un’analisi che prenda in considerazione soltanto categorie stilistiche e compositive. D’altra parte, se si analizzano i concreti comportamenti politici dei due autori e le circostanze in cui hanno vissuto risulta maggiormente evidenziata la differenza tra di loro.

57

Cfr. Blockley (1973), p. 67.

58 Neumann (1987), p. 13 si pone come obiettivo “...die Frage dei Tacitusnachahmung durch Ammian...am Gesamtwerk nach inhaltlichen und formalen Gesichtspunkte, nach ihren geistigen und ideellen Voraussetzung”.

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22 Nell’ultimo decennio si è cominciato ad avvertire tale problematica e a sentire il bisogno di un mutamento nelle categorie e altri criteri di analisi59. È quanto si può evincere dalle monografie di Riedl nel 2002 e di Kelly nel 2008 che costituiscono le punte di due diversi indirizzi. La prospettiva di Riedl è più propriamente generale e metastorica: si concentra su testi di carattere letterario prendendo in considerazione in maniera esclusiva le concezioni storiografiche dei due autori e la loro rappresentazione dello svolgersi degli avvenimenti storici e dei fattori che li provocano60. Kelly invece focalizza la propria attenzione sul piano esclusivamente testuale e tecnico, sulla natura di Ammiano come autore allusivo – pur non mancando di contestualizzarne con cautela l’opera – e sui significati e le forme che l’allusione assume nelle Res gestae.

3.

Alla ricerca dell’approccio migliore: definendo intertestualità,

tradizione e allusione

L’analisi delle modalità attraverso le quali un testo può influenzare o essere influenzato da un altro testo o da altri testi appartiene alla sfera dell’approccio intertestuale, che rappresenta uno dei comuni denominatori della critica letteraria degli ultimi tempi. Come si è visto, anche gli studi riguardanti i rapporti tra Ammiano e Tacito si sono intrecciati a questa tendenza e ciò ha permesso un’analisi più marcata e critica del problema.

Prima di passare a discutere gli obiettivi del presente lavoro è necessario soffermarsi a chiarire il significato di alcuni termini appartenenti alla sfera semantica di quella che Conte ha chiamato “memoria letteraria”61. Si desidera infatti rendere più agevole la comprensione di alcune definizioni – già presenti nel linguaggio e nelle categorie di analisi della precedente storia degli studi – che saranno centrali e strumentali anche ai fini della presente indagine.

59 Vanhaengendoren (2005) sottolinea la necessità di mettere da parte la questione dell’intenzionalità o meno dei rimandi a Tacito per passare ad un’analisi testuale che tenga conto delle caratteristiche più generali, non solo di contenuto e forma, ma soprattutto delle forme che assume la rappresentazione storica nella concezione dei due autori.

60

Non si prenderà in considerazione l’approccio di Viansino (2004), perché non supportato da un metodo critico uniforme.

61 Si fa qui riferimento ai contributi di Conte (1985), spec. pp. 5-14 e 111-122; Kelly (2008), pp. 161-185; Bernardelli (2013), pp. 28 ss.

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23 Innanzitutto bisogna specificare che un contributo non somiglia ad un altro per volontà deliberata dell’autore o perché deriva direttamente da esso, bensì perché entrambi i testi possiedono una comune codifica letteraria, ovvero appartengono ad una tradizione62. Un testo non può esistere se non in connessione o in opposizione con un sistema di altri testi, tantomeno può essere recepito se il lettore è incapace di decifrarne il linguaggio letterario63.

La tradizione condiziona dunque il lavoro dello scrittore ma lo aiuta anche a formulare le sue qualità distintive. Per i motivi di cui si è parlato, il compito di individuare la specificità, l’originalità e la competenza di Tacito e Ammiano è più difficile che in altri casi proprio perché entrambi gli autori appartengono ad una tradizione complessa come quella storiografica. Senza avere la pretesa di stabilire e motivare le categorie attraverso le quali un’opera storiografica può essere presa in considerazione, ci si limita in questa sede a nominare le più importanti: la formazione e l’esperienza dell’autore, il periodo storico oggetto della sua narrazione, le fonti utilizzate64, i limiti del genere storiografico e quanto esso effettivamente risenta della propria – anche se non esclusiva – derivazione dalla letteratura, le scelte riconducibili alla personale visione dello scrittore65. Solo una volta riconosciuti e inquadrati gli elementi principali che costituiscono, per così dire, l’ossatura di un brano storiografico si ha la possibilità di individuare quegli aspetti che sono direttamente riconducibili alla personalità dello storiografo e alla sua personale visione, ovvero ciò che egli predilige, ciò che lo colpisce e ciò che desidera comunicare66. È solo a questo punto che si può apprezzare ciò che rende un autore differente e unico rispetto a tutti gli altri e caratterizza il suo contributo alla storia

62

Se la memoria letteraria si riducesse a mera imitatio/aemulatio, la produzione di un testo si ridurrebbe al rapporto tra due soggettività e l’analisi del procedimento letterario si concentrerebbe più sulla volontà personale di due autori che si contrappongono, che sulla realtà strutturale del testo. 63 Lettori o scrittori che si rapportano a un testo sono infatti essi stessi una pluralità di testi e codici differenti, alcuni presenti, altri perduti, nella fluidità generica e indefinita del linguaggio letterario. 64 Non sempre è possibile determinarle, specialmente nel caso di Ammiano. Non si tratta comunque di un elemento sempre fondamentale per il tipo di indagine effettuata nel presente lavoro.

65 La distinzione che si effettua in questa sede è teorica e soprattutto pensata per mettere in evidenza la varietà dei fattori che condizionano la creazione di un brano storiografico e per agevolarne l’analisi. Non bisogna inoltre trascurare il fatto che tali classi sono in dialogo tra loro tanto da entrare spesso in gioco in un brano influenzandosi reciprocamente.

66 Nel prendere in considerazione l’argomento di questo capitolo non si desidera insistere sulle differenze tra Ammiano e Tacito, quindi una volta esposti il significato e gli intenti della griglia concettuale proposta, si procederà con l’analisi delle somiglianze tra i due autori in questo ambito. Le divergenze saranno chiamate in causa di volta in volta per contestualizzare e motivare le somiglianze e le scelte.

(23)

24 della storiografia. Le Res gestae possono essere definite come un esemplare della grande storiografia classica. Definirle ulteriormente tuttavia diviene difficile, specialmente ai fini di un’analisi delle allusioni ad altri testi.

L’allusione è considerata, nella sua accezione retorica di “tropo”, un aspetto del carattere sistematico della composizione letteraria e un’accezione del termine “intertestualità” nella sua declinazione più semplice. Trascurandone il possibile significato di “gioco” o “nascondimento”, si definirà l’allusione come il processo attraverso cui un’opera è influenzata da un testo precedente o riutilizza diversamente, in maniera conscia (a volte anche inconscia), parole, idee, associazioni, da esso derivate, in modo tale che possano essere riconosciute da un fruitore esterno67. L’allusione, in sostanza, crea un divario tra il significato immediato e l’immagine che è il suo corollario e non esiste finché il lettore non comprende tale divario68. È quindi un processo intertestuale che mediante il riconoscimento di alcuni precisi indizi discorsivi da parte del lettore permette l’attivazione simultanea di due testi. Perché un’allusione sia definita tale si richiede generalmente che i due testi manifestino una connessione tra almeno due parole identiche o correlate (in alcuni casi anche una sola parola è sufficiente). Contribuisce all’identificazione di un’allusione la rarità del lessico, il suono delle parole, il loro ordine e la loro posizione nel testo (all’inizio o alla fine di un libro, di un discorso, di una sezione). Dal punto di vista dei rimandi testuali Ammiano, come si è visto, è chiaramente uno scrittore molto allusivo ed altrettanto chiara è la sua predilezione per la contaminatio che lo porta a inserire in un brano riferimenti a testi diversi o a passi diversi di uno stesso testo. In Ammiano si trova un numero altissimo di allusioni a più testi. L’intento di tali espedienti, tuttavia, spesso sfugge poiché non sempre il loro grado di comprensibilità li rende accessibili a tutti i lettori69.

67 Cfr. Conte (1985), p. 117 che definisce l’intertestualità affermando: “un’opera può essere letta solo in connessione con altri testi o contro di loro. Questi forniscono un reticolato attraverso cui essa è percepita secondo aspettative che mettono il lettore in grado di organizzarne il senso. Il destinatario che si avvicina al testo (lettore o imitatore, che è anche un tipo di lettore) è già lui stesso una pluralità di altri testi, di codici diversi, alcuni presenti, altri perduti o anche ormai dissolti [...]. L’intertestualità, allora, lungi dall’essere un curioso effetto d’eco, definisce la condizione stessa della leggibilità letteraria.”

68 Cfr. Thomas (1986) e Kelly (2008), p. 170: “In practice both the certainty of interpretation and the depht of meaning involved are variable”.

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25 In generale si è d’accordo nel definire Ammiano capace di realizzare parti o segmenti di forza tacitiana. D’altra parte la presenza di allusioni a Tacito nelle Res gestae suscita opinioni contrastanti e non è facile né sempre possibile stabilire con certezza se alcune somiglianze siano da attribuirsi alla reale intenzione imitativa di Ammiano oppure alla tradizione storiografica in cui si colloca anche Tacito.

3.1. Proponimenti e prospettive

Fin qui si è voluto ricostruire il contesto storico, letterario e degli studi in cui si colloca la dibattuta questione della dipendenza di Ammiano da Tacito per poter inquadrare il problema con la chiarezza necessaria.

Il presente lavoro prenderà in considerazione la questione della presenza di Tacito nelle Res gestae ammianee proponendo un approccio che tenga conto delle categorie e delle considerazioni in precedenza effettuate. Sono stati selezionati quattro argomenti in base all’importanza che rivestono nelle Res gestae così come nelle Historiae e negli Annales: i ritratti dei singoli nel capitolo II, i ritratti delle collettività nel capitolo III, i processi nel capitolo IV, alcune scene di battaglia nel capitolo V. In relazione a tali argomenti verranno proposti percorsi di confronto di volta in volta differenti a seconda delle questioni da approfondire, ma si terrà pur sempre conto di un’ottica più ampia che si preoccupi non solo di riscontrare somiglianze verbali, stilistiche e compositive, ma anche di prendere in considerazione le concezioni e la visione storica dei due autori.

Ai fini di condurre un’analisi efficace del rapporto che intercorre tra Ammiano e il suo predecessore si cercherà di isolare di volta in volta le particolarità di Tacito in rapporto alla tradizione e valutare la loro reale influenza sulle Res gestae. Tale procedimento dovrà tener conto, come si è visto, del fatto che nel genere storiografico, più che in altri generi, lo sforzo per il raggiungimento dell’originalità è spesso un lavoro “within constraints” per esprimersi con il linguaggio di Lendon, in quanto le categorie compositive e retoriche sono sottoposte a regole rigide e costanti70. Ciò si terrà maggiormente presente nella discussione dei brani bellici nel

70

Si fa qui riferimento alla sfida di Feldherr (2009), pp. 1-8 e alla risposta di Lendon (2009), pp. 41-46 – e di altri studiosi i cui contributi sono contenuti nello stesso manuale a cura di Feldherr – in relazione alla questione di quanto la storiografia si possa dire correlata con i fatti storici veri e propri e quanta invenzione e topoi letterari vi siano compresi. Anche Formisano (2013) contestualizza l’opera

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26 V capitolo, cercando di percorrere una strada di confronto per lo più trascurata dagli studi, proprio in ragione della cristallizzazione dei topoi espressivi tradizionalmente legati all’argomento militare.

Si cercherà inoltre di analizzare le modalità con le quali Tacito si manifesta come memoria viva nello stile e nell’opera di Ammiano per meglio comprendere in quale misura e modalità l’influsso delle Historiae e degli Annales abbia arricchito l’espressione delle Res gestae. Nelle conclusioni, in particolare, si tornerà sulla questione dei rimandi a Tacito, analizzando più approfonditamente quelli che sono emersi separatamente nel corso del presente lavoro ed effettuando alcune osservazioni sulle loro caratteristiche e sulla loro comprensibilità. Non ci si soffermerà invece ad analizzare l’allusione a Tacito nella sua dimensione comunicativa e sociale, né la questione relativa all’intenzionalità effettiva o presunta dei richiami tacitiani nelle Res gestae71.

Quella effettuata nella pagine successive del presente lavoro vuole essere una proposta per l’applicazione di un metodo analitico che si combini con un approccio intertestuale, tematico e compositivo quanto più possibile completo alla questione. La complessità e la vastità di alcune tematiche non ha permesso un’indagine completa, tuttavia si è comunque cercato di riassumerne ed esemplificarne le caratteristiche più marcate72.

Ciascun capitolo sarà preceduto da un brano tratto dalla letteratura sia antica che contemporanea che in qualche modo si ricollega alle tematiche da presentare, al fine non soltanto di ornare, ma anche di richiamare l’attenzione su alcuni meccanismi che portano la mente umana ad effettuare in maniera del tutto naturale – e a volte inconsapevole – associazioni tra i testi più differenti. In tal modo si desidera rendere

di Ammiano nel panorama del suo tempo e in particolar modo in relazione ai trattati militari e mette in evidenza come lo scrivere storiografia sia un procedimento complesso per l’analisi del quale non si può prescindere dalle componenti letterarie.

71 Sul pubblico cfr. Sabbah (1978), pp. 507-539, spec. pp. 515-518. Secondo Kelly (2008), pp. 181-182 le Res gestae non lascerebbero pensare che Ammiano avesse in mente un tipo specifico di pubblico. Anche se l’autore avesse avuto l’intenzione di comunicare con degli ascoltatori, le sollecitazioni presenti nel suo testo farebbero pensare che il suo uditorio fosse comunque vario e tutt’altro che uniforme; cfr. Frakes (2000).

72 Gli strumenti informatici di cui si è fatto uso sono : il Thesaurus linguae Grecae (www.tlg.uci.edu) e, ancora per i testi greci, il motore di ricerca Perseus http://www.perseus.tufts.edu), il Thesaurus

Linguae Latinae (http://www.degruyter.com/db/tll), Jstor (http://www.jstor.org/), Année Philologique

(http://www.annee-philologique.com/index.php), All-New ProQuest (http://search.proquest.com/),

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